APPROFONDIMENTO TEMATICO DI FISICA

Scienza e verità

Vincenzo Calabrò

Liceo Classico Sperimentale Statale “B.Russell” di Roma

v.calabro@iol.it

http://users.libero.it/v.calabro

Abstract

Viene messo in evidenza il progetto di lavoro inerente all’approfondimento tematico generale e agli approfondimenti specifici di fisica che la classe 3° Tr. B (ind. scient.) ha affrontato durante l’intero anno scolastico 1996/97 nel corso di fisica e laboratorio  svolto dal docente titolare. Quello che segue, pertanto, è il punto di vista dell’Autore inerente alle linee di azione e ai criteri didattici e metodologici che gli hanno permesso di sviluppare il percorso tematico. Si tratta di riflessioni  di  carattere  didattico   e brevi note inerenti al lavoro di  approfondimento  svolto dall'intera classe e in particolare dagli undici allievi che hanno scelto di effettuare un «approfondimento individuale» di fisica nel campo dell’attività sperimentale di laboratorio di fisica.


Com’è noto dalla Relazione Generale del Consiglio di Classe del 3° Triennio B gli allievi hanno effettuato un Approfondimento Tematico inerente al tema Scienza e Verità.

L’argomento non ricorre frequentemente nella normale prassi didattica, né si presta facilmente ad essere approfondito in Fisica visto il particolare legame che lo lega agli aspetti prevalentemente filosofici. Tuttavia, nella prospettiva di una didattica effettivamente interdisciplinare e nella logica di un curricolo liceale di tipo sperimentale, il contenuto del tema proposto permette, sebbene con molta circospezione, un’attività di riflessione abbastanza significativa che può essere posta all’attenzione dei giovani durante l’ultimo anno del corso triennale di Fisica.

In estrema sintesi dirò che con questo lavoro di approfondimento si è tentato di sviluppare una riflessione allo stesso tempo metodologica ed epistemologica inerenti, cioè, alla necessità di introdurre delle problematiche concettuali che sono state più rilevanti per lo sviluppo e il progresso delle scienze.

Un elemento di questo dibattito riguarda, come è noto, il cosiddetto problema del “senso veritativo” da attribuire o meno al sapere scientifico, cioè se la scienza può essere considerata un’impresa culturale che sviluppa asserti scientifici veri oppure no.

La filosofia della scienza degli anni ’50 in poi risponde in modo parzialmente positivo a tale quesito e sviluppa le sue considerazioni lungo due direttrici:

1.  la fisica è un sapere che possiede capacità di penetrazione conoscitiva. In quanto tale gli asserti fisici possiedono certamente carattere oggettivo e l’oggettività dei costrutti scientifici è il risultato certificabile di affermazioni che una teoria fisica effettua non in base a presentazioni di resoconti di private esperienze e punti di vista personali ma come discorso svolto secondo regole e procedure concordate di costruzione e di verifica su base non solo teorica ma anche empirica (indipendentemente poi se la base empirica è molto meno solida ed oggettiva di quanto generalmente si creda: si veda a tale proposito il rapporto teoria-esperienza);

2.  la fisica è un sapere le cui radici sono parzialmente vere, nel senso che il concetto di verità nella scienza non è mai assoluto né potrebbe mai esserlo ma, viceversa, è relativo in cui cioè la verità delle teorie fisiche è sempre una verità “entro” una teoria e non una verità “in quanto tale”.

Fra le diverse e variegate direttrici di marcia che si possono sviluppare a questo proposito ho scelto deliberatamente di tratteggiare la posizione - a mio giudizio - epistemologicamente più corretta che inerisce al significato stesso di scienza empirica e cioè al fatto che è necessario privilegiare quelle decisioni che sono il risultato di un controllo empirico delle asserzioni ipotizzate attraverso i cosiddetti “referti sperimentali”, in quanto essi costituiscono, come è noto, gli oggetti della teoria. E’ da aggiungere poi che dal punto di vista della fisica il problema della “verità” non riguarda, come è noto, né la natura della verità, né le garanzie di verità, né la fecondità delle proposizioni vere, ecc. Quello che interessa qui evidenziare, e che mi ha indotto a considerare come la vera matrice argomentativa, è che il concetto di verità (per molti aspetti ridondante) è ricondotto più correttamente dalla scienza a questione metodologica, metrologica e per molti aspetti linguistica e che soprattutto non è sovrapponibile con quello di verità filosofica che si può manifestare anche al di fuori dello stesso concetto.

Da questo punto di vista il problema della disamina delle teorie “vere” o “non vere” si inserisce dunque nell’importante filone della discussione sul metodo o meglio sui “metodi” attraverso i quali si conferma la validità (scientificità) delle proposizioni scientifiche (Popper e il falsificazionismo, Lakatos e i programmi di ricerca scientifici, Feyerabend e l’anarchismo epistemologico, Kuhn  e i paradigmi e le rivoluzioni scientifiche, ecc...).

