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Il
padre Cristoforo arrivava nell'attitudine d'un buon capitano che, perduta,
senza sua colpa, una battaglia importante, afflitto ma non scoraggito, sopra
pensiero ma non sbalordito, di corsa e non in fuga, si porta dove il bisogno lo
chiede, a premunire i luoghi minacciati, a raccoglier le truppe, a dar nuovi
ordini.
- La pace sia con voi, -
disse, nell'entrare. - Non c'è nulla da sperare dall'uomo: tanto più bisogna
confidare in Dio: e già ho qualche pegno della sua protezione.
Sebbene nessuno dei tre
sperasse molto nel tentativo del padre Cristoforo, giacché il vedere un
potente ritirarsi da una soverchieria, senza esserci costretto, e per mera
condiscendenza a preghiere disarmate, era cosa piùttosto inaudita che rara;
nulladimeno la trista certezza fu un colpo per tutti. Le donne abbassarono il
capo; ma nell'animo di Renzo, l'ira prevalse all'abbattimento. Quell'annunzio
lo trovava già amareggiato da tante sorprese dolorose, da tanti tentativi
andati a vòto, da tante speranze deluse, e, per di più, esacerbato, in quel
momento, dalle ripulse di Lucia.
- Vorrei sapere, - gridò,
digrignando i denti, e alzando la voce, quanto non aveva mai fatto prima
d'allora, alla presenza del padre Cristoforo; - vorrei sapere che ragioni ha
dette quel cane, per sostenere... per sostenere che la mia sposa non dev'essere
la mia sposa.
- Povero Renzo! - rispose
il frate, con una voce grave e pietosa, e con uno sguardo che comandava
amorevolmente la pacatezza : - se il potente che vuol commettere l'ingiustizia
fosse sempre obbligato a dir le sue ragioni, le cose non anderebbero come
vanno.
- Ha detto dunque quel
cane, che non vuole, perché non vuole?
Non ha detto nemmen
questo, povero Renzo! Sarebbe ancora un vantaggio se, per commetter l'iniquità,
dovessero confessarla apertamente.
- Ma qualcosa ha dovuto
dire: cos'ha detto quel tizzone d'inferno?
- Le sue parole, io l'ho
sentite, e non te le saprei ripetere. Le parole dell'iniquo che è forte,
penetrano e sfuggono. Può adirarsi che tu mostri sospetto di lui, e, nello
stesso tempo, farti sentire che quello di che tu sospetti è certo: può
insultare e chiamarsi offeso, schernire e chieder ragione, atterrire e
lagnarsi, essere sfacciato e irreprensibile. Non chieder più in là. Colui non
ha proferito il nome di questa innocente, né il tuo; non ha figurato nemmen di
conoscervi, non ha detto di pretender nulla; ma... ma pur troppo ho dovuto
intendere ch'è irremovibile. Nondimeno, confidenza in Dio! Voi, poverette, non
vi perdete d'animo; e tu, Renzo... oh! credi pure, ch'io so mettermi ne' tuoi
panni, ch'io sento quello che passa nel tuo cuore. Ma, pazienza! È una magra
parola, una parola amara, per chi non crede; ma tu...! non vorrai tu concedere
a Dio un giorno, due giorni, il tempo che vorrà prendere, per far trionfare la
giustizia? Il tempo è suo; e ce n'ha promesso tanto! Lascia fare a Lui, Renzo;
e sappi... sappiate tutti ch'io ho già in mano un filo, per aiutarvi. Per ora,
non posso dirvi di più. Domani io non verrò quassù; devo stare al convento
tutto il giorno, per voi. Tu, Renzo, procura di venirci: o se, per caso
impensato, tu non potessi, mandate un uomo fidato, un garzoncello di giudizio,
per mezzo del quale io possa farvi sapere quello che occorrerà. Si fa buio;
bisogna ch'io corra al convento. Fede, coraggio; e addio.
Detto questo, uscì in
fretta, e se n'andò, correndo, e quasi saltelloni, giù per quella viottola
storta e sassosa, per non arrivar tardi al convento, a rischio di buscarsi una
buona sgridata, o quel che gli sarebbe pesato ancor più, una penitenza, che
gl'impedisse, il giorno dopo, di trovarsi pronto e spedito a ciò che potesse
richiedere il bisogno de' suoi protetti.
- Avete sentito cos'ha
detto d'un non so che... d'un filo che ha, per aiutarci? - disse Lucia. -
Convien fidarsi a lui; è un uomo che, quando promette dieci...
- Se non c'è altro...! -
interruppe Agnese. - Avrebbe dovuto parlar più chiaro, o chiamar me da una
parte, e dirmi cosa sia questo...
- Chiacchiere! la finirò
io: io la finirò! - interruppe Renzo, questa volta, andando in su e in giù
per la stanza, e con una voce, con un viso, da non lasciar dubbio sul senso di
quelle parole.
- Oh Renzo! - esclamò
Lucia.
- Cosa volete dire? -
esclamò Agnese.
- Che bisogno c'è di
dire? La finirò io. Abbia pur cento, mille diavoli nell'anima, finalmente è
di carne e ossa anche lui...
- No, no, per amor del
cielo...! - cominciò Lucia; ma il pianto le troncò la voce.
- Non son discorsi da
farsi, neppur per burla, - disse Agnese.
