LAVORO

Singole realtà?

 

STATI UNITI / IL TEXAS DI GEORGE BUSH
Oro nero, terra bruciata
Inquinamento. Denutrizione. Quartieri privi di ospedali. Bidonville senza acqua né elettricità. Università da terzo mondo. L'altra faccia dell'America che galleggia sul petrolio

di Wlodek Goldkorn

 

Texas, dove George W. Bush è stato governatore per lunghi sei anni, è oggi lo Stato più inquinato d'America. Nell'eredità lasciata dall'attuale inquilino della Casa Bianca non c'è solo l'aria irrespirabile delle metropoli e l'alta concentrazione di sostanze tossiche nel suolo e nelle acque, rovinate dall'ingordigia dei petrolieri e dalla compiacenza dei politici. Il Texas è pure il secondo Stato (dopo il Mississippi) per la percentuale dei poveri tra la sua popolazione. Chi sbarca a Dallas, la città dei nuovi ricchi, che vestono, abitano, mangiano e si comportano come i protagonisti dell'omonima serie tv, difficilmente può pensare che dietro l'immagine di opulenza si nascondono verità atroci. Stando alle organizzazioni che difendono i diritti dei meno abbienti, il cinque per cento dei texani è alla fame. Alla lettera: non si tratta di famiglie denutrite. Queste costituiscono un buon otto per cento della popolazione. Il cinque per cento degli affamati sono persone che non riescono a procurarsi un pranzo al giorno.

«What is good for Business is good for America» (ciò che è buono per gli affari è buono per l'America), è il motto degli uomini e delle donne dell'attuale Amministrazione di Washington. Oggi, tra l'ondata degli scandali finanziari, quel motto viene ripetuto con meno tracotanza. Ma esso rimane la bussola che guida il pensiero e le azioni del 43esimo presidente degli Stati Uniti. Ed è un metodo di governo che Bush aveva applicato con una ferrea coerenza in Texas. Così, oggi, ci sono zone nel Texas dove chi non ha soldi è privo d'assistenza medica (se non di quella delle missioni cattoliche). Accanto ad atenei d'eccellenza (Houston, Austin) ci sono università con pochissimi libri nelle biblioteche. E tutto questo mentre la tassazione è tra le più basse degli Usa. Insomma, uno Stato che trabocca di petrolio, e che, per le sue potenzialità finanziarie e dimensioni potrebbe essere un modello di welfare, è invece in fondo a tutte le classifiche sulla qualità della vita.

La capitale ufficiale del Texas è Austin. Ma il vero cuore industriale è Houston, la capitale mondiale del petrolio. A Houston si capisce bene il modello d'America che Bush ha in mente. Il flusso di denaro ha avuto effetti dirompenti. Gli edifici sono tutti nuovi, è impossibile trovare dicono (con un certo orgoglio) gli abitanti, una costruzione che risale a prima del 1960. Le vecchie case sono state abbattute per fare spazio a futuristici grattacieli: vetro, acciaio, cemento armato, tra i quali dominano le due torri del Pennzoil Place.

Ma poi, risulta dalle statistiche che l'area metropolitana di Houston è la più inquinata d'America. Nelle vaste periferie della città è difficile respirare. Non è una metafora. Andando verso la Galveston Bay, in una zona industriale che comprende diversi comuni da Pasadena a Galveston a Baytown, il paesaggio è infernale. Oleodotti, ciminiere da cui giorno e notte si levano alte le fiamme. A Baytown ha la sede la più grande raffineria del mondo. Di proprietà della Exxon, produce mezzo milione di barili di petrolio al giorno. Gli effetti sulla salute di chi ci abita accanto sono devastanti. I giornali raccontano di famiglie come quella degli Andersson. Una bambina, appena nata, morta dopo sei mesi per problemi al fegato; due sorelle e una nipote ammalati di artrite; un'altra sorella con la sindrome di Crohn; un parente morto di enfisema; un neonato con l'asma. Nell'area metropolitana di Houston, ogni anno muoiono mille persone, a causa dell'inquinamento.

I difensori dell'operato di Bush obiettano: i colossi di petrolio portano l'inquinamento ma in cambio assicurano posti di lavoro e benessere. Ma è vero? Fino a un certo punto. Stando alla "Houston Chronicle", una famiglia cittadina su quattro, con figli sotto i 18 anni, vive in povertà. In compenso gli abitanti di Houston inalano un milione di tonnellate di sostanze inquinanti l'anno. Non meglio vanno le cose a Dallas, capitale finanziaria del Texas. Qui non ci sono solo il quartiere dei super-ricchi Las Colinas, i negozi con gli stivali da cowboy in pelle di serpente che costano migliaia di dollari. A Dallas il 15 per cento della popolazione vive in povertà.

