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I Promessi Sposi appartengono al genere del romanzo storico e per questo ha una sua importanza precisare l’arco cronologico nel quale si colloca l’intreccio, che è compreso fra il 7 novembre 1628 (data dell’incontro di don Abbondio con i bravi) e il novembre 1630 (data delle nozze fra Renzo e Lucia). Questi due anni corrispondono alle terribili vicende pubbliche della carestia, della guerra e della peste, che il Manzoni ricostruisce, attenendosi scrupolosamente alla documentazione storica (cfr. capp. XXXI e XXXII). Proprio per tale motivo, minor rilievo ha l’aspetto creativo relativo alla rappresentazione del tempo storico, che, invece, assume valore particolare nella ricostruzione del tempo del racconto. In questo caso la variazione del ritmo narrativo comporta il ricorso a una varietà di tecniche: uso del sommario, del riassunto, dell’ellissi per affrettare la narrazione; uso della cronaca, della digressione, della pausa per rallentarla. Queste scelte tecniche sono collegate a precise esigenze narrative, che emergono in modo diverso nelle varie parti del romanzo.
Capp. I – VIII: il tempo del sopruso (schemetto)
Nei primi otto capitoli i movimenti dei personaggi corrispondono a un tempo ridotto a poche giornate (dal 7 al 10 novembre 1628). Gli avvenimenti sono seguiti scandendo il ritmo delle singole giornate e, in certi casi, viene puntualmente indicato il passaggio delle varie fasi del giorno: mattino, pomeriggio, sera, notte. La successione temporale è ordinata e regolare, con particolare prevalenza delle scene dialogate e di azione su quelle riflessive. Le sole sfasature temporali sono le analessi che completano il quadro dei fatti: l’antefatto delle molestie subite da Lucia (cap. III), la storia di don Abbondio (cap. I) e di padre Cristoforo (cap. IV). Frequente invece il rapporto di simultaneità fra azioni diverse: il viaggio di Renzo a Lecco e l’appello a padre Cristoforo; la spedizione del frate da don Rodrigo e il progetto del matrimonio per sorpresa; l’avventura dei due promessi nella canonica e quella dei bravi nella casetta di Lucia. Questo ripetersi della simultaneità tende a complicare la struttura temporale dell’intreccio e a creare l’effetto della complessità del reale. Il carattere analitico di questa prima parte si spiega con la necessità dello scrittore di presentare i personaggi principali, e di mostrarli immediatamente in azione.
Capp. IX-X: il tempo della sventura di Gertrude: da vittima a colpevole (schemetto)
Come nelle digressioni biografiche precedenti, anche in questo caso il personaggio prima viene introdotto sulla scena e poi ne viene ricostruita la storia, per chiarirne, almeno in parte, lo strano comportamento. La digressione nel caso di Gertrude è particolarmente lunga: costituisce quasi un romanzo nel romanzo. Comprende gli anni dal 1621 (infanzia e giovinezza di Gertrude) al 1627 (uccisione della conversa). Le indicazioni temporali sono però indefinite; il tempo scorre monotono e ossessivo. Del resto nessun evento costituisce un particolare cambiamento nella storia di Gertrude fino all’incontro con Egidio: il lettore assiste al compiersi implacabile di un destino.
Capp. XI-XXVII: il tempo della sofferenza di Renzo
Le vicende di Renzo, raccolte in una sezione compatta del romanzo, separate da quelle di Lucia, vengono seguite con indicazioni cronologiche particolarmente precise e con singolare indugio narrativo. La giornata dell’11 novembre (viaggio da Monza a Milano e inserimento di Renzo nel tumulto di San Martino) occupa i capitoli XI, XII, XIII, XIV e parte del XV. La sua fuga parte dal capitolo XV e comprende il cap. XVI e il cap. XVII. Il tempo corrisponde alle giornate 11, 12, 13 novembre. Tanta singolare attenzione è dovuta all’intrecciarsi del racconto con gli eventi storici e all’importanza che questo intreccio assume nella formazione e maturazione del personaggio protagonista. Nel capitolo XXVII i tempi si fanno più lunghi e indefiniti; non c’è riferimento a singole giornate ma piuttosto alle stagioni: l’autunno del 1628 e quello del 1629. L’autore non si sofferma sull’azione, ma dà spazio alla riflessione sulla carestia, sulla guerra, sulla natura umana, sulla Provvidenza.
