VITA PASTORALE

Ma cosa ha detto veramente il Papa?

a cura di Giovanna B. e Miriam N.

Ma cosa ha detto veramente il Papa?

Questa la domanda che molti si sono posti rispetto al discorso del Papa a Ratisbona, che tanta violenza e contestazioni ha suscitato nel mondo islamico. Questa ed altre ancora…

Com’è possibile che un’autorità religiosa e morale come il Papa sia attaccata in tal modo? E perché il mondo occidentale è stato così restio a dimostrare la sua solidarietà al Papa, vittima di un’intolleranza insopportabile nei confronti di chiunque esprima pacificamente il proprio pensiero?

Noi non vorremmo, con questo breve articolo, esaurire il significato e il contenuto di un discorso così importante, ma semplicemente offrire uno spunto serio di riflessione (perché il rischio è di parlare senza conoscere i termini del problema!).

Innanzitutto il discorso del Papa non voleva affatto offendere i credenti islamici e non voleva nemmeno porre l’Islam a tema. Il Papa voleva invece richiamare tutti ad un uso corretto della ragione: per usare le sue parole, voleva invitarci ad “un allargamento del nostro concetto di ragione e del suo uso”. La citazione dell’imperatore medievale Manuele II il Paleologo che, tolta dal suo contesto, è stata strumentalizzata per creare odio, era lo spunto utilizzato dal Papa per introdurre la questione che gli stava a cuore: il rapporto fra fede e ragione, due realtà che tanti intellettuali moderni considerano inconciliabili e che il Papa dimostra invece essere necessarie l’una all’altra. Nella prima parte del discorso il Papa introduce il tema della ragione dichiarando che la fede non può essere diffusa con la violenza perché “La fede è frutto dell’anima, non del corpo. Chi quindi vuole condurre qualcuno alla fede ha bisogno della capacità di parlare bene e di ragionare correttamente, non invece della violenza e della minaccia (…) non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”.

Il Papa ha poi sviluppato il concetto di ragione tipico del pensiero moderno e si è soffermato in particolare sulla riduzione della ragione a ciò che è dimostrabile, con la logica o con il metodo sperimentale. Secondo questa idea di ragione viene meno la possibilità di dialogare sulle questioni essenziali per l’uomo, come per esempio la religione ed il significato della vita. Se infatti si relega il problema di Dio nell’ambito del soggettivo, non si può nemmeno incontrare l’altro uomo perché ognuno ha la propria esperienza soggettiva che non può paragonarsi su un terreno comune. Viceversa, il Papa afferma che l’esperienza della fede cristiana investe anche la ragione e chiede di essere compresa e approfondita alla sua luce. Da questo punto di vista il Papa ribadisce – sono sue precise parole – che “solo così diventiamo capaci di un vero dialogo delle culture e delle religioni: un dialogo di cui abbiamo un così urgente bisogno. Nel mondo occidentale domina largamente l’opinione che soltanto la ragione positivista e le forme di filosofia da essa derivanti siano universali. Ma le culture profondamente religiose del mondo vedono proprio in questa esclusione del divino dall’universalità della ragione un attacco alle loro convinzioni più intime”.

Ma allora questo interpella innanzitutto noi cristiani perché, con verità e coraggio, ci chiediamo che posto occupa Cristo nella nostra esperienza quotidiana, se anche per noi «gli interrogativi propriamente umani, cioè quelli del “da dove” e del “verso dove” non possono trovare posto nello spazio della comune ragione descritta dalla “scienza” intesa in questo modo» oppure se Cristo è la risposta ragionevole, verifi cata nelle vicende più diverse della vita, alle domande di felicità e di compimento del nostro cuore.