INNOVAZIONE E FLESSIBILIZZAZIONE NELLE MACCHINE TRANSFER

    Paolo Quinzani, Andrea Zapponi,Enzo Gentili



La macchina transfer

Tendenze attuali

Flessibilità nelle unità operatrici

Flessibilità nella tavola girevole

Innovazione nel controllo del processo

Evoluzioni

Innovazioni nell'elettronica a bordo macchina

Conclusioni

 

 

 

LA MACCHINA TRANSFER



La macchina a trasferimento automatico del pezzo, più comunemente chiamata transfer, è un tipo di macchina automatica che combina, in un’unica unità produttiva, le funzioni di una serie di macchine separate, unificando operazioni di carico e meccanismi di trasferimento. Una macchina transfer é costituita da una serie di stazioni di lavoro che operano contemporaneamente; il pezzo entra, opportunamente serrato in una pinza e sequenzialmente è trasferito davanti ad ognuna delle unità operatrici, cosicché una volta a regime, ad ogni passo della linea o della tavola girevole, corrisponde il carico di un grezzo e lo scarico di un pezzo completamente lavorato.

La prima macchina di questo tipo è stata progettata all’inizio del secolo (1924) dalla Morris Motor, in Inghilterra, per costruire blocchi cilindro e presentava solo controlli meccanici. Intorno agli anni ’60, con l’avvento della produzione di massa ed il conseguente aumento della dimensione dei lotti produttivi, questo tipo di macchina ha avuto una notevole diffusione in quanto permette l’incremento della cadenza produttiva e di limitare la variabilità dovuta al fattore umano. Per contro, la transfer risultava essere estremamente rigida e se ne giustificava l’acquisto solo in previsione di un lungo periodo di esercizio e di una produzione di quantità rilevante.

Queste macchine sono "pezzi unici" in quanto vengono costruite intorno al componente da realizzare. Durante la fase di progettazione vengono analizzate le operazioni a cui il componente deve essere sottoposto: esse si suddividono e si raggruppano in modo che le stazioni abbiano dei tempi di lavoro pressoché uguali..

Con il nascere degli FMS (sistemi di produzione a celle flessibili), con lo sviluppo sostanziale dei Centri di Lavoro a controllo numerico, sembrava che le transfer non potessero più essere competitive all’interno di una logica di mercato orientata verso produzione di piccoli lotti facilmente modificabili.

Questo tipo di macchine si è invece evoluto profondamente sia nella meccanica, sia nell’elettronica ampliandosi verso nuovi mercati che richiedono elevata cadenza produttiva, elevata precisione ma anche flessibilità e versatilità, mantenendo, comunque, un buon mercato fra quei clienti che richiedono ancora oggi transfer rigide. Di fatto, le macchine transfer, grazie anche all’impegno profuso in fase di progettazione e all’ingegno, tipicamente italiano, che contraddistingue i costruttori, stanno vivendo una nuova fase di crescita. 










TENDENZE ATTUALI

Per capire cosa si intende per flessibilizzazione ed innovazione nelle macchine transfer è bene realizzare una suddivisione di quanto offerto dal mercato secondo uno schema che raggruppa le macchine a trasferimento automatico del pezzo a tavola girevole in tre grandi famiglie:

Sono le transfer tradizionali, le più economiche, solitamente prive di controllo numerico, con teste ad azionamento idraulico o meccanico (con vite a ricircolo di sfere);



Tali macchine hanno unità operatrici controllate a CN con interfaccia uomo-macchina gestita tramite calcolatore e integrano mandrini con porta-utensile a sgancio rapido per un veloce riattrezzaggio;



Alle caratteristiche dei transfer mediamente flessibili uniscono maggiori possibilità di movimentazione delle teste operatrici lungo due o tre assi, che possono essere di tipo manuale o a controllo numerico, fino ad arrivare alle soluzioni più flessibili che integrano uno o più centri di lavoro con teste plurimandrino a revolver e con numerosi accorgimenti che riducono la rigidità della macchina.

