003 TEXT

LA SITUAZIONE ARCHITETTONICA

Ciò che comunemente definiamo come spazio vuoto
è in realtà uno spazio di vuoto temporaneo, in genere
momentaneamente abbandonato, ma nonostante
questo normato e vincolato da parametri legislativi,
come tutto il resto del territorio che ci circonda.
Dunque, seppure non costruiti, questi spazi non
rappresentano uno spazio libero.
Alcuni degli aspetti più importanti della vita dell’uomo sono,
da un lato la sua capacità speculativa, ossia la capacità di riflessione
su se stesso in assoluta solitudine, dall’altro la necessità
di compresenza con altri individui, senza instaurare
necessariamente delle relazioni emotive. Ne deriva che
il rapportarsi con spazi senza una precisa connotazione
diventa la proiezione ideale delle possibilità immaginative
di ciascuno, entrando in contrapposizione con una
tendenza continua e coattiva a riempire ciò che appare vuoto.
Bisogna inoltre tenere presente che gli individui si
rapportano con gli spazi della città attraverso una
percezione sociale sviluppata in ambiti locali, dai quali
confrontarsi con la metropoli e costruire una propria immagine
di città, secondo l’appartenenza culturale o geografica.
Ciò che più conta è poi il fattore temporale,
non più limitato al tempo storico del contesto,
ma al tempo dell’uso, dell’azione e dell’immaginazione.
Questi temi sono stati affrontati dall’indagine psicogeografica
di Abdelhafid Khatib e di Gilles Ivain, entrambi appartenenti
all’Internazionale Situazionista,
i quali opponevano al funzionalismo architettonico
le prospettive emergenti dall’esperienza vissuta sullo
spazio urbano. Lo strumento di cui si avvale la psicogeografia
è la deriva definita come “il modo di comportamento
sperimentale legato alle condizioni della società urbana”.
La deriva è un concetto diverso dal viaggio perché ha come
obbiettivo di riconoscere gli effetti psichici del contesto urbano,
presentando un duplice aspetto: da un lato la rinuncia a mete
prefissate e l’abbandono alle sollecitazioni del territorio e degli
incontri occasionali, dall’altro implica la conoscenza delle
variazioni psicologiche. La struttura architettonica che più si
avvicina a tale stimolazione psichica è il labirinto.
La celebre architettura di Dedalo è l’esempio più antico della necessità
umana di addentrarsi e disorientarsi con il piacere
dell’esplorazione e della conoscenza.
Come scrive FrancoRella in un articolo dal titolo La poetica del labirinto,
apparso su Casabella: “Pensare e progettare sono appunto questo
dirigersi verso il centro focale del nostro tempo, verso il ritmo
e la pulsazione delle cose, che tracciano i confini della nostra
esperienza attuale e che rendono possibili nuove esperienze”.
Il labirinto come metafora del percorso conoscitivo in letteratura,
con Jorge Luis Borges, in arte con i corridoi borghesi del russo
Ilya Kabakov o con le sculture di Richard Deacon.
Ma numerosesono le architetture che pongono alla base
dell’esperienza spazialeil percorso labirintico, basti pensare
all’asilo per ragazzi abbandonati di Aldo Van Eyck ad Amsterdam,
al museo di Salisburgo di Giancarlo De Carlo,
o alle architetture dagli spazi polivalenti di Herman Hertzberger.
La psicogeografia costituisce
la base del progetto di rinnovamento urbano situazionista,
denominato urbanistica unitaria definito come “la teoria dell’impiego
d’insieme delle arti e delle tecniche concorrenti alla costruzione
di un ambiente in legame dinamico delle esperienze di
comportamento”.
L’urbanistica unitaria si pone in antitesi alla
concezione della città borghese e al ruolo di conservazione
degli schemi di soddisfazione dei desideri imposti dalla società
dominante. La polemica contro l’urbanistica, condotta dai
situazionisti è tesa a far comprendere che la pianificazione urbana
è uno strumento di controllo attraverso il quale organizzare
la partecipazione a qualcosa a cui è impossibile partecipare.
Il principio per il quale “ Abitare è essere ovunque a casa
propria” viene adottato per far cessare di identificare se stessi
con l’ambiente e con i modelli di condotta che la produzione
capitalistica procede a omogeinizzare e ad unificare, rendendo
gli spazi dei luoghi equivalenti e abolendo così il senso del
viaggio e dell’esperienza vissuta.
L’urbanistica unitaria verrà tuttavia sviluppata secondo
due differenti direzioni, da Debord e da Costant.
Per Debord l’urbanistica unitaria si manifesterà
come una critica teorica radicale dell’urbanisitica, in cui analizzare
le prospettive di modificazione cosciente della vita quotidiana.
Per Costant approderà al progetto di città coperta, strutturata come
un’abitazione collettiva, ricca di stimoli per la vita sociale, separata
dalla circolazione dei veicoli , chiamata New Babylon.
Questa composizione è stata poi ripresa da Rem Koolhaas, nel libro
Delirious New York e, più recentemente nel progetto della Città
Generica, nella quale si possono trovare ampiamente i temi trattati
dall’urbanistica unitaria, soprattutto in relazione al concetto di
identità e di centralità.
Temi affronatati anche nell’opera teorica di Carlo Doglio o in
quella di Van Eyck, il quale a proposito dello sviluppo della città
contemporanea dichiarava: “Noi non sappiamo niente della grande
moltitudine, non possiamo cimentarci con essa né come architetti,
né come urbanisti o chiunque altro”, lasciando intendere, senza
ricadere nell’abusato richiamo all’etica, che lo sviluppo della
metropoli è legato all’impuro e che le future forme della vita sociale
non possono essere previste a priori, si possono solo definire le
condizioni negative deducendole da una critica rigorosa dell’attuale
società. Su questi argomenti procederà Raul Veneigem con il
trattato dal titolo La prospettiva del potere, in cui la critica alla
società borghese è condotta attraverso il punto di vista della
soggettività radicale, e lo stesso Debord con il libro La società
dello spettacolo
in cui si individua il carattere fondamentale
dell’alienazione contemporanea nello stato di passività contemplativa
prodotto dal capitalismo.
Si fa strada in questi testi l’esigenza di una condizione umana umanitaria,
in un mondo strutturalmente diviso.
Tuttavia questa divisione strutturale non è quella tra teoria e pratica ,
di stampo marxista, ma quella tra significato e realtà, o come ha
sottolineato Mario Perniola in L’alienazione artistica, tra un significato
senza realtà ed una realtà priva di significato,
in altri termini la differenza che intercorre tra arte ed economia.
Il concetto di situazione si pone infatti come un effettivo superamento
dell’arte, a favore di una trasformazione che riguarda, non solo
la struttura urbana, ma anche il comportamento degli abitanti,
introducendo concetti come il gioco, il nomadismo, il concetto
di vita quotidiana. Le comunità o gli individui che intendono così
riappropriarsi della loro storia totale, devono considerare la loro
stessa vita come un viaggio avente in se stessa tutto il proprio senso.

Marco Sitzia, gennaio 2001


home
text
contact