- Per burla? - gridò
Renzo, fermandosi ritto in faccia ad Agnese seduta, e piantandole in faccia due
occhi stralunati. - Per burla! vedrete se sarà burla.
- Oh Renzo! - disse
Lucia, a stento, tra i singhiozzi: - non v'ho mai visto così.
- Non dite queste cose,
per amor del cielo, - riprese ancora in fretta Agnese, abbassando la voce. -
Non vi ricordate quante braccia ha al suo comando colui? E quand'anche... Dio
liberi!... contro i poveri c'è sempre giustizia.
- La farò io, la
giustizia, io! È ormai tempo. La cosa non è facile: lo so anch'io. Si guarda
bene, il cane assassino: sa come sta; ma non importa. Risoluzione e pazienza...
e il momento arriva. Sì, la farò io, la giustizia: lo libererò io, il paese:
quanta gente mi benedirà...! e poi in tre salti...!
L'orrore che Lucia sentì
di queste più chiare parole, le sospese il pianto, e le diede forza di
parlare. Levando dalle palme il viso lagrimoso, disse a Renzo, con voce
accorata, ma risoluta: - non v'importa più dunque d'avermi per moglie. Io
m'era promessa a un giovine che aveva il timor di Dio; ma un uomo che avesse...
Fosse al sicuro d'ogni giustizia e d'ogni vendetta, foss'anche il figlio del
re...
E bene! - gridò Renzo,
con un viso più che mai stravolto: - io non v'avrò; ma non v'avrà né anche
lui. Io qui senza di voi, e lui a casa del...
- Ah no! per carità, non
dite così, non fate quegli occhi: no, non posso vedervi così, - esclamò
Lucia, piangendo, supplicando, con le mani giunte; mentre Agnese chiamava e
richiamava il giovine per nome, e gli palpava le spalle, le braccia, le mani,
per acquietarlo. Stette egli immobile e pensieroso, qualche tempo, a contemplar
quella faccia supplichevole di Lucia; poi, tutt'a un tratto, la guardò torvo,
diede addietro, tese il braccio e l'indice verso di essa, e gridò: - questa! sì
questa egli vuole. Ha da morire!
- E io che male v'ho
fatto, perché mi facciate morire? - disse Lucia, buttandosegli inginocchioni
davanti.
- Voi! - rispose, con una
voce ch'esprimeva un'ira ben diversa, ma un'ira tuttavia: - voi! Che bene mi
volete voi? Che prova m'avete data? Non v'ho io pregata, e pregata, e pregata?
E voi: no! no!
- Sì sì, - rispose
precipitosamente Lucia: - verrò dal curato, domani, ora, se volete; verrò.
Tornate quello di prima; verrò.
- Me lo promettete? -
disse Renzo, con una voce e con un viso divenuto, tutt'a un tratto, più umano.
- Ve lo prometto.
- Me l'avete promesso.
- Signore, vi ringrazio!
- esclamò Agnese, doppiamente contenta.
In mezzo a quella sua
gran collera, aveva Renzo pensato di che profitto poteva esser per lui lo
spavento di Lucia? E non aveva adoperato un po' d'artifizio a farlo crescere,
per farlo fruttare? Il nostro autore protesta di non ne saper nulla; e io credo
che nemmen Renzo non lo sapesse bene. Il fatto sta ch'era realmente infuriato
contro don Rodrigo, e che bramava ardentemente il consenso di Lucia; e quando
due forti passioni schiamazzano insieme nel cuor d'un uomo, nessuno, neppure il
paziente, può sempre distinguer chiaramente una voce dall'altra, e dir con
sicurezza qual sia quella che predomini.
- Ve l'ho promesso, -
rispose Lucia, con un tono di rimprovero timido e affettuoso: - ma anche voi
avevate promesso di non fare scandoli, di rimettervene al padre...
- Oh via! per amor di chi
vado in furia? Volete tornare indietro, ora? e farmi fare uno sproposito?
- No no, - disse Lucia,
cominciando a rispaventarsi. - Ho promesso, e non mi ritiro. Ma vedete voi come
mi avete fatto promettere. Dio non voglia...
- Perché volete far de'
cattivi augùri, Lucia? Dio sa che non facciam male a nessuno.
- Promettetemi almeno che
questa sarà l'ultima.
- Ve lo prometto, da
povero figliuolo.
- Ma, questa volta,
mantenete poi, - disse Agnese.
Qui l'autore confessa di
non sapere un'altra cosa: se Lucia fosse, in tutto e per tutto, malcontenta
d'essere stata spinta ad acconsentire. Noi lasciamo, come lui, la cosa in
dubbio.
Renzo avrebbe voluto
prolungare il discorso, e fissare, a parte a parte, quello che si doveva fare
il giorno dopo; ma era già notte, e le donne gliel'augurarono buona; non
parendo loro cosa conveniente che, a quell'ora, si trattenesse più a lungo.
La notte però fu a
tutt'e tre così buona come può essere quella che succede a un giorno pieno
d'agitazione e di guai, e che ne precede uno destinato a un'impresa importante,
e d'esito incerto. Renzo si lasciò veder di buon'ora, e concertò con le
donne, o piùttosto con Agnese, la grand'operazione della sera, proponendo e
sciogliendo a vicenda difficoltà, antivedendo contrattempi, e ricominciando,
ora l'uno ora l'altra, a descriver la faccenda, come si racconterebbe una cosa
fatta. Lucia ascoltava; e, senza approvar con parole ciò che non poteva
approvare in cuor suo, prometteva di far meglio che saprebbe.
