Scritto nel maggio 2000, il seguente testo è la seconda parte del settimo capitolo, intitolato “Genocidio economico in Ruanda”, della seconda edizione di The Globalization of Poverty and the New World Order, Global Outlook, Shanty Bay, Ontario 2003. Questo testo aggiorna l’analisi dell’autore sul Ruanda scritta nel 95, pubblicata in prima edizione come The Globalization of Poverty, TWN and Zed books, Penang and London, 1997. Questo testo risulta in parte da uno studio dell’autore, condotto insieme all’economista belga Pierre Galand, sull’uso del debito estero del Ruanda nel 1990-94 per finanziare militari e paramilitari.La guerra civile e i massacri etnici in Ruanda facevano parte della politica estera degli USA, attentamente gestita secondo precisi obiettivi strategici ed economici. Sin dall’inizio della guerra civile in Ruanda nel 1990, il progetto segreto di Washington era di stabilire una sfera d’influenza americana in una regione dominata storicamente da Francia e Belgio. Il progetto americano era di sostituire la Francia attraverso il sostegno del Rwandan Patriotic Front e le forniture di armi al suo braccio militare, la Rwandan Patriotic Army (RPA). Dalla metà degli anni 80 il governo di Kampala, in mano al Presidente Yoweri Musaveni, era diventato per Washington il simbolo della democrazia in Africa. L’Uganda rappresentava inoltre una base di lancio per i movimenti di guerriglia sostenuti dagli USA in Sudan, Ruanda e Congo. Il Maggiore Generale Paul Kagame era divenuto capo dei servizi segreti delle forze armate dell’Uganda, addestrato dal comando militare USA e presso lo Staff College (CGSG) di Leavenworth, Kansas, specializzato in combattimento e strategia militare. Kagame tornò da Leavenworth per guidare l’RPA, poco dopo l’invasione del 1990. Prima dello scoppio della guerra civile in Ruanda, l’RPA faceva parte delle forze armate ugandesi. Poco prima dell’invasione del Ruanda nell’ottobre 1990 le mostrine scomparirono. Da un giorno all’altro un gran numero di soldati ugandesi si unì al Rwandan Patriotic Army (RPA). Durante la guerra civile, l’RPA ricevette forniture dalle basi militari delle United People’s Defense Forces (UPDF) in Uganda. Agli ufficiali Tutsi dell’esercito ugandese furono assegnati dei posti nell’RPA. L’invasione delle forze ugandesi nel 1990 fu presentata all’opinione pubblica come una guerra di liberazione combattuta da guerriglieri Tutsi. La militarizzazione dell’Uganda era parte integrante della politica estera USA. La preparazione delle forze UPDF dell’Uganda e dell’Armata Patriottica del Ruanda (RPA) fu supportata da USA e Gran Bretagna. Quest’ultima fornì addestramento militare nella base di Jinja: “A partire dal 1989 l’America ha sostenuto gli attacchi congiunti di RPF (Rwandan Patriotic Front) e Uganda contro il Ruanda…C’erano almeno 56 ‘situation report’ presso il Dipartimento di Stato USA nel 1991…come le relazioni anglo-americane con l’Uganda si rafforzavano, così le ostilità tra Uganda e Ruanda aumentavano d’intensità…nell’agosto 1990 l’RPF cominciò ad organizzare un’invasione, con la piena approvazione dei servizi segreti britannici.” L’RPA in Rwanda e l’UDPF in Uganda supportavano anche la People’s Liberation Army di John Garang e la sua guerra secessionista nel sud del Sudan. Washington appoggiava queste iniziative col supporto segreto della CIA. Inoltre, nell’ambito dell’Africa Crisis Reaction Initiative (ACRI), gli ufficiali ugandesi venivano addestrati dalle forze speciali USA, in collaborazione con un’impresa di mercenari, la Military Professional Resources Inc. (MPRI), che aveva un contratto col Dipartimento di Stato