Vincenzo Calabrò 


(Docente di Fisica e Laboratorio presso il Liceo-Ginnasio “B.Russell” di Roma)

v.calabro@iol.it

http://users.libero.it/v.calabro

Un esempio di obiettivo specifico da conseguire durante lo svolgimento

di un corso di fisica: il "controllo e la separazione delle variabili" nella

formula dell’accelerazione di un corpo che scivola su un piano inclinato.

 

 

Sondrio – Gennaio 1982


 

 

Abstract

 

Il lavoro di didattica che segue è stato presentato durante l'anno scolastico 1981/82 in un corso di formazione per docenti che dovevano conseguire l'abilitazione all'insegnamento della fisica. Si tratta pertanto di un documento datato, risalente ai primi anni ottanta, che si pone l'obiettivo di far vedere l'importanza dell'uso della programmazione didattica applicata in un caso concreto di didattica della fisica in un periodo in cui nelle scuole medie superiori si sconoscevano le tematiche psico-pedagogiche relative alla programmazione didattica e deducativa. Il lavoro risente dell'atmosfera e del linguaggio del periodo storico in cui è stato scritto. Con esso l'Autore si propone lo scopo di conseguire un duplice obiettivo. In primo luogo, tentare di effettuare un breve giro di orizzonte sullo sconfinato universo dell’insegnamento della fisica che in questi ultimi anni è cambiato profondamente, almeno nell’ottica di una didattica più marcatamente empirica nella metodologia di studio e più interessatamente rivolta alla risoluzione di problemi nelle applicazioni . In secondo luogo, proporre, con un tentativo forse audace ma tuttavia importante, di presentare al Lettore un esempio fra i tanti di “conseguimento di obiettivo didattico specifico”. Al punto in cui ci troviamo oggi parlare di obiettivi specifici e comunque di obiettivi didattici ed educativi, significa parlare di argomenti per un verso “triti e ritriti”,  per un altro verso di scottante attualità, in vista del traguardo costituito dal provvedimento legislativo concernente la Riforma dei programmi della scuola secondaria superiore attualmente in discussione al parlamento. L’Autore si augura che l’argomento trattato possa contribuire a fare chiarezza nel vasto e non semplice panorama della didattica della fisica.

 

 

§1. I NUOVI ORIENTAMENTI NELL’INSEGNAMENTO DELLA FISICA.

 

E’ noto, perché ripetuto tante volte e in tante situazioni e contesti differenti, che l’insegnamento della fisica ha assunto in questi ultimi anni un rilievo e una importanza davvero fondamentali. Il particolare interesse di cui esso è circondato (e non solo da parte dei soliti “addetti ai lavori”) [1], dimostra ancora una volta - ove ve ne fosse stato di bisogno - la impellente necessità di mettere ordine in questa aggrovigliata materia per poi passare a una conseguente sistemazione. Quest'ultima nell'ottica di una scuola secondaria superiore riformata e in grado di rispondere alla sfida dei tempi in una società così complessa e a volte di difficile lettura come è quella attuale. Nessuno ormai mette in dubbio la non rinviabilità di una riforma che sola può risolvere il problema dell'insegnamento scientifico. Semmai discordanze di opinioni possono esserci, queste non sono dovute al ruolo che l'insegnamento scientifico deve rivestire, nè alle metodologie di insegnamento o, meglio, alle strategie educative generali da perseguire, bensì sono legate alla "fattibilità" politica della proposta e alla realizzabilità di un progetto educativo e formativo così imponente e straordinariamente importante che il legislatore deve tradurre in legge. Che ciò sia vero, è dimostrato da un duplice fatto.

In primo luogo dal gran numero di anni che sono passati da quando si è avvertita l'esigenza di introdurre nella scuola italiana un rinnovamento di contenuti e metodi didattici ormai non più all'altezza dei tempi e delle mutate esigenze della società contemporanea. Società, non si dimentichi, che ormai dipende e dipenderà sempre di più dall'elettronica, dall'informatica e da altre scienze sempre più specialistiche ed avanzate.