- Anderete voi giù al
convento, per parlare al padre Cristoforo, come v'ha detto ier sera? - domandò
Agnese a Renzo.
- Le zucche! - rispose
questo: - sapete che diavoli d'occhi ha il padre: mi leggerebbe in viso, come
sur un libro, che c'è qualcosa per aria; e se cominciasse a farmi
dell'interrogazioni, non potrei uscirne a bene. E poi, io devo star qui, per
accudire all'affare. Sarà meglio che mandiate voi qualcheduno.
- Manderò Menico.
- Va bene, - rispose
Renzo; e partì, per accudire all'affare, come aveva detto.
Agnese andò a una casa
vicina, a cercar Menico, ch'era un ragazzetto di circa dodici anni, sveglio la
sua parte, e che, per via di cugini e di cognati, veniva a essere un po' suo
nipote. Lo chiese ai parenti, come in prestito, per tutto quel giorno, - per un
certo servizio, - diceva. Avutolo, lo condusse nella sua cucina, gli diede da
colazione, e gli disse che andasse a Pescarenico, e si facesse vedere al padre
Cristoforo, il quale lo rimanderebbe poi, con una risposta, quando sarebbe
tempo. - Il padre Cristoforo, quel bel vecchio, tu sai, con la barba bianca,
quello che chiamano il santo...
- Ho capito, - disse
Menico: - quello che ci accarezza sempre, noi altri ragazzi, e ci dà, ogni
tanto, qualche santino.
- Appunto, Menico. E se
ti dirà che tu aspetti qualche poco, lì vicino al convento, non ti sviare:
bada di non andar, con de' compagni, al lago, a veder pescare, né a divertirti
con le reti attaccate al muro ad asciugare, né a far quell'altro tuo giochetto
solito...
Bisogna saper che Menico
era bravissimo per fare a rimbalzello; e si sa che tutti, grandi e piccoli,
facciam volentieri le cose alle quali abbiamo abilità: non dico quelle sole.
- Poh! zia; non son poi
un ragazzo.
- Bene, abbi giudizio; e,
quando tornerai con la risposta... guarda; queste due belle parpagliole nuove
son per te.
- Datemele ora, ch'è lo
stesso.
- No, no, tu le
giocheresti. Va, e portati bene; che n'avrai anche di più.
Nel rimanente di quella
lunga mattinata, si videro certe novità che misero non poco in sospetto
l'animo già conturbato delle donne. Un mendico, né rifinito né cencioso come
i suoi pari, e con un non so che d'oscuro e di sinistro nel sembiante, entrò a
chieder la carità, dando in qua e in là cert'occhiate da spione. Gli fu dato
un pezzo di pane, che ricevette e ripose, con un'indifferenza mal dissimulata.
Si trattenne poi, con una certa sfacciataggine, e, nello stesso tempo, con
esitazione, facendo molte domande, alle quali Agnese s'affrettò di risponder
sempre il contrario di quello che era. Movendosi, come per andar via, finse di
sbagliar l'uscio, entrò in quello che metteva alla scala, e lì diede un'altra
occhiata in fretta, come poté. Gridatogli dietro: - ehi ehi! dove andate
galantuomo? di qua! di qua! - tornò indietro, e uscì dalla parte che gli
veniva indicata, scusandosi, con una sommissione, con un'umiltà affettata, che
stentava a collocarsi nei lineamenti duri di quella faccia. Dopo costui,
continuarono a farsi vedere, di tempo in tempo, altre strane figure. Che razza
d'uomini fossero, non si sarebbe potuto dir facilmente; ma non si poteva creder
neppure che fossero quegli onesti viandanti che volevan parere. Uno entrava col
pretesto di farsi insegnar la strada; altri, passando davanti all'uscio,
rallentavano il passo, e guardavan sott'occhio nella stanza, a traverso il
cortile, come chi vuol vedere senza dar sospetto. Finalmente, verso il
mezzogiorno, quella fastidiosa processione finì. Agnese s'alzava ogni tanto,
attraversava il cortile, s'affacciava all'uscio di strada, guardava a destra e
a sinistra, e tornava dicendo: - nessuno - : parola che proferiva con piacere,
e che Lucia con piacere sentiva, senza che né l'una né l'altra ne sapessero
ben chiaramente il perché. Ma ne rimase a tutt'e due una non so quale
inquietudine, che levò loro, e alla figliuola principalmente, una gran parte
del coraggio che avevan messo in serbo per la sera.
Convien però che il
lettore sappia qualcosa di più preciso, intorno a que' ronzatori misteriosi:
e, per informarlo di tutto, dobbiam tornare un passo indietro, e ritrovar don
Rodrigo, che abbiam lasciato ieri, solo in una sala del suo palazzotto, al
partir del padre Cristoforo.
Don Rodrigo,
come abbiam detto, misurava innanzi e indietro, a passi lunghi, quella sala,
dalle pareti della quale pendevano ritratti di famiglia, di varie generazioni.
