BOLIVIA

Sfuggita al segreto di stato, l’informativa 200-102-857 del marzo 2002 suggerisce un increscioso sospetto circa la reale autonomia dell’esercito boliviano. 

Esercito, pensaci tu
Sfuggita al segreto di stato, l’informativa 200-102-857 del marzo 2002, relazionava dettagliatamente Colin Powel, il braccio destro di George W. Bush, sui mezzi, sugli uomini e sui fondi forniti dagli Stati Uniti alla Bolivia. L’informativa è stata redatta dall’allora responsabile del Nas statunitense presso l’ambasciata nel paese andino e suggerisce un increscioso sospetto circa la reale autonomia dell’esercito boliviano.
Di Giovanna Vitrano (l’informativa è stata desecretata grazie al lavoro del giornalista statunitense Jeremy Bigwood)

Gonzalo Sanchez de Lozada, per la seconda volta presidente della repubblica di Bolivia, in questo periodo di profonda crisi e di gravi conflitti sociali ha trovato il vero “pilastro della democrazia e dell’unità nazionale”.
E checchè ci insegnino le biografie di questo bis-presidente, questo “pilastro” è l’esercito.
Un’affermazione a dir poco sorprendente, perché durante il suo primo mandato (1993-1997) Goni Sanchez non ha perso occasione per manifestare tutto il suo disprezzo -malcelato da una ironia spesso fuori posto - nei confronti delle forze armate, che, a suo dire, erano solo “capaci di svegliarsi alle cinque del mattino, anche se poi non avevano la più pallida idea di cosa fare per tutto il resto della giornata”. E tanto forte era il suo convincimento dell’inutilità delle divise, che per quei quattro anni ha fatto sedere nella poltrona del ministro della difesa due rappresentanti del più piccole e debole partito della sua maggioranza, due signori della Union Civica di Solidariedad, un partito ormai dimenticato, proprio come i nomi dei due ex ministri.
Molte cose sembrano essere cambiate da allora. Tanto per dirne una, è successo il massacro dello scorso febbraio, quel febrero negro durante il quale proprio le mimetiche dell’esercito boliviano hanno consentito al presidente di allontanarsi dalla scena degli scontri, il palazzo presidenziale.
Questa potrebbe essere davvero una buona ragione per questa sua ritrovata stima nell’esercito di Bolivia.
Ma noi pensiamo che ci sia dell’altro. Molto altro.

Lezioni di “Filosofia di Guerra”
“Le Forze Armate della Nazione sono la rappresentazione del popolo, sono il popolo stesso che con la gerarchia, la disciplina e l’organizzazione costituiscono il miglior esempio di unità nazionale”. Così ha sentenziato lo scorso 8 agosto il Ministro della Difesa Carlos Sanchez Berzaìn, ex docente -per ben 13 anni - della Ecem, la Escuela de Comando y Estado Mayor di Bolivia, quella scuola di cui abbiamo già dato notizia a proposito di certe “simulazioni” piuttosto inquietanti.
Qualche settimana fa, radio, televisioni e giornali boliviani sono stati letteralmente inondati da una stessa notizia: “Il presidente della Repubblica assiste alle celebrazioni per l’anniversario della Scuola per sergenti e dell’Ecem”. Scorrendo la velina, si viene informati che la scuola “ha il compito di formare sergenti, sottufficiali con il grado di sergente conferendo il titolo accademico di Tecnico Superiore in Scienza e Arte Militare terrestre”, oltre a rappresentare “il Centro del pensiero dell’Esercito” dato che qui trovano la specializzazione “gli ufficiali superiori per il comando, la pianificazione e per le consulenze a livello strategico”. Leggendo ancora, si impara che la Ecem progetta “l’istituzionalità educativa in ambito nazionale e internazionale, formando capi militari al servizio dello Stato maggiore e analisti in Scienza Militare e in Filosofia di Guerra”.
Tutto ciò potrebbe far pensare alla terribile School of Americas, la scuola che ha forgiato alcuni tra i più terribili dittatori del Novecento, come Noriega tanto per ricordarne uno. Ma non è così. E’ peggio. Perché tutto questo popò di esercito boliviano non esite. O meglio, c’è, ma anche il più generale tra i Generali boliviani deve sbattere i tacchi e fare il saluto. A chi? Allo zio Sam in carne e ossa.
L’impegno principale dell’esercito boliviano è la lotta al narcotraffico. E’ chiaro quindi che i corpi a questa “guerriglia” destinati siano i più importanti, le forze “scelte”, le meglio equipaggiate. E si sa che gli Stati Uniti, quando si tratta di spendere quattrini per combattere il narcotraffico, non si fanno pregare.
Ovviamente chiedono spiegazioni per ogni dollaro speso. Ed ecco che l’informativa 200-102-857 (marzo 2002) del Nas statunitense in Bolivia, firmata dal Ministro Consigliere dell’ambasciata degli Stati Uniti in Bolivia, Patrick Duddy e inviata a Colin Powell, racconta molti fatti interessanti.