Il Consiglio di Classe - all’inizio dell’anno scolastico e secondo l’Ipotesi di Sperimentazione in atto - ha individuato la necessità che si sviluppasse un approfondimento tematico sulla questione scienza-verità  e sulle implicazioni che da questa discendono. Di comune accordo è stato deliberato che i docenti di Fisica e Filosofia effettuassero degli interventi in profondità su alcune figure di rilievo nel panorama dell’epistemologia contemporanea.

La scelta ha coinvolto la coppia  di metodologi Popper e Kuhn. Essa è basata sul fatto che Kuhn, come è noto, rompe definitivamente con la concezione cumulativa del progresso scientifico e, viceversa, enfatizza l’aspetto rivoluzionario mentre Popper introduce, come è noto, l’impossibilità della verifica degli asserti scientifici.

Al di là dell’importanza filosofica, storica, sociologica ed epistemologica della coppia  Kuhn-Popper qui interessa fare emergere il tipo di lavoro che è stato svolto in classe durante le lezioni di approfondimento di Fisica che hanno coinvolto  la centralità della dimensioni empirica della fisica stessa nell’ambito dell’argomento scelto, in quanto, come è facile prevedere, alla fine di tutti i discorsi più o meno retorici si ha sempre a che fare con il tribunale inquisitore della scienza che è rappresentato, a detta di Galileo, da “certe dimostrazioni e sensate esperienze”. Il percorso logico che ha caratterizzato questo lavoro è stato del tipo:

1. LA FISICA E LA SUA STRUTTURA INTERNA : I FONDAMENTI DELLA FISICA;

2. LA PORTATA CONOSCITIVA DELLE TEORIE FISICHE;

3. L’OGGETTIVITÀ DELLE TEORIE FISICHE;

4. LA VERITA’ DELLE TEORIE FISICHE;

5. IL RUOLO DELL’ESPERIMENTO IN FISICA ED ESEMPIO  CONCRETO DI CONDOTTA DI UN ESPERIMENTO.

Come insegnante di fisica ritengo in questa sede necessario giustificare la scelta di avere insistito, in sede di Programmazione Didattica, sulla necessità di sviluppare alcuni aspetti basilari del programma del corso che danno avvio al contesto argomentativo relativo alla Teoria della Relatività. E’ chiaro che il livello a cui mi sono attenuto è di tipo liceale, non eccessivamente formalizzato, essenzialmente qualitativo-concettuale, non certo tecnico-universitario,  come si evince d’altronde dalla lettura di qualsivoglia manuale di 5° liceo scientifico.

La motivazione culturale e pedagogica che mi ha indotto a sviluppare il corso di Fisica trattando anche alcuni aspetti (ripeto i più semplici e meno formalizzati) di Relatività è da ricercare nel fatto che si rende opportuno, a mio avviso, iniziare le menti dei nostri giovani allievi liceali a conoscere nelle sue linee essenziali la moderna visione della fisica e a prendere confidenza con i concetti di fondo che costituiscono la base di questa visione. Ciò nella prospettiva di conseguire un duplice risultato. Da un lato quello di certificare la linea portante dell’Ipotesi di Sperimentazione del Liceo  Sperimentale “B. Russell” che prevede esplicitamente lo sviluppo di concetti innovatori di fisica moderna. In secondo luogo per sottolineare  quale basilare e radicale cambiamento nel modo di concepire le leggi (che regolano l’universo che ci circonda) e nel modo di descriverle implichi il passaggio dalla fisica cosiddetta classica a quella moderna.

La transizione dalla visione scientifica classica a quella relativistica implica un passaggio a insolite categorie mentali e impone un reinterrogarsi sugli scopi stessi del pensiero scientifico e del modo di fare scienza. Pertanto, lungi dal costituire un puro e semplice fatto tecnico-strumentale, esso ha delle implicazioni logiche e filosofiche essenziali che devono essere portate a conoscenza degli allievi appena possibile e  in ogni caso prima della fine del curricolo secondario.

La familiarità con la concezione di Kuhn delle rivoluzioni scientifiche - determinate dalla sostituzione di un paradigma scientifico inadeguato ed in crisi con uno nuovo - ci aiuta a comprendere e sottolineare che a rivoluzione avvenuta si ha una visione del mondo completamente nuova. Gli scienziati guardano il mondo con occhi nuovi, vedono nuove realtà attorno a loro e si occupano di nuovi problemi. Ciò è proprio quello che è esattamente avvenuto con la Rivoluzione relativistica (e a maggior ragione con quella quantistica) e che ho cercato di mettere in evidenza: la non assolutezza dello spazio e del tempo, la non simultaneità di eventi rispetto a sistemi di riferimento inerziali, la mancanza di sincronizzazione di orologi in moto tra di loro, la variabilità della massa inerziale di un corpo, la contrazione e la dilatazione del tempo, la costanza della velocità della luce comunque misurata, l’equivalenza tra sistemi di riferimento non inerziali e gravitazione, ecc.. in cui il carattere relativo assume un ruolo di nozione primitiva costituiscono - a detta dei più - alcune delle idee maggiormente significative di questa rivoluzione.

