Aztec: a cinquant’anni da un controverso caso

Introduzione

Il caso del presunto UFO crash di Aztec, New Mexico, ufficialmente verificatosi pochi mesi dopo il ben più noto caso di Roswell, è stato per parecchi anni al centro di polemiche fra i ricercatori, che ne hanno sancito il quasi unanime accantonamento, in quanto ritenuto sostanzialmente una frode: le testimonianze ufficiali parevano quanto meno poco attendibili, i dati disponibili erano ben pochi ed estremamente controversi, e last but not least, sulla fonte principale, il giornalista Frank Scully, che nel libro Behind the Flying Saucers, del’50, aveva per primo resa nota, in termini dettagliatissimi la vicenda, gravava ancora l’alone del discredito nel quale egli era stato suo tempo gettato.

In realtà la storia in questione ben lungi dall’essere un parto della fantasia di Scully, era fondata sulle rivelazioni di un certo Dr "Gee", sigla fittizia, nel libro, di un personaggio esperto di elettromagnetismo, implicato in un segretissimo progetto di ricerca governativo sul principio propulsivo dei dischi volanti: il Dr "Gee" asseriva in sintesi di avere personalmente visto ed ispezionato tre dischi, all’interno dei quali erano stati rinvenuti i cadaveri dei piloti, rispettivamente caduti presso una precisa località del New Mexico e nel deserto dell’Arizona.

                   
La mappa con, indicati dalle frecce,
i luoghi interessati dall'incidente.
Il pianoro roccioso dove l'UFO
sarebbe precipitato.

"Il disco" narrava il libro di Scully "…precipitato nei pressi di un ranch, a dodici miglia da Aztec…misurava trenta metri di diametro, e la cabina di pilotaggio, circa sei. Il centro dell’aeromobile era fisso, ma il suo anello esterno ruotava ad una velocità terrificante, operando come un elicottero a propulsione magnetica: all’interno non erano presenti reattori o motori simili a quelli a noi noti…Da che cosa era alimentato allora? Onde magnetiche provenienti dal sole, spiegarono gli scienziati accorsi sul posto, avviluppano la Terra e la luna con milioni di emissioni… Il segreto per spostarsi da un pianeta all’altro consisterebbe nel passare da un campo positivo ad uno negativo, e ciò è quanto i dischi probabilmente sono in grado di fare.

La struttura dello scafo, che aveva affrontato un viaggio interplanetario, presentava due tipi di metallo completamente sconosciuti sulla Terra…Prima di entrare nella cabina di pilotaggio, gli scienziati ‘bombardarono’ il disco di emissioni geiger…Dentro si trovavano i corpi di sedici uomini; erano intatti, ma la loro pelle si presentava annerita…si trattava di uomini di piccole dimensioni…non erano però pigmei africani. Qualcosa della loro pelle e delle loro ossa li distingueva nettamente dagli umani…i loro vestiti, a dispetto di una tecnologia straordinariamente evoluta, apparivano antiquati nello stile, che ricordava quello da noi in voga intorno al 1890; ma il tessuto era dato da un materiale a noi sconosciuto…Pare che gli occupanti del disco abbiano familiarità con quello strumento che noi chiamiamo radio, pur essendo completamente diversa da come noi la intendiamo: quello che è stato trovato è una scatola delle dimensioni di un pacchetto di sigarette: è priva di cavi e valvole ed emette un suono simile al nostro sonar. Probabilmente è anch’esso un congegno che opera magneticamente… Vi era a bordo anche una specie di libro, dalle pagine indistruttibili, e scritto con caratteri sconosciuti…

Decenni più tardi, Behind the Flying Saucers, si sarebbe rivelato un testo pionieristico: il primo in assoluto ad affrontare il tema degli UFO crashes con tutte le sue implicazioni: dal recupero ed occultamento dei velivoli alieni in segretissime basi militari a quello dei loro occupanti, i Little Green Men, poi eletti nell’immaginario collettivo ad emblema della tipologia degli extraterrestri.

Le figure reali sulle quali poggiava la vicenda del libro di Scully erano due: tale Silas Mason Newton, suo vecchio amico, un uomo d’affari impegnato nell’industria petrolifera, dal quale aveva appreso che un team di scienziati era intervenuto per conto del dipartimento della difesa, in un’operazione top secret, su di un UFO caduto nei pressi di Aztec, e tale Leo GeBauer uno studioso specializzato in magnetismo, che risultò conoscere uno di quei ricercatori, per l’occasione ingaggiati al fine di carpire i segreti tecnici dei dischi volanti.

Newton conosceva anche un’altra figura del mondo della stampa, Dorothy Kilgallen, collaboratrice freelance del gruppo editoriale Hearst, che appunto volle rendere edotta delle sensazionali informazioni in proprio possesso. Le ricerche della Kilgallen, sulla base delle indicazioni ricevute da Newton, portarono all’identificazione del generale Marshall, come principale coordinatore delle operazioni di recupero dei dischi, trovando poco dopo significativa conferma nelle dichiarazioni che essa raccolse da parte del comandante in capo della RAF, il maggiore Lord Dowding, secondo le quali Marshall era effettivamente il responsabile di tali interventi, compreso quello verificatosi nello stesso anno nel Messico settentrionale, ed ufficialmente giustificato con l’intento di recuperare un "missile uscito di rotta", peraltro secondo una gittata di gran lunga superiore a quella propria dei vettori dell’epoca.

