ITALIA

Camp Darby, il più grande arsenale Usa all'estero

 

Camp Darby, il più grande arsenale Usa all'estero

Due anni fa la base americana sgombrò dai bunker pericolanti 100 mila

ordigni. Roma non fu avvisata

Nel 1947 il Tombolo era «Il paradiso nero»: la pineta maledetta delle

signorine che facevano la vita, dei contrabbandieri che si arricchivano con

la fame, dei disertori stufi di guerre. Il film, scritto da Indro

Montanelli e interpretato da Aldo Fabrizi, mostrava questo angolo di costa

tra Livorno e Pisa come una terra selvaggia, popolata di gangster e

sbandati, dove tutti potevano perdere l'anima o la vita. Poi, quattro anni

dopo, un accordo siglato tra Roma e Washington ha fatto scomparire

dall'Italia quei mille ettari di litorale tirrenico e li ha trasformati in

un segreto americano: Camp Darby. Da allora nessuno è mai venuto a sapere

cosa contenesse esattamente quella base: l'unica certezza era la sua

importanza, ribadita dal Pentagono ogni volta che si avvicinava un

conflitto. E solo ora grazie alle ricerche svolte da una fondazione della

Virginia è possibile penetrare nel mistero della pineta più blindata

d'Europa. A Camp Darby infatti è custodito il più grande arsenale americano

all'estero. Qualche numero? Ventimila tonnellate di munizioni per

artiglieria, missili, razzi e bombe d'aereo con 8.100 tonnellate di alto

esplosivo ospitate in 125 bunker. E, ancora, gli equipaggiamenti completi

per armare una brigata meccanizzata: 2.600 tra tank, blindati, jeep e

camion. Nella lista ci sono tutti i migliori sistemi dell'esercito

statunitense, inclusi 35 carri armati M1 Abrams e 70 veicoli da

combattimento Bradley. Ma l'inventario prosegue con un elenco

impressionante, sintetizzato da una cifra: ci sono materiali bellici del

valore di due miliardi di dollari (l'equivalente in euro), missili e

ordigni esclusi.

IL RUOLO DELLA BASE - Per avere un'idea del ruolo di questa cittadella

basta esaminare due dati: da Camp Darby provenivano quasi tutte le

munizioni usate durante la Tempesta nel Deserto nel 1991 e il 60 per cento

delle bombe scagliate sulla Serbia nel 1999. Grazie al canale navigabile

che arriva all'interno della base - la struttura toscana è l'unica nel

mondo che dispone di un simile collegamento - carichi giganteschi di armi

vanno e vengono senza che nessuno possa spiarli. Per la prima guerra con

l'Iraq c'è stato un traffico complessivo pari a 4 mila tonnellate di bombe

e granate; per la campagna del Kosovo ne sono bastate 16 mila. Nei giorni

del Natale 1998, alla vigilia del conflitto balcanico, sui moli tirrenici

sono sbarcate 3.278 cluster bomb : i congegni a frammentazione, micidiali e

delicati anche nei traslochi. La capacità complessiva dei magazzini nel

1999 è stata certificata per contenere 32.000 tonnellate di ordigni. Una

santabarbara impressionante, gestita da un reparto - il 31° Squadrone

munizioni - che ha un simbolo abbastanza infelice: il profilo della

penisola italiana disegnato su una vecchia bomba con la miccia accesa.

I «PIRATI SPAZIALI» - La storia di Camp Darby è stata ricostruita con

un'attività certosina dai ricercatori di GlobalSecurity.org , una

fondazione americana che crede «in un approccio innovativo alle sfide della

sicurezza nel nuovo millennio» e vuole ridurre «l'incidenza mondiale di

conflitti sanguinosi». Sono celebri come «pirati spaziali»: acquistano e

mettono sulla rete foto delle installazioni più segrete di tutto il pianeta

scattate dai satelliti commerciali. Il direttore, John Pike, è un

personaggio molto noto nella intelligence community . La loro attendibilità

è giudicata altissima: finora non sono mai stati smentiti. «Abbiamo

ricavato le informazioni sulla base toscana - spiega François Boo, ex

ufficiale del Centro alti studi delle Forze armate francesi che ora in

California guida lo staff dei ricercatori - esclusivamente dalle "fonti

aperte", documenti che erano di libero accesso fino all'11 settembre 2001».

