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ARTICOLO
Dicembre, 2001
Sulle aree a rischio idraulico la Regione Abruzzo deroga a se stessa.
La Regione Abruzzo, con due diversi atti del Consiglio Regionale,
ha approvato nel 1999 il piano straordinario diretto a rimuovere
le situazioni a rischio idrogeologico elevato, ai sensi dell'art.
I, comma Ibis, del decreto legislativo 11 giugno 1998, n.
180. Tra gli effetti di tale piano straordinario vi era quello
di limitare l'attività edificatoria nelle aree a rischio idraulico.
In particolare nelle "aree a rischio idraulico molto elevato"
(R4) si consentivano soltanto gli interventi idraulici volti
alla messa in sicurezza delle aree a rischio, nonché - a condizione
di non alterare il livello di rischio - quelli di demolizione,
manutenzione e restauro. Nelle aree a rischio idraulico elevato
(R3) erano invece consentiti anche interventi di ristrutturazione
edilizia (sempre a condizione che non si aumentasse il livello
di rischio) e di ampliamento, unicamente per motivate esigenze
igienico-sani-tarie. Analoghe previsioni erano state introdotte
relativamente alle aree a rischio di frana, l.'individuazione
delle aree soggette ai suddetti rischi è stata operata sulla
base di un'indagine svolta per conto della Regione Abruzzo
dall'Università D'Annunzio" di Chieti - Dipartimento
di Scienze della Terra. Successivamente, cambiata nel frattempo
la maggioranza in Consiglio regionale, nel 2001 la Regione
ha stabilito, in modifica del piano straordinario, la limitazione
delle misure di salvaguardia alle sole zone inedificate e/o
a scarsa densità edilizia, escludendo in ogni caso "le zone
già considerate edificate dalla cartografia allegata alla
disciplina di riferimento". I.a gravita di tale restringimento
è stata appena mitigata da una successiva delibera regionale
che l'ha limitata agli interventi per i quali, alla data di
pubblicazione della deliberazione del 1999, risultasse regolarmente
rilasciata la concessione edilizia da parte dell'Amministrazione
comunale, ovvero fosse stato espresso parere favorevole dalla
Commissione edilizia del Comune. (tome ricordato, il piano
straordinario per la rimozione del rischio idrogeologico trova
la sua fonte nel decreto legislativo n. 180/1988. Nella sua
redazione, pertanto, tutte le autorità di bacino, nazionali
o regionali, devono attenersi ai criteri fissati con l'atto
di indirizzo e coordinamento (DPCM 29 settembre 1998), che
impone la perimetrazione su tutto il territorio nazionale
delle aree interessate da condizioni di rischio, specificandone
gli elementi, ed indicando tra le misure da adottare quelle
relative alla definizione delle misure di salvaguardia ai
sensi dell'ari 17, comma 6 bis, della legge n. 18.V1989, le
quali rimangono in vigore fino all'approvazione del piano
di bacino. Ed in effetti la Regione Abruzzo, attraverso le
deliberazioni di approvazione del piano straordinario del
1999, ha applicato correttamente le suddette fonti nonnative,
peri-metrando, come si è visto, le aree a rischio idraulico
e di frana e dettando le misure di salvaguardia con i contenuti
restrittivi sopra ricordati. Rispetto a tale disciplina normativa,
la successiva scelta di prevedere l'inefficacia dei vincoli
operanti in tutte le aree perimetrale nei confronti degli
interventi già autorizzati con concessione edilizia o esaminati
favorevolmente dalla commissione edilizia comunale, appare
del tutto illegittima. R evidente che se il presupposto dell'emanazione
di misure di salvaguardia a contenuto limitativo dell'attività
edificatoria dipende dall'elevato rischio accertato, non
si vede come su ciò possa influire la circostanza che vi siano
interventi già autorizzati o addirittura che siano state
oggetto solo di una prima valutazione istruttoria di carattere
positivo. Oltre alla chiara violazione del dettato normativo,
sono anche evidenti i sintomi della manifesta illogicità
di tali "precisazioni modificative" rispetto alle scelte
complessivamente assunte con il piano straordinario. Va poi
segnalata una totale assenza di istruttoria e di valutazione
(testimoniata anche dalla assoluta laconicità delle premesse
e dell'iter argomentativo della deliberazione impugnata),
soprattutto se si considera che l'atto modificato (il piano
straordinario) è stato assunto sulla base di una complessa
attività di studio e valutazione, con il supporto scientifico
dell'Università aquilana. Inoltre, le due situazioni contemplate
danno luogo a fattispecie diverse: da un lato, si ha la situazione
di chi ha ottenuto la concessione edilizia, dall'altra quella
di chi ha una generica "aspettativa" derivante da un parere
favorevole della commissione edilizia. Mentre nel primo caso,
in effetti, si è in presenza di un diritto ad edificare che
verrebbe inciso dalla misura inibitoria, così non è nel secondo
caso. I.a giurisprudenza ha da tempo chiarito che il parere
della comunicazione favorevole della commissione edilizia,
anche qualora sia comunicato all'interessato, non può mai
essere equiparato al rilascio del provvedimento. E questo
orientamento si è oggi consolidato, visto che la legislazione
nazionale e regionale hanno ridimensionato il ruolo di tale
organo consultivo, al punto che molti comuni ne sono privi.
I.a deroga stabilita dalla Regione è comunque del tutto ingiustificata
in considerazione del carattere provvisorio delle misure di
salvaguardia introdotte con il piano straordinario. Si è
intatti in presenza, non di una disciplina definitiva di inedificabilità,
ma di una temporanea inibizione delle attività edificatorie
(al massimo entro giugno 2002) dettata per superiori ragioni
di incolumità pubblica. Avverso le deroghe introdotte nel
2001 dal Consiglio regionale, il WWF Abruzzo ha provveduto
a presentare ricorso al Tribunale Superiore delle acque pubbliche.
Per
ulteriori informazioni contatti:
Dante Caserta, Presidente WWF Abruzzo, Tel.085/4510236, email:dantecaserta@inwind.it
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