Newton in un secondo tempo ribadì dettagliatamente il contenuto di quanto egli era a conoscenza, nel corso di una conferenza tenuta presso l’università di Denver, l’8 marzo del 1950, a seguito della quale, come riferì molti anni più tardi ad un ristretto gruppo di amici, si sarebbe trovato esposto per lungo tempo a pressioni e persecuzioni d’ogni sorta, volte a fargli confessare il vero nome di Dr "Gee". La macchina del cover up si mise subito in moto: "Si" Newton e GeBauer vennero presentati all’opinione pubblica come dei mentitori e frodatori; analoga sorte toccò a Frank Scully e di Aztec per lungo tempo non parlò più nessuno.

Recupero dall’oblio

A riconsiderare il ‘Caso di Aztec’ fu Leonard Stringfield, che dopo anni di pazienti ricerche giunse in possesso di due elementi acquisiti da fonti direttamente coinvolte: l’informazione ricevuta nel 1980, da un ex ufficiale dell’Intelligence, relativa ad un rapporto da questi visionato, nel quale si parlava esplicitamente di un UFO precipitato presso White Sands, nel ’48; il nome di un importante ufficiale dell’aviazione, comunicatogli dal ricercatore Spencer Carr, nel 1982, che presenziò all’operazione di recupero del disco di Aztec.

All’inizio degli anni ottanta, un altro ricercatore, William Steinman, sull’onda dell’interesse sorto nella comunità ufologica nei confronti del tema degli UFO precipitati, decise di riconsiderare la vicenda denunciata da Scully e sulla base di un paziente lavoro di verifica delle fonti, culminato nell’identificazione dei personaggi chiave del caso e del luogo del presunto crash, scrisse un voluminoso libro, UFO Crash at Aztec: a well kept secret, che a tutt’oggi resta l’unico contributo sull’argomento.

E’ bene ricordare che il silenzio calato sul Caso di Aztec, alla stessa stregua di tante altre dark stories americane, da Roswell a Dallas, è stato contraddistinto non solo dal discredito delle fonti e da intimidazioni nei confronti dei ricercatori –Stringfield riferì di avere ricevuto due minacce di morte- ma anche da dei ben poco chiari decessi di alcuni testimoni chiave, come il noto fotografo Von Poppen. Una morte prematura e strana, fu anche quella che toccò alla stessa Killgallen, poco dopo che essa era giunta ad individuare nel Dipartimento di Stato la vera regia che reggeva il progetto sugli UFO recuperati, alla quale sottostavano, secondo una rigida compartimentazione di compiti, l’intelligence, i militari, i consulenti civili e gli scienziati: dopo la sua scomparsa, dei files da lei redatti su questo argomento si perse ogni traccia!

 

La ricostruzione di Steinman

Seguendo uno sviluppo a ritroso della propria trattazione William Steinman presenta nel primo capitolo di UFO Crash at Aztec, come introduzione al caso, la ricostruzione dettagliata delle fasi dell’operazione di recupero del disco, indicando gradualmente in seguito i vari punti d’appoggio ed i riscontri ufficiali a favore delle sue tesi. In particolare egli menziona una speciale unità dell’intelligence che, agli ordini del generale Marshal, sarebbe intervenuta sul luogo del crash, verificatosi il 25 marzo del 1948, l’ Interplanetary Phenomenon Unit e sotto la cui egida si sarebbe svolta, nella massima segretezza, l’intera operazione di recupero: si trattava di un gruppo originariamente costituito in estremo oriente, nel 1945, dal generale Mac Arthur, all’epoca governatore del Giappone, e quindi subordinato di Marshal, segretario di Stato, a seguito di un incontro ravvicinato con un UFO ch’egli ebbe presso la base di Clark, nelle Filippine.

All’IPU sarebbe stato per l’occasione affiancato un team di scienziati, presieduto da Vannevar Bush, direttore del Research and Development Board, e composto fra gli altri da John Neumann, fisico matematico; Robert Oppenheimer, fisico; Detlev Bronk, fisiologo; Lloyd Berkner, geofisico ed ingegnere; August Heiland, geofisico; Horace Buele, chimico; Jerome Hunsaker, docente del MIT. Alcuni di questi nomi ricorrono anche nella lista dei presunti appartenenti al Majestic-12. Il disco smantellato e caricato su un convoglio opportunamente camuffato, fu provvisoriamente alloggiato presso la base di Los Alamos; mentre i corpi degli occupanti vennero posti in speciali capsule criogeniche, al fine di preservarne i tessuti.

 

Alle origini della saga: il Dr "Gee"

Del sopracitato team di scienziati, Steinman indica nel dottor Carl Heiland, un’autorità nel campo degli studi sulla geofisica e sul magnetismo, la fonte che confidò a GeBauer i dettagli dell’operazione di recupero del disco di Aztec. I due infatti si conoscevano dagli anni trenta, avendo lavorato nell’ambito di comuni progetti di ricerca sul magnetismo terrestre, dai quali acquisirono una notorietà che anni più tardi valse loro l’ingaggio nel segretissimo programma militare noto come Magnetic Aerial Detection, volto al rilevamento dei sommergibili nemici, e il cui coronamento restituì agli alleati il controllo dei mari nel corso della seconda guerra mondiale. L’applicazione in ambito civile di questa tecnologia radioestesica si rivelò particolarmente proficua nel campo della prospezione petrolifera; di qui l’incontro fra GeBauer e l’imprenditore "Si" Newton.