Si è avuta così l’opportunità di discutere alcune delle differenze concettuali tra fisica classica e relativistica colmando in parte la lacuna che a quasi un secolo dalla sua nascita la Teoria della Relatività Ristretta non è trattata con la serietà e con l’interesse che richiederebbero la sua lunga esistenza e la sua incontestata ed incredibile efficacia e validità.

Tra le tante considerazioni che si possono fare in merito alla elaborazione di questo Approfondimento tematico programmato dal Consiglio di Classe, vi è pertanto una chiave di lettura molto significativa che presiede a una corretta interpretazione dei fatti della fisica e della peculiarità del corso. Essa riguarda il nesso che esiste tra le idee di Kuhn e quelle che emergono dai risultati della elaborazione teorica della Fisica Relativistica.

Come è noto la Relatività introduce nel panorama della riflessione teorica i processi di non assolutezza, di non contemporaneità , di non esistenza dell’etere e di  non variabilità delle leggi della fisica consistenti nell’annullare l’asimmetria che si era creata attraverso l’introduzione della categoria scientifica di Galileo di invarianza delle leggi della meccanica a spese di quelle dell’Elettromagnetismo maxwelliano come asse portante dello schema di rivoluzione kuhniana.

La posizione di Kuhn è la seguente. Il verificarsi di grandi o piccole rivoluzioni scientifiche coincide con mutamenti concettuali significativi che interessano il più ampio orizzonte culturale e filosofico. Come illustri esempi si possono citare la “Rivoluzione astronomica copernicana”, la “Genesi della meccanica classica”, la “Sintesi dell’Elettromagnetismo Classico di Maxwell” fra elettricità, magnetismo e ottica, ecc.

Nella valutazione critica delle ipotesi a cui Kuhn annette tanta importanza, la valutazione stessa non è una transazione privata tra lo scienziato e la realtà. Lo scienziato misura la sua ipotesi nel contesto delle idee scientifiche correnti, in rapporto alle teorie dominanti e alle proprie conoscenze, cioè al “paradigma” entro cui tendono ad essere interpretati i problemi quotidiani che emergono nell’ambito di una scienza. Lo scienziato che esplora all’interno del suo campo scientifico, lavora a quella che Kuhn chiama “scienza normale”, e le sue ricerche sono in grado di risolvere i problemi a questa circoscritti. Kuhn vede la comunità scientifica come una comunità religiosa e ogni scienza come la religione dello scienziato.

La questione didattica che riguarda la rottura epistemologica prende avvio nel momento in cui si sottolineano una serie di considerazioni che riguardano la presenza di alcune “anomalie sperimentali” che hanno costituito l’approfondimento  specifico del lavoro svolto.

La fisica pre-relativistica, la non esistenza dell’etere, l’esperimento di Michelson-Morley ed altri costituiscono l’avvio di un processo di approfondimento che aveva come obiettivo di fondo il Principio di Equivalenza e il suo significato nella fisica moderna. In questa prospettiva molti allievi hanno chiesto di approfondire il rapporto teoria-esperimento mediante un intervento empirico in laboratorio teso a controllare la proprietà newtoniana di uguaglianza tra inerzia e gravità.

I  nove approfondimenti individuali hanno riguardato tutti un:

lavoro di ricerca inerente a un esempio concreto di condotta di un esperimento di Laboratorio di Fisica che si è posto l’intento di confermare empiricamente l’equivalenza tra massa inerziale e massa gravitazionale di uno stesso oggetto”.

Come si può facilmente intravvedere i dieci approfondimenti - al di là delle differenze e delle specificità contenutistiche che li hanno contraddistinti - sono legati da uno stesso filo metodologico ed epistemologico e permettono di comprendere l’esigenza di illustrare come i problemi afferenti alla dimensione empirica della fisica hanno dei risvolti che interessano la possibilità o meno di confermare la nuova e straordinaria ipotesi fisica di Einstein dalle caratteristiche insolite e paradossali.

L’attività empirica ha visto gli allievi coinvolti come ricercatori in laboratorio alla prova concreta di un controllo sperimentale in prima persona mediante una serie di esercitazioni inerenti alla comprensione delle due tipologie di masse oggetto dell’esperimento.

