EDITORIALE

Il sentirsi offesi

di don Gino

“Sono vivamente rammaricato per le reazioni suscitate dal breve passo del mio discorso all’Università di Regensburg, ritenuto offensivo per la sensibilità dei credenti musulmani”.

Con queste parole all’Angelus di domenica 17 settembre, Benedetto XVI ha inteso mettere fi ne alle polemiche suscitate dal suo intervento durante la sua visita in Germania.

Polemiche che però non si sono ancora placate. Leggendo e ascoltando in questo periodo interventi al riguardo, ho scoperto che la nota emittente del Qatar AL-JAZIRA ha titolato nel suo sito internet: “Il Papa evita di scusarsi e si rammarica per la rabbia dei musulmani causata dalle sue dichiarazioni”. E sullo schermo, all’indomani del discorso di Regensburg, una scritta scorreva in continuazione: “Il Papa critica l’Islam e offende il suo profeta”.

Noi da queste pagine non vogliamo prendere le difese del Papa solo “d’ufficio”. Lo facciamo perché da cattolici siamo profondamente convinti che appartiene alla ragione dei cristiani non offendere nessuno, cercare il dialogo con tutti, pregare per i nostri nemici.

Tutto questo è diventato per noi ragionevole e non paradossale da quando Gesù di Nazareth non disdegnò di fermarsi a parlare con una donna Samaritana; da quando lo stesso Gesù agli attoniti e sorpresi giudei disse: “Se qualcuno ti percuote una guancia, tu porgigli anche l’altra; se un altro ti chiede il mantello, tu dagli anche la tunica; non amare solo i tuoi amici ma anche i nemici; anzi tu devi pregare per loro...”.

Ecco, le assurdità di queste affermazioni sono diventate razionali da quando quell’uomo di Nazareth le ha vissute.

È assurdo pensare che il Papa possa essere andato controcorrente a questa cultura che ci appartiene.

Per “placare l’offesa” intervenne qualche giorno dopo anche il nuovo Segretario di Stato, il card. Tarcisio Bertone. Disse tra l’altro: “L’opzione del Papa in favore del dialogo interreligioso e interculturale è altrettanto inequivocabile. Nell’incontro con i rappresentanti di alcune comunità cristiane a Colonia, il 20 agosto 2005, egli ha detto che tale dialogo tra cristiani e musulmani non può ridursi a una scelta “stagionale”, aggiungendo: “Le lezioni del passato devono servirci ad evitare di ripetere gli stessi errori. Noi vogliamo ricercare le vie della riconciliazione e imparare a vivere rispettando ciascuno l’identità dell’altro”. Aggiunge poi il card. Bertone: “Quanto al giudizio dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo, da lui riportato nel discorso di Regensburg, il Santo Padre non ha inteso e non intende farlo proprio, ma lo ha solo utilizzato per aiutare a fare alcune riflessioni sul rapporto tra religione e violenza in genere e concludere con un chiaro e radicale rifiuto della motivazione religiosa della violenza, da qualunque parte provenga”.

Per noi cristiani questa è una fi losofi a antica e il Papa l’ha ribadito.

Ci ha fatto piacere constatare come anche le istituzioni non ecclesiali, compresa l’Amministrazione comunale di Seriate, si siano mosse, anche se purtroppo non tutte hanno seguito questo esempio.

Comunque, rispetto a tutta questa penosa questione che purtroppo continua, mi domando, proprio per non negare la nostra disponibilità al dialogo con l’Islam: perché tante volte, come in questo caso, non si smette di “sentirsi offesi” nonostante tutto? Le risposte che ipotizzo sono due:

(a) L’offesa me la conservo perché la userò per secondi fi ni. Di fatto s’è parlato tanto di “strumentalizzazione dell’avvenimento da parte dell’Islam”.

(b) La seconda è una motivazione un po’ più generica, che vale anche per noi quando riceviamo offese. Perché non scegliamo come criterio di giudizio dei nostri comportamenti la nostra coscienza. Un altro può accusarmi fi n che vuole, ma se mi assolve la mia coscienza smetto di essere offeso. Mi viene alla memoria una frase del fi losofo Kant che diceva: “Due cose riempiono l’animo di ammirazione e di venerazione sempre nuove e crescenti: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me”.

Ma in questo caso per l’Islam, almeno per un certo Islam, non vale neanche questo secondo criterio per non sentirsi offesi, perché il Papa non ha proprio offeso nessuno.