Nell’estate del ’49 GeBauer, nel corso di una discussione con Heiland, sollevò il tema dei dischi volanti, e avendo in più occasioni sentito parlare degli effetti elettromagnetici da questi ultimi indotti sulle automobili, prospettò al collega l’idea che questi velivoli derivassero la propria energia propulsiva dai tanti campi magnetici esistenti nell’universo. La teoria trovò il pieno consenso di Heiland, il quale non solo asserì che tali ordigni realmente esistevano, ma, dimenticando il giuramento "over top secret" cui egli era assoggettato, aggiunse di avere partecipato, per conto del governo, al recupero di uno di essi, precipitato presso Aztec, nel New Mexico nella primavera del ’48, e al cui interno erano stati rinvenuti dei corpi

Facendo passare il collega per un componente del progetto di ricerca, Heiland riuscì a procurare a questi il nulla osta per l’accesso al sito nel quale i dischi erano "stoccati", ove assieme esaminarono alcuni reperti, fra i quali un congegno grande quanto un pacchetto di sigarette, che pensarono fosse una radio. Fu così che, elettrizzato per quanto aveva visto con i propri occhi, GeBauer non poté trattenersi dal narrare il tutto a "Si" Newton...

  
La piana di White Sands che, secondo un
informatore di Leo Stringfield, fu teatro,
all'inizio del 1948 di un UFO crash.
Nel documento classificato del Dipartimento
dell'Esercito, il futuro Pentagono, del febbraio 1949,
si evince la presenza di fenomeni aerei sconosciuti in tutta
l'area del New Mexico
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Di lì a qualche mese un’altra analoga storia andava propagandosi per l’intera nazione, da costa a costa, ripresa da oltre cento quotidiani, e della quale volevano impossessarsi persino riviste di notevole calibro come Time e Life: un certo Kohler, manager di una stazione radio di Denver, a sua volta amico di Newton, aveva dichiarato alla stampa ed attraverso i propri microfoni, di avere visto presso un’installazione radar segreta, sita ai confini fra New Mexico ed Arizona, due dischi volanti precipitati, uno notevolmente danneggiato, ed un altro intatto, al cui interno erano stati rinvenuti i corpi degli occupanti, due per disco: si trattava di piccoli esseri di circa tre piedi di statura, dall’aspetto molto simile all’Uomo ed apparentemente indossanti abiti tipo fine ‘800; l’equipaggio del disco danneggiato, contrariamente a quello del secondo oggetto, era quasi carbonizzato, ed irriconoscibile, probabilmente a causa di un improvviso aumento della temperatura interna. Kohler asseriva che si presumeva trattarsi di velivoli provenienti dal pianeta Venere, alimentati da energia elettromagnetica, in quanto nessun apparato motore era stato rinvenuto all’interno, e precipitati in prossimità di installazioni radar, a seguito di interferenze indotte da tali strumenti sul loro sistema di bordo.

Era infine sua ferma convinzione che queste notizie venissero fatte intenzionalmente filtrare all'esterno dagli apparati governativi e dai militari, al fine abituare gradualmente la popolazione all’idea dei visitatori extraplanetari, evitando in tal modo quelle reazioni di panico e di isteria di massa prodotte da un eventuale improvviso annuncio, sperimentate dall’America esattamente un decennio prima.

Profondamente interessato dall’argomento, di cui ovunque si stava facendo un gran parlare, Frank Scully, appresa dall’amico Newton la vicenda dell’UFO di Aztec, volle incontrare lo studioso GeBauer, il quale gli riferì nei dettagli dell’operazione di recupero descrittagli da Heiland e degli scienziati in coinvolti: Vannevar Bush, Lloyd Berkner, Detlev Bronk etc…, che lo scrittore raggruppò nel libro sotto l’unico pseudonimo di Dr "Gee", il nomignolo affibbiato dal figlio di Newton a GeBauer.

In Behind the Flying Saucers, di cui iniziò la stesura nel maggio del ’50, egli avrebbe quindi parlato del recupero di tre dischi, concentrandosi in particolare sull’evento di Aztec, sul cui conto disponeva di accurate informazioni, ed in secondo luogo sul rinvenimento degli altri due dischi, descritti da Kohler.

 

Prime vicissitudini, "harassment", discredito

La fonte che aveva rivelato a Kohler la storia, che questi ora stava diffondendo, era stato lo stesso Newton, personaggio d’indole oltremodo loquace, sotto la cui pressione GeBauer, previa ovviamente intesa con Heiland, gli aveva concesso di constatare con i propri occhi l’evidenza dei dischi precipitati, e addirittura di prelevare campioni di metallo dello scafo, che egli successivamente fece sottoporre ad analisi da parte di un laboratorio della Ford.