USA. L’MPRI aveva già addestrato l’UCK e le forze armate croate durante la guerra civile in Jugoslavia, e più recentemente le forze colombiane nell’ambito del Piano Colombia. L’accumularsi del debito estero dell’Uganda durante la presidenza Musaveni coincide cronologicamente con le guerre civili in Ruanda e Congo. Quando Musaveni diventò presidente nel 1986, il debito estero dell’Uganda era di 1,3 miliardi di dollari. Con l’arrivo di denaro fresco, il debito estero si avvolse in una spirale che lo portò a diventare quasi il triplo, 3,7 miliardi nel 1997. In effetti, l’Uganda non aveva debiti arretrati con la Banca Mondiale all’inizio del suo ‘programma di recupero economico’. Nel 1997 aveva invece 2 miliardi di dollari di debito solamente con la Banca Mondiale. Dove sono finiti i soldi ? I finanziamenti esteri al governo Musaveni erano destinati al supporto della ricostruzione sociale ed economica del paese. In seguito al protrarsi della guerra civile, il Fondo Monetario Internazionale (IMF) sponsorizzò un ‘programma di stabilizzazione economica’ che richiese dei tagli massicci ai fondi per i programmi civili. La Banca Mondiale era responsabile del controllo del bilancio dell’Uganda su delega dei creditori. Con la ‘Revisione della Spesa Pubblica’ (PER) il governo era obbligato a rivelare le voci del bilancio. In altre parole, ogni singola voce di spesa –incluso il bilancio del Ministero della Difesa- era aperto al controllo della Banca Mondiale. Nonostante le misure di austerità (imposte esclusivamente alle spese civili), i finanziatori hanno permesso che la spesa militare aumentasse senza problemi. Parte dei soldi destinati a progetti civili fu deviata sui fondi della Forza di Difesa del Popolo Unito (UPDF), che a sua volta era coinvolta in operazioni militari in Ruanda e Congo. Il debito estero dell’Uganda veniva usato per finanziare queste operazioni militari per conto di Washington mentre il paese e il suo popolo ne pagavano il conto. Col tagliare le spese sociali, le misure di austerità avevano facilitato lo spostamento di fondi verso i programmi militari. Un processo simile di finanziamento dei militari attraverso il debito estero era avvenuto in Ruanda sotto il governo Habyarimana. Con una crudele ironia i due avversari della guerra civile erano finanziati dalle stesse persone, con la Banca Mondiale a fare da controllore. Il regime di Habyarimana aveva a disposizione un arsenale comprendente lanciatori di missili da 83 mm, anticarro francesi, armi leggere di fabbricazione belga e tedesca e armi automatiche, come i kalashnikov prodotti in Egitto, Cina e Sudafrica e veicoli armati AML-60 e M3. Mentre parte di questi acquisti provenivano da finanziamenti militari francesi, il flusso di denaro proveniente dai prestiti facili della Banca Mondiale, dall’Associazione per lo Sviluppo Internazionale (IDA), dal Fondo di Sviluppo Africano (AFD), dal Fondo di Sviluppo Europeo (EDF), come pure da Germania, Stati Uniti, Belgio e Canada, era stato deviato su fondi militari e sulla milizia Interhamwe. Un’analisi dettagliata delle carte, dei conti e della corrispondenza del governo, condotta in Ruanda nel 1996-97 dall’autore –insieme all’economista belga Pierre Galand- ha confermato che molti acquisti di armi erano stati negoziati al di fuori degli aiuti militari governativi, attraverso vari intermediari e commercianti privati di armi. Tuttavia queste spese, registrate come spese in buona fede del governo, sono state incluse nel bilancio del governo, che era sotto la supervisione della Banca Mondiale. Grandi quantità di machete e altri articoli usati nei massacri etnici del 1994 -considerati usualmente ‘prodotti civili’- furono importati attraverso i normali canali commerciali. Stando ai dati della Banca Nazionale del Ruanda (NBR), alcune di queste importazioni erano state effettuate in violazione degli accordi firmati con i finanziatori. Secondo i dati dell’NBR relativi alle importazioni, circa un milione di machete erano stati importati attraverso vari canali, compreso Radio Mille Collines, un’organizzazione legata alla milizia Interhamwe, solita fomentare odio etnico. Quei fondi erano stati stanziati dai donatori per sostenere lo sviluppo economico e sociale del Ruanda. Era chiaramente previsto che i fondi non potessero essere usati per “spese militari per armi, munizioni o altro materiale militare”. In effetti, l’accordo sui i prestiti della IDA – Banca Mondiale era ancora più restrittivo. I fondi non potevano essere usati per importare dei prodotti civili, come carburante, cibo, medicine, vestiti e scarpe “destinati all’uso militare o paramilitare”. I dati della NBR confermano tuttavia che il governo Habyarimana utilizzò fondi della Banca Mondiale per finanziare l’importazione di machete, classificata di routine come importazione di “prodotti civili”. Un esercito di esperti e revisori dei conti era stato inviato dalla Banca Mondiale per verificare i risultati della politica del governo rispetto agli impegni presi con il contratto di prestito. L’uso di finanziamenti per importare machete ed altro materiale usato nei massacri di civili non risultò dal controllo indipendente commissionato da governo e Banca Mondiale secondo l’accordo di prestito. (IDA Credit Agreement 2271-RW). Nel 1993 la Banca Mondiale decise di sospendere il versamento della seconda rata del prestito IDA. C’erano, secondo la missione, errori e ritardi inopportuni nell’attuazione delle riforme richieste. Le misure di libero mercato erano rimaste indietro, gli obiettivi previsti –compresa la privatizzazione di beni statali- non erano stati raggiunti. Il fatto che nel paese fosse in corso una guerra civile non era nemmeno menzionato. Mai ci si preoccupò del modo in cui i soldi venivano spesi. Mentre la seconda tranche del finanziamento IDA fu bloccato dalla Banca Mondiale, i soldi versati nel 1991 erano depositati in un conto speciale presso la Banque Bruxelles Lambert di Bruxelles. Questo conto rimase aperto e accessibile al regime precedente (in esilio), due mesi dopo i massacri etnici dell’aprile 1994. In seguito alla guerra civile, la Banca Mondiale inviò una missione a Kigali per redigere un cosiddetto ‘rapporto di completamento’ del prestito. Questo era un esercizio di routine, concentrato su problemi macroeconomici piuttosto che politici. Nel rapporto si ammetteva che “lo sforzo bellico ha portato il governo [precedente] ad aumentare nettamente la spesa, ben oltre gli obiettivi fiscali fissati dal SAP”. L’appropriazione indebita di denaro della Banca Mondiale non veniva nominata. Il governo Habyarimana veniva invece elogiato per aver “fatto importanti e genuini sforzi… specialmente nel 1991… per ridurre lo squilibrio finanziario domestico ed estero, eliminare le distorsioni che impediscono la crescita dell’esportazione e la differenziazione, ed introdurre meccanismi di mercato per l’allocazione delle risorse…” I massacri di civili non erano neppure menzionati. Dal punto di vista dei finanziatori non era successo niente. Infatti i ‘rapporto di completamento’ della Banca Mondiale non ammisero l’esistenza di una guerra civile che nel 1994. Nel 1995, appena un anno dopo i massacri etnici del 1994, i creditori esteri del Ruanda ebbero qualche discussione con il governo