In secondo luogo, dall'inserimento nei programmi scolastici della "programmazione didattica ed educativa" che introduce in maniera corposa e sostanziale la Pedagogia nella scuola stessa. [2] Quale operatore scolastico può dire infatti di non avvertire l'esigenza di introdurre scientificamente una programmazione nel proprio lavoro annuale? Meglio ancora, quale docente può confessare di non avere mai sentito parlare di "obiettivi didattici, o di"finalità educative" del tipo: (...) l'insegnamento della fisica assume, nella società attuale, un ruolo determinante nella formazione culturale di base e nella acquisizione di fondamenti metodologici, di strumenti e competenze specifiche da parte degli allievi". Oppure: "E' necessario che il giovane acquisisca un bagaglio culturale che gli consenta di utilizzare stimoli e informazioni, che gli provengono dall'ambiente esterno e dalla società, in maniera critica ed autonoma". E ancora: "E' importante che da parte dell'allievo si verifichi l'acquisizione effettiva di un atteggiamento scientifico nei confronti della realtà, in maniera tale da potere descrivere e interpretare correttamente il mondo circostante, per potere intervenire su di esso non solo per comprenderlo ma anche per trasformarlo".

Ora, a parte punte di voluta esagerazione e al di là della esasperata tecnicizzazione del linguaggio pedagogico adoperato, sicuramente importante per la scientificità e il rigore della trattazione, non vi è dubbio che queste asserzioni siano veramente importanti e racchiudano un significato di grande verità. Non sarebbe concepibile, oggigiorno, un insegnamento asettico, chiuso e avulso dal contesto storico, sociale e tecnologico che la società di oggi presenta. Non sarebbe cioè pensabile, nè tollerabile, un insegnamento di tipo neo-gentiliano, impregnato di autoritarismo, di incomunicabilità e, in fin dei conti, basato esclusivamente sugli aspetti più propriamente nozionistici e di arido esercizio mnemonico della disciplina in oggetto. La realizzazione di un insegnamento capace di preparare effettivamente i giovani a vivere nella società e in grado di mettere i singoli allievi nelle condizioni di potere operare delle scelte libere ed autonome, nonché di realizzare se stessi, è senza dubbio il fine ultimo dell'attività di lavoro di un docente. Tuttavia, è necessario chiarire che, accanto a questi obiettivi diremmo così "formativi" o "generali" [3] ve ne sono altri, chiaramente non di secondaria importanza, che l'insegnamento in questione si propone di conseguire. Ci si riferisce, in ultima analisi, a tutta quella serie di obiettivi specifici, che in didattica si chiamano "di informazione". Essi rappresentano quel complesso di "comportamenti operativi" o di abilità che i giovani devono acquisire dopo aver frequentato, con profitto, un corso di fisica e laboratorio in una scuola media superiore.

Per meglio chiarire questo punto, estremamente importante ai fini della comprensione del presente lavoro di didattica della fisica, diciamo che quando si parla di obiettivi specifici ci si intende riferire all'area delle conoscenze fondamentali o, se si vuole, alla sfera della dimensione cognitiva del giovane, come per esempio a quel complesso di implicazioni e di procedure metodologiche che i giovani devono acquisire nell'ambito dell'insegnamento scientifico.

Non è intenzione dell'Autore a questo punto entrare nella tematica specialistica tassonomica vera e propria che attiene alla definizione e distribuzione, nella attività di programmazione, degli obiettivi. Come pure non è intendimento dell'Autore focalizzare in maniera più o meno approfondita la determinazione degli aspetti più significativi dell'educazione scolastica svolta dalla scuola. Non è questo ciò che qui ci si propone. Si vuol piuttosto offrire uno sguardo panoramico, e al tempo stesso sintetico, sulla formulazione di alcuni obiettivi didattici che, in momenti appropriati e convenienti del lavoro del docente, si possono raggiungere col ricorso a temi, questioni e implicazioni fisiche. Si vuole cioè approfondire, senza grosse pretese, il concetto che tra gli obiettivi educativi che si propone di conseguire la scuola, vi sono anche delle abilità intellettuali, collegate in maniera completa con le varie discipline di insegnamento che non vanno trascurate. Queste abilità sono molto spesso dei procedimenti mentali ben congegnati e costituiti da una serie di operazioni e di momenti di decisioni che attengono alla sfera della formazione scolastica del giovane. La loro acquisizione, stabile e sicura, è bene subito dirlo è della massima importanza nel processo di formazione scientifica generale.

