Francisco GOYA ( 1746 - 1825 )

 

 

Nacque in un piccolo paese vicino Saragozza, Fuentetodos, nel 1746: la sua era una modesta famiglia, il padre era un mastro doratore, e quando nel 1763 si trasferì a Madrid aveva una formazione artistica piuttosto sommaria con modelli derivati dalla pittura italiana, per lo più napoletana. Il suo maestro era stato Luzán, che si rifaceva a Solimena. Contemporaneamente in Spagna erano attivi famosi pittori quali Giaquinto e Mengs. Quest'ultimo era già stato in Italia dipingendo il Parnaso sulla volta del salone di Villa Albani a Roma. Ed è probabilmente al seguito del Mengs che Goya venne in Italia tra il 1770 ed il 1771, con una teoria artistica molto prossima al Giaquinto: per il concorso a Parma realizzerà l’Annibale che attraversa la Alpi, ottenendo un buon secondo posto insieme al Borroni, sicuramente più ossequioso ai dettami formali ed accademici. E saranno proprio le regole accademiche quelle che Goya tenderà sempre a non seguire, anche quando nel 1780 diventerà Accademico di San Fernando e poi, nel 1795, direttore di Pittura della stessa. Le sue sono regole tutte personali, si tratta di libertà ed originalità, con l’immaginazione che vaga alla ricerca di nuove vie espressive, una sorta di espressionismo pittorico ante litteram, lasciando da parte ogni divagazione stilistica che impedisca la realizzazione di un’immagine più reale per lasciare spazio ad un’identità creativa ricca di capriccio e di libera invenzione. Di ritorno dall’Italia dovette conoscere Poussin e Vouet: nel 1773 conosce e sposa Josefa Bayeu, sorella di Francisco, pittore di non poco successo, grazie al quale realizza i cartoni per gli arazzi della manifattura reale di Santa Barbara.

 

Ma sarà probabilmente la malattia che lo colpirà nel 1792, lasciandolo poi sordo, a fare di lui uno degli artisti più famosi dell’epoca: si accentua questa sua percezione personale della realtà che parte dal sogno per approdare dopo infiniti voli pindarici alla realtà vera, senza l’imposizione di canoni ma sempre alimentata dalla fantasia e dalla libertà di scelta nei confronti dei temi, per lo più frutto della fantasia stessa dell’artista.

 

Del primo periodo dell’artista fanno parte opere quali i cartoni per la sala da pranzo dei principi delle Asturie al Prado, con dipinti freschi da ogni punto di vista quali L’Ombrellino (Quintasol) ed il Venditore di Vasellame (El Carrachero), con i loro colori luminosi, frutto dello studio delle opere francesi e dei dipinti realizzati dal Tiepolo e dal Giordano. Del 1783 è la Famiglia dell’Infante Don Luis, con evidenti riferimenti all’opera del Velazquez, mente lo studio del re all’Escorial viene affrescato con una serie di scene "campestri e gaie", così come aveva voluto il re stesso: ne fa parte El Pelele (la Marionetta).

 

Alla fine degli anni ’90 è pittore ufficiale di corte: realizza la serie di stampe dei Capricci, dove Goya smarrisce la gioia dominante in opere simili realizzate ad esempio dal Tiepolo sopprimendola con colori scuri, fantastici ed irrazionali. Addirittura ritrae se stesso nel 43° capriccio mentre ha il capo poggiato su un solido basamento, metafora dell’ordine del mondo, ed è scosso da incubi notturni: è il "sonno della ragione che genera mostri". Della stessa epoca la Famiglia di Carlo IV, il ritratto della Contessa di Chinchón, le Majas (vestida e desnuda), il Ritratto della marchesa di Santa Cruz come Euterpe.

 

Le vicissitudini legate all’invasione napoleonica gettano quindi il pittore in un pessimismo piuttosto acuto e si esprime maggiormente nell’allegoria del Coloso (il Gigante), dove l’uomo risulta abbandonato senza difese alle forze distruttrici degli istinti: il periodo vedrà l’ascesa del più "assoluto assolutismo" nel secondo decennio dell’800 ed il riemergere della religiosità dell’iniziale preparazione artistica ricevuta a Saragozza, con la pittura dell’Ultima comunione di San Giuseppe Calasanzio (1814). Allo stesso periodo appartengono le cosiddette "pitture nere", realizzate su muro e trasportate poi su tela, così fragili da non poter essere assolutamente trasportate al di fuori del Museo del Prado. Della stessa epoca sono le Disparates e i Disastri della guerra: caricature crudeli, fantasie ed allucinazioni paurose e misteriose, spietate visioni del mondo e dell’uomo con massacri, violenze, stupri. Segue poi la via dell’esilio, soprattutto a causa di un passato molto liberale in un periodo di buio culturale e politico: Goya si stabilisce a Bordeaux continuando comunque a dipingere. Morirà in Francia il 16 aprile del 1828, sordo e quasi cieco. Il suo corpo sarà cremato e le ceneri saranno conservate nella cappella di San Antonio de la Florida a Madrid.

 

Della sua pittura colpisce la realtà incentrata sulle vesti e sull’aspetto psicologico dei personaggi ritratti, siano essi poveracci impegnati nella vita di ogni giorno o nobili paganti. E’ grande illustratore di temi galanti, dipinge scene romantiche con la stessa facilità con la quale sprofonda nel più acuto pessimismo, lasciando intendere a chi guarda come anche le cose più belle siano destinate a finire quanto prima: il suo nudo della Maja influenzerà in modo decisivo la pittura tardoromantica ed impressionistica, così come in Goya si riassumono tutte le forme ed il lessico del Romanticismo.

 

L'ombrellino

1777

Museo del Prado, Madrid, Spagna

La marionetta (El Pelele)

1791-92

Museo del Prado, Madrid, Spagna

La Maja vestita

1800-03

Museo del Prado, Madrid, Spagna

Scena di prigione

c. 1810-14

Bowes Museum, Barnard Castle, UK.

 

Sito molto completo: http://www.abcgallery.com/G/goya/goya.html


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