Di queste tre macrofamiglie, la prima copre ormai una quota di mercato che oscilla tra il 15 e il 25% e non sarà approfondita in queste pagine; di fatto, di queste macchine interessano l’elevata cadenza produttiva ed il basso costo d’acquisto.


In generale, per l’utente finale, la flessibilità è: realizzare elementi diversi appartenenti alla medesima famiglia, potendo variare il lotto di produzione nel più breve tempo possibile. Solo in casi particolari necessita di una macchina che possa produrre elevati volumi di pezzi totalmente diversi, ma con dimensioni contenute, all’incirca, in un cubo di 300 mm di lato.

Vediamo quali sono le tendenze attuali nelle varie parti che compongono la macchina transfer flessibile.







Flessibilità Nelle Unità Operatrici



La tecnologia attuale prevede, per l’avanzamento, l’utilizzo di motori brushless e vite a ricircolo di sfere, con precisioni e ripetibilità di posizionamento assai elevate. Le unità sono flangiate su carri che permettono la registrazione delle stesse lungo due o tre assi, ed eventualmente angolarmente. La flangiatura fatta all’esterno del basamento ha l’ulteriore vantaggio di proteggere il motore e i componenti elettronici dai trucioli e dai liquidi di raffreddamento.

La motorizzazione del mandrino avviene con motori a corrente continua brushless o vettoriali e le unità hanno l’attacco mandrino solitamente ISO 30 o ISO 40 dotato di sgancio rapido meccanico o idraulico per ridurre i tempi di attrezzamento e sostituzione degli utensili.

L’utilizzo del CN è ormai consolidato nel controllo dell’avanzamento lungo l’asse Z e della velocità di rotazione del mandrino. Per quanto riguarda il controllo di posizione lungo gli assi X e Y nonché dell’eventuale sbandieramento, la tendenza è di utilizzare sempre più il CN abbandonando le registrazioni a comando manuale. Questa scelta è dettata non solo dalla maggiore velocità dei tempi di attrezzaggio ma anche dalla diminuzione dei costi dell’elettronica. Anche le teste a sfacciare o per recessi ormai integrano il CN potendo eseguire profili interpolati o filettature in passata.

Al limite dell’evoluzione troviamo l’utilizzo di veri e propri centri di lavoro che, a seconda del produttore, possono avere corse di 100 o addirittura 250 mm e possono essere dotati di teste a revolver con diversi utensili per l’esecuzione di più lavorazioni in sequenza.






L’utilizzo del controllo numerico permette la registrazione delle unità, che consiste nella variazione dei parametri di lavoro e del posizionamento rispetto alla tavola girevole, direttamente dal centro di comando, consentendo l’ottimizzazione dei cicli dei diversi prodotti.

Dato il crescente utilizzo di punte a forare con parametri di lavorazione molto spinti e lubrificate all’interno, anche le unità operatrici montate sulle macchine transfer possono essere dotate di adduzione interna del liquido refrigerante.

Le unità operatrici possono essere affiancate da unità di collaudo che provvedono a variare la quota di lavorazione o a compensare automaticamente l’usura utensili, qualora dovesse essere necessario, garantendo elevatissime ripetibilità al processo.





Flessibilità Nella Tavola Girevole

La rotazione della tavola avviene con motori brushless e con controllo elettronico delle rampe di accelerazione e decelerazione in modo da ottimizzare i tempi di rotazione e da ridurre le vibrazioni. Indicativamente tali tempi si attestano, nelle migliori realizzazioni, intorno a 0,3 secondi. Rispetto al basamento la tavola è bloccata mediante corone dentate di tipo Hirth con le quali si raggiungono elevati livelli di precisione e ripetibilità del processo.