Quando si trovava col viso a una parete, e voltava, si vedeva in faccia un suo
antenato guerriero, terrore de' nemici e de' suoi soldati, torvo nella
guardatura, co' capelli corti e ritti, co' baffi tirati e a punta, che
sporgevan dalle guance, col mento obliquo: ritto in piedi l'eroe, con le
gambiere, co' cosciali, con la corazza, co' bracciali, co' guanti, tutto di
ferro; con la destra sul fianco, e la sinistra sul pomo della spada. Don
Rodrigo lo guardava; e quando gli era arrivato sotto, e voltava, ecco in faccia
un altro antenato, magistrato, terrore de' litiganti e degli avvocati, a sedere
sur una gran seggiola coperta di velluto rosso, ravvolto in un'ampia toga nera;
tutto nero, fuorché un collare bianco, con due larghe facciole, e una fodera
di zibellino arrovesciata (era il distintivo de' senatori, e non lo portavan
che l'inverno, ragion per cui non si troverà mai un ritratto di senatore
vestito d'estate); macilento, con le ciglia aggrottate: teneva in mano una
supplica, e pareva che dicesse: vedremo. Di qua una matrona, terrore delle sue
cameriere; di là un abate, terrore de' suoi monaci: tutta gente in somma che
aveva fatto terrore, e lo spirava ancora dalle tele. Alla presenza di tali
memorie, don Rodrigo tanto più s'arrovellava, si vergognava, non poteva darsi
pace, che un frate avesse osato venirgli addosso, con la prosopopea di Nathan.
Formava un disegno di vendetta, l'abbandonava, pensava come soddisfare insieme
alla passione, e a ciò che chiamava onore; e talvolta (vedete un poco!)
sentendosi fischiare ancora agli orecchi quell'esordio di profezia, si sentiva
venir, come si dice, i bordoni, e stava quasi per deporre il pensiero delle due
soddisfazioni. Finalmente, per far qualche cosa, chiamò un servitore, e gli
ordinò che lo scusasse con la compagnia, dicendo ch'era trattenuto da un
affare urgente. Quando quello tornò a riferire che que' signori eran partiti,
lasciando i loro rispetti: - e il conte Attilio? - domandò, sempre camminando,
don Rodrigo.
- È uscito con que'
signori, illustrissimo.
- Bene: sei persone di
seguito, per la passeggiata: subito. La spada, la cappa, il cappello: subito.
Il servitore partì,
rispondendo con un inchino; e, poco dopo, tornò, portando la ricca spada, che
il padrone si cinse; la cappa, che si buttò sulle spalle; il cappello a gran
penne, che mise e inchiodò, con una manata, fieramente sul capo: segno di
marina torbida. Si mosse, e, alla porta, trovò i sei ribaldi tutti armati, i
quali, fatto ala, e inchinatolo, gli andaron dietro. Più burbero, più
superbioso, più accigliato del solito, uscì, e andò passeggiando verso
Lecco. I contadini, gli artigiani, al vederlo venire, si ritiravan rasente al
muro, e di lì facevano scappellate e inchini profondi, ai quali non
rispondeva. Come inferiori, l'inchinavano anche quelli che da questi eran detti
signori; ché, in que' contorni, non ce n'era uno che potesse, a mille miglia,
competer con lui, di nome, di ricchezze, d'aderenze e della voglia di servirsi
di tutto ciò, per istare al di sopra degli altri. E a questi corrispondeva con
una degnazione contegnosa. Quel giorno non avvenne, ma quando avveniva che
s'incontrasse col signor castellano spagnolo, l'inchino allora era ugualmente
profondo dalle due parti; la cosa era come tra due potentati, i quali non
abbiano nulla da spartire tra loro; ma, per convenienza, fanno onore al grado
l'uno dell'altro. Per passare un poco la mattana, e per contrapporre
all'immagine del frate che gli assediava la fantasia, immagini in tutto
diverse, don Rodrigo entrò, quel giorno, in una casa, dove andava, per il
solito, molta gente, e dove fu ricevuto con quella cordialità affaccendata e
rispettosa, ch'è riserbata agli uomini che si fanno molto amare o molto
temere; e, a notte già fatta, tornò al suo palazzotto. Il conte Attilio era
anche lui tornato in quel momento; e fu messa in tavola la cena, durante la
quale, don Rodrigo fu sempre sopra pensiero, e parlò poco.
- Cugino, quando pagate
questa scommessa? - disse, con un fare di malizia e di scherno, il conte
Attilio, appena sparecchiato, e andati via i servitori.
- San Martino non è
ancor passato.
- Tant'è che la paghiate
subito; perché passeranno tutti i santi del lunario, prima che...
- Questo è quel che si
vedrà.
- Cugino, voi volete fare
il politico; ma io ho capito tutto, e son tanto certo d'aver vinta la
scommessa, che son pronto a farne un'altra.
- Sentiamo.
- Che il padre... il
padre... che so io? quel frate in somma v'ha convertito.
- Eccone un'altra delle
vostre.
- Convertito, cugino;
convertito, vi dico. Io per me, ne godo. Sapete che sarà un bello spettacolo
vedervi tutto compunto, e con gli occhi bassi! E che gloria per quel padre!
