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COMUNICATO STAMPA
19 Dicembre, 2002
L’allarme
del WWF: i fiumi abruzzesi sono ormai terra di nessuno ed
è stata devastata perfino la preziosissima Riserva del Bosco
di Don Venanzio
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Il
fiume Sinello dopo la cura
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E’ un panorama a tinte fosche quello che si rileva dall’analisi
dei dati dei sopralluoghi svolti dal WWF Abruzzo nell’ambito
di una studio qualitativo sui fiumi abruzzesi promosso nel biennio
2001-2002 nell’ambito della Campagna nazionale “Liberafiumi”
del WWF Italia. Gli attivisti dell’associazione hanno svolto
sopralluoghi su tratti campione di sette fiumi (Raio, Aterno,
Saline, Tordino, Vomano, Pescara e Sangro). Emerge un quadro
di devastazione ambientale fatto di discariche, captazioni selvagge,
occupazione dei suoli in aree golenali e grandi infrastrutture.
Tra gli esempi più eclatanti quello del Fiume Vomano all’altezza
di Castelnuovo Vomano in cui una gestione degli invasi incompatibile
con l’ambiente ha provocato una sovraescavazione innaturale
a valle dalle proporzioni ciclopiche. In paesi più seri avrebbero
posto la risoluzione di questo problema al primo punto all’ordine
del giorno dell’agenda politica. Il Fiume Pescara è letteralmente
terra di nessuno nel tratto tra Alanno e Spoltore. Qui si assiste
ad un’occupazione scriteriata e selvaggia di aree golenali che
dovrebbero rimanere pertinenza del fiume e che dovrebbero essere
assoggettate a servitù idraulica come avviene nei fiumi del
Nord. Ettari ed ettari sono stati rialzati negli ultimi 5 anni
a causa di discariche di inerti oppure sono utilizzati come
area di deposito di manufatti. In altri casi addirittura sono
utilizzati come aree di contenimento di fanghi. Ovviamente una
piena simile a quella del 1992 provocherebbe ancora più danni
a valle di queste aree. Infinite le macro e micro discariche,
rese accessibili da una rete di strade golenali che andrebbe
chiusa immediatamente. A Città S. Angelo invece in poco più
di un mese hanno intubato un fosso affluente del Saline, lo
hanno coperto per un centinaio di metri con inerti e ora vi
è sorto sopra un capannone industriale. Su tutti i fiumi appare
evidente come alla chiusura delle cave non segua l’intervento
di rinaturalizzazione che sarebbe obbligatorio. Dichiara Claudio
Allegrino, Responsabile del Nucleo di Guardie Volontarie del
WWF Abruzzo, “Invece delle tante parole che abbiamo finora sentito
dagli amministratori sulle tecniche di ingegneria naturalistica
servirebbero azioni concrete. Il progressivo degrado dei nostri
fiumi è un segnale negativo per la salute dell’intero territorio.
Purtroppo è preoccupante anche il dato culturale: contro i vincoli
derivanti dalle perimetrazioni delle aree a rischio per il Decreto
Sarno anche in Abruzzo vi è stata una vera e propria sollevazione
da parte di tante amministrazioni locali miopi che hanno scelto
di stare dalla parte di chi vuole costruire nelle zone a rischio
secondo Piani regolatori sbagliati. Sul Sinello, ad esempio,
in una di queste aree a rischio si vuole costruire una grande
centrale turbogas da 400 Megawatt!”. Tra le tante notizie negative
una pessima è emersa in questi giorni ed è stata oggetto di
un esposto denuncia presentato dall’Associazione. Il tratto
del fiume Sinello, in Comune di Pollutri (Ch) ricadente nel
Bosco di Don Venanzio, unico piccolo lembo di bosco di pianura
ancora integro in Abruzzo (uno dei pochi dell’intero versante
adriatico, con Farnia, Carpino bianco, carici), è stato selvaggiamente
devastato con ruspe che hanno abbattuto centinaia di piante.
Il tutto in un’area così delicata da essere tutelata fin dal
1979 da ben tre provvedimenti legislativi: Biotopo protetto
per la Legge regionale sulla Flora (uno dei due siti protetti
in Regione con questa legge), Sito di Interesse Comunitario
ai sensi della Direttiva Habitat dell’Unione Europea e Riserva
Naturale Regionale dal 1999. Sulla carta si poteva considerare
il luogo più protetto della Regione. Per il prossimo anno, che
è stato dedicato dall’ONU all’acqua, il WWF chiede un cambio
di rotta a 180° che preveda non vuote celebrazioni ma azioni
concrete per la rinaturazione dei fiumi. Tra queste ricordiamo:
l’abbandono di tecniche devastanti di manutenzione idraulica,
l’individuazione o realizzazione ex-novo di aree per permettere
l’espansione del fiume in caso di piene, il blocco dell’occupazione
delle aree golenali, l’allargamento delle fasce di vegetazione
ripariale con la forestazione nelle aree demaniali, la rinaturalizzazione
delle cave, la chiusura delle strade golenali, lo stanziamento
di adeguate risorse per avviare il processo di riqualificazione
delle acque previsto dal decreto 152/99.
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