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ARTICOLO
Maggio, 2001
I limiti del turismo invernale.
I cambiamenti previsti per quanto riguarda la neve e il ghiaccio
Oliranno una profonda conseguenza sui fiumi e i torrenti europei.
Più del 95% della massa dei cucciai alpini scomparirà
entro il 2100, con conseguenze sul regime delle acque. Sarà
influenzato l’approvvigionamento estivo delle acque, la navigazione
e la produzione di energia idroelettrica. Inoltre, in alcune
aree, il turismo invernale potrà essere influenzato
negativamente”.
Questa dichiarazione non è tratta da un documento
del WWF, ma dal rapporto “L’impatto regionale dei cambiamenti
climatici: una valu-tazione della vulnerabilità” prodotto
dall’In-tergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), task
force tecnico-scientifica istituita dall’ONU per studiare
i cambiamenti climatici in atto. ‘[Vitto il mondo della ricerca
(compresi gli scienziati un tempo scettici), concorda ormai
sull’esistenza di un riscaldamento del Pianeta causato dall’uomo
e prevede un progressivo aumento della temperatura e
una rarefazione delle precipitazioni nell’area del Mediterraneo.
Proprio in coincidenza con la diffusione di questo rapporto
dell’IPCC, in Abruzzo si è delineata una chiara
scelta programmatica e pia-nificatoria di rilancio del turismo
sciistico: il tutto a scapito della diffusione di forme di
turismo più rispettoso dell’ambiente e della gestione
sostentile del territorio, come sarebbe logico aspettarsi
da quella che si autoproclama la Regione Verde d’Europa. Negli
ultimi anni sono rispuntati progetti devastanti degni di una
mentalità cementificatoria d’altri tempi: l’unica
differenza è che piloni e sbancamenti sono divenuti
immancabilmente e magicamente “eco-compatibili”.
Il WWF ha sempre denunciato e cercato di ostacolare questa
idea di sviluppo montano, figlia di uno sfruttamento intenso
e cieco delle risorse naturali che sta producendo, a diverso
livello, i maggiori danni ambientali a scala planetaria. Al
turismo sulla neve (che dura pochi mesi e va in crisi non
appena viene a mancare la materia prima), si è cercato
di opporre un’alternativa basata su un più solido turismo
incentrato sulla valorizzazione dei centri storici e sull’uso
sostenibile delle risorse naturali (agricoltura, allevamento
tradizionale, gestione naturalistica dei boschi).
In Abruzzo, negli ultimi due anni, svariati enti pubblici
hanno elargito miliardi per l’ammodernamento e l’ampliamento
delle stazioni sciistiche. Il solo parcheggio di Campo Felice
è costato circa 10 miliardi, mentre altri 28 miliardi,
tra fondi del Patto Territoriale e fondi regionali, sono stati
assegnati per gli impianti di innevamento artificiale di sole
quattro stazioni sciistiche dell’Alto Sangro. I nuovi
e devastanti impianti a Scanno finiranno per costare
8 miliardi, mentre la Regione finanzierà l’ammodernamento
degli impianti giàesistenti con
10 miliardi e altrettanti sono stati richiesti per 11 “rilancio”
della piccola stazione di Prati di Tivo. Una strategia di
finanziamenti a pioggia che, anche prescindendo da considerazioni
di ordine ambientale, è perdente dal punto di vista
economico, soprattutto in assenza di valuta-zioni sull’effettiva
riuscita degli investimenti: le logiche clientelati legate
alla difesa del campanile e, soprattutto, dei vari collegi
elettorali, prevalgono sull’interesse collettivo.
Di fronte alle sempre più scarse precipitazioni nevose,
molti imprenditori e amministratori confidano nella “neve
programmata” che è, in realtà, il classico “rimedio
peggiore del male”.