Si è così insistito sul fatto che nel mentre gli sviluppi tecnologici dell’Ottocento diedero alla scienza un carisma di onnipotenza che sembravano comprovare una concezione strettamente “deterministica” della realtà, secondo la quale vi si rilevava il trionfo delle sicurezze tuttavia - in questa concezione laplaciana - vi si annidavano alcune sottili contraddizioni  fra previsioni teoriche e dati sperimentali che la fisica moderna fu in grado di fare emergere.

In conclusione tutto ciò può essere letto con un duplice intento. Da un lato di tipo specifico per acquisire informazioni riguardanti la conoscenza del nostro mondo in termini di sapere nell’universo del macroscopico. Dall’altro di tipo filosofico pervenendo alla consapevolezza della necessità di giungere a una revisione di quei concetti di materia e energia ai quali ci aveva abituati la fisica dell’Ottocento.

Le considerazioni didattiche inerenti alla Fisica nell’approfondimento tematico riguardano pertanto il quadro concettuale che è stato necessario proporre agli allievi affinché essi comprendessero a fondo che la Relatività - che è il paradigma della scienza attuale a rivoluzione avvenuta - permette di avere una visione del mondo completamente nuova.

Gli scienziati guardano il mondo con occhi nuovi, vedono nuove realtà attorno a loro, si occupano di nuovi problemi. Sorgono le seguenti implicazioni:

  • quali sono i nuovi problemi?

  • quali sono le nuove idee che riguardano il nuovo paradigma?

  • quando si afferma che si ha una visione del mondo nuova, cosa vuol dire esattamente ciò?

Questi temi e le loro conseguenze costituiscono alcuni fatti che il corso di Fisica, in relazione alle nuove categorie concettuali usate per fare scienza ha tentato di spiegare (forse non riuscendovi appieno), nella speranza che non si è trattato di trasmettere agli allievi semplicemente delle nozioni di fisica moderna, ma che questo esempio costituisca un valido mezzo per familiarizzare lo studente sui delicati meccanismi che riguardano il prendere coscienza della visione relativistica (e quantistica) del modo di fare scienza, dal reinterrogarsi sugli scopi, sul senso e sui limiti del sapere scientifico ed acquisire nuove categorie concettuali per l’interpretazione del mondo.

Soprattutto per gli allievi liceali è importante conoscere le implicazioni concettuali del nuovo modo di intendere la scienza, che riguardano, in estrema sintesi:

  • la contrapposizione assoluto-relativo;

  • il nesso causa-effetto con la debole visione implicante certezze contrapposto all’idea della    forte visione della relatività;

  • l’esistenza di un principio più generale della massa e dell’energia;

  • dalla tesi dell’esistenza della descrizione oggettiva dei fenomeni al concetto stesso di realtà della scuola di Copenaghen che non è possibile effettuare una descrizione oggettiva della realtà stessa.

Queste implicazioni costituiscono temi che implicano un radicale cambiamento della nuova Fisica senza assoluti e con molti problemi ancora irrisolti. Le ricadute formative di questo modo di insegnare fisica sono evidenti in relazione alla maturazione di una coscienza scientifica che si lega alla centralità formativa e didattica della storia della scienza e di quella del primo novecento che afferisce alla fisica moderna in modo particolare. Se ci interessiamo al passato è perché crediamo che esso ci permette di muoverci meglio nei problemi dell’oggi. Attivare pertanto questo circuito è una prerogativa ed una sfida che gli insegnanti di fisica non possono eludere senza venir meno alle finalità culturali dell’insegnamento scientifico e della scuola statale in cui esso è insegnato. In tale prospettiva la scienza deve apparire allo studente come un processo creativo in atto più che come uno scenario ormai chiuso.

Il lavoro didattico svolto nel corso di Fisica è da considerare un tentativo di risposta (sicuramente limitato e riduttivo) alle domande sopraccitate e una possibile soluzione al problema della modifica della didattica delle scienze, soprattutto in relazione allo sviluppo di curricoli che prevedono l’interdisciplinarità e il superamento della settorializzazione del sapere scientifico. A tale proposito, nel mese di maggio dello stesso anno, ho organizzato un incontro tra la classe e il prof. Franco Selleri che gentilmente ha accettato di effettuare una conferenza agli studenti maturandi sul tema della fisica quantistica e dello scontro fra Einstein e Bohr. Ecco la documentazione relativa alla conferenza del prof. Selleri.>>

La bibliografia è presente nelle successive sezioni dell'approfondimento. Qui si ricorda un solo testo di base che è E. Agazzi, Temi e problemi di Filosofia della Fisica, Roma, Abete, 1974, pp.323-327, 339-364.

Roma, 10 Giugno 1997                                             L’insegnante di Fisica

                                                                              Prof. Vincenzo Calabrò

       
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