Notevoli passi in avanti sono stati fatti anche nella pinza portapezzo: mentre un tempo i dispositivi di bloccaggio erano costituiti da semplici autocentranti a due griffe, ormai tali morse sono diventate complesse attrezzature con corsa e pressione registrabili, dotate di griffe modulari rapidamente sostituibili. È così possibile serrare pezzi di dimensioni o caratteristiche diverse appartenenti alla stessa famiglia. I nuovi sistemi di bloccaggio, controllati a CN, permettono la lavorazione di cinque o più facce del pezzo consentendone la rotazione continua da 0 a 360 gradi, mentre le superfici utilizzate per il serraggio possono essere lavorate conformando opportunamente le pinze in modo da permettere il passaggio degli utensili.

Nel caso della lavorazione dell’acciaio, che in genere richiede elevati tempi di lavorazione, si può aumentare la cadenza produttiva installando tavole girevoli con pinze accoppiate che presentano due pezzi ad ogni stazione di lavoro, formata da due unità operatrici in parallelo.





Innovazioni Nel Controllo Del Processo

A contorno delle diverse innovazioni di cui abbiamo già parlato, sono oggi applicati dei dispositivi che facilitano i compiti dell’addetto alla macchina. Nel tentativo di ridurre il più possibile i fermi macchina, è prassi diffusa quella di sostituire tutti gli utensili a intervalli programmati; non è però possibile escludere che ci siano degli imprevisti che portano alla rottura degli utensili. Affinché essa sia immediatamente riscontrabile, si predispongono dei dispositivi di controllo utensile formati solitamente da tastatori meccanici che "sentono" la presenza dell’utensile oppure da rilevatori a raggio laser. Quest’ultima soluzione, per quanto più avanzata della precedente, sul lato pratico è più problematica perché spesso influenzata dalla presenza di nebbie causate dalla nebulizzazione del liquido refrigerante.

Un altro dispositivo che viene utilizzato è il controllo vita utensile, che può consistere in un sistema che misura la potenza assorbita dal motore del mandrino o più semplicemente da un contatore che misura i secondi di lavorazione dell’utensile in questione. In tal modo si cerca di evitare o almeno di ridurre i fermi macchina dovuti alle rotture degli utensili.

Sempre per aumentare la facilità e la rapidità di messa a punto della macchina, alcuni produttori dotano i loro sistemi di una pratica pulsantiera dalle dimensioni ridotte che dialoga direttamente con l’unità di controllo e che l’operatore può portare con sé presso tutte le stazioni al fine di verificare la correttezza della programmazione ed eventualmente di implementarla o di comandare lo sganciamento del portautensile nella fase di sostituzione.

Interessante è notare l’attenzione dedicata anche al progetto del basamento: nelle transfer ad asse verticale più evolute si è predisposto l’ancoraggio delle tavole girevoli al montante superiore del basamento per facilitare l’evacuazione del truciolo dal fondo dello stesso. Data la compattezza della macchina e l’alto numero di operazioni eseguite contemporaneamente, in alcune lavorazioni la quantità di materiale di scarto è assai consistente e quindi diventa essenziale evacuarlo efficacemente. I produttori che hanno un mercato rilevante nei paesi del Nord Europa e Nord America hanno dovuto prestare grande attenzione anche alla "qualità" del truciolo che deve essere sostanzialmente asciutto.






Evoluzioni

Macchine come Vertiflex prodotta dalla Riello Macchine Utensili, Newflex prodotta da Gnutti, Imasflex di Imas, sono l’anello di congiunzione tra le transfer e le celle flessibili. Nascono come celle di lavorazione che uniscono l’elevata capacità produttiva di una transfer a tavola rotante con l’altrettanto elevata flessibilità d’impiego dei centri di lavoro. Con queste macchine è possibile realizzare qualsiasi manufatto contenuto entro un cubo di circa 300 mm di lato.