dell’RPF retto dai Tutsi circa il debito usato dal precedente regime per finanziare i massacri. L’RPF decise di riconoscere pienamente la legittimità dei ‘debiti odiosi’ del 1990-94. L’uomo forte dell’RPF, vicepresidente Paul Kagame, [ora presidente] diede istruzione al governo di non interessarsi dell’argomento né contattare la Banca Mondiale. Sotto la pressione di Washington, l’RPF non sarebbe entrato in alcun tipo di negoziato, tanto meno in un dialogo informale con i finanziatori. La legittimità dei debiti della guerra non è mai stata messa in discussione. Invece i creditori hanno messo a punto delle procedure che ne assicurino il rimborso in tempi brevi. Nel 1998, in una riunione speciale dei finanziatori a Stoccolma, fu istituito un fondo fiduciario internazionale di 55,2 milioni di dollari sotto la bandiera della ricostruzione del dopoguerra. In effetti, questi soldi non erano destinati al Ruanda. Erano stati messi da parte per appianare i ‘debiti odiosi’ con la Banca Mondiale (vedi IDA), l’African Development Bank e il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD). In altre parole, il ‘denaro fresco’ –che alla fine il Ruanda dovrà rimborsare- veniva prestato per permettere al Ruanda di onorare i debiti usati per finanziare i massacri. Vecchi prestiti si trasformavano così in nuovi debiti sotto la bandiera della ricostruzione. Ci si era ripuliti dei ‘debiti odiosi’, erano scomparsi dai libri contabili. Le responsabilità dei creditori venivano cancellate. Inoltre, si poneva come condizione l’accettazione di una nuova ondata di riforme di stampo FMI-Banca Mondiale. Un’amara medicina economica fu imposta sotto la bandiera della ‘ricostruzione e riconciliazione’. Infatti il pacchetto di riforme post-belliche del Fondo Monetario Internazionale era nettamente più rigoroso di quello imposto allo scoppio della guerra civile nel 1990. Mentre salari e impiego erano sprofondati a livelli abissali, l’FMI richiedeva il congelamento degli stipendi degli impiegati statali e una riduzione massiccia di insegnanti e operatori sanitari. L’obiettivo era di ‘ristabilire la stabilità macroeconomica’. Fu lanciata la riduzione del pubblico impiego. La paga degli impiegati statali non poteva eccedere il 4,5 % del PIL mentre i cosiddetti ‘impiegati pubblici senza qualifica’ (soprattutto insegnanti) dovevano scomparire dal libro paga dello Stato. Nel frattempo, il reddito pro capite del paese era precipitato da 360 $ prima della guerra a 140 $ nel 1995. I proventi statali venivano usati per appianare il debito estero. I debiti di Kigali col Paris Club venivano prolungati in cambio di riforme per il libero mercato. Le rimanenti ricchezze dello Stato vennero cedute per quattro soldi a compratori esteri. Il governo dell’RPF retto dai Tutsi, invece di richiedere la cancellazione del ‘debito odioso’ del Ruanda, accolse a braccia aperte le istituzioni di Bretton Wood. Occorreva l’approvazione del FMI per poter potenziare l’esercito.
Nonostante le misure di austerità, la spesa militare continuò a crescere. Si ripeteva ciò che era avvenuto nel 1990-94. I fondi di sviluppo concessi a partire dal 1995 non furono utilizzati per finanziare lo sviluppo economico e sociale del paese. I fondi esteri venivano ancora una volta deviati sul potenziamento dell’esercito, questa volta dell’Armata Patriottica Ruandese (RPA). Questo potenziamento avvenne nel periodo immediatamente precedente lo scoppio della guerra civile nell’ex-Zaire. A seguito dell’insediamento in Ruanda di un regime favorevole agli Stati Uniti nel 1994, le forze ruandesi e ugandesi addestrate dagli USA intervennero nell’ex-Zaire, roccaforte