Orbene, premessa una certa "disponibilità motivazionale" senza la quale non è possibile parlare di apprendimento scolastico, vediamo di esemplificare alcune delle abilità in questione. Gli studenti devono:

ed altri ancora. Ebbene, di tutta questa serie di abilità e di conoscenze specifiche basilari per un corso di fisica, ve ne è una che l'Autore considera importante e che costituisce l'oggetto della dissertazione in questa breve nota didattica. Ci si riferisce cioè alla "abilità" che deve essere acquisita dagli allievi nell'abituarsi a variare le variabili una per volta, tenendo costanti tutte le altre, dopo aver riconosciuto le variabili stesse (considerazione questa necessaria per poter definire scientifico un qualunque modo di procedere in fisica). In altre parole ci si riferisce a ciò che viene inteso comunemente come "controllo e separazione di variabili" in una formula fisica.

 

 

§2. BREVE NOTA INTRODUTTIVA AL METODO DEL CONTROLLO E DELLA SEPARAZIONE DELLE VARIABILI.

 

 

Nell'insegnamento della fisica e, in particolare, nella pratica sperimentale del laboratorio di fisica si è continuamente alle prese con la ricerca e la successiva applicazione ed elaborazione di formule fisiche. Inteso che le formule fisiche non sono altro che la traduzione di una legge fisica in linguaggio matematico, esse rappresentano nella loro estrema sinteticità e concisione, l'aspetto centrale del lavoro sperimentale di laboratorio.[4] Più specificamente, nella loro formulazione generale, le formule fisiche hanno il compito di fornire gli elementi rigorosi per la comprensione della realtà attraverso una descrizione quantitativa dei fenomeni osservati. Questa descrizione stabilisce, come si sa, dei legami quantitativi fra le grandezze interessate al fenomeno, e fornisce un complesso di informazioni obiettive uguali per tutti. [5] Una di queste operazioni (felice incontro sul terreno della didattica e dell'apprendimento della fisica e della Scienza dell'educazione) è proprio quella che ci riguarda da vicino e che qui desideriamo commentare e che si chiama "il controllo e la separazione delle variabili in una formula fisica".

Vediamo prima, per via generale, in cosa consiste e quali peculiarità la caratterizzano sotto il profilo didattico e, in seguito, svilupperemo un esempio ben preciso. Diciamo subito che si tratta di una tecnica di composizione-scomposizione di relazioni fisico-matematiche che consente di indurre negli allievi capacità di analisi e di selezione ben precise e finalizzate a formare nella mente degli allievi operatività e attività raziocinante. Questa tecnica, che in prima istanza possiamo chiamare, a ragion veduta, tecnica di "manipolazione" delle formule fisiche, può essere evidenziata appropriatamente mediante il procedimento fondamentale di controllo e separazione delle variabili.

Il "procedimento" è costituito da una serie di singole operazioni e di momenti decisionali che attengono alla sfera delle abilità e delle capacità intellettuali, in cui il discente sviluppando correttamente una sequenza di ragionamenti, programmati in partenza, perviene a un risultato finale verificabile. E' bene chiarire però che la successione delle azioni e delle operazioni mentali non è prestabilita, nel senso che non è codificata staticamente e rigidamente, anche se ad onor del vero soddisfa a una logica ben precisa. Il procedimento di manipolazione per essere acquisito nella sua essenza e globalità deve procedere in maniera tale da riuscire a costruire, nella mente dei giovani, una serie di atti coordinati con delle operazioni comuni (come spostare una quantità da un membro all'altro, moltiplicare o dividere ambo i membri per quantità note diverse da zero, ecc..) e legate a delle immagini mentali condensate in simboli matematici.

E' evidente che non bisogna commettere il banale errore di meccanizzare automaticamente e acriticamente il procedimento mediante "ricette" o regole mnemoniche. Un buon modo di capire questa sequenza di atti concatenati è di collegare i ragionamenti con dei diagrammi di flusso, come viene proposto qui di seguito.