I cannoni sono estremamente energivori e, per questo, aumentano
le emissioni locali di gas serra responsabili, dei mutamenti
climatici a loro volta causa della mancanza di neve. Appare
grave che venga utilizzato denaro pubblico per opere
che contribuiscono ad allontanare il nostro Paese dal
raggiungimento degli obiettivi, già deboli, dell’accordo
di Kyoto. Inoltre i cannoni alterano completamente il normale
regime delle acque poiché’ necessitano di opere di
captazione che, negli ambienti appenninici, sono estremamente
impattanti. Oltretutto l’alta temperatura rende spesso inutile
l’uso dei cannoni dato che per il loro uso è necessaria
una temperatura costantemente inferiore ai zero gradi, evento
sempre più raro sulle montagne abruzzesi.
[.’attività sciistica poi determina gravi danni ambientali,
non solo sui boschi, tagliati per realizzare le piste, ma
anche sulla vegetazione erbacea. Come dimostra una ricerca
condotta presso l’Università di Innsbruck il compattamente
della neve per la preparazione delle piste altera completamente
i processi chimico-fisici che avvengono nella coltre nevosa
e tra questa e il terreno sottostante. Gli scambi gassosi
vengono alterati così come i tempi di permanenza
sul terreno, con gravi ripercussioni sulla vegetazione
erbacea naturale. Questi effetti sono amplificati dall’uso
di neve artificiale, che presenta caratteristiche differenti
rispetto a quella naturale: ad esempio, l’uso di additivi
nell’acqua utilizzata per produrre la neve artificiale
causa gravissimi danni agli apparati radicali delle piante
erbacee determinandone, in molti casi, la morte. In presenza
di vegetazioni erbacee di pregio è discutibile autorizzare
anche la sola battitura di piste.
L’industria della neve ha quindi causato grandi danni all’ambiente
con ritorni economici estremamente limitati, mentre sarebbero
ipo-tizzabili attività turistiche alternative a basso
•impatto ambientale. Non è un caso che alcuni imprenditori
turistici delle Alpi stanno avviando una riconversione delle
attività turistiche, vista anche la crescente
richiesta di turismo di qualità basato sul rispetto
dell’ambiente.
Il WWF ha così avanzato una sua proposta, aperta al
contributo di quanti vogliono confrontarsi su basi scientifiche
e senza preconcetti:
1. bloccare immediatamente ogni ampliamento dei bacini
sciistici;
2. studiare un programma pluriennale a breve-medio termine
(3-8 anni) per avviare una riconversione “morbida” (smantellamento
senza sostituzione degli impianti di risalita a fine ciclo
con ripristino ambientale dei luoghi) delle piccole e
medie stazioni che costituiscono un impatto ambientale
diffuso su territori protetti con valore naturalistico di
livello internazionale dove è possibile avviare forme
alternative di turismo. Tali stazioni sono quelle maggiormente
soggette agli effetti dei cambiamenti climatici e non consentono
l’ammortamento degli investimenti pubblici nel medio
periodo, ne’ determinano un ritorno in posti di lavoro proporzionale
alle ingenti somme investite. A tale obiettivo possono essere
riconvertiti i fondi oggi destinati all’ammodernamento degli
impianti e agli altri interventi straordinari.
3. avviare un serio programma di monitoraggio per verificare
la sostenihilità ambientale delle stazioni maggiori
dove la realizzazione di piste, impianti di risalita e impianti
per l’innevamento artificiale ha comportato un impatto negativo
sull’ambiente. Anche in questo caso eventuali finanziamenti
pubblici dovrebbero essere volti esclusivamente ad una progressiva
riconversione (15-30 anni) di queste stazioni verso forme
di turismo meno impattanti e più sostenibili dal
punto di vista ambientale.
Questo articolo costituisce un estratto
del documento “Cambiamenti climatici e declino del “circo
bianco”-.riconvertire le stazioni sciistiche investendo
sul turismo sostenibile”, realizzato dal WWF Abruzzo nel gennaio
2001 e curato da Augusto De Sanctis.
Per
ulteriori informazioni contatti:
Dante
Caserta, Presidente WWF Abruzzo, Tel.085/4510236, email:dantecaserta@inwind.it
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