dell’influenza francese e belga sotto la presidenza di Mobutu Sese Seko. È ampiamente documentato che le forze speciali USA – specialmente i berretti verdi del 3° gruppo delle Forze Speciali, di stanza a Fort Bragg, NC – avevano attivamente addestrato l’RPA. Questo programma era la continuazione del supporto segreto e degli aiuti militari forniti alla RPA prima del 1994. A sua volta, l’esito tragico della guerra civile in Ruanda aveva posto le premesse per la partecipazione delle forze dell’Uganda e della RPA ruandese alla guerra civile in Congo: “Washington ha fornito aiuti militari all’esercito di Kagame, mentre le forze speciali USA ed altro personale militare hanno addestrato centinaia di soldati del Ruanda. Ma Kagame e colleghi avevano già altri piani. Mentre i berretti verdi addestravano l’RPA, quest’ultima stava addestrando segretamente dei ribelli dello Zaire… [In] Ruanda, gli ufficiali USA dipingevano il loro aiuto all’esercito come quasi esclusivamente destinato alla formazione sui diritti civili. Ma la formazione delle forze speciali comprendeva anche altri aspetti, come il combattimento… Centinaia di soldati e ufficiali vennero arruolati nei programmi di addestramento USA, sia in Ruanda che negli Stati Uniti… Guidati dalle forze speciali USA, i ruandesi studiarono tecniche mimetiche, movimento di piccole unità, tecniche di guida della truppa, sviluppo dei gruppi di soldati, [ecc.]… E mentre l’addestramento procedeva, degli incontri si svolgevano regolarmente tra ufficiali USA e Kagame ed altri maggiorenti del Ruanda per discutere della minaccia continua subita dal governo [ruandese precedente, in esilio] dall’interno dello Zaire… Chiaramente, l’argomento degli incontri Ruanda-militari USA era passato dalla costruzione dei diritti umani a come combattere un’insurrezione… Con il supporto di Museveni [presidente ugandese], Kagame elaborò un piano per appoggiare un movimento ribelle nello Zaire orientale [capeggiato da Laurent Desiré Kabila]… L’operazione fu varata nell’ottobre 1996, poche settimane dopo il viaggio di Kagame a Washington e il termine dell’addestramento da parte delle forze speciali USA… Una volta scoppiata la guerra [in Congo], gli Stati Uniti fornirono ‘assistenza politica’ al Ruanda… un ufficiale dell’ambasciata USA a Kigali si recò varie volte nello Zaire orientale per allacciare contatti con Kabila. I ribelli avanzarono in poco tempo. Spazzando via l’esercito dello Zaire con l’aiuto delle forze ruandesi, essi marciarono attraverso il terzo paese africano per estensione in sette mesi, con poche battaglie significative. Mobutu scappò dalla capitale Kinshasa nel maggio 1997, e Kabila prese il potere, cambiando il nome del paese in Congo…Gli ufficiali USA negano che personale militare USA fosse presente con le truppe ruandesi in Zaire durante la guerra, sebbene dei rapporti ufficiosi di consulenza americana circolassero nella regione sin dai primi giorni di guerra. L’oggetto del contendere di queste operazioni militari in Congo erano le enormi miniere dello Zaire meridionale e orientale comprendenti riserve strategiche di cobalto, di importanza cruciale per l’industria militare americana. Durante la guerra civile, svariati mesi prima della caduta di Mobutu, Laurent Desire Kabila, di base a Goma, nello Zaire dell’est, rinegoziò i contratti di gestione delle miniere con varie società americane ed inglesi, compresa American Mineral Fields (AMF), una società che ha sede nella città natale di Bill Clinton, Hope, Arkansas. Tornati nel frattempo a Washington, i funzionari del FMI erano impegnati nella revisione della situazione macroeconomica