 

 

 

Il criterio di fondo su cui si basa il metodo sopraccitato è quello di selezionare, fra gli infiniti valori che possono assumere i parametri che in essa figurano, quelli più significativi, dopo avere naturalmente evidenziato sia il campo di variabilità degli stessi, sia i valori da essi assunti. Accettato l'assioma per cui un enunciato, che rappresenta ricordiamolo l'aspetto propositivo di una legge fisica, ha valore scientifico (ed acquista così il diritto di cittadinanza nel ristretto e rigoroso mondo della scienza) solo quando soddisfa interamente e senza equivoci a delle proprietà generali che si applicano alle grandezze fisiche che intervengono nella descrizione del fenomeno considerato, diventa naturale chiedersi come si modificherà il fenomeno stesso quando si terranno costanti tutte le variabili tranne una che la si farà variare a piacimento entro un campo di variabilità a priori definito. Si eseguiranno cioè dei ragionamenti in cui restando fissi tutti gli altri fattori che influenzano l'aspetto fenomenico se ne fa variare solo uno alla volta, fermando l'attenzione sul valore da quest'ultimo assunto. In questa maniera le formule fisiche possono diventare uno strumento utile agli allievi nel momento in cui essi avranno assimilato l'abilità ad intraprendere correttamente le quantità presenti nelle formule e di usare una forma, o piuttosto altre, a seconda della situazione fisica da simulare o da risolvere.
 

§3. SIGNIFICATO E IMPORTANZA DA ATTRIBUIRE ALLA "ACQUISIZIONE DI OBIETTIVI SPECIFICI" NELLO STUDIO DELLA FISICA.

 

Prima di entrare nel vivo delle questioni che l'argomento presenta, vediamo innanzitutto quale può essere il motivo per cui questo tipo di obiettivo didattico, da conseguire durante lo studio di un corso di fisica, è da considerarsi importante. Cioè, cerchiamo di capire perchè la fisica è impegnata a fare acquisire all'allievo la finalità didattica della assimilazione di un metodo di indagine scientifico-razionale mediante il quale si indaga e si interpreta, abbastanza efficacemente, la natura e tutti i fenomeni fisici che in essa si verificano. Orbene, è necessario iniziare il discorso da un punto fermo molto chiaro. Le discipline scientifiche in generale, e la fisica in particolare, oltre all'importante ruolo formativo che esse rivestono nella formazione culturale di base degli allievi, svolgono una duplice funzione. Da un lato svolgono un ruolo informativo caratterizzato dalla acquisizione di un più alto livello di conoscenze e competenze e finalizzato alla assimilazione di un bagaglio culturale che dovrà assicurare in seguito ai giovani una formazione professionale coerente sia con scelte di professionalità, sia con competenze tecnico-pratiche. D'altro canto, la fisica è importante perchè assicura agli studenti l'acquisizione di una metodologia scientifica che ha una sua validità nel mentre consente di fornire ai discenti un notevole numero di capacità e di comportamenti, come la capacità di analisi, di previsione, di verifica. In realtà imparare la fisica, anche se a un livello elementare, significa non solo acquisire un certo numero di informazioni sui fatti che si indagano ma anche apprendere l'uso flessibile di questioni e concetti adattandoli a situazioni nuove, impreviste, in modo tale da prevederne le conseguenze. Il lavoro che si affronta durante lo svolgimento di un corso di fisica è estremamente formativo perchè costringe lo studente ad intervenire da protagonista nella costruzione del proprio edificio scientifico, con indubbia motivazione al lavoro stesso. E' in questo senso che si parla di ruolo formativo. Non ci si stancherà mai abbastanza di insistere su questo punto. Ora affinché non ci siano fraintendimenti è bene fare a questo punto una riflessione d'obbligo. Ci sia permesso cioè far rilevare come le varie asserzioni che riguardano la più o meno formatività, caratteristica di un corso di fisica, non deve essere intesa come puro esercizio di retorica. L'insegnamento scientifico, e in particolare l'insegnamento della fisica è, e non potrebbe essere diversamente, "formativo" nell'accezione più profonda della parola, proprio perchè basa la sua essenza sulla formazione dell'uomo e del cittadino non disdegnando nel contempo di trascurare la componente specifica e contenutistica della scienza. Si faccia mente locale per un istante su quali presupposti esso si basa e si indaghi sul reale significato e sulla portata di queste affermazioni. Ne elenchiamo alcune:

