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Come lettura iniziale ti propongo una sorta di summa delle tematiche leopardiane, cioè il Canto notturno di un pastore errante dell'Asia
Che
fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, Vecchierel
bianco, infermo, Nasce l’uomo
a fatica, Pur tu,
solinga, eterna peregrina, O greggia mia
che posi, oh te beata, Forse s’avess’io
l’ale |
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qualche dato tecnico: composto fra l'ottobre 1829 e l'aprile del 1830 è l'ultima poesia ad essere composta a Recanati; Leopardi volle collocarlo al centro della serie dei canti pisano-recanatesi (o 'Grandi idilli'), perché più filosofica e riepilogativa(del corpo centrale dei Canti troviamo la prima coppia, A Silvia e Le ricordanze, di rievocazione autobiografica della giovinezza; mentre la seconda coppia, La quiete dopo la tempesta e Il sabato nel villaggio, di descrizione di rilievo gnomico).
è una canzone libera, seguendo il modello metrico inaugurato da A silvia. La corrosione del modello canonico petrarchesco di CANZONE - con numero di versi, posizione di endecasillabi e settenari a disposizione di rime obbligate - si annuncia già in alcuni testi del Quattro/Cinquecento. Fu Alessandro Guidi, poeta del Seicento, colui che sperimentò in maniera consapevole nuove forme. Rispetto al passato restano i soli obblighi di impiegare endecasillabi e settenari suddivisi in stanze; mentre divengono liberi la lunghezza delle stanze, l'alternanza di endecasillabi e settenari e la disposizione delle rime. Troviamo infatti 80 endecasillabi e 63 settenari, con prevalenza nelle prime tre strofe (per rendere il ritmo più incalzante) e degli endecasillabi nelle ultime (più rallentato e meditativo).
soluzioni stilistiche estremamente varie: momenti di calma descrizione, come nella prima strofe, per imitare il punto di vista ingenuo e immediato del pastore; momenti di concitazione, come nella seconda strofe.
strutture sintattiche ampie e distese, ora per accrescere, attraverso l'accelerazione, il senso di orrore e di vanità (II str.), ora per dilatare lo spazio descrivibile dallo sguardo del soggetto contemplante, quasi a mimare lo smarrimento davanti all'immensità inutile e priva di significato. (IV str., in part. vv. 79-98). C'è la mimesi dell'ingenuità del pastore, ma non mancano tratti argomentativo-filosofici, quindi logici e concettuali (IV str. e V).
La condizione dell'uomo
vuole rimanere aderente all'esperienza concerta, quindi manca la sublimazione o idealizzazione. La ricerca di senso prende le mosse dalla vita quotidiana del protagonista: l'alba, il cammino del gregge, il riposo serale (vv. 11-15). Viene riepilogata la comune esperienza umana: nascita e infanzia (vv. 39-54), i dolori e la morte senza spiegazione (61-68), trascorrere inspiegabile del tempo (69-76). A tutto ciò non può non seguire lo smarrimento esistenziale provato dal pastore, ai vv. 79-104.
il dolore umano è inevitabile e, soprattutto, senza un perché. L'uomo è destinato ad una storia di dolori o di noia, senza ricevere in cambio nulla (anche per questo è un pensiero non cristiano).
è utile il confronto con Petrarca, Canzoniere, 50, in cui c'è una 'vecchiarella pellegrina' e un pastore, da confrontare con il vecchierello della seconda strofe e con il pastore dell'intero canto.
è un messaggio assolutamente pessimistico?
per tutto il canto si ostina a tentare percorsi di senso, che costituiscono valide alternative al pessimismo suggerito dal ragionamento. Cerca alternative all'insensata sofferenza umana, sia verso l'alto (luna, cielo), sia verso il basso (il gregge): la prima via è quella del perfetto sapere, del dare risposte all'ansia di significato ("tu forse intendi v.62), la seconda via è quella dell'assenza di bisogni, di autocoscienza (vv. 105132)
MA il pastore non può aderire né al punto di vista superiore (vv. 100-104), né a quello istintuale (vv. 129-132).
rispetto alla più ampio problematica romantica del rapporto natura-uomo, questo componimento è importante perché ci fa entrare nel pessimismo cosmico. Nel pessimismo storico gli uomini antichi erano inconsapevoli dell'«acerbo vero» e quindi erano più felici; adesso il pastore è diventato filosofo e perciò sente la propria infelicità e quella di tutti gli uomini. Eppure l'ultimo componimento composto da Leopardi, La ginestra, sembra lasciar intravedere una via di salvezza. Perciò il Canto è il vertice di una crisi preparata da altri momenti e seguita da altri sviluppi.
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