Come sarà tornato a casa gonfio e pettoruto! Non son pesci che si piglino
tutti i giorni, né con tutte le reti. Siate certo che vi porterà per esempio;
e, quando anderà a far qualche missione un po' lontano, parlerà de' fatti
vostri. Mi par di sentirlo -. E qui, parlando col naso, accompagnando le parole
con gesti caricati, continuò, in tono di predica: - in una parte di questo
mondo, che, per degni rispetti, non nomino, viveva, uditori carissimi, e vive
tuttavia, un cavaliere scapestrato, più amico delle femmine, che degli uomini
dabbene, il quale, avvezzo a far d'ogni erba un fascio, aveva messo gli
occhi...
- Basta, basta, -
interruppe don Rodrigo, mezzo sogghignando, e mezzo annoiato. - Se volete
raddoppiar la scommessa, son pronto anch'io.
- Diavolo! che aveste voi
convertito il padre!
- Non mi parlate di
colui: e in quanto alla scommessa, san Martino deciderà -. La curiosità del
conte era stuzzicata; non gli risparmi interrogazioni, ma don Rodrigo le seppe
eluder tutte, rimettendosi sempre al giorno della decisione, e non volendo
comunicare alla parte avversa disegni che non erano né incamminati, né
assolutamente fissati.
La mattina seguente, don
Rodrigo si destò don Rodrigo. L'apprensione che quel verrà un giorno
gli aveva messa in corpo, era svanita del tutto, co' sogni della notte; e gli
rimaneva la rabbia sola, esacerbata anche dalla vergogna di quella debolezza
passeggiera. L'immagini più recenti della passeggiata trionfale, degl'inchini,
dell'accoglienze, e il canzonare del cugino, avevano contribuito non poco a
rendergli l'animo antico. Appena alzato, fece chiamare il Griso. «Cose grosse»,
disse tra sé il servitore a cui fu dato l'ordine; perché l'uomo che aveva
quel soprannome, non era niente meno che il capo de' bravi, quello a cui
s'imponevano le imprese più rischiose e più inique, il fidatissimo del
padrone, l'uomo tutto suo, per gratitudine e per interesse. Dopo aver ammazzato
uno, di giorno, in piazza, era andato ad implorar la protezione di don Rodrigo;
e questo, vestendolo della sua livrea, l'aveva messo al coperto da ogni ricerca
della giustizia. Cosi, impegnandosi a ogni delitto che gli venisse comandato,
colui si era assicurata l'impunità del primo. Per don Rodrigo, l'acquisto non
era stato di poca importanza; perché il Griso, oltre all'essere, senza
paragone, il più valente della famiglia, era anche una prova di ciò che il
suo padrone aveva potuto attentar felicemente contro le leggi; di modo che la
sua potenza ne veniva ingrandita, nel fatto e nell'opinione.
- Griso! - disse don
Rodrigo: - in questa congiuntura, si vedrà quel che tu vali. Prima di domani,
quella Lucia deve trovarsi in questo palazzo.
- Non si dirà mai che il
Griso si sia ritirato da un comando dell'illustrissimo signor padrone.
- Piglia quanti uomini ti
possono bisognare, ordina e disponi, come ti par meglio; purché la cosa riesca
a buon fine. Ma bada sopra tutto, che non le sia fatto male.
- Signore, un po' di
spavento, perché la non faccia troppo strepito... non si potrà far di meno.
- Spavento... capisco...
è inevitabile. Ma non le si torca un capello; e sopra tutto, le si porti
rispetto in ogni maniera. Hai inteso?
- Signore, non si può
levare un fiore dalla pianta, e portarlo a vossignoria, senza toccarlo. Ma non
si farà che il puro necessario.
- Sotto la tua sicurtà.
E... come farai?
- Ci stavo pensando,
signore. Siam fortunati che la casa è in fondo al paese. Abbiam bisogno d'un
luogo per andarci a postare. e appunto c'è, poco distante di là, quel
casolare disabitato e solo, in mezzo ai campi, quella casa... vossignoria non
saprà niente di queste cose... una casa che bruciò, pochi anni sono, e non
hanno avuto danari da riattarla, e l'hanno abbandonata, e ora ci vanno le
streghe: ma non è sabato, e me ne rido. Questi villani, che son pieni d'ubbie,
non ci bazzicherebbero, in nessuna notte della settimana, per tutto l'oro del
mondo: sicché possiamo andare a fermarci là, con sicurezza che nessuno verrà
a guastare i fatti nostri.
- Va bene; e poi?
Qui, il Griso a proporre,
don Rodrigo a discutere, finché d'accordo ebbero concertata la maniera di
condurre a fine l'impresa, senza che rimanesse traccia degli autori, la maniera
anche di rivolgere, con falsi indizi, i sospetti altrove, d'impor silenzio alla
povera Agnese, d'incutere a Renzo tale spavento, da fargli passare il dolore, e
il pensiero di ricorrere alla giustizia, e anche la volontà di lagnarsi; e
tutte l'altre bricconerie necessarie alla riuscita della bricconeria
principale. Noi tralasciamo di riferir que' concerti, perché, come il lettore
vedrà, non son necessari all'intelligenza della storia; e siam contenti anche
noi di non doverlo trattener più lungamente a sentir parlamentare que' due
fastidiosi ribaldi. Basta che, mentre il Griso se n'andava, per metter mano
all'esecuzione, don Rodrigo lo richiamò, e gli disse: - senti: se per caso,
quel tanghero temerario vi desse nell'unghie questa sera, non sarà male che
gli sia dato anticipatamente un buon ricordo sulle spalle. Così, l'ordine che
gli verrà intimato domani di stare zitto, farà più sicuramente l'effetto. Ma
non l'andate a cercare, per non guastare quello che più importa: tu m'hai
inteso.