  1. appropriazione dei procedimenti attraverso cui avviene la conoscenza;

  2. sviluppo di un atteggiamento che ha come significato primo la diffidenza nei confronti di quel tipo di conoscenza che non sia disposta ad accettare la possibilità di commettere errori;

  3. meglio ancora, possesso della capacità di rifiutare i miti di qualunque tipo essi siano (metafisici, tecnologici, consumistici, culturali, ideologici, ecc...) e, in più, capacità di elaborare la conoscenza in maniera personale ed autonoma (il ragionamento deve dimostrare il suo primato su spiegazioni di natura metafisica  o,peggio, superstiziosa;

  4. abitudine all'uso di un linguaggio rigoroso, formale, coerente col quale si possano sviluppare forme di comunicazione e continui sviluppi logici del pensiero.

Si potrebbe ancora continuare, ma per non incorrere in noiose ripetizioni ci fermiamo qui. Sembrerebbe così alquanto strano non riconoscere alle affermazioni copra riportate un contenuto positivo e una loro validità di metodo. Il processo di formazione sembra allora collegato abbastanza stabilmente da una parte con tutte le discipline scientifiche, anche se quelle sperimentali hanno più possibilità di evidenziazione, chè riconoscono fondamenti storici, sociali e culturali al problema del metodo scientifico. Dall'altra parte con tutti quegli atteggiamenti educativi tesi a sollecitare la preparazione degli individui a vivere "criticamente" nella società in maniera autonoma e socializzata.

Ritornando adesso al problema iniziale, per la realizzazione di tutte queste indicazioni e di tutto il complesso di caratteristiche pedagogiche è necessario che l'insegnante di fisica si faccia carico di tutta una serie di impegni capaci di introdurre intanto, e in maniera graduale, un tipo di formalismo matematico che sia contemporaneamente non troppo astratto e tuttavia rigoroso e molto efficace. Poi, che abbia come orizzonte il significato fisico delle leggi studiate. Che faccia, cioè, chiaramente intendere anche il lato tecnico e fenomenico di alcune questioni e implicazioni fisiche. Infine, che orienti i giovani a intravedere i possibili collegamenti tra i temi fisici trattati quotidianamente e l'ambiente tecnico e scientifico in cui il discente deve agire e muoversi ogni giorno. Questo perchè la scuola ha il dovere di  fornire ai giovani informazioni e sollecitazioni sfruttabili praticamente nella loro vita giornaliera.

Ritornando adesso al formalismo matematico che lo studente deve sviluppare vi è da dire che esso è necessario in quanto, ad un certo livello, non è possibile descrivere la complessa fenomenologia fisica senza un adeguato bagaglio di conoscenze matematiche. Di sicuro l'allievo deve possedere un buon possesso degli algoritmi algebrici come procedure di calcolo scritto, sicura conoscenza di processi grafici e geometrici, nonchè discreta abilità nel calcolo mentale. Non aggiungerò a questo punto considerazioni didattiche legate all'opportunità di cogliere problemi e implicazioni matematiche legate al mondo reale, né tematiche che dovrebbero far giungere l'allievo alla consapevolezza che il rigore e l'univocità dei metodi matematici possono presentare il grosso ostacolo della assimilazione acritica delle informazioni, o peggio, alla passività tout court e alla recettività totale. Tuttavia, è indubbio che un sicuro possesso di abilità matematiche è la condizione fondamentale senza la quale non può avvenire nessuna buona comprensione delle tematiche fisiche in esame. Questo perchè i giovani non potranno mai conseguire una preparazione di base flessibile e aperta ai mutamenti scientifici e tecnologici se non saranno abituati specificamente a un uso ragionato e non marginale di strumenti fisico-matematici adeguati. L'efficacia di questi concetti e di una adeguata capacità di formalizzazione della realtà spunta fuori nel momento in cui si prende coscienza che questi obiettivi rappresentano in definitiva la premessa necessaria e fondamentale per un'efficace pianificazione e programmazione dell'insegnamento della fisica secondo i migliori canoni della moderna didattica. Dal che si evince che il sicuro possesso della capacità di interpretazione delle formule fisiche, nonchè della attitudine alla comprensione e alla spiegazione delle relazioni fisico-matematiche rappresentano il primo approccio e la base corretta di un successivo discorso di didattica della fisica.