Per Bush e i suoi la povertà è spesso associata alla mancanza di volontà di lavorare. Ma ancora una volta i dati del Texas raccontano un'altra storia. Nello Stato di George W. una famiglia su quattro vive in povertà. Tra queste, in otto famiglie su dieci con figli minorenni, almeno una persona ha un lavoro. Non basta lavorare per sfuggire alla miseria.

Il giovane Bush aveva dato, ai suoi tempi, un valido contributo a tale stato di cose. Mentre in tutti gli Usa la paga minima veniva fissata (da Bill Clinton) a 5,15 dollari l'ora, il governatore businessfriendly (amico del business) riuscì a trasformare il Texas in un'eccezione. Qui la paga minima era di 3,35 dollari l'ora. E da bravo Robin Hood alla rovescia, l'ex governatore è riuscito in cinque anni a dimezzare il budget dell'assistenza sociale. Poi ha ridotto pure le tasse, regalando circa 6,5 miliardi di dollari ai più abbienti (operazione che ha ripetuto su scala nazionale da presidente).

Ma il misto d'inquinamento industriale e di povertà non è una caratteristica esclusiva di Houston. Da Port Arthur e fino a Corpus Christi, la costa del Golfo del Messico è tutto un susseguirsi di raffinerie e di industrie petrolifere. L'olezzo è di marcio. La popolazione locale lo chiama «puzza di soldi». Ma ciò nonostante pochi si ribellano. George W. e il suo consigliere di allora Karl Rove (che ha seguito l'ex governatore alla Casa Bianca) hanno infatti pensato a tutto. Anche a come sterilizzare ogni protesta.

In Texas esiste un'autorità preposta al controllo dell'Ambiente: Texas Natural Resources Conservation Commission, (Tnrcc). Bush aveva nominato a capo di questo ente tre personaggi amici del grande business. Uno di questi, ex lobbista della Monsanto, ebbe a dire che l'ozono era «un inquinante benigno». Intanto la Tnrcc dava migliaia e migliaia (c'è chi dice 5 mila l'anno) di autorizzazioni per espellere sostanze inquinanti nell'aria.

E siccome il permissivismo della Tnrcc non bastava agli industriali, l'ex governatore aveva preso altri provvedimenti in difesa dei suoi amici. Il primo: una legge, secondo la quale, in Texas, sono tuttora le industrie stesse a controllare (volontariamente) le emissioni che producono. In altre parole, sono gli inquinatori e controllare se stessi. In Texas era poi in vigore una vecchia legge che esimeva, fino al 2007, le industrie costruite prima del 1971 (fonte del 35 per cento dell'inquinamento) dalle norme di rispetto dell'Ambiente. Ann Richards, il governatore che aveva preceduto Bush, cercava di limitare l'uso di tale legge. Con George W. è cambiata musica: libertà di inquinare a go go.

Ma il vero capolavoro di Bush, escogitato da Rove, è la legge chiamata Tort Reform. È un provvedimento semplice quanto efficace: limita la possibilità dei cittadini e delle organizzazioni della società civile di fare causa alle grandi corporation. Una simile legge, l'attuale presidente la vuole far passare a livello federale per limitare le cause ai danni delle assicurazioni mediche. Ha funzionato bene: in Texas ancora si racconta la storia della signora Donna Hall. Il marito morì in un esplosione in una raffineria ad Amarillo. Avvalendosi della Tort Reform, il giudice condannò i proprietari a pagare un risarcimento che appena copriva i costi della causa. E si narra di altre famiglie che si sono rassegnate a subire prevaricazioni da parte del business del petrolio, tanto nei tribunali è impossibile ottenere giustizia.

Eliot Shapliegh, senatore di Stato, così riassume i risultati ottenuti da Bush governatore: «L'aria che respiriamo è sozza. E per di più siamo all'ultimo posto in Usa per la spesa pubblica pro capite. Tutto questo mentre le condizioni della popolazione, specie quella che vive nella Rio Grande Valley, lungo il confine con il Messico, sono da terzo mondo». Esagerazioni di un oppositore politico? Niente affatto. Nella biblioteca dell'Università di Brownsville ci sono appena 17 libri per studente. E nelle colonias, bidonville sulla frontiera sud, manca l'acqua corrente e l'elettricità. Nella contea di El Paso (700 mila abitanti di cui tre quarti ispanici) non c'è neanche un ospedale pediatrico. E non ci sono chirurghi pediatri. Caso unico nel mondo, per essere curati i malati vengono portati da un paese ricco (Usa) in uno povero (Messico).