Poveri Diavoli
Tanto per mettere subito in chiaro le cose, nell’informativa si legge che “solo il direttore del Nas - oggi Stanley Schrager- può autorizzare missioni di volo, consumi di routine o consumi straordinari” delle dotazioni militari fornite dagli statunitensi ai boliviani. Più volte, poi, all’interno della nota, si legge che “il personale del Nas approva tutte le missioni aeree antinarcotici”.
Il direttore del Nas, quindi, ha la potestà su tutte le operazioni contro il narcotraffico, ma anche, come andremo scoprendo, su 22 aerei, 1.100 veicoli, 80 mezzi navali, armi di vario genere, apparecchi per le comunicazioni, ispezioni, ubicazioni e contingenti.
La nota è più che mai dettagliata, visto che Mr. Duddy ha dovuto giustificare una spesa di oltre 35 milioni di dollari per un solo anno, per 28 azioni programmate, non soltanto finanziate, ma anche dirette da funzionari statunitensi.
Gli uffici del Nas hanno sede a La Paz, e contano uno staff di 15 funzionari che, spostandosi a Santa Cruz, a Cochabamba, a Trinidad e a Chimoré, hanno la supervisione del personale, delle comunicazioni, dei trasporti e perfino del carburante usato nel Programma Antinarcotici.
A questo punto è abbligatorio addentrarsi nei dettagli tecnici. Per non commettere errori. Per riportare quei fatti così dettagliatamente descritti nell’informativa sfuggita al segreto di Stato solo grazie alla testardaggine di un giornalista scrupoloso, Jeremy Bigwood, che ha cercato ed ottenuto i documenti direttamente dal Foia, il Freedom of Information Act del Ministero della Difesa degli Stati Uniti.

L’aviazione
Nel 2001 il Nas ha fornito all’aviazione boliviana 22 aerei, oltre a un numero imprecisato di elicotteri, e due Hercules C-130 B; un terzo bombardiere era atteso tra l’ottobre e il dicembre del 2002. Questi mezzi sono stati affidati alle squadre chiamate “Diablos Rojos”, i Diavoli Rossi boliviani, sotto la supervisione di un ufficiale statunitense, direttamente comandato da Washington, e di tre altri ufficiali distaccati dal Programma PASA (anche questo del Ministero della Difesa statunitense).
E per ribadire il comando di Washington, chiamato “supervisione” nell’informativa, la manutenzione ordinaria e straordinaria di questi mezzi e il compito di addestrare al loro utilizzo è stato affidato alla Dyncorp, la società statunitense che provvede agli stessi compiti per le attrezzature di sicurezza dello zio Sam. I “Diablos Negros” della Fuerza de Tarea Conjunta - il corpo dell’esercito che ha come compito quello di distruggere le coltivazioni di coca - hanno avuto in dotazione gli aerei, sempre sotto la supervisione di un ufficiale statunitense. Nonostante il fatto che l’aviazione militare boliviana avesse messo a disposizione 13 uomini tra piloti, copiloti e navigatori, il pass per accedere alla sezione logistica e per l’accesso all’angar destinato agli hercules è stato dato a un solo boliviano. Ai Diavoli verdi, poi, sono stati affidati anche 101 veicoli militari per i quali questi soldati vengono trasformati in semplici autisti e meccanici. Perché nell’informativa si legge a questo proposito: “Compito principale dei Diavoli Verdi è trasportare carichi, combustibile e personale. Seconda missione è quella di istruire il personale dell’Esercito alla manutenzione, immagazzinaggio e trasporto, attività faticose per il personale statunitense”. Il controllo degli autoveicoli è affidato a nove funzionari del Nas, sotto la diretta supervisione di un nordamericano. 112 i Diavoli verdi boliviani ridotti a choferes e magazzinieri sotto il comando di un tenente colonnello.

 La Fanteria
Nel 2001 gli stati Uniti hanno disposto l’affidamento ai “Diablos Verdes”, i diavoli verdi, della Fuerza Especial de Lucha contra el Narcotraffico (Felcn) di 280 fucili M4 a lunga gittata. L’informativa sottolinea come la responsabilità sull’uso e sul consumo di queste armi fosse della Felcn, ma, poche righe sotto, precisa che è della sezione militare dell’ambasciata statunitense in Bolivia, il Milgroup, il compito di provvedere periodicamente a inventari e controlli sul reale uso dei fucili e sulla capacità degli uomini di usare queste armi.