 

 

§4. INTRODUZIONE STORICA ALLA LEGGE DEL PIANO INCLINATO.

 

Fino al XVII Secolo la tendenza che hanno i corpi di cadere dall'alto verso il basso venne considerata dagli studiosi del tempo una proprietà intrinseca di tutti i corpi non richiedente ulteriori spiegazioni e il problema era liquidato generalmente con poche parole che non ammettevano repliche. Non si dimentichi che fino a Galileo la dinamica era una scienza sostanzialmente sconosciuta e che nel periodo post-galileiano la dinamica veniva considerata un'appendice vera e propria della Statica. Per spiegare  la caduta dei "corpi pesanti" e l'ascesa dei "corpi leggeri" (aria calda) gli uomini di scienza del tempo affermavano che ogni corpo cerca il suo "luogo naturale" situato in alto per i corpi leggeri e in basso per quelli pesanti. Inoltre, gli antichi scienziati e filosofi (i due aspetti erano inscindibili e appartenevano alla stessa persona) distinguevano i moti "naturali" come quelli di caduta, da quelli "violenti" come quello dei proiettili lanciati. La conclusione di un siffatto problema era che i corpi pesanti cadono più velocemente e i corpi più leggeri più lentamente. Si è dovuto aspettare Newton per attribuire alla forza di gravitazione la causa del peso di un corpo e dunque della sua accelerazione di caduta. Orbene è evidente da queste brevi note introduttive come fossero confuse le idee a proposito del moto di caduta dei corpi. Da questa premessa discende l'importanza storica e metodologica assunta dalla legge del piano inclinato: legge di fondamentale importanza ai fini della completa sistemazione della meccanica nel mondo della fisica classica.

 

 

§5. ANALISI DEL PROBLEMA: LA FORMULA DELL'ACCELERAZIONE DI UN CORPO CHE SI MUOVE SU UN PIANO INCLINATO.

 

 

La legge del piano inclinato è una legge fondamentale in meccanica sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista della introduzione al metodo di studio proprio della fisica. Lo studio del dispositivo meccanico che consente ai corpi di scivolare con velocità rallentata consente di interpretare uno dei fenomeni fisici più appariscenti che si verificano in natura, cioè la caduta dei corpi verso la superficie della Terra con lo scopo di ricavare la legge di caduta in situazione simulata di moto rallentato. Questa legge ha poi la peculiarità di interessare non solo la dinamica e la cinematica del moto dei corpi, ma anche la statica  per lo studio delle condizioni di equilibrio di un corpo di un corpo appoggiato su un piano inclinato. Si tratta pertanto di uno studio pluritematico, nel senso che si allacciano tematiche di diversa natura ed è quindi significativamente importante al fine del più generale studio della meccanica. Il piano inclinato, cioè, permette l'analisi dei fenomeni meccanici come studio dell'azione di una forza sia su un corpo vincolato (effetto statico), sia su un corpo libero (effetto dinamico).

Lo studio del fenomeno normalmente presenta delle difficoltà a causa della estrema rapidità con la quale i corpi liberi cadono sulla Terra. Il fenomeno non appena comincia a manifestarsi finisce in un battibaleno. Ciò può spiegare, probabilmente, perchè l'uomo ha scoperto la legge del moto in caduta libera (moto naturalmente accelerato con accelerazione, grossomodo costante, ed uguale a circa 9,8 m/s2) di un corpo soltanto in tempi relativamente recenti (XVII Secolo). Ciò è dovuto quasi sicuramente al fatto che la tecnica sperimentale di osservazione-misurazione inventata da Galileo ha consentito di utilizzare il piano inclinato come dispositivo in grado di realizzare un rallentamento artificiale del fenomeno. Con parole moderne diremmo che Galileo inventò per primo la "moviola" (tecnica di rallentamento cinematografica applicata allo studio dei fenomeni meccanici) in maniera tale da consentire misure con errori relativi contenuti. Il piano inclinato ha permesso così di determinare la legge del moto rettilineo uniformemente accelerato in termini di legge empirica realizzando una significativa conquista conoscitiva nella storia del pensiero scientifico.