Le macchine, pur differenziandosi nelle scelte tecniche e in talune caratteristiche, hanno alcune linee guida comuni che andiamo ad analizzare. Sono costituite da più centri di lavoro, ad asse verticale ed orizzontale, fissati su un unico basamento, corredati da teste a revolver che possono portare diversi mandrini (tre o sei nel caso del Vertiflex, da tre a otto nel caso del Newflex). All’interno di questa struttura sono posizionate delle tavolette girevoli portapezzo a controllo numerico dette satelliti, a loro volta montate su una tavola rotante ad asse verticale. In questo modo è possibile lavorare il componente anche su cinque facce.

Questo tipo di transfer viene incontro, per lo più, alle esigenze del terzista avanzato che sono quelle di realizzare delle pre-serie oppure diverse serie di lotti medio piccoli, con specifiche ristrette ottenibili solo con un unico piazzamento, ma la cui quantità non giustifica l’acquisto di una macchina dedicata.

Per contro queste macchine non sono né flessibili come un centro di lavoro classico (quantità di mandrini e corse limitate), né veloci quanto il transfer classico.

La Buffoli Transfer persegue una strada alternativa con una macchina che, pur appartenendo, per struttura e cadenza produttiva, ai transfer classici, amplia la versatilità a famiglie diverse di prodotti appartenenti allo stesso settore merceologico (di tale macchina non sono ancora disponibili le immagini). E’ costruita sull’architettura di una macchina a tavola rotante, integra tutte le soluzioni tecniche più avanzate viste in questo capitolo (unità con possibilità di inclinazione controllate integralmente dal CN, centri di lavoro, ecc.) e, grazie all’impiego di elettronica avanzata può lavorare pezzi differenti contemporaneamente. Rispetto alle macchine descritte in questo paragrafo, è meno flessibile perché riduce il campo applicativo ad un solo settore merceologico, ma mantiene alte produttività e precisione di lavorazione con un occhio di riguardo anche alle dimensioni complessive della macchina.





Innovazioni nell’Elettronica a Bordo Macchina

Le prime transfer erano puramente meccaniche; tutte le regolazioni eventualmente presenti erano di tipo meccanico ed erano affidate ad un operatore. Con la diminuzione dei costi l’elettronica è stata introdotta anche nelle linee a trasferimento automatico del pezzo, inizialmente con il compito di gestire l’avanzamento del mandrino. Poi, vista la versatilità della stessa, si è pensato di applicarla anche a tutti gli altri movimenti.

Ora sul mercato si trovano ancora macchine prive di CN sugli assi X e Y mentre di norma tutte lo integrano sull’asse Z. A volte un produttore offre ai suoi clienti la possibilità di acquistare una medesima macchina con e senza il CN avanzato. Questo influisce all’incirca per il 25% sul prezzo finale.

Cerchiamo di capire quali sono i problemi dell’applicazione del CN su una transfer e quali sono i vantaggi, alcuni lapalissiani altri più nascosti, che porta, iniziando con l’analizzare i vari componenti che caratterizzano la parte elettronica di una macchina transfer.

Sul mercato sono presenti i sistemi PLC, sistemi utilizzati con ottimi risultati sulle altre macchine utensili. Sono strutturati secondo il classico schema di Von Neuman, quello utilizzato anche nei calcolatori da ufficio o da casa: unità centrale, memoria di programma, memoria dati, bus di collegamento, schede di ingresso/uscita collegate sul bus. Si tratta di sistemi modulari che vengono composti su esigenze del cliente affiancando le schede necessarie. I componenti base sono:
 

Per avere un’idea, il costo di un alimentatore è di circa 1 milione, dell’unità di calcolo circa 4 milioni, di una scheda controllo asse circa 2 milioni e di una scheda ingresso/uscita, adatta ad esempio a ricevere segnali di stato da microinterruttori, pulsanti o fine corsa, circa quattrocentomila lire. Una transfer raggiunge facilmente i 25/30 assi da controllare e ciò significa che il costo di questo sistema può raggiungere gli 80 milioni.