dello Zaire. Non fu perso tempo. Il programma economico del post-Mobutu era già stato deciso. In uno studio pubblicato nell’aprile 1997, un mese scarso prima della fuga del presidente Mobutu Sese Seko, l’FMI raccomandò di “interrompere l’emissione di valuta completamente ed immediatamente”. Pochi mesi dopo la presa di potere a Kinshasa, al nuovo governo di Kabila fu imposto dal FMI il congelamento degli stipendi pubblici allo scopo di “ripristinare la stabilità macroeconomica”. Erosa dall’iperinflazione, la paga media di un dipendente pubblico era scesa a 30.000 New Zaire (NZ) al mese, l’equivalente di un dollaro USA. Le richieste del FMI corrispondevano al mantenimento dell’intera popolazione in condizioni di povertà estrema. Esse preclusero sin dall’inizio una ricostruzione economica sensata, contribuendo così ad alimentare la guerra civile in Congo in cui si contano quasi 2 milioni di caduti. Per concludere, la guerra civile in Ruanda fu una lotta all’ultimo sangue per il potere politico tra il governo Hutu di Habyarimana, sostenuto dalla Francia, e il Fronte Patriottico Ruandese (RPF) dei Tutsi, sostenuto economicamente e militarmente da Washington. Rivalità etniche furono usate deliberatamente per il conseguimento di obiettivi geopolitici. Sia la CIA che i servizi segreti francesi ne erano coinvolti. Secondo Bernard Debré, che fu ministro per la cooperazione nel governo di Henri Balladur: “Ciò che si dimentica di dire è che se da un lato c’era la Francia, dall’altro c’erano gli americani, che armarono i Tutsi e indirettamente gli ugandesi. Non voglio definirla una prova di forza tra francesi e anglosassoni, ma occorre dire la verità.” In aggiunta all’aiuto militare provvisto alle fazioni in guerra, il flusso di fondi per lo sviluppo giocò un ruolo importante nel finanziare il conflitto. In altre parole, il debito estero di Uganda e Ruanda venne deviato sul supporto di militari e paramilitari. Il debito estero dell’Uganda aumentò di oltre 2 miliardi di dollari, ad un ritmo nettamente maggiore di quello del Ruanda (un aumento di circa 250 milioni di dollari dal 90 al 94). In retrospettiva, l’RPA – finanziato dall’aiuto USA e dal debito dell’Uganda – era molto meglio addestrato ed equipaggiato delle Forces Armées du Rwanda (FAR) fedeli al presidente Habyarimana. Sin dall’inizio l’RPA aveva un netto vantaggio militare sulle FAR. Secondo la testimonianza di Paul Mugabe, che fu membro dell’alto comando delle RPF, il Maggiore Generale Paul Kagame ordinò di persona l’abbattimento dell’aereo del presidente Habyarimana, allo scopo di prendere in mano in controllo del paese. Egli era pienamente consapevole che l’assassinio di Habyarimana avrebbe scatenato un genocidio contro i civili Tutsi. Le forze dell’RPA erano perfettamente dispiegate a Kigali quando si verificarono i massacri, ma non fecero nulla per prevenirli: “La decisione di Paul Kagame di abbattere l’aereo del presidente Habyarimana fu il catalizzatore di un dramma senza precedenti nella storia del Ruanda, e il Maggiore Generale Paul Kagame prese questa decisione con piena consapevolezza. L’ambizione di Kagame ha causato lo sterminio di tutte le nostre famiglie: Tutsi, Hutu e Twa. Abbiamo perso tutti. L’insediamento di Kagame mise milioni di Hutu, molti dei quali innocenti, nelle mani dei capibanda del genocidio. Alcuni ingenui in Ruanda hanno acclamato Kagame come il loro salvatore, ma il tempo ha dimostrato che era egli stesso la causa delle nostre sventure e sofferenze… Può Kagame spiegare al Ruanda perché inviò Claude Dusaidi e Charles Muligande a New York e Washington per fermare l’intervento delle forze ONU, che