Analizziamo adesso la discesa di un grave lungo un piano inclinato privo di attrito. Queste sono le condizioni iniziali che riguardano il dispositivo meccanico. L'assenza di  attriti è importante perchè non considereremo la presenza di forze dissipative come quelle d'attrito. Si sa che il 2° principio della dinamica enunciato da Newton nei suoi "Principia" come Lex II, Mutationem motus proportionalem esse vi motrici impressae et fieri secundum lineam rectam qua vis illa imprimatur, consente di determinare l'accelerazione a subita da un corpo libero conoscendo la forza totale F agente su di esso in tutti i suoi caratteri vettoriali. In formule, detta m la massa inerziale del corpo si ha:

cioè:

F Δv a.

Muovendo da questo presupposto a proposito della relazione esistente tra modulo della forza applicata al corpo e intensità della conseguente accelerazione acquistata dal corpo stesso, si può dire che essa è una relazione causa-effetto di proporzionalità diretta, in cui il coefficiente di proporzionalità che le grandezze fisiche vettoriali forza e accelerazione è la massa inerziale del corpo, cioè la proprietà della materia di opporsi ai tentativi di variarne l ostato cinematico del corpo. Ricordiamo adesso che fra le tante macchine semplici conosciute, il piano inclinato è un esemplare kuhniano che rappresenta l'oggetto da studiare da vicino, in virtù del fatto che esso realizza la connessione tra le cause del fenomeno date dalla forza totale e i suoi effetti cioè l'accelerazione o la variazione di velocità. Per definizione il piano inclinato è un piano rigido, liscio e inclinato su una base orizzontale che forma un angolo α col piano di base sul quale è appoggiato. E' una macchina cioè un dispositivo meccanico mediante il quale si può compiere una certa quantità di lavoro richiesto per vincere una forza data , detta forza resistente, impiegando una forza disponibile , detta forza attiva, con intensità quasi sempre minore di . Cioè:

   

   

   

fa < P

   

la macchina offre il "vantaggio" di offrire una amplificazione dinamica, espressa numericamente dal rapporto

   

   

Il piano inclinato è stato un dispositivo (macchina semplice) molto usato in antichità. Basti ricordare tanto per citare un esempio che con esso gli egiziani poterono sollevare a grandi altezze (~102 m) i grandi macigni con i quali costruirono le piramidi. E' evidente che se si desidera sollevare un peso ad un'altezza h è necessario esercitare una forza un po' più grande del peso del corpo. L'uso del piano inclinato consente viceversa di realizzare lo stesso risultato mediante l'applicazione di uno "sforzo" minore anche se la durata del fenomeno è maggiore. In altri termini è vero che si realizza una amplificazione della forza, ma è altrettanto vero che ciò si manifesta in un intervallo di tempo più elevato. Infatti, se un corpo cade in discesa libera lungo il cateto AB=h la durata, in secondi, del fenomeno si ottiene dalla legge nel moto naturalmente accelerato:

     

 

   
h = ½ g t2h     da cui .      

½  a t2l         da cui      

Si vede che tl > th , cioè     

 

>

 

   

A queste si possono aggiungere altre due grandezze fisiche che comunque sono dipendenti dalle altre (la base b e l'angolo di inclinazione α). La teoria ci dice che, da considerazioni geometriche di proporzionalità tra i due triangoli simili, la componente efficace del peso chiamata forza attiva fa è data da:

fa = P h/l

Orbene, dal 2° principio della dinamica si ha anche:

fa = m a mentre il peso p = m g. Sostituendo, avremo:

m a = m g h/l

e semplificando per m: 

   

   

che è la relazione cercata e che costituirà l'oggetto della nostra dissertazione.