Alcuni dei dossier da loro consultati sono stati secretati dopo l'attentato

alle Torri Gemelle: la pubblicazione su Internet è stata vietata con una

decisione che ha fatto gridare alla censura. Altri fascicoli restano

disponibili. Boo ne elenca alcuni: foto dei bunker tratte da un dépliant

che pubblicizza ai marines le vacanze premio «sulla riviera italiana»;

«record di produttività» nello stoccaggio dei razzi sui bollettini degli

encomi. O il caso forse più incredibile per il pubblico italiano, narrato

dalla rivista tecnica del genio militare.

L'ALLARME DEI BUNKER - E' una storia di due anni fa. A Camp Darby ci sono

enormi depositi sotterranei refrigerati, per proteggere dal calore gli

apparati più sofisticati destinati ai caccia e ai bombardieri. Furono

costruiti negli anni Settanta ma hanno cominciato presto a mostrare

problemi strutturali. Dieci anni dopo i tecnici della base li hanno

rinforzati con lastre d'acciaio: un intervento che forse ha peggiorato la

situazione. Le crepe si sono allargate, inesorabilmente. Nel maggio 2000

pezzi di cemento cominciano a cadere dal soffitto sulle armi e i genieri

fanno scattare l'allarme. Con cautela estrema tra giugno e luglio vengono

sgomberati dodici bunker, contenenti 100 mila ordigni con 23 tonnellate di

esplosivo ad alto potenziale. L'operazione viene descritta come

delicatissima dagli stessi esecutori, che l'hanno realizzata utilizzando

robot telecomandati: nella loro rivista la chiamano «un piccolo miracolo».

Nessun pericolo, quindi. Ma anche nessuna informazione alle nostre

autorità: in genere in Italia si fanno evacuare aree gigantesche solo per

disinnescare un residuato bellico con una carica di pochi chili. Che

precauzioni sarebbero state adottate per muovere migliaia di ordigni a

ridosso delle spiagge più affollate?

Il mezzo milione di pallet allineati nei viali della base non sono serviti

solo per spedizioni di morte. Dagli 11 mila stock di provviste e vestiario

spesso si è attinto anche per operazioni umanitarie in Kurdistan, nei

Balcani, in Africa. Dai piazzali con cinquecento tra ruspe, bulldozer e

trattori in diverse occasioni sono partiti veicoli preziosi per soccorrere

le vittime di catastrofi naturali, come il terremoto in Turchia del 1999.

IL CANALE NAVIGABILE - Ma la funzione principale resta quella di

santabarbara: l'unica fuori dai confini nazionali dove mezzi e munizioni

vengono custoditi insieme. In pratica, un'intera brigata corazzata

americana può volare fino al Kuwait senza portarsi dietro nemmeno un

calzino di ricambio: tutto il necessario - dai cannoni alla biancheria, dal

cibo ai lubrificanti, dai tank alle razioni, dai camion alle gavette -

viene trasbordato sulle navi dal molo di Camp Darby, riducendo di un terzo

il tempo necessario al trasferimento dagli Usa. Quanto ad armamenti per

aerei, invece, le dotazioni sono sterminate: tutta la riserva pensata a suo

tempo per sostenere la guerra con l'Urss sul fronte europeo. «E' una

posizione ideale - dichiara il responsabile dei magazzini in una rivista

dell'Us Army -. Siamo vicini al porto, allo scalo di Pisa, all'autostrada e

abbiamo una linea ferroviaria che arriva dentro la base». Insomma, è il

caposaldo principe che viene potenziato in questi mesi con l'ampliamento

del canale navigabile, il Tombolo, appunto: la Nato ha varato un programma

per allargarlo e cementificarne i fondali, in modo da raddoppiare la

capacità di carico. Entro il 2010 non lo percorrerà più un mercantile alla

volta, ma due contemporaneamente accelerando i tempi di mobilitazione

dell'armata. Perché senza Camp Darby gli americani non possono entrare in

guerra.

A sorvegliarla ci sono pochi soldati statunitensi: 350 militari

professionisti, 700 della Guardia nazionale. Manutenzione, pulizia e

manovalanza invece sono appaltate ad aziende italiane, con 580 dipendenti,

per i quali però esistono zone off limits . Ma le presenze americane si

moltiplicano in estate: 50 mila solo nel 2000. Perché - come recitano le

brossure del Pentagono - «la spiaggia privata di Camp Darby offre sole,

mare, giochi e relax riservato al personale autorizzato». Il tutto accanto

ai bunker più esplosivi d'Europa.

 

Gianluca Di Feo [Corsera, Lunedì 13 Gennaio 2003]