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Torquato Tasso nel 1587 pubblica i Discorsi dell'arte poetica e nel 1594 i Discorsi del poema eroico, entrambe opere legate all'aristotelismo nato dalla riscoperta della Poetica.
I Discorsi dell'arte poetica nascono dall'incontro tra le molteplici esperienze del giovane Tasso: la cultura filosofica dell'aristotelismo sperimentata nello studentato universitario a Padova; la militanza nella padovana Accademia degli Infiammati; le discussioni accademiche ferraresi, impegnate a ripensare valori centrali della cultura cortigiana, come quelli di edonismo e di magnificenza, alla luce di una più solida preparazione teorica. L'impianto dell'opera è regolare.
Il libro primo tratta della materia del poema epico. Qui Tasso si allontana dai sostenitori del romanzo cavalleresco per sostenere la superiorità dell'argomento di natura storica sull'invenzione; la storia deve essere di vera religione ma non toccare verità di fede, in maniera che i dettami della teologia non ne impediscano l'alterazione fantastica; deve trattare argomenti non troppo antichi da essere lontani ed estranei ai costumi contemporanei, né troppo moderni da non potere essere manipolati.
Il libro secondo è dedicato al verosimile, che può contemplare il meraviglioso e il fantastico purché non sovverta la storia e la tradizione. Il poema epico deve avere un ordine e una misura che consenta di abbracciare in un unico sguardo le vicende narrate, intrecciando alla vicenda principale gli episodi, che sono necessari per il diletto ma non possono essere autonomi. L'unità è requisito fondamentale della poesia e perciò deve sovrintendere al poema eroico così come anche al romanzo, che però è più esposto al rischio della dispersione e del disordine.
Il libro terzo tratta dello stile e dell'elocuzione. Tasso vi introduce il principio che l'imitazione non è delle azioni ma dei concetti, cioè delle forme mentali con cui si percepiscono le azioni e alle quali si uniformano l'elocuzione, il ritmo, le figure retoriche.
I Discorsi del poema eroico riprendono il disegno dell'opera giovanile e ne arricchiscono l'impianto con la mole di riferimenti filosofici e scritturali di cui la cultura tassiana si era nutrita nel frattempo e con un accresciuto spirito di sistema. Sviluppando con radicalismo le idee e le esperienze giovanili, Tasso acquisisce ambiti tradizionalmente estranei all'epica e riafferma in maniera più marcata il valore conoscitivo dell'invenzione poetica, non già incondizionato arbitrio inventivo, bensì interpretazione fantastica del reale sottomessa a precise leggi oggettive e universali. Nel libro prima, in larga parte nuovo rispetto ai Discorsi giovanili, si afferma che la poesia è imitazione delle azioni umane; suo fine è il diletto orientato al giovamento; siccome la sua materia è universale viene prima delle storie; proprio del poema epico è il narrare e sue parti sono la favola, il costume, la sentenza, l'elocuzione. Il libro secondo, che riprende il contenuto del primo dei Discorsi dell'arte poetica, accentua rispetto a quello il carattere religioso dell'illustre epico che deve trattare cose virtuose e pietose, il meraviglioso è ammesso purché sia compatibile con le verità della religione e della ragione.
Qui e nel dialogo Il Cataneo overo de gli idoli, Tasso teorizza di fatto un meraviglioso cristiano, ponendo le basi per la rilettura in chiave cristiana dell'arte classica e rinascimentale, diversa dall'interpretazione confessionale che sarà degli autori della Controriforma. Il libro quarto si occupa delle condizioni della favola, di cui vengono stabilite le parti in peripezia, agnizione, perturbazione o mutazione delle cose nel loro contrario. Diviene più esplicito il distacco dal poema cavalleresco che non contempera la varietà, necessaria al diletto, con l'ordine e perciò è opera imperfetta e inferiore all'epica. I tre libri restanti, più tecnici, approfondiscono le notazioni formali in calce ai Discorsi giovanili, arricchendole di un corredo di esempi ampio ed eterogenee. Lo studio dell'elocuzione si divide in cura delle parole, del ritmo, delle sentenze o concetti; a queste ultime, come centrali e primarie nell'ispirazione poetica, si devono adeguare i primi due. Vengono esaminate le figure tipiche del parlare magnifico (clausole, concorso delle vocali, versi spezzati, iperbole, allegoria, reticenza, prosopopea, esclamazione, eccetera) e gli elementi dello stile grazioso che non sconviene al poema eroico (parole umili, comparazioni, giochi di parole, rime dolci, abbondanza di vocali, eccetera).
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