Ovviamente nel frattempo questa pubblica gazzarra su questioni top secret, era giunta all’orecchio dell’AOSI, il servizio di controspionaggio, e dell’FBI, che in breve cominciarono ad "interessarsi" dell’animatore radiofonico. La misura si colmò del tutto in occasione della conferenza che "Si" Newton tenne all’università di Denver per conto di Kohler, nel maggio del ’50, lo stesso ateneo nel quale insegnava un "certo" Donald Menzel, debunker di professione, successivamente emerso nella lista dell’MJ-12: davanti ad un folto uditorio di studenti, Newton riferì nei minimi dettagli delle tre astronavi e degli occupanti rinvenuti al loro interno, asserendo che queste erano al momento oggetto di studi da parte di un gruppo di scienziati con i quali egli cooperava nel quadro di un programma di ricerche geofisiche. Fu il pandemonio. Il giorno dopo l’FBI si precipitò alla stazione radio di Kohler, chiedendo le bobine con le quali egli aveva registrato la conferenza, e ricevendo quasi in beffa dei comuni nastri cancellati. Ora nel mirino dei servizi segreti era entrato l’intero trio Kohler/Newton/GeBauer. Nel frattempo il libro di Scully era uscito, con l’effetto della dinamite, incontrando un notevole successo di pubblico.




















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Leo Stringfield,il primo
ricercatore a riaprire il
caso Aztec, dopo decenni
di oblio, grazie a nuove
testimonianze da lui
personalmente raccolte.

Il documento del Dipartimento della Difesa, del maggio 1984,
che in risposta alla richiesta di William Steinman, confermava
l'esistenza dell'IPU, l'Interplanetary Phenomenon Unit.

 

 

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I personaggi che, nel corso degli anni, hanno avuto un coinvolgimento, diretto o indiretto,
nell'incidente di Aztec.

Determinati a tamponare la pericolosa falla, servizi segreti ed FBI, longa manus dell’MJ-12 passarono ai fatti, e Kohler cominciò ad essere bersaglio di un’azione di continuo tormento, ed intimidazioni –comprese minacce di morte: inutile dire che in breve egli finì col negare ogni cosa che sino a quel momento aveva sostenuto, e così avrebbe fatto per il resto della sua vita. I frammenti di metallo, che Kohler aveva fatto analizzare vennero dichiarati essere "semplice alluminio", la sua storia venne ufficialmente derisa e di riflesso l’intera questione sollevata nel libro Behind the Flying Saucers fu in seguito screditata.

Sul piano ufficiale, l’attacco mosse dalle colonne di True, il cui direttore, Ken Purdy, a suo tempo infuriatosi perché Sculley aveva optato per la pubblicazione del proprio racconto in un libro, in luogo di farne una serie di inserti per le pagine della celebre rivista, fu ben lieto di intraprendere un compito evidentemente commissionatogli da "terzi": in lungo articolo comparso nel settembre del’52, le figure di Silas Newton e Leo GeBauer, quest’ultimo presentato come il "vero Dr Gee"- venivano poste in una luce equivoca ed infamante, ed indicate come le uniche fonti di Behind the Flying Saucers. Determinato a condurre sino in fondo la propria azione demistificante, il direttore di True arrivò persino ad offrire a Sculley la somma di 25000 dollari perché riconoscesse ufficialmente di essere stato ingannato dai due.

 

Un processo kafkiano

Qualcuno doveva averlo calunniato, perché, senza che
avesse fatto nulla di male, una mattina Josef K. fu
arrestato ...

Franz Kafka, Il Processo

 

La campagna contro il trio Newton/GeBauer/Sculley era così cominciata. Reagendo secondo il proprio schema "classico" la "Ragione di Stato" esigeva che venisse ufficialmente riparato il torto pubblicamente arrecatole: mentre gli oltre tre milioni di lettori di True, significativo campione di opinione pubblica, venivano "opportunamente indottrinati", la macchina della giustizia scaldava i propri motori, certa che l’evocazione dei rei e del reato nell’immaginario collettivo, avrebbe di lì a poco prodotto l’inevitabile vittima. Fu così che la persona ufficialmente identificata nel Dr "Gee" si trovò a vestire i panni del Josef K. del Processo di Kafka, secondo una dinamica grottesca non molto dissimile da quella descritta nel celeberrimo dramma. Il "calunniatore" del caso, tale H. Flader, denunciò alla rivista di essere stato truffato, nel ’49, da GeBauer e Newton per la cifra di 250000 dollari –curiosamente dieci volte quanto Purdy aveva offerto a Sculley…- a sua detta investiti, senza trarre profitto alcuno, in fittizi giacimenti petroliferi, ed in un dispositivo elettronico ufficialmente in grado di rilevare la presenza di petrolio in volume e profondità. Fu lo stesso autore del denigratorio articolo di True, ad esortare il Flader a sporgere un’azione giudiziaria, cosa che egli subito fece: con incredibile tempismo, la notte successiva alla notifica dell’atto, agenti dell’FBI arrestarono simultaneamente GeBauer a Phoenix e Newton a Hollywood.

Nel novembre del ‘53 i due comparvero davanti al giudice per rispondere dell’accusa di frode. Il fattore attorno al quale gravitò la vicenda processuale, fu dato dalla presunta inaffidabilità del "doodlebug", il rabdomante elettromagnetico elaborato da GeBauer, sulla scorta del progetto M.A.D., di cui però l’accusa produsse non l’originale, ma per sua stessa ammissione "un modello ad esso simile", ossia arbitrariamente ad esso paragonato, che era stato acquistato presso un emporio militare per soli quattro dollari, e sulla cui base venne screditato il congegno del presunto Dr "Gee", definito di "provata inefficacia" per l’individuazione di sommergibili, durante la guerra, e "quindi" del tutto inutile ai fini del rilevamento di giacimenti di petrolio o di gas.