- Lasci fare a me, -
rispose il Griso, inchinandosi, con un atto d'ossequio e di millanteria; e se
n'andò. La mattina fu spesa in giri, per riconoscere il paese. Quel falso
pezzente che s'era inoltrato a quel modo nella povera casetta, non era altro
che il Griso, il quale veniva per levarne a occhio la pianta: i falsi viandanti
eran suoi ribaldi, ai quali, per operare sotto i suoi ordini, bastava una
cognizione più superficiale del luogo. E, fatta la scoperta, non s'eran più
lasciati vedere, per non dar troppo sospetto.
Tornati che furon tutti
al palazzotto, il Griso rese conto, e fissò definitivamente il disegno
dell'impresa; assegnò le parti, diede istruzioni. Tutto ciò non si poté
fare, senza che quel vecchio servitore, il quale stava a occhi aperti, e a
orecchi tesi, s'accorgesse che qualche gran cosa si macchinava. A forza di
stare attento e di domandare; accattando una mezza notizia di qua, una mezza di
là, commentando tra sé una parola oscura, interpretando un andare misterioso,
tanto fece, che venne in chiaro di ciò che si doveva eseguir quella notte. Ma
quando ci fu riuscito, essa era già poco lontana, e già una piccola
vanguardia di bravi era andata a imboscarsi in quel casolare diroccato. Il
povero vecchio, quantunque sentisse bene a che rischioso giuoco giocava, e
avesse anche paura di portare il soccorso di Pisa, pure non volle mancare: uscì,
con la scusa di prendere un po' d'aria, e s'incamminò in fretta in fretta al
convento, per dare al padre Cristoforo l'avviso promesso. Poco dopo, si mossero
gli altri bravi, e discesero spicciolati, per non parere una compagnia: il
Griso venne dopo; e non rimase indietro che una bussola, la quale doveva esser
portata al casolare, a sera inoltrata; come fu fatto. Radunati che furono in
quel luogo, il Griso spedì tre di coloro all'osteria del paesetto; uno che si
mettesse sull'uscio, a osservar ciò che accadesse nella strada, e a veder
quando tutti gli abitanti fossero ritirati: gli altri due che stessero dentro a
giocare e a bere, come dilettanti; e attendessero intanto a spiare, se qualche
cosa da spiare ci fosse. Egli, col grosso della truppa, rimase nell'agguato ad
aspettare.
Il povero vecchio
trottava ancora; i tre esploratori arrivavano al loro posto; il sole cadeva;
quando Renzo entrò dalle donne, e disse: - Tonio e Gervaso m'aspettan fuori:
vo con loro all'osteria, a mangiare un boccone; e, quando sonerà l'ave maria,
verremo a prendervi. Su, coraggio, Lucia! tutto dipende da un momento -. Lucia
sospirò, e ripeté: - coraggio, - con una voce che smentiva la parola.
Quando Renzo e i due
compagni giunsero all'osteria, vi trovaron quel tale già
piantato in sentinella, che ingombrava mezzo il vano della porta, appoggiata
con la schiena a uno stipite, con le braccia incrociate sul petto; e guardava e
riguardava, a destra e a sinistra, facendo lampeggiare ora il bianco, ora il
nero di due occhi grifagni. Un berretto piatto di velluto chermisi, messo
storto, gli copriva la metà del ciuffo, che, dividendosi sur una fronte fosca,
girava, da una parte e dall'altra, sotto gli orecchi, e terminava in trecce,
fermate con un pettine sulla nuca. Teneva sospeso in una mano un grosso
randello; arme propriamente, non ne portava in vista; ma, solo a guardargli in
viso, anche un fanciullo avrebbe pensato che doveva averne sotto quante ce ne
poteva stare. Quando Renzo, ch'era innanzi agli altri, fu lì per entrare,
colui, senza scomodarsi, lo guardò fisso fisso; ma il giovine, intento a
schivare ogni questione, come suole ognuno che abbia un'impresa scabrosa alle
mani, non fece vista d'accorgersene, non disse neppure: fatevi in là; e,
rasentando l'altro stipite, passò per isbieco, col fianco innanzi, per
l'apertura lasciata da quella cariatide. I due compagni dovettero far la stessa
evoluzione, se vollero entrare. Entrati, videro gli altri, de' quali avevan già
sentita la voce, cioè que' due bravacci, che seduti a un canto della tavola,
giocavano alla mora, gridando tutt'e due insieme (lì, è il giuoco che lo
richiede), e mescendosi or l'uno or l'altro da bere, con un gran fiasco ch'era
tra loro. Questi pure guardaron fisso la nuova compagnia; e un de' due
specialmente, tenendo una mano in aria, con tre ditacci tesi e allargati, e
avendo la bocca ancora aperta, per un gran «sei» che n'era scoppiato fuori in
quel momento, squadrò Renzo da capo a piedi; poi diede d'occhio al compagno,
poi a quel dell'uscio, che rispose con un cenno del capo. Renzo insospettito e
incerto guardava ai suoi due convitati, come se volesse cercare ne' loro
aspetti un'interpretazione di tutti que' segni: ma i loro aspetti non
indicavano altro che un buon appetito. L'oste guardava in viso a lui, come per
aspettar gli ordini: egli lo fece venir con sé in una stanza vicina, e ordinò
la cena.
