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(Luperini-Cataldi, La scrittura e l’interpretazione, vol. 2, tomo 1, edizione rossa, pp. 31-32)
La connessione Barocco – Novecento nella critica
L’interesse per il Barocco si sviluppa nel corso del Novecento. Non a caso se ne sono occupati teorici della letteratura contemporanea, come in Italia Luciano Anceschi, studioso della metafora novecentesca, e in Germania Walter Benjamin, studioso dell’allegorismo ottocentesco e novecentesco. Evidentemente è l’analogia che esiste fra Barocco e Novecento che induce entrambi questi critici a considerare insieme questi due momenti storici.
Ragioni dell’attualità del Barocco
Quali sono le ragioni dell’interesse novecentesco per il Barocco e dunque dell’attualità dell’arte di questo periodo? Si possono indicare tre ragioni fondamentali.
1) La ragione gnoseologica: la frattura fra finito e infinito
Una ragione gnoseologica, che ha a che fare, cioè, con il momento della conoscenza. Con la visione del mondo barocca viene meno la capacità di sintesi e di totalità. Da un lato ci sono i sensi, con le loro verità che nascono dall’esperienza ma che sono comunque caduche e precarie; dall’altro il significato universale determinato dalla fede. Tra empiria sensoria e significato si è aperta una frattura. Il tempo storico e umano appare diviso dal tempo eterno della redenzione religiosa. Fra i poli del finito e dell’infinito non c’è più l’armonia rinascimentale. Dall’uno si tende all’altro con sforzo, con spasimo, con ansia: al posto della sintesi armonica prevalgono la tensione volontaristica o il sentimento della frustrazione, di impotenza e dello scacco. Questo senso di scissione e di disarmonia è tipico anche della sensibilità contemporanea.
2) La ragione estetica e artistica: l’arte come costruzione artificiale
Una ragione estetica e artistica: l’arte barocca e l’arte novecentesca sono anticlassiche. Dal punto precedente deriva infatti che l’arte classica viene rifiutata o ritenuta impossibile dai teorici del Barocco. Ebbene, anche l’arte novecentesca (e soprattutto l’arte d’avanguardia) dà congedo all’armonia e alla compiutezza del classicismo. L’arte non esprime più la certezza del Bello e del Vero, ma il lamento di chi è condannato alla caducità, alla frantumazione, al tempo storico. Essa rinuncia perciò alla sua vocazione catartica (e cioè armonizzante e purificatrice). Anzi, l’arte si pone essa stessa in questione: diventa problematica. L’arte non nasce più né da Dio (come nella concezione medievale), né dalla natura (come nel naturalismo rinascimentale), né da un Dio-natura (come nel platonismo anch’esso rinascimentale); non imita né le Sacre Scritture (come era per Dante) né la natura (come per gli autori rinascimentali). Essa esprime solo lo sforzo soggettivo dell’autore, il suo soggettivo “voler l’arte”. È perciò un atto artificioso, una costruzione artificiale, che conserva sempre qualcosa di non-naturale, di non-compiuto, di voluto, di cerebrale, di ostentato. Lo sfarzo spettacolare del Barocco copre una sensazione di miseria, di debolezza, di impotenza, esattamente come l’esibizione di artifici nell’arte novecentesca d’avanguardia nasconde l’impossibilità di attingere ai significati universali dell’arte tradizionale.
3) Una ragione formale: il ricorso all’allegoria
Una ragione formale, rappresentata dal ricorso all’allegoria. L’arte rinascimentale, soprattutto quella ispirata al neoplatonismo, è un’arte fondata sul simbolo, non sull’allegoria: nei particolari l’autore rinascimentale coglie l’universale, e cioè il significato della vita e l’armonia di ogni cosa. Vi prevale la sintesi, il senso della totalità che vive in ogni dettaglio. Il significato, che emana da Dio, penetra in ogni cosa. Viceversa nell’arte barocca fra i dettagli della realtà e il significato universale c’è la frattura di cui abbiamo parlato al punto 1. L’uomo del Seicento ha dinanzi a sé una massa disarticolata di frammenti privi di unità e di sintesi. Il mondo fisico viene posto in primo piano, ma appare sottomesso al trascorrere distruttivo del tempo e dell’insignificanza (di qui il tema ossessivo della caducità, della morte, dello scheletro). I sensi colgono alcune relazioni fra particolari ormai dissociati (di qui l’uso della metafora), ma il significato può essere attribuito loro solo dall’esterno con un atto di volontà razionale. E questo, appunto, il procedimento dell’allegoria. L’arte barocca per un verso è empirica, per un altro è intellettuale e cerebrale. Anche l’arte d’avanguardia del Novecento tende ai giochi metaforici dipendenti dall’empiria sensoria da un lato, e al loro raccordo razionale dall’altro, e cioè all’uso dell’allegoria. Mentre infatti il simbolo presuppone sempre nella vita la presenza dell’universale e dunque del significato, l’allegoria moderna (che nasce appunto nel Seicento) sconta la distanza e addirittura l’inaccessibilità della verità ed esprime lo sforzo di cercarla piuttosto che la sicurezza di trovarla. A differenza dell’età classica e di quella medievale, il Seicento è il secolo del dubbio, come il Novecento.
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