Capp. XI-XXVII: il tempo della sofferenza di Lucia (schemetto 1; schemetto 2)
Nella vicenda di Lucia le coordinate temporali diventano vaghe. Resta ancora fondamentale la misura della giornata, in cui confluiscono le azioni principali, mà non viene precisata alcuna data: un giovedì ... il secondo giovedì ... un giorno ... una sera ... due o tre giorni prima. Nelle loro relazioni reciproche le indicazioni assumono un senso preciso, ma non è possibile ricostruire con esattezza la cronologia dei fatti. Maggior indugio narrativo è dedicato, nell’intero capitolo XXI, alla notte di Lucia e, nei capitoli successivi (XXII-XXIV) alla giornata seguente: sono tempi cruciali nella storia di Lucia (la sua angoscia, il suo voto), che diventano un essenziale momento di svolta nel romanzo in coincidenza con la conversione dell’innorninato. La diversità del tempo del racconto nelle due parti del romanzo relative a Renzo e a Lucia si possono spiegare con il fatto che le peripezie di Renzo seguono più da vicino il ritmo della storia e le vicende pubbliche; la storia di Lucia è invece soprattutto legata al mondo della coscienza, alle svolte interiori, e sfugge alle cronache, benché corrisponda a momenti decisivi nella storia del personaggio.
Capp. XXVII-XXXIII: il ciclone della storia (schemetto 1; schemetto 2)
Nei primi capitoli di questa macrosequenza l’attenzione e l’interesse dello scrittore si concentrano su riferimenti storici precisi che arrivano addirittura alla citazione di cronache ed editti. I fatti della carestia, della guerra e soprattutto della peste sono documentati minuziosamente con rigorosa successione cronologica. All’inizio della sequenza il racconto retrocede nel tempo, recuperando il momento in cui si è compiuta l’esperienza di Renzo a Milano. Dopo non c’è altra inversione temporale. Quando nel capitolo XXVIII vengono descritti gli effetti della peste, il tempo è scandito dal succedersi delle stagioni, dall’inverno all’autunno successivo. Infatti sono proprio le stagioni, che riflettendo i cicli della natura sono chiaramente collegate all’andamento della carestia. Con i capitoli XXIX e XXX rientrano in scena i personaggi di don Abbondio, Perpetua e Agnese in fuga dalla guerra, poi riprende la cronaca minuta degli avvenimenti: dall’ottobre 1629 al luglio 1630 è seguito il diffondersi della peste. La sequenza si chiude con la ricomparsa di don Rodrigo (una notte, verso la fine d’agosto) e di Renzo (tre giorni dopo) e con loro ritorna il ritmo quotidiano del tempo.
Capp. XXXIII-XXXVII: il giorno della «grazia» (schemetto)
Renzo è di nuovo in cammino, il suo itinerario attraverso Milano e poi nellazzeretto appare particolarmente lungo: occupa, in effetti, tre interi capitoli (XXXIV-XXXV-XXXVI), mentre, come dimensione temporale corrisponde ad una sola giornata, la giornata decisiva in cui il dramma del contagio e il dramma di Renzo e Lucia si risolvono. Di nuovo, come all’inizio, torna la scansione fra mattino, pomeriggio, sera e notte: ad ogni momento corrisponde un’esperienza diversa. Quando con il risolvimento della natura Renzo riprende il suo cammino, il ritmo temporale diviene più rapido: un solo capitolo, il XXXVII, corrisponde al tempo di tre giornate, in relazione al passaggio di Renzo al paese, a Pasturo, a Bergamo. Si avverte che la «bella storia» si avvia alla conclusione.
Cap. XXXVIII: il tempo indefinito della vita nuova di Renzo e Lucia (schemetto)
Nel capitolo conclusivo, finché l’azione è centrata su Renzo, persistono i tempi brevi delle singole giornate cronologicamente ricostruibili. Quando arriva Lucia il tempo resta circoscritto, ma con indicazioni indefinite (una sera ... la mattina ...). Dopo la celebrazione delle nozze e il trasferimento definitivo in un altro paese le allusioni temporali si fanno più vaghe, sono riferite a tempi più lunghi, addirittura anni. Ormai la storia si è conclusa; è iniziato il tempo indefinito della vita coniugale, ricca di eventi affettivi, ma senza più vicende avventurose.
Tratto da A. Manzoni, I promessi sposi, a cura di G. Sbrilli, Loescher 2011, pp. 954-955
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