La difesa, dal canto suo, pur non potendo per ovvie ragioni, citare il Dr Carl Heiland, collega ed amico di GeBauer, riuscì a produrre diverse testimonianze a proprio favore, ma tutto fu inutile in quanto la sentenza finale era stata evidentemente già scritta prima del processo in questione, il cui unico scopo era quello di mettere definitivamente fuori gioco, persone che avevano sollevato ufficialmente un tema molto più grande di loro. Riconosciuti colpevoli di truffa aggravata, Newton e GeBauer furono condannati in primo grado a trent’anni di reclusione: i giornali pubblicarono la notizia a caratteri cubitali, con un enfasi solitamente riservata a calamità naturali o a stati d’emergenza di portata nazionale. (NdR: cfr articoli pag 176-77)

Il colpo di grazia definitivo al libro di Sculley ed all’intera vicenda, venne assestato da un articolo comparso nel ’55 su True, "casualmente" a firma dello stesso autore che aveva pochi anni prima avviato la campagna di discredito, e il cui titolo era molto significativo: The Flying Saucers Swindlers. Era la pietra tombale sul caso.

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L'identikit di una delle creature probabilmente recuperate ad Aztec, New Mexico.
Si tratterebbe di esseri di aspetto umanoide, bassi e macrocefali che, assai stranamente,
al momento del recupero vestivano abiti di foggia ottocentesca.

 

Dietro le quinte

Documenti oggi declassificati descrivono tuttavia in termini eloquenti le preoccupazioni circolanti fra i militari in quegli anni, in contrasto con la linea di diniego da questi ufficialmente perseguita, e con il clima di "restaurazione" affermatosi nel dopo Aztec.

In un telex del 31 gennaio 1949, inviato dalla base aerea di Kirtland, New Mexico, al capo di Stato Maggiore dell’USAF si parla di un UFO, avvistato il giorno prima su El Paso, Alburquerque, Alamogordo, Roswell e Socorro -località che oggi parlano da sé- e probabilmente precipitato: "I comandi locali sono molto preoccupati per le implicazioni del fenomeno…Pare trattarsi del medesimo oggetto segnalato su diversi punti della propria traiettoria…Salvo contraria disposizione, il nostro Ufficio si adopererà subito per individuarne la possibile zona di impatto Si richiede risposta" Mentre in un altro documento dell’FBI Ufficio Memorandum, datato marzo 1950, si parla esplicitamente di "tre dischi volanti recuperati nel New Mexico…all’interno di ognuno dei quali sono stati rinvenuti i corpi di tre esseri dall’aspetto umano, alti solo tre piedi e vestiti di un’uniforme metallica dalla elaboratissima trama" Si aggiunge inoltre "Secondo Mr S(censurato) nostro informatore, la caduta dei dischi nel territorio del New Mexico è da ricondursi alla presenza in loco di potenti installazioni radar nell’area, le cui emissioni radio possono avere interferito con il meccanismo di controllo di quegli oggetti"

Altri documenti riservati infine confermano l’esistenza di un progetto top secret di ricerca sugli UFO precipitati, denominato Flying Saucers Program, e riferiscono di"dischi volanti, con corpi di occupanti rinvenuti al loro interno, inviati alla base area di Wright Patterson, ed ivi smantellati" ingiungendo inoltre perentoriamente di individuare i responsabili della fuga di notizie sul programma in questione.

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La ricerca di William Steinman sul luogo
dell'incidente gli ha consentito di reperire
alcuni freammenti metallici, non associabili
al crash, oltre a resoconti di testimoni oculari
che hanno confermato la caduta, negli anni
Quaranta, di un oggetto infuocato.

 

Un disegno di Chan Johnson, rappresentante
un possibile scenario dell'incidente.
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Il crash site

Sulla scorta delle indicazioni fornite dal libro di Sculley, Steinman riuscì ad individuare la zona del presunto crash, che di persona visitò: un desertico altipiano roccioso posto a ridosso dell’Hart Canyon, dodici miglia ad est di Aztec. L’area in questione, intestata sino al ’48 a tale Harold Dunning, proprietario di un ranch, unica presenza umana nella regione, risultava essere stata in quell’anno confiscata dal governo americano; lungo il suo perimetro essa evidenziava vecchie tracce di recinzione, e all’interno, sparse su una superficie di cinquanta metri per venti, rocce carbonizzate e frantumate, e vecchi tronchi di cedro sui quali doveva essersi abbattuto qualcosa di molto pesante.