- Chi sono que'
forestieri? - gli domandò poi a voce bassa, quando quello tornò, con una
tovaglia grossolana sotto il braccio, e un fiasco in mano.
- Non li conosco, -
rispose l'oste, spiegando la tovaglia.
- Come? né anche uno?
- Sapete bene, - rispose
ancora colui, stirando, con tutt'e due le mani, la tovaglia sulla tavola, - che
la prima regola del nostro mestiere, è di non domandare i fatti degli altri:
tanto che, fin le nostre donne non son curiose. Si starebbe freschi, con tanta
gente che va e viene: è sempre un porto di mare: quando le annate son
ragionevoli, voglio dire; ma stiamo allegri, che tornerà il buon tempo. A noi
basta che gli avventori siano galantuomini: chi siano poi, o chi non siano, non
fa niente. E ora vi porterò un piatto di polpette, che le simili non le avete
mai mangiate.
- Come potete sapere...?
- ripigliava Renzo; ma l'oste, già avviato alla cucina, seguitò la sua
strada. E lì, mentre prendeva il tegame delle polpette summentovate, gli
s'accostò pian piano quel bravaccio che aveva squadrato il nostro giovine, e
gli disse sottovoce: - Chi sono que' galantuomini?
- Buona gente qui del
paese, - rispose l'oste, scodellando le polpette nel piatto.
- Va bene; ma come si
chiamano? chi sono? - insistette colui, con voce alquanto sgarbata.
- Uno si chiama Renzo, -
rispose l'oste, pur sottovoce: - un buon giovine, assestato; filatore di seta,
che sa bene il suo mestiere. L'altro è un contadino che ha nome Tonio: buon
camerata, allegro: peccato che n'abbia pochi; che gli spenderebbe tutti qui.
L'altro è un sempliciotto, che mangia però volentieri, quando gliene danno.
Con permesso.
E, con uno sgambetto, uscì
tra il fornello e l'interrogante; e andò a portare il piatto a chi si doveva.
- Come potete sapere, - riattaccò Renzo, quando lo vide ricomparire, - che
siano galantuomini, se non li conoscete?
- Le azioni, caro mio:
l'uomo si conosce all'azioni. Quelli che bevono il vino senza criticarlo, che
pagano il conto senza tirare, che non metton su lite con gli altri avventori, e
se hanno una coltellata da consegnare a uno, lo vanno ad aspettar fuori, e
lontano dall'osteria, tanto che il povero oste non ne vada di mezzo, quelli
sono i galantuomini. Però, se si può conoscer la gente bene, come ci
conosciamo tra noi quattro, è meglio. E che diavolo vi vien voglia di saper
tante cose, quando siete sposo, e dovete aver tutt'altro in testa? e con
davanti quelle polpette, che farebbero resuscitare un morto? - Così dicendo,
se ne tornò in cucina.
Il nostro autore,
osservando al diverso modo che teneva costui nel soddisfare alle domande, dice
ch'era un uomo così fatto, che, in tutti i suoi discorsi, faceva professione
d'esser molto amico de' galantuomini in generale; ma, in atto pratico, usava
molto maggior compiacenza con quelli che avessero riputazione o sembianza di
birboni. Che carattere singolare! eh?
La cena non fu molto
allegra. I due convitati avrebbero voluto godersela con tutto loro comodo; ma
l'invitante, preoccupato di ciò che il lettore sa, e infastidito, e anche un
po' inquieto del contegno strano di quegli sconosciuti, non vedeva l'ora
d'andarsene. Si parlava sottovoce, per causa loro; ed eran parole tronche e
svogliate.
- Che bella cosa, - scappò
fuori di punto in bianco Gervaso, - che Renzo voglia prender moglie, e abbia
bisogno...! - Renzo gli fece un viso brusco. - Vuoi stare zitto, bestia? - gli
disse Tonio, accompagnando il titolo con una gomitata. La conversazione fu
sempre più fredda, fino alla fine. Renzo, stando indietro nel mangiare, come
nel bere, attese a mescere ai due testimoni, con discrezione, in maniera di dar
loro un po' di brio, senza farli uscir di cervello. Sparecchiato, pagato il
conto da colui che aveva fatto men guasto, dovettero tutti e tre passar
novamente davanti a quelle facce, le quali tutte si voltarono a Renzo, come
quand'era entrato. Questo, fatti ch'ebbe pochi passi fuori dell'osteria, si
voltò indietro, e vide che i due che aveva lasciati seduti in cucina, lo
seguitavano: si fermò allora, co' suoi compagni, come se dicesse: vediamo cosa
voglion da me costoro. Ma i due, quando s'accorsero d'essere osservati, si
fermarono anch'essi, si parlaron sottovoce, e tornarono indietro. Se Renzo
fosse stato tanto vicino da sentir le loro parole, gli sarebbero parse molto
strane. - Sarebbe però un bell'onore, senza contar la mancia, - diceva uno de'
malandrini, - se, tornando al palazzo, potessimo raccontare d'avergli spianate
le costole in fretta in fretta, e così da noi, senza che il signor Griso fosse
qui a regolare.