aveva lo scopo di proteggere il popolo del Ruanda dal genocidio ? Ricordiamo tutti che il genocidio durò tre mesi, nonostante Kagame affermasse di poterlo fermare nel giro di una settimana dal disastro aereo. Può spiegare il Maggiore Generale Paul Kagame perché chiese al MINUAR di lasciare immediatamente il Ruanda mentre l’ONU esaminava la possibilità di aumentare le sue truppe in Ruanda per fermare il genocidio ? La testimonianza di Paul Mugabe sull’abbattimento dell’aereo di Habyarimana per ordine di Kagame è corroborata da informazioni e documenti dei servizi segreti, presentati all’inchiesta parlamentare francese. Il Maggiore Generale Paul Kagame era uno strumento di Washington. La perdita di vite umane in Africa non costituì un problema. La guerra civile in Ruanda ed i massacri etnici erano parte integrante della politica estera USA, messa a punto secondo precisi obiettivi strategici ed economici. Nonostante le buone relazioni diplomatiche tra Parigi e Washington e l’apparente unità dell’alleanza militare occidentale, si trattò di una guerra non dichiarata tra Francia ed America. Attraverso il supporto delle forze ugandesi e ruandesi e l’intervento diretto nella guerra civile in Congo, Washington ha anche una responsabilità diretta per i massacri etnici compiuto nell’est del Congo, incluse varie migliaia di persone che morirono nei campi profughi. I dirigenti USA erano pienamente al corrente che una catastrofe era imminente. Infatti, quattro mesi prima del genocidio, la CIA avvertì con una lettera confidenziale il Dipartimento di Stato USA che gli accordi di Arusha sarebbero saltati e che “se le ostilità dovessero ricominciare, perderebbe la vita più di mezzo milione di persone.” Quest’informazione fu nascosta alle Nazioni Unite: “fu solo dopo la fine del genocidio che l’informazione fu passata al Magg. Gen. Dallaire [responsabile delle forze ONU in Ruanda].” L’obiettivo di Washington era di rimpiazzare la Francia, screditare il governo francese (che sosteneva il regime di Habyarimana) e stabilire un protettorato anglo-americano in Ruanda sotto l’egida del Magg. Gen. Paul Kagame. Intenzionalmente, Washington non fece nulla per prevenire i massacri etnici. Quando fu creata una forza ONU il Magg. Gen. Paul Kagame volle ritardare il suo dispiegamento, dichiarando che avrebbe accettato una forza di pace soltanto quando l’RPA avesse avuto il controllo di Kigali. Kagame “temeva [che] la forza ONU di oltre 5.000 persone che era stata proposta… [potesse] intervenire per impedire la loro [RPA] vittoria”. Nel frattempo il Consiglio di Sicurezza decise di posticipare l’intervento dopo una delibera e un rapporto del segretario generale Boutros Boutros Ghali. Il genocidio in Ruanda del 1994 ha perseguito degli obiettivi prettamente strategici e geopolitici. I massacri etnici costituirono un colpo maldestro alla credibilità della Francia, e questo colpo permise agli USA di stabilire una postazione neo-colonialista in Africa centrale. Da insediamento coloniale tipicamente franco-belga che era, Kigali, la capitale del Ruanda, è diventata nettamente anglo-americana sotto il governo RPF retto da Tutsi provenienti dall’esilio. L’inglese è diventato la lingua dominante tra governo e settore privato. Molti esercizi privati appartenuti agli Hutu vennero espropriati nel 1994 da Tutsi di ritorno dall’esilio. Questi ultimi avevano trascorso l’esilio nell’Africa anglofona, in USA e Gran Bretagna. L’Armata Patriottica del Ruanda (RPA) funziona in inglese e Kinyarwanda; l’università, legata in passato a Francia e Belgio, funziona in inglese. Mentre l’inglese diventa una lingua ufficiale insieme al francese e al Kinyarwanda, l’influenza politico-culturale della Francia va lentamente scomparendo. Washington è diventata il nuovo protettore coloniale di un paese francofono. Altri paesi francofoni dell’Africa sub-sahariana hanno firmato accordi di cooperazione militare con gli USA. Questi paesi sono candidati da Washington a seguire l’esempio del Ruanda. Nel frattempo nell’Africa occidentale francofona il dollaro USA va rapidamente sostituendo il franco CFA, legato ad un accordo con il tesoro francese.
