SALUTE

Usa, prima limitazione del diritto all'aborto

 

Stefania Podda (15-3-2003)

Un paio di mesi fa il New York Times pubblicava in prima pagina un lungo e circostanziato editoriale dal titolo: «La guerra contro le donne». La guerra era quella che l'amministrazione conservatrice di George W. Bush si apprestava a scatenare per rovesciare le fondamenta giuridiche sulle quali si fonda, negli Stati Uniti, il diritto all'aborto.


Vittoria repubblicana
Ebbene, giovedì la Casa Bianca ha vinto la sua prima battaglia: il Senato americano ha approvato, con 65 voti favorevoli e 32 contrari, un disegno di legge per mettere al bando i cosiddetti aborti tardivi. Un provvedimento che figurava al primo posto nell'agenda presidenziale tanto che lo stesso Bush, nel discorso sullo Stato dell'Unione di quest'anno, aveva pronunciato il suo viatico per i legislatori: «Vi chiedo - aveva premesso - di proteggere i bambini sin dalla nascita e vi chiedo - aveva aggiunto - di porre un termine alla pratica dell'interruzione volontaria a gravidanza già avanzata». I repubblicani erano già riusciti a far passare la legge due volte, nel '96 e nel '97, ma l'allora presidente Bill Clinton aveva posto il veto. Stavolta andrà diversamente, alla Camera dei rappresentanti la maggioranza è blindata e Bush, molto vicino ai gruppi antiabortisti, ha già fatto sapere che firmerà subito la legge.

Le norme approvate vietano l'aborto praticato durante la quinta o sesta settimana con quello che viene chiamato "partial birth abortion" - ossia l'eliminazione del feto attraverso il parto parziale - quando il feto presenti anomalie gravi o letali, o quando la gravidanza metta a rischio la salute o la vita stessa della madre. Il testo licenziato dal Senato permette l'aborto tardivo solo quando sia necessario per salvare la vita della donna, ma non quando ad essere in pericolo è la sua salute.

Dietro l'approvazione di questo divieto, si nasconde la prima concreta restrizione al diritto all'aborto garantito negli Usa da una sentenza con cui, il 22 gennaio del '73, la Corte Suprema dichiarò anticostituzionale una legge del Texas contro l'interruzione volontaria di gravidanza, in quanto violava il diritto alla privacy sancito dalla costituzione americana.


Antiabortisti all'attacco
Ma a trent'anni da quella storica decisione sul caso Roe versus Wade, alla Casa Bianca c'è un presidente che in campagna elettorale si era ben guardato dal pronunciarsi contro l'aborto, pur facendosi promotore di azioni «a favore della vita», ma che ora si sente investito da una nuova "missione". Nel giorno del trentesimo anniversario della sentenza della Corte Suprema, Bush ha voluto esprimere il suo sostegno alle migliaia di militanti dei movimenti per la vita che in quel momento sfilavano per le strade di Washington. E come primo segno concreto della vicinanza ideale dell'amministrazione, il segretario alla Sanità Tommy Thompson ha annunciato nelle scorse settimane la sua intenzione di riconoscere al feto lo status giuridico di "bambino non nato", assicurando alle madri in attesa la copertura sanitaria, ma aprendo al contempo la strada ad una restrizione del diritto all'aborto. Perché, come paventava il New York Times, «la serie che s'allunga degli ordini esecutivi e delle altre disposizioni "anti scelta", le manovre legislative, le nomine chiave che emanano dall'amministrazione suggeriscono che limitare la libertà di riproduzione, essenziale alla salute, alla privacy e all'eguaglianza delle donne, è una delle principali preoccupazioni di Bush, forse inferiore soltanto a quella della guerra contro il terrorismo».

http://www.liberazione.it/giornale/030315/default.asp