Si tratta di componenti assai affidabili ma a costi elevati non corrispondono altrettanto elevate capacità di calcolo: le potenzialità di un modulo CPU è equivalente a quella di un 80-88 mentre quella di una singola scheda asse oltrepassa di poco quella di un 80-86.

Se per quasi tutte le classiche macchine utensili queste caratteristiche sono sufficienti, ciò non è vero per le transfer. Per poter limitare i prezzi, questi sistemi non permettono di effettuare il controllo degli assi in tempo reale e sono sufficienti per gestire unità indipendenti tra loro o che al più effettuano interpolazioni lineari, ad esempio per realizzare un filetto. Quando sono necessarie interpolazioni più complesse, nel caso ad esempio della realizzazione di torniture a raggio o di tipo conico, la lentezza del PLC evidenzia i suoi difetti. Per quanto ad occhio nudo non si noti, una lavorazione di questo tipo effettuata sotto il controllo di un PLC risulta costituita da una serie di scalettature dovute al fatto che il sistema si trova costretto ad effettuare i calcoli su intervalli di discretizzazione di una certa ampiezza. Detto in altre parole, il sistema si trova costretto, causa la lentezza di calcolo, a seguire una serie di gradini impercettibili ad occhio nudo ma che, se sono troppo ampi, possono mandare la lavorazione fuori specifiche. Più la lavorazione risulta complessa e più le capacità di calcolo sono limitate, più gli effetti sono evidenti.

Effettuare una lavorazione secondo una traiettoria scalettata significa anche imprimere continue accelerazioni e decelerazioni al gruppo di lavorazione che si traduce in vibrazioni. In una transfer tutte le lavorazioni vengono eseguite contemporaneamente e questo significa che le vibrazioni generate da una unità possono influire su tutte le altre.

Un altro limite dei sistemi PLC è la lentezza nel gestire i cambi di velocità: prima di poter avviare un motore il sistema calcola la traiettoria ideale nel piano v-t passando necessariamente sempre dalla velocità zero.

Questo significa che se si deve far rallentare un motore in movimento è necessario prima fermarlo e poi riavviarlo per portarlo alla velocità desiderata. In una transfer, dove si cerca di recuperare tutti i tempi morti, questo è da evitare.

Ci si trova di fronte ad una spesa notevole senza avere in cambio un risultato sempre soddisfacente.Ecco che nasce l’esigenza di realizzare un sistema di controllo dedicato, che tenga conto delle reali esigenze del cliente e mirato a risolvere le pecche del sistema PLC: il Controllo Numerico (CN).

Il gruppo CN è strutturato in modo analogo al PLC: alimentatore, modulo CPU, schede ingresso/uscita, schede controllo assi. Si tratta di un prodotto realizzato in base alle esigenze del cliente, in grado di sostituire a tutti gli effetti il più antiquato PLC.

I costruttori di transfer, cercando di migliorare le prestazioni dei loro prodotti, hanno dunque imboccato la strada del CN realizzato su progetto. Si tratta poi di sistemi che, pur essendo più avanzati di un classico PLC, hanno costi inferiori. Mediamente per acquistare una scheda controllo assi sono necessarie 300000 lire. Questa cifra è sufficiente per un prodotto dalle medie prestazioni, adatto alla maggior parte delle lavorazioni. Per andare incontro alle sempre maggiori richieste della produzione, anche in questo campo sono in svolgimento studi sui processori da utilizzare per elaborare i segnali. Stabilito che il prodotto che si trova in commercio non è sufficiente, vediamo di capire cosa potrebbe essere utilizzato in futuro, verso quali soluzioni sembra si possa andare.

