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Le piante pioniere e il primo cordone di dune

Oltre la fascia della sabbia nuda, e poco prima delle prime dune, troviamo una zona popolata da una vegetazione discontinua. Le condizioni non sono ancora favorevoli e solo poche specie di piante possono sopravvivere. Le piante pioniere presentano adattamenti tipici di ambienti aridi e salmastri: 1. un sistema radicale molto sviluppato in modo da poter raggiungere l’acqua in profondità, 2. foglie e fusti succulenti per la riserva d’acqua, 3. riduzione delle superfici di esposizione, 4. ciclo biologico molto breve. Per ciclo biologico si intende la successione delle principali “trasformazioni” biologiche della vita di una pianta: germinazione del seme, sviluppo della pianta, fioritura, produzione del seme e morte. Le piante pioniere si sviluppano in pochi mesi, nei periodi più favorevoli, e per il resto dell’anno sopravvivono solo in forma di seme.

Ruchetta di mare (Cakile marittima)
Lappolone (Xanthium italicum)

Troviamo la Ruchetta di mare (Cakile marittima) una crucifera con fiori lilla a quattro petali e foglie succulente. Associata alla Ruchetta troviamo il Lappolone (Xanthium italicum) una composita dotata di un robusto sistema radicale. I suoi frutti sono uncinati, adatti ad essere trasportati attaccandosi al pelo degli animali. Nonostante il nome “italicum” , si tratta di una pianta esotica, proveniente dall’America settentrionale e ora naturalizzata in varie parti del mondo.

 Agropiro (Agropyron junceum)

Una graminacea che forma popolazioni numerose è l’Agropiro (Agropyron junceum). La sua spiga, stretta e fragile, si spezza facilmente e in questo modo diffonde il seme. Mentre la Ruchetta e il Lappolone non rappresentano ostacoli importanti per il vento, l’Agropiro è ormai una pianta perenne, più stabile, che contribuisce alla formazione dei primi rilievi sabbiosi.

Ammophila littoralis

Le piante che vivono sul primo cordone di dune sono rappresentate innanzitutto da  Ammophila littoralis, una graminacea che, come abbiamo detto, ne è la principale costruttrice. Associate ad essa troviamo ancora specie poco esigenti, adattate ad un ambiente difficile, arido e battuto dal vento e dalla sabbia, esposto ad alte temperature durante l’estate. Assieme a piante annuali, a breve ciclo biologico, si cominciano a trovare anche specie biennali e perenni. Descriviamo brevemente alcune piante “psammofile” (=che prediligono i terreni sabbiosi) abitatrici delle prime dune.

Soldanella di mare (Calystegia soldanella)

La Soldanella di mare (Calystegia soldanella) ha un bel fiore a “campanella”, le foglie rotondeggianti e un po’ carnose, e un esteso apparato radicale adatto a cercare acqua in profondità.

Pastinaca spinosa (Echinophora spinosa)

La Pastinaca spinosa (Echinophora spinosa) e l’Eringio marittimo (Eryngium maritimum) sono due piante appartenenti alla famiglia delle Umbelliferae (=portatore di ombrella). Esse infatti hanno i fiori raggruppati ad ombrella, come la carota, il finocchio, il sedano e il prezzemolo, tutte piante della stessa famiglia. La Pastinaca e l’Eringio sono anche dotate di spine: una caratteristica tipica delle piante di ambiente desertico.

Oenothera biennis, rosetta di foglie basali Fiori e pianta secca di Oenothera biennis

Una pianta molto diffusa è l’Enagra (Oenothera biennis). Come suggerisce il nome, si tratta di una specie a ciclo biennale. Il primo anno il seme germoglia formando una piccola plantula con poche foglie. La radice si ingrossa, si arricchisce di sostanze nutritive, e così la pianta supera l’inverno. L’anno seguente spunta una rosetta di foglie e, tra giugno e settembre, crescerà un fusto alto fino a due metri, ricco di grandi fiori gialli. La pianta si secca e muore poco dopo la disseminazione. L’Enagra è una pianta esotica, di origine americana, che si è diffusa in tutta Europa.

Scarabeus semipunctatus

Due curiosi insetti, abitatori delle dune, meritano di essere descritti brevemente. Il primo è lo scarabeo stercorario, che nel nostro dialetto è chiamato “varigolastronsi” (Scarabeus semipunctatus). Questo nome deriva dalla sua originale abitudine di ritagliare pezzetti di escrementi di altri animali, trasformarli in pallotoline che fa rotolare sulla sabbia. Lo scarabeo poi le sotterra e le utilizza come cibo per sé e per la prole. Le sue zampe anteriori e il bordo della testa sono a forma di sega, utili sia  per ritagliare i pezzi di escrementi, sia per scavare le buche nella sabbia dove depositare il bottino. Le zampe posteriori invece sono molto espanse e gli servono per produrre la spinta necessaria al rotolamento. La femmina, dopo aver scavato una buca, mastica una parte della pallottola arricchendola di enzimi digestivi, vi depone un uovo e ricopre tutto. Dall’uovo nascerà una larva che si nutrirà inizialmente della parte già masticata e più facilmente digeribile. Poi, una volta cresciuta, la larva potrà mangiare anche il resto della provvista formata di “cibo” adatto a stomaci più robusti. Gli antichi Egizi consideravano lo scarabeo un animale sacro: essi immaginavano un divino scarabeo celeste che faceva “rotolare” il Sole nel suo percorso diurno attraverso il cielo.

 

Formicaleone

Il secondo animaletto, che vive nella sabbia tra i ciuffi di ammofila, è il Formicaleone, un insetto predatore dalla raffinata tecnica di caccia, appartenente all’ordine dei neurotteri (genere Myrmeleon). Da adulto assomiglia ad una libellula pur distinguendosi per le lunghe antenne e per le ali finemente reticolate che, a riposo, sono disposte “a tetto” sopra il corpo. Da giovane, allo stadio di larva, il Formicaleone se ne sta al centro di una piccola cavità scavata nella sabbia a forma di imbuto del diametro di due o tre centimetri. Tenendo il corpo sepolto nella sabbia, sporge solo con la testa dotata di robuste mandibole. Appena un insetto scivola lungo le pareti dell’imbuto, il Formicaleone gli impedisce di risalire gettandogli addosso della sabbia con bruschi movimenti della testa usata come pala. Il Formicaleone afferra la preda, la uccide con un’iniezione di veleno e poi ne succhia i liquidi organici usando i due canaletti presenti all’interno delle mandibole, come fossero due cannucce per le bibite.

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