La Marina
La Bolivia non ha alcuno sbocco al mare, però possiede il corpo della Marina militare. Per questi marinai senza porto, chiamati “Diablos Azules”, diavoli azzurri, il Milgroup ha previsto 27 motoscafi, 31 telefoni satellitari, 10 radiotrasmittenti, 10 binocoli per la visione notturna e due sistemi computerizzati. Per ognuna di queste cinque consegne sono state comandate in Bolivia equipe di istruttori prelevate dalla Guardia costiera statunitense e altro personale militare. Come istruttori.

Tentazioni irresistibili
A tutto questo armamentario, bisogna aggiungere non meno di 1.100 autoveicoli consegnati dal Nas e dal Milgroup alle varie Forze boliviane (Dea, Digeco e Felcn) impegnate nei vari settori della sicurezza, dal controllo delle strade al contrabbando di liquori. Nell'informativa si legge che il controllo e la manutenzione dei mezzi è stato assicurato attraverso "ordini di lavoro, scadenze di inventario e programmi speciali computeraizzati". "Certi pezzi di ricambio sono stati dotati di speciali codici identificativi o simbili particolari per impedire che vengano scambiati". Perché lo Zio Sam ha avuto seri problemi nell'affidare i "suoi" mezzi ai militari boliviani visto che, come viene puntualmente annotato nell'informativa, "spesso gli ufficiali boliviani abusano del privilegio di usare un veicolo e lo fanno per spostamenti personali. (...) I programmi di addestramento del Nas hanno contribuito a ridurre incidenti seri attribuibili a negligenza, anche se se ne registrano ancora. Un grosso sforzo è stato necessario per razionalizzare la distrubuzione del carburante. Sforzi che ancora, a quanto pare, non hanno sortito gli effetti sperati visto che "alcune unità antinarcotici continuano a usare mezzi primitivi di misurazione, immagazzinaggio e distribuzione del combustibile".

Gli uomini in campo, uno per uno
Sempre secondo i dati del Nas, in Bolivia la Fuerza de Tarea Conjunta per la distruzione delle coltivazioni di coca conta 1.563 persone tra militari, poliziotti e impiegati civili, così distribuite: “metà impegnata a distruggere le piantagioni illegali, metà per garantire la sicurezza nei campi”. Quindi solo 781,5 soldati sono ufficialmente impegnati a distruggere materialmente la “foglia sacra”. Eppure, all’interno di uno dei tanti programmi di sostegno americani, lo Zio Sam pare che provveda a tutti i 1.563 uomini della FTC, non lesinando alimenti, carburante, attrezzature, autoricambi, mezzi di trasporto e assistenza medica.
Nell’informativa, però, si apprende che, seppur ridotta di personale, la FTC è stata in grado di aumentare il numero di operazioni per la distruzione di piantagioni. E’ comparsa la Fuerza de Tarea Expedicionaria per coadiuvare e pattugliare le aree distrutte. Per lei gli Stati Uniti ha addestrato 1.500 uomini.
Per la lotta al narcotraffico condotta lungo i corsi dei fiumi, sono stati addestrati 160 “diavoli azzurri”, stanziati a Trinidad, Riberalta, Guayaramerín, La Horquilla e Puerto Villarroel, con un proprio quartier generale a Trinidad, un campo di addestramento e 80 mezzi fluviali

I mezzi in campo, uno per uno
All’interno di una lotta senza quartiere come questa, risulta chiaro come l’informativa del governo americano dovesse essere più che precisa soprattutto al riguardo dei mezzi di comunicazione.
Il Nas, si legge, ha fornito 616 equipaggiamenti completi tra ripetitori, stazioni fisse, radiomobili, ricetrasmittenti e altro così distribuite: “170 a La Paz, 125 a Santa Cruz, 59 a Trinidad, 165 a Chimoré, 92 a Cochabamba e 5 a Oruro”.
Ma La Paz, che può vantare secondo questo inventario il maggior numero di apparecchiature, non è certo un villaggio disperso tra gli altopiani boliviani. Al contrario, è la seconda città boliviana, una piccola “metropoli” che comincia a soffocare nel cemento, proprio come una qualunque città occidentale. Altro dato inquietante rivelato sempre dalla nota, è che nessuna zona dell’altopiano paceño viene segnalata come zona di allarme rosso.

Il Nas secondo il Nas
“Ridurre i crimini internazionali che hanno relazione con la droga o con altro che rappresenti una minaccia per gli Stati Uniti mediante le migliori professionalità delle forze dell’ordine e delle autorità giudiziarie boliviane per identificare, dissuadere e processare i delitti commessi in realizione a droga o altro per mezzo dello strumento della cooperazione multilaterale contro il crimine”. Questa la dichiarazione d’intenti del Nas che opera in Bolivia con otto uffici ubicati tre a La Paz, due a Santa Cruz e uno per ogni regione restante: Cochabamba, Trinidad, Chimoré

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