Classicamente le capacità di calcolo di un processore montato su una scheda assi di un CN uguagliano o superano di poco quelle di un normale processore 80-286 presente sul mercato dei calcolatori. Una possibile soluzione sarebbe quella di rivedere completamente la struttura della scheda riprogettando il tutto intorno ad un tipo particolare di processore, dalla struttura completamente diversa rispetto a quella utilizzata fino ad ora. Si tratta dei processori DSP (Digital Signal Processor) che hanno una struttura di tipo Harvard. I dati e gli indirizzi viaggiano su due bus differenti e paralleli per avere la simultaneità dell’ingresso e dell’uscita. Sono pensati appositamente per effettuare un numero elevatissimo di calcoli: hanno prestazioni ben più elevate del noto Pentium 2 e sono con successo utilizzati da tempo in campo audio per la rielaborazione del suono in tempo reale. Sono presenti in commercio in varie versioni e, per l’utilizzo nel campo del controllo numerico, hanno costi bassissimi: ad esempio il Texas TMS 320, una unità a 16 bit che esegue calcoli in virgola fissa, costa al grossista circa 4000 (quattromila!) lire. Anche salendo di prestazioni, sempre in questo campo, non si va oltre le 20000 lire. Il problema è realizzare schede adeguate intorno a questo componente. Questo significa poter proporre sul mercato una scheda affidabile, dalle dimensioni contenute e, come sempre, ad un prezzo contenuto: il problema è raggiungere l’elevatissima affidabilità richiesta in campo industriale e proprio per questo, mentre scriviamo, una scheda che integri un DSP può costare dieci volte una scheda utilizzante un processore tradizionale.

Per contro. Se i metodi di programmazione di un PLC sono pressoché unificati, le istruzioni necessarie a gestire un gruppo CN sono differenti in funzione del tipo di processore montato sulle schede. Anche l’assistenza tecnica diventa più specialistica e difficilmente, se non addirittura mai, il cliente è in grado di intervenire sul gruppo di comando, rendendo sempre necessaria l’assistenza sul posto della Casa Madre. Anche per questo i costruttori tendenzialmente garantiscono un tempo di intervento di 24 ore in Europa e di 48 ore negli altri Paesi.

In tutte le macchine che montano il controllo numerico è presente un calcolatore elettronico che ha il compito di fare da interfaccia semplice ed intuitiva tra il complicato sistema di controllo e l’addetto alla macchina. Viene utilizzato anche per programmare le varie lavorazioni eseguite da ognuna delle unità operatrici e consente di immagazzinare tutti i dati riguardanti la macchina quali: statistiche di produzione e codici di errore che possono aiutare l’assistenza in fase di intervento. Nella maggior parte dei casi si tratta di un pc commerciale, del tutto simile a quello che si trova in un normale ufficio o in casa. Inizialmente si preferiva ricorrere a modelli industriali che apparivano più affidabili. Ora invece la tendenza si è invertita e, a meno che sia espressamente richiesto dal cliente, si ricorre al modello commerciale. Questo, oltre a ridurre i costi, permette all’utilizzatore, in caso di guasto, di ricorrere ad uno dei calcolatori ormai sempre presenti negli uffici e di sostituire temporaneamente quello guasto in pochi minuti, evitando costosi fermi macchina per avarie di piccola entità. Bisogna anche tenere presente che sostituire una scheda rotta di un calcolatore classico necessita di poco tempo e non richiede una particolare preparazione. Gli stessi componenti sono facilmente e velocemente recuperabili sul mercato. Questo non è vero per un modello industriale con il quale anche un banale guasto, quale ad esempio il mal funzionamento di una tastiera, può compromettere il buon funzionamento dell’intero sistema per un tempo inaccettabile.