I tentativi di ottenere informazioni dall’ex ranchman, ormai ottantenne, o dai famigliari di questi, si rivelarono purtroppo vani, scontrandosi in un diniego che era malcelata espressione del ricordo di pesanti condizionamenti psicologici all’epoca subiti dai militari, dati dall’imposizione, per "dovere patriottico" di uno stato di isolamento quarantena, esteso persino al bestiame ed alle riserve di acqua, e protrattosi per l’intera presunta durata delle operazioni. Analogo atteggiamento di reticenza, ispirato dal timore di ritorsioni di sorta emerse dal contatto di altre presunte fonti indirette del caso. Tuttavia un testimone del posto accettò di parlare, narrando di avere visto, fra il ’48 ed il ’50, un grande oggetto discoidale, provvisto di una cupola, transitare sull’area, preceduto da un forte rombo; il disco, che volava a bassa quota, vibrando vistosamente, evidentemente in avaria, avrebbe dapprima urtato la guglia di un monte, provocando una pioggia di detriti, per poi dirigersi a nord, verso l’Hart Canyon. I conti tornavano…

 

Morti sospette

Viveva ad Hollywood, nella stessa città di Scully, un’altra figura centrale della saga del disco di Aztec, Nicholas Von Poppen, ex rifugiato estone, un fotografo professionista, noto per avere sviluppato nuove tecniche di macrofotografia su minerali e metalli, combinando i principi della fotocamera e del microscopio. Nel novembre del ’49, egli confidò ad un proprio amico, tale George Tyler, di avere eseguito, su incarico dell’Intelligence, un servizio fotografico su materiale "altamente classificato" stoccato presso un’installazione della base di Los Alamos: si trattava di un enorme disco volante del quale egli aveva effettuato oltre duecento istantanee da ogni possibile angolazione.

Anni dopo, nel marzo del ’54, Tyler trascrisse le dichiarazioni di Von Poppen, in un resoconto dal titolo, Il Disco Volante di Los Alamos ed il governo USA:

"La scorsa settimana (del novembre ’49, NdR) due uomini dei servizi segreti si presentarono a casa mia, invitandomi a seguirli avendo un importante compito da affidarmi. In aereo giungemmo alla vasta base di Los Alamos, ove un responsabile mi condusse presso un sito, all’interno del quale ebbi la sorpresa di vedere un disco volante…Tutt’intorno, tecnici e scienziati d’ogni tipo: il meglio che il governo potesse ingaggiare. Dire che ero stupefatto, è veramente poco…Mi furono messe a disposizione le attrezzature fotografiche più sofisticate ed avanzate…Lavorai per due giorni, effettuando istantanee a distanza e ravvicinate…I miei ‘committenti’ erano particolarmente interessati alla microstruttura del misterioso metallo, di cui pare vi fossero più tipi. Si trattava apparentemente di un materiale simile al nostro acciaio, ma in realtà completamente diverso da esso, essendo in parte addirittura trasparente…La porta di accesso, una volta chiusa non lasciava alcuna traccia della sua presenza…L’interno del disco era dato da una sala circolare del diametro di sei metri…Legati a dei piccoli sedili, vidi i corpi degli occupanti… Erano piccoli uomini, dalla pelle molto pallida, quasi provenissero da un mondo freddo e con poco ossigeno…le loro facce erano quelle di tipici intellettuali, dai tratti alquanto fini. Non avevo mai visto alcunché di simile in vita mia. Il braccio destro del presunto comandante era disteso su quello che pareva essere il libro di bordo, le cui pagine evidenziavano caratteri geroglifici sconosciuti, ed erano di un materiale indistruttibile…Sul pavimento, quindici piccoli congegni perfettamente fusi con esso, apparentemente simili a macchine da scrivere…possibili parti del motore spaziale…che non mi fu consentito di fotografare..

Von Poppen non avrebbe potuto estrapolare questi dati dal libro di Scully, in quanto nel ’49 Behind the Flying Saucers non era stato ancora pubblicato!

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Nicholas Von Poppen, fotografo professionista, aveva sviluppato tecniche di
macrofotografia per metalli. Nel 1949 confidò a George Tyler di aver immortalato
un oggetto discoidale presso la base di Los Alamos.

Tyler rese edotto dell’incredibile storia un proprio amico, William Conway, un prelato della Chiesa Apostolica Ricostituita, il quale a sua volta ne informò tale Gray Barker, un discusso ufologo. Intenzionati ad investigare il caso, i due si misero subito in contatto con Von Poppen, cercando di strappargli una conferma scritta su quanto egli aveva dichiarato, ma quest’ultimo reagì con veemente reticenza.

Pochi mesi più tardi, nell’ottobre del ‘54, Tyler ebbe un misterioso "incidente" a casa propria: fu trovato esanime sul pavimento; l’appartamento appariva in stato di estremo disordine. Ricoverato al Los Angeles County Hospital, morì qualche giorno dopo senza riprendere coscienza. Il giorno successivo, un uomo vestito in abito blu scuro, dall’accento orientale, ma dai tratti europei, si presentò sulla soglia di casa di Tyler, chiavi in mano, dicendo alla padrona di casa di essere venuto per prendere degli effetti personali del defunto, su richiesta di presunti "parenti" di quest’ultimo. Quando la signora ritornò, l’appartamento era letteralmente a soqquadro; da esso, come verificò il suo stretto amico ed esecutore testamentario, Conway, mancavano proprio quegli appunti e scritti che Tyler aveva redatto sul tema dischi volanti.

