GUERRE

 

"Questa è la quarta guerra mondiale".

 

04/04/03 - «Questa è la quarta guerra mondiale diretta contro tre nemici: i governanti religiosi dell'Iran, i fascisti in Iraq e Siria e gli estremisti islamici come al Qaeda». Ha le idee chiare l'ex capo della Cia, James Woolsey, candidato alla guida della ricostruzione dell'Iraq che ieri ha pronunciato queste parole alla University of California di Los Angeles. Una guerra che, secondo Woolsey, durerà a lungo, rendendo «nervosi» molti alleati. Il riferimento è all'Egitto e al governo (o meglio regime) saudita ai quali Woolsey manda questo messaggio (la frase va riportata integralmente perché è tutto un programma): «Vi vogliamo nervosi. Vogliamo che realizziate adesso, che per la quarta volta in cento anni, questo paese e i suoi alleati sono in marcia e che siamo dalla parte di quelli che voi - i Mubarak, la famiglia reale saudita - più temete: siamo dalla parte del vostro popolo».

Questo, dunque, dovrebbe essere il "governatore" del nuovo Iraq liberato, quello che ieri Bush ha nuovamente additato come obiettivo imminente.

Ma come stanno davvero le cose è difficile da stabilire. Prendiamo il caso dell'aeroporto di Bagdad. Ieri mattina era «saldamente sotto controllo americano» ma è bastato che il ministro dell'Informazione iracheno invitasse i giornalisti presenti nella capitale ad andare a verificare per scoprire che l'aeroporto è ancora nelle mani degli uomini di Saddam. In serata poi, per la prima volta dall'inizio dei bombardamenti, Bagdad è stata oscurata e l'assalto per il controllo dell'aeroporto sarebbe stato lanciato.

Oppure l'episodio di Najaf, dove i marines sarebbero entrati per dare la caccia ai fedayn di Saddam e dove la popolazione ha prima resistito e poi, a mani nude, costretto l'esercito Usa a indietreggiare. Lo ha fatto per proteggere la propria Moschea e lo ha fatto in modo molto determinato. La notizia stride con quella diramata dal generale Brooks, nella consueta conferenza stampa a Doha, secondo il quale la città è prossima alla resa. Non abbiamo strumenti per verificare e del resto gli aloni di ambiguità, se non quando le vere e proprie menzogne, continuano a costellare la guerra.

In realtà, l'avanzata delle ultime ore non è finalizzata alla presa di Bagdad ma serve ad accerchiarla - da sudest e da sudovest - fino a controllarne anche il lato nord (attualmente scoperto e non a caso in questi giorni è qui che si tengono i bombardamenti più massicci). Si tratta quindi di una rapida manovra di avvicinamento in attesa dell'arrivo della 101esima aviotrasportata che dovrà serrare l'assedio da sud. E' stato lo stesso Pentagono ad avvertire che non è in programma «nessun colpo di mano», mentre l'immancabile Victoria Clarke ha ricordato che la parte «più dura deve ancora venire».

Il nome esatto di questa operazione, di derivazione medievale, è uno solo ed è «assedio». E' questo quello che si prepara per Bagdad, nella speranza di un crollo improvviso del regime (e non a caso ieri Saddam si è mostrato ancora una volta in tv, mentre al Tg1 Tarek Aziz ha sostanzialmente detto «stiamo tutti bene»). Assedio che del resto è già sperimentato nelle altre città, nessuna delle quali è stata finora presa. Passando velocemente accanto a Bassora, Nassirya, Najaf, Kerbala, Kut, i marines le hanno regolarmente circondate, impedendo i rifornimenti. Secondo l'Unicef ci sono già 200mila bambini a rischio e la situazione di Bassora è già oltre il dramma umanitario.

Ovviamente queste sono considerazioni marginali per la Casa Bianca, incidenti di percorso. «Non ci fermeremo fino alla vittoria finale» ha trionfalmente annunciato George Bush dalla base militare di Camp Lejeun, acclamato dai suoi soldati. La propaganda di guerra porta il presidente Usa a prediligere questo genere di comizi per caricare il morale della truppa e rassicurare la nazione. Pochi concetti, tanta retorica - «coraggio», «onore», «orgoglio», ecc. - un solo scopo, vincere la guerra dell'informazione e dell'ideologia.

Nelle stesse ore il suo emissario Powell, a Bruxelles, ha cercato di convincere i paesi europei a rilanciare un non meglio precisato ruolo dell'Onu e a impegnare la Nato con le proprie truppe nel dopoguerra. Dopoguerra quanto mai incerto e ambiguo, a giudicare dalle parole di Woolsey. Ed è di questo che molto probabilmente discuteranno oggi i tre paesi del "no alla guerra", Francia, Germania e Russia che terranno un loro importante vertice.

Salvatore Cannavò
http://www.liberazione.it/giornale/030404/archdef.asp