Note (numerazione come nel capitolo originale) 19. Redatto nel 1999, il seguente testo corrisponde alla parte seconda del capitolo 5 della seconda edizione di The Globalization of Poverty and the New World Order. La prima parte del capitolo pubblicato nella prima edizione fu scritta nel 1994. La parte seconda risulta in parte dai risultati di uno studio dell’autore, condotto insieme all’economista belga Pierre Galand, sull’uso del debito estero del Ruanda nel 1990-94 per finanziare militari e paramilitari. 20. Africa Direct, documenti sottoposti al tribunale ONU per il Ruanda, http://www.junius.co.uk/africa-direct/tribunal.html Ibid. 21. Africa's New Look, Jane's Foreign Report, August 14, 1997. 22. Jim Mugunga, Uganda foreign debt hits Shs 4 trillion, The Monitor, Kampala, 19 February 1997. 23. Michel Chossudovsky e Pierre Galand, L'usage de la dette exterieure du Rwanda, la responsabilité des créanciers, mission report, United Nations Development Program and Government of Rwanda, Ottawa and Brussels, 1997. 24. Ibid 25. Ibid 26. Ibid, le importazioni registrate sono dell’ordine dei 500.000 kg, circa un milione di machete. 27. Ibid 28. Ibid. Si veda anche la schedule 1.2 del Development Credit Agreement con l’ IDA, Washington, 27 June 1991, CREDIT IDA 2271 RW. 29. Chossudovsky and Galand, op cit 30. Ibid. 31. Ibid. 32. World Bank completion report, citato in Chossudovsky and Galand, op cit. 33. Ibid 34. Ibid 35. Si veda World Bank, Rwanda sul sito http://www.worldbank.org/afr/rw2.htm. 36. Ibid, corsivo aggiunto. 37. Il tetto massimo di impiegati pubblici fu fissato a 38.000 per il 1998, mentre era di 40.600 nel 1997. Si veda la ‘lettera di intenti’ del Governo del Ruanda inclusa la copertina indirizzata all’amministratore delegato del FMI Michel Camdessus, IMF, Washington, http://www.imf.org/external/np/loi/060498.htm , 1998. 38. Ibid. 39. Lynne Duke: Africans Use US Military Training in Unexpected Ways, Washington Post. July 14, 1998; p.A01. 40. Musengwa Kayaya: U.S. Company To Invest in Zaire, Pan African News, 9 May 1997. 41. International Monetary Fund, Zaire Hyperinflation 1990-1996, Washington, April 1997. 42. Alain Shungu Ngongo, Zaire-Economy: How to Survive On a Dollar a Month, International Press Service, 6 June 1996. 43. Si veda Therese LeClerc, "Who is responsible for the genocide in Rwanda?", World Socialist website at http://www.wsws.org/index.shtml , 29 April 1998. 44. Paul Mugabe, The Shooting Down Of The Aircraft Carrying Rwandan President Habyarimama, testimonianza presso la International Strategic Studies Association (ISSA), Alexandria, Virginia, 24 April 2000. 45. Linda Melvern, Betrayal of the Century, Ottawa Citizen, Ottawa, 8 April 2000. 46. Ibid 47. Scott Peterson, Peacekeepers will not halt carnage, say Rwanda rebels, Daily Telegraph, London, May 12, 1994. Fonte: http://globalresearch.ca/articles/CHO305A.html Copyright Michel Chossudovsky 2003. Utilizzare in modo equo / for fair use only / pour usage équitable seulement da http://www.nuovimondimedia.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=171&mode=thread&order=0&thold=0 |