Un "incidente" stranamente analogo fu quello che capitò a Von Poppen ventidue anni dopo, nel febbraio del ‘76: anch’egli fu trovato esanime sul pavimento, dalla propria padrona di casa; e anche in quel caso l’appartamento appariva in totale disordine. L’anziano ex fotografo aveva il femore fratturato a seguito di una caduta…Fu anch’egli ricoverato in ospedale. Qualche giorno dopo, durante la sua convalescenza, tre misteriosi personaggi comparvero davanti all’abitazione di Von Poppen, presentandosi alla proprietaria rispettivamente come la figlia, la cugina ed il genero di questi, e chiedendo di accedere nell’abitazione del "congiunto". Quando gli sconosciuti se ne andarono, la signora constatò che ogni cosa nell’appartamento era stata messa sotto sopra: pur non essendo stati sottratti dei valori o effetti personali, mancavano all’appello due grandi buste. Di più: Von Poppen risultò non avere alcun parente negli Stati Uniti, e soprattutto non aveva mai avuto una cugina! Esattamente come Tyler, anch’egli morì in capo a pochi giorni, durante il ricovero, senza che fosse stato possibile rianimarlo. Il verbale medico parlò testualmente di "perdurante stato confusionale, come se indotto da droghe"

Analogie troppo marcate quelle dei due casi, per potere essere liquidate come coincidenze.

A sua volta anche Gray Barker, che pur avendo fallito nell’intento di estorcere ammissioni al noto fotografo, per costruire il caso dei casi della storia ufologica, ne aveva fatto comunque pubblicare nel ’60 la storia, sulla rivista Flying Saucers, di Ray Palmer, morì in circostanze poco chiare, nell’84: ufficialmente si parlò di decesso causato da "intossicazione al fegato"; di fatto la sua famiglia fu impossibilitata a conoscerne i dettagli.

Altre morti sospette collegate al caso Aztec, furono quella già menzionata della giornalista Killgallen, seguita dalla scomparsa del materiale che ella aveva accumulato sulla regia governativa delle crash and retrieval operations , e quella –altrettanto prematura- di uno degli attori principali di questo progetto, Carl Heiland: il vero Dr "Gee", occorsa nel ’56 in circostanze che neppure Steinman riuscì ad appurare.

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Nelle nostre elaborazioni 3D, realizzate da Alberto Forgione, la ricostruzione
dell'UFO, ottenuta in base alle testimonianze.

 

La "Canadian Connection": "Scully aveva ragione!"

Uno dei più importanti tasselli del mosaico del crash di Aztec venne alla luce in Canada alla fine degli anni settanta, e fu rappresentato da un documento governativo del novembre ’50, di cui entrò in possesso il ricercatore Arthur Bray : il documento recava la firma di Wilbert Smith, un noto ingegnere elettronico, responsabile del settore telecomunicazioni nel Ministero Canadese dei Trasporti, era intitolato Geo-Magnetics; il suo livello di classificazione originario era "top secret", retrocesso vent’anni dopo, nel ’69, a "riservato" con la specifica clausola che il suo contenuto non avrebbe mai dovuto essere reso di pubblico dominio! Scopo manifesto del documento era quello di avviare uno studio, sponsorizzato dal governo, sul principio propulsivo degli UFOs.

I passaggi centrali dello scritto erano i seguenti:

"Mentre mi trovavo a Washington, in occasione della conferenza NARB, vennero pubblicati due libri Behind the Flying Saucers, di Frank Scully e The Flying Saucers Are Real, di Donald Keyhoe… Scully afferma che, sulla base degli studi sinora condotti su uno dei dischi caduti nelle mani del governo americano, pare trattarsi di velivoli propulsi magneticamente, secondo qualche misterioso principio. Dopo avere effettuato prudenti indagini presso l’ambasciata canadese a Washington, ho appurato quanto segue:

a-La materia in questione rappresenta il tema coperto dal più elevato indice di classificazione negli USA, addirittura superiore a quello della bomba H

b-I dischi volanti esistono

c-Il loro ‘modus operandi’ è sconosciuto; tuttavia concreti tentativi volti a comprenderlo, sono al momento portati avanti da un piccolo gruppo di ricercatori, guidato dal Dr Vannevar Bush

d- L’intera questione è considerata dalle autorità statunitensi di enorme significato

Bray volle conoscere quali fossero effettivamente le fonti delle "prudenti indagini" condotte a suo tempo da Smith, e accedendo all’archivio personale di questi, si imbatté in un suo manoscritto, relativo ad un suo incontro intervista che aveva avuto luogo nel settembre 1950, presso l’ambasciata canadese, tramite l’attachè C: Brenner, con il Dr Robert Sarbacher, consulente per il governo USA del Research and Development Board.

Questi i brani più significativi dello scritto:

SMITH: Ho letto il libro di Scully…e vorrei sapere quanto di esso risponde a verità

SARBACHER: I fatti ivi riportati sono sostanzialmente corretti

SMITH: Esistono allora i dischi volanti?

SARBACHER: Certo. Esistono.

SMITH: Operano, come afferma Scully, sulla base di principi magnetici?

SARBACHER: Non siamo stati in grado di riprodurre le loro proprietà

SMITH: Quindi si tratta di velivoli provenienti da altri pianeti

SARBACHER: Tutto quello che sappiamo è che essi non sono originari del nostro mondo

SMITH: Capisco, l’intero argomento è classificato

SARBACHER: Si, è un argomento classificato due livelli oltre la bomba H. Allo stato attuale, esso, negli USA, rappresenta il tema coperto dal più elevato livello di top secret

SMITH: Posso chiederne il motivo?