Contrariamente a quanto si potrebbe credere, è più che sufficiente un calcolatore dalle potenzialità ridotte quale un 486. Il sistema operativo usato è solitamente MS-Dos. Per quanto UNIX sia assai più stabile ed affidabile, la scelta del Dos è dettata dalla possibilità di poter intercambiare facilmente un calcolatore presente in ufficio con quello della macchina, come dicevamo prima, in caso di guasto. Si è volutamente scelto di non installare sistemi operativi ad interfaccia grafica (quali Microsoft Windows 3.11 piuttosto che 95, 98 o NT) perché difficilmente gestibili senza mouse, accessorio che non viene impiegato in questi calcolatori considerato l’ambiente in cui operano. Oltre a non averne materialmente la necessità, sarebbe fonte di continui problemi a causa degli oli, della polvere e della sporcizia generalmente presenti in un ambiente produttivo.

Si è sperimentato il touch-screen ma con deludenti risultati, sempre a causa della sporcizia. Premendo su uno schermo impolverato oppure con dita sporche, ci si trovava ben presto davanti ad una superficie illeggibile. La migliore soluzione resta dunque la classica tastiera.

La programmazione di una macchina transfer è relativamente semplice: a corredo viene fornito un programma che permette di impostare tutti i vari parametri di lavorazione quali: i tratti di rapido, i tratti di lavorazione, il numero dei giri, l’avanzamento, ecc.. I valori possono essere impostati in modo semplice in intuitive finestre di dialogo, direttamente sul calcolatore della macchina o su quello di un ufficio e poi essere caricati tramite un dischetto.

I sistemi di anticollisione fra utensili che lavorano simultaneamente sono gestiti tramite software al fine di ottimizzare la produzione e di incrementarne il più possibile la cadenza, ma non tutti i produttori li utilizzano.

Un altro aspetto a cui guardano soprattutto i produttori di transfer che esportano in paesi lontani è il servizio di teleassistenza, gestibile grazie all’utilizzo del calcolatore installato e di modem per la trasmissione telefonica dei dati (anche se sono allo studio altri sistemi). È possibile in tale modo tentare di ovviare ad inconvenienti risolvibili a distanza senza intervenire in loco o, almeno, ricevere i dati operazionali della macchina per poter fare una diagnosi a distanza inviando personale preparato ad affrontare un certo tipo di problema e con i pezzi di ricambio adatti. Così facendo è possibile intervenire in modo più mirato andando incontro alle esigenze del cliente che sono anche quelle di limitare il più possibile il tempo di fermo macchina.





Conclusioni

Per questo nostro lavoro ci siamo basati su numerosi colloqui avuti presso alcune delle imprese costruttrici nazionali più importanti, che si sono mostrate attente alle nostre richieste e disponibili nel riceverci, anche ripetutamente.

Abbiamo prima affrontato il problema partendo dalle richieste del mercato per poi focalizzare l’attenzione su come i costruttori cerchino di soddisfare queste esigenze in continua evoluzione. È parso evidente come tra i vari costruttori, anche a loro dire, vi sia chi persegue la massima affidabilità ed è disponibile a investire più capitali verso la ricerca e chi, invece, insegua la commessa proponendo soluzioni che non sempre sono ottimali, pur di non perdere il cliente che mette in primo piano il costo.

Infine uno sguardo al mercato. I produttori di macchine transfer italiani sono predominanti a livello mondiale ed esportano anche in paesi quali il Giappone, la Germania, gli Stati Uniti che sono i principali costruttori di macchine utensili. Questo proprio grazie alla capacità di personalizzare le macchine e di andare incontro alle esigenze del cliente.

Ringraziamo per la gentile collaborazione l’ing. Massimiliano Mandelli, responsabile della direzione tecnica dell’UCIMU; per la disponibilità accordataci l'ing. Romano Miglietti, presidente del consorzio INN. TEC. e le aziende:


©2000 Ogni utilizzo anche parziale di questo lavoro è soggetto all’approvazione preventiva da parte degli autori e della rivista Brescia Ricerche presso la quale è stata già pubblicata (INN.TEC. Via Branze, 38 Brescia).

Enzo Gentili, Paolo Quinzani, Andrea Zapponi