In Texas infatti un bambino su quattro (record assoluto Usa) è privo di assicurazione sanitaria. Quando Clinton impose un piano, chiamato Chip, per aiutare questi ragazzi, Bush fece di tutto per ritardare la sua applicazione: era più urgente far passare al Congresso di Stato uno sconto fiscale ai petrolieri. Disse allora il democratico Dale Tillery: «Bush mostra da che parte sta. Conosco molti bambini senza assicurazione, ma non conosco nessun petroliere povero». Nella classifica degli Stati dove è bene far crescere i figli, il Texas è al 48esimo posto, il terz'ultimo; in quella dell'assistenza alle donne incinte al 45esimo (Bush però si vanta di essere anti-abortista). Ma i petrolieri stanno bene. Tanto bene da esser riusciti a portare il loro uomo alla Casa Bianca.

13.08.2002

http://www.espressonline.it/ESW_articolo/0,2393,36707,00.html

USA: LA NIKE CANCELLA DONAZIONI ALL'UNIVERSITA' CHE SI OCCUPA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI

NEW YORK, 25 APRILE - La decisione di aderire al Workers rights consortium, un gruppo indipendente di monitoraggio sulle condizioni di lavoro negli stabilimenti, è costata cara all'Università dell'Oregon. Phil Knight, presidente della Nike, ha infatti deciso di cancellare la sua precedente promessa di donare all'ateneo 30 milioni di dollari (circa 62 miliardi di lire).

La Nike, che nel recente passato ha subito forti critiche per le condizioni in cui versano alcuni dei suoi stabilimenti situati in Paesi in via di sviluppo, sostiene apertamente un gruppo di monitoraggio nel cui consiglio di amministrazione siedono rappresentanti di molte grandi aziende. Una situazione che secondo il gruppo a cui ha aderito l'università dell'Oregon impedisce qualsiasi forma di obiettività nel lavoro di indagine. Un portavoce dell'università ha fatto sapere di sperare in un ripensamento da parte di Knight, il cui contributo è necessario per poter procedere con la costruzione del nuovo stadio di football.

Apertamente critica invece la considerazione di Randy Newman, un ricercatore della medesima università: «Knight continua a dire che la Nike è molto attenta a offrire condizioni di lavoro umane ai propri lavoratori. Se è così, perchè ha tanta paura di un gruppo di monitoraggio indipendente?».

http://ilgiorno.quotidiano.net/art/2000/04/25/854333

Rapporto shock: i minori sfruttati nel lavoro dagli Usa
Dura relazione dello Human Rights Watch. La maggior parte trova impiego nell'agricoltura ed è esposto agli agenti chimici che spesso provocano danni anche permanenti

NEW YORK, 20 GIUGNO - Centinaia di migliaia di minori, perlopiù latinoamericani, lavorano in condizioni di sfruttamento negli Stati Uniti, stando al gruppo internazionale per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch (Hrw).
Il lavoro agricolo è il più pericoloso fra quelli che assorbono la manodopera minorile negli Usa, si afferma in una relazione diffusa a Washington da Hrw, che accusa il governo di "non rispettare" le norme internazionali e chiede leggi severe per proteggere salute, sicurezza e istruzione di tutti i minori.

Negli Usa è 12 anni l'età minima per il lavoro agricolo e 14 per ogni altro tipo di occupazione.

Il rapporto lamenta le condizioni di sfruttamento in cui lavorano i minori nell'agricoltura americana con paghe anche sotto i minimi, senza osservanza di orari e senza coperture assicurative né accesso a strutture sanitarie. Hrw denuncia i danni, immediati come allergie e nausee, o a lungo termine come cancro e danni cerebrali, causati ai minori che lavorano nei campi appena irrorati con anticrittogamici. E pone il dito sulla piaga degli infortuni sul lavoro, soprattutto con strumenti da taglio e macchine pesanti. Benché i minori nell'industria agricola siano solo l'8% del totale dei minori impiegati dall'economia americana, sono colpiti da ben il 40% degli infortuni.

http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/art/2000/06/20/1032736