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Il «luogo di delizie», un paesaggio mitico che idealizza il mondo naturale, costituiva un topos conosciuto già dai lessicografi antichi, che però, attribuendo all’aggettivo amoenus un legame con il termine amor, credettero che il locus amoenus fos se quello atto a favorire l’amore e cui si provava ogni piacere. Nell’Odissea omerica la grotta di Calipso (Od V 63-74) e l’orto·giardino di Alcinoo, re dei feaci (Od. VII, 112-132), sono due tipici loca amoena.
Il locus amoenus si presenta di solito separato dal mondo e baciato dall’eterna primavera; spesso è abitato da divinità. Ovidio lo canta nelle Metamorfosi (I, 89 e ss.) come il paesaggio tipico dell’età dell’oro, quando non esisteva la fatica del lavoro e la terra offriva spontaneamente i propri frutti all’uomo.
Testimonianze del giardino di delizie sussistono anche nella Bibbia (per esempio nell’Eden di Adamo ed Eva o nel Cantico dei cantici, ambientato in una natura lussureggiante e profumata) e nei poeti successivi: in Dante (il paradiso terrestre, nella seconda cantica della Commedia), in Boccaccio (la villa del contado in cui si rifugiano i dieci novellatori), ecc.