 

§6. ULTERIORI INFORMAZIONI SULLA LEGGE GALILEIANA DELL'EQUILIBRIO DI UN CORPO SU UN PIANO INCLINATO.

 

§7. ALCUNE CONSIDERAZIONI MATEMATICHE SULLA LEGGE DEL PIANO INCLINATO.

 

§8. IL PROCEDIMENTO DEL CONTROLLO E DELLA SEPARAZIONE DELLE VARIABILI NELLA FORMULA DEL PIANO INCLINATO.

 

§9. UN ESEMPIO NUMERICO.

 

§10. UNA OSSERVAZIONE SULLA VALUTAZIONE DEGLI ORDINI DI GRANDEZZA DELLE GRANDEZZE FISICHE CHE INTERVENGONO NEL FENOMENO.

 

§11. CONCLUSIONI.

 

§12. BIBLIOGRAFIA.

 

 

 


[1] In questi ultimi anni si è assistito ad un proliferare di iniziative e a un crescente interesse per i problemi della scienza in generale e della fisica in particolare. E questo non solo da parte dell'editoria giornalistica (pagine scientifiche sui quotidiani, enciclopedie scientifiche a fascicoli settimanali, ecc..) ma anche da parte dell'informazione televisiva (programmi scientifici settimanali che riscuotono un alto indice di gradimento, filmati scientifici, trasmissioni e dibattiti ad hoc messi in onda da settori televisivi che curano il Dipartimento Scuola, ecc..).

[2] Senza nessuna pretesa di completezza e sistematicità e correndo sicuramente il rischio di essere riduttivi e imprecisi, si può dire con parole semplici che: "La programmazione didattica è una serie di operazioni che pianificano il programma di insegnamento, stabilendone i mezzi e soprattutto determinandone i traguardi formativi concreti. In altri termici, alla fine di una programmazione didattica, occorre fissare non tanto un traguardo formativo generico, quanto stabilire cose concrete, abilità concrete, che l'alunno deve essere in grado di possedere, cioè comportamenti concretamente riscontrabili e facilmente verificabili". Alla fine di un percorso educativo si deve essere in grado di poter dire : "questo allievo sa fare queste cose, conosce realmente queste altre, sa manipolare questi materiali". Altro aspetto fondamentale della programmazione è lo sforzo  dei docenti finalizzato alla individuazione di strumenti, metodi, contenuti, e materiali per il raggiungimento di queste finalità. In più, alcuni tradizionali strumenti didattici, come la valutazione, vengono finalizzati all'acquisizione positiva di queste abilità e capacità". (M. Mantovani, Dagli atti dei pomeriggi di studio, CITE-Sondrio, marzo 1980).

[3] Più in generale, conseguire finalità educative significa definire prima e realizzare dopo gli obiettivi comportamentali che si vuole che gli studenti acquisiscano alla fine del processo di insegnamento-apprendimento. Ricordiamo, a mo' di inciso, che la definizione degli obiettivi avviene a più livelli:

1° livello o livello degli obiettivi generali;

2° livello o livello degli obiettivi intermedi;

3° livello o livello degli obiettivi operativi (che è quello che qui interessa). Questo terzo livello degli obiettivi dell'educazione rappresenta la cosiddetta fascia delle "abilità" da far conseguire  ai giovani allievi. Abilità che consistono in una serie di operazioni conoscitive che i giovani devono possedere a conclusione del ciclo scolastico frequentato.

[4] Sia che ci si propone l'obiettivo di "verificare" una legge fisica, sia, a maggior ragione, che si intende "ricercare" una legge fisica.

[5] Operativamente parlando, durante l'attività di sperimentazione si entra spesso e sistematicamente in interazione con operazioni simboliche di calcolo matematico nelle più svariate forme. E' allora ovvio che per condurre dei ragionamenti in modo conciso e razionale (in maniera tale cioè da non dare adito ad ambiguità o incertezze varie), è necessario adoperare un linguaggio univoco, universale, che elimini l'imprecisione tipica del linguaggio corrente. Questo linguaggio, come ebbe a dire Galileo, è rappresentato dal simbolismo matematico che costituisce l'ossatura fondamentale di qualunque costruzione che abbia pretese di scientificità.

 


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