- E guastare il negozio
principale! - rispondeva l'altro. - Ecco: s'è avvisto di qualche cosa; si
ferma a guardarci. Ih! se fosse più tardi! Torniamo indietro, per non dar
sospetto. Vedi che vien gente da tutte le parti: lasciamoli andar tutti a
pollaio.
C'era in fatti quel
brulichìo, quel ronzìo che si sente in un villaggio, sulla sera, e che, dopo
pochi momenti, dà luogo alla quiete solenne della notte. Le donne venivan dal
campo, portandosi in collo i bambini, e tenendo per la mano i ragazzi più
grandini, ai quali facevan dire le divozioni della sera; venivan gli uomini,
con le vanghe, e con le zappe sulle spalle. All'aprirsi degli usci, si vedevan
luccicare qua e là i fuochi accesi per le povere cene: si sentiva nella strada
barattare i saluti, e qualche parola, sulla scarsità della raccolta, e sulla
miseria dell'annata; e più delle parole, si sentivano i tocchi misurati e
sonori della campana, che annunziava il finir del giorno. Quando Renzo vide che
i due indiscreti s'eran ritirati, continuò la sua strada nelle tenebre
crescenti, dando sottovoce ora un ricordo, ora un altro, ora all'uno, ora
all'altro fratello. Arrivarono alla casetta di Lucia, ch'era già notte.
Tra il primo pensiero
d'una impresa terribile, e l'esecuzione di essa (ha detto un barbaro che non
era privo d'ingegno), l'intervallo è un sogno, pieno di fantasmi e di paure.
Lucia era, da molte ore, nell'angosce d'un tal sogno: e Agnese, Agnese
medesima, l'autrice del consiglio, stava sopra pensiero, e trovava a stento
parole per rincorare la figlia. Ma, al momento di destarsi, al momento cioè di
dar principio all'opera, l'animo si trova tutto trasformato. Al terrore e al
coraggio che vi contrastavano, succede un altro terrore e un altro coraggio:
l'impresa s'affaccia alla mente, come una nuova apparizione: ciò che prima
spaventava di più, sembra talvolta divenuto agevole tutt'a un tratto: talvolta
comparisce grande l'ostacolo a cui s'era appena badato; l'immaginazione dà
indietro sgomentata; le membra par che ricusino d'ubbidire; e il cuore manca
alle promesse che aveva fatte con più sicurezza. Al picchiare sommesso di
Renzo, Lucia fu assalita da tanto terrore, che risolvette, in quel momento, di
soffrire ogni cosa, di star sempre divisa da lui, piùttosto ch'eseguire quella
risoluzione; ma quando si fu fatto vedere, ed ebbe detto: - son qui, andiamo -;
quando tutti si mostraron pronti ad avviarsi, senza esitazione, come a cosa
stabilita, irrevocabile; Lucia non ebbe tempo né forza di far difficoltà, e,
come strascinata, prese tremando un braccio della madre, un braccio del
promesso sposo, e si mosse con la brigata avventuriera.
Zitti zitti, nelle
tenebre, a passo misurato, usciron dalla casetta, e preser la strada fuori del
paese. La più corta sarebbe stata d'attraversarlo: che s'andava diritto alla
casa di don Abbondio; ma scelsero quella, per non esser visti. Per viottole,
tra gli orti e i campi, arrivaron vicino a quella casa, e lì si divisero. I
due promessi rimaser nascosti dietro l'angolo di essa; Agnese con loro, ma un
po' più innanzi, per accorrere in tempo a fermar Perpetua, e a impadronirsene;
Tonio, con lo scempiato di Gervaso, che non sapeva far nulla da sé, e senza il
quale non si poteva far nulla, s'affacciaron bravamente alla porta, e
picchiarono.
- Chi è, a quest'ora? -
gridò una voce dalla finestra, che s'aprì in quel momento: era la voce di
Perpetua. - Ammalati non ce n'è, ch'io sappia. È forse accaduta qualche
disgrazia?
- Son io, - rispose
Tonio, - con mio fratello, che abbiam bisogno di parlare al signor curato.
- È ora da cristiani
questa? - disse bruscamente Perpetua. - Che discrezione? Tornate domani.
- Sentite: tornerò o non
tornerò: ho riscosso non so che danari, e venivo a saldar quel debituccio che
sapete: aveva qui venticinque belle berlinghe nuove; ma se non si può,
pazienza: questi, so come spenderli, e tornerò quando n'abbia messi insieme
degli altri.
- Aspettate, aspettate:
vo e torno. Ma perché venire a quest'ora?
- Gli ho ricevuti,
anch'io, poco fa; e ho pensato, come vi dico, che, se li tengo a dormir con me,
non so di che parere sarò domattina. Però, se l'ora non vi piace, non so che
dire: per me, son qui; e se non mi volete, me ne vo.
- No, no, aspettate un
momento: torno con la risposta. Così dicendo, richiuse la finestra. A questo
punto, Agnese si staccò dai promessi, e, detto sottovoce a Lucia: - coraggio;
è un momento; è come farsi cavar un dente, - si riunì ai due fratelli,
davanti all'uscio; e si mise a ciarlare con Tonio, in maniera che Perpetua,
venendo ad aprire, dovesse credere che si fosse abbattuta lì a caso, e che
Tonio l'avesse trattenuta un momento.
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