SARBACHER: Può, ma di certo non glielo dirò.

Sulla base di questo straordinario documento, Steinman, decise nell’83 di mettersi alla ricerca di Sarbacher. Rintracciatolo presso il Washington Institute of Technology, gli inviò una lettera con una serie di quesiti, cui qualche mese più tardi lo studioso rispose.

STEINMAN: Può parlarmi della sua personale esperienza relativamente alle operazioni di recupero dei dischi volanti: descrizione dell’oggetto e degli occupanti; luoghi e date degli eventi.

SARBACHER: Non ho mai avuto alcun ruolo diretto con le operazioni in oggetto

STEINMAN:Le chiedo di indicarmi quali delle seguenti persone possano essere state coinvolte nelle operazioni di recupero: Thomas Townsend Brown; Dr Weisberg; Dr RobertKent;Dr Hellmut Schmidt; Dr John Neuman; Dr Werner von Braun; Dr Francis Bitter; Dr Leo GeBauer; Dr Robert Oppenheimer;Dr Eric Wang; Dr Vannevar Bush

SARBACHER: A questo riguardo posso solo dirle: John Neuman fu al cento per cento coinvolto; così pure Vannevar Bush e, penso, Robert Oppenheimer…All’epoca, sebbene in più occasioni invitato a partecipare a discussioni sulle risultanze dei ‘recuperi’non ebbi mai modo di parteciparvi. Sono certo che possano essersi rivolti anche a Von Braun…

STEINMAN: Dispone di copie di documenti governativi sul caso di Aztec?

SARBACHER: Ricevetti qualche documento in proposito all’epoca in cui lavoravo presso il Pentagono. Ma ovviamente quei testi non potevano uscire da quella sede…

STEINMAN: Ha mai visionato copie delle foto dei dischi precipitati e degli occupanti?

SARBACHER: No, mai.

STEINMAN: Ha mai visionato, oppure dispone, di copie di rapporti ufficiali su dischi precipitati e occupanti?

SARBACHER: Posso solo rinviarla alla risposta che detti nel corso dell’intervista all’ambasciata canadese…Naturalmente all’epoca ero molto più coinvolto sul tema …Ricordo di alcuni rapporti sul materiale dei dischi, risultato estremamente leggero e resistente. Sono certo che i nostri laboratori lo analizzarono con grande interesse Esso era infatti in grado di sopportare le tremende accelerazioni e decelerazioni improvvise di quelle macchine. Ricordo infine distintamente che parlando con alcuni di quei tecnici che eseguivano i test, ebbi l’impressione che questi ‘alieni’ fossero ‘costruiti’ allo stesso modo di certi insetti…sui quali per via della propria bassa massa corporea, l’impatto delle forze inerziali poste in essere da quegli strumenti risulterebbe relativamente basso….

Il ricercatore canadese Stanton Friedman, ebbe a sua volta occasione di incontrare personalmente nell’83 Sarbacher, dal quale testualmente apprese della possibilità di parecchi altri crash verificatisi, e che pertanto egli non era in grado di dire a quale di questi eventi si riferissero i test condotti dai tecnici con i quali si era confidato.

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L'Hart Canyon dove presumibilmente avvenne l'incidente e, sovrapposto, il profilo del volto
degli alieni recuperati nell'incidente. Informazioni comprovanti l'evento sarebbero giunte
grazie agli eminenti scienziati Wilbert Smith e Robert Sarbacher.

 

Conclusioni

Tutti i riscontri diretti ed indiretti sinora esaminati, e soprattutto il valore delle testimonianze di Smith e Sarbacher, parlano eloquentemente dell’alto coinvolgimento dei militari, dell’intelligence e dell’establishment scientifico con il fenomeno UFO, sin dai suoi primi esordi ufficiali dell’immediato dopoguerra, e delineano l’estrema complessità e probabile spessore di un caso, come il crash di Aztec, i cui testimoni e gran parte dei documenti vennero serrati fra le maglie del cover up. Tuttavia qualche spiraglio talora appare sulla cortina di segretezza, come la dichiarazione scritta di un ufficiale USAF, Robert Bowker, raccolta dal ricercatore Timothy Good:

"Anni orsono, mi avvicinò un ingegnere di Wright Patterson, quando ancora prestavo servizio alla base, parlandomi di una ricerca che stava effettuando sul frammento di un congegno, rivelatosi contenere in quantità impressionante, rarissimi elementi, e che non rientrava nel disegn matematico tipico dei manufatti a noi noti, ma presentava uno strano modello digitale a tre livelli"

In Behind the Flying Saucers, si diceva testualmente:

Più di 150 test vennero effettuati nel tentativo di rompere il metallo di quei congegni…che si rivelarono essere costituiti sulla base di criteri inconcepibili agli ingegneri di questo pianeta. I congegni non presentavano alcun meccanismo noto e non erano lubrificati…

 

Scully aveva ragione!


Fonte Alalka.it

Bibliografia principale

W Steinman/W Stevens UFO Crash at Aztec, UFO Photo Archives, 1986

Altre Fonti

S. Friedman, Crash at Corona, Paragon, 1994

T: Good, Alien Liason, Arrow, 1992

W Steinman/W Stevens, L’UFO di Laredo, Dossier Alieni N°10, dicembre 1997/gennaio 1998