Zobeide
Di là,
dopo sei giorni e sette notti, l'uomo arriva a Zobeide, città bianca,ben
esposta alla luna, con vie che girano su se stesse come in un gomitolo.
Questo si racconta della sua fondazione: uomini di nazioni diverse ebbero
un sogno uguale, videro una donna correre di notte per una città
sconosciuta, da dietro, coi capelli lunghi, era nuda. Sognarono d'inseguirla.
Gira gira ognuno la perdette. Dopo il sogno andarono cercando quella città;
non la trovarono ma si trovarono tra loro; decisero di costruireuna città
come nel sogno. Nella disposizionedelle strade ognuno rifece il percorso
del suo inseguimento; nel punto in cui aveva perso le tracce della fuggitiva
ordinò diversamente che nel sogno gli spazi e le mura in modo che
non gli potesse più scappare.
Questa fu
la città di Zobeide in cui si stabilirono aspettando che una notte
si ripetesse quella scena. Nessuno di loro, nè nel sonno nè
da sveglio, vide mai più la donna. Le vie della città erano
quelle in cui essi andavano al lavoro tutti i giorni, senza più
nessun rapporto con l'inseguimento sognato. Che del resto era già
dimenticato da tempo.
Nuovi uomini
arrivarono da altri paesi, avendo avuto un sogno come il loro, e nella
città di Zobeide riconoscevano qualcosa delle vie del sogno, e cambiavano
di posto a porticati e a scale perchè somigliassero di più
al cammino della donna inseguita e perchè nel punto in cui era sparita
non le restasse via di scampo.
I primi arrivati
non capivano che cosa attraesse questa gente a Zobeide, in questa brutta
città, in questa trappola.
...Le chimere
(donna) e la tangenziale (citta sconosciuta) doveva essere un'episodio
positivo della città per risolvere il traffico, fare una via di
collegamento iperfunzionale nel tessuto urbano, non tenendo conto dei fattori
negativi, alla fine è diventata una trappola, non si ritrovano gli
aspetti positivi, ma solo quelli negativi.
Spazi dove l'energia della città
viene sprigionata e la violenza corrosiva dei flussi vitali che attraversano
invisibili, la città esce allo scoperto.Spazi della distruzione
che svelano il carattere instabile della metropoli e che collegano questi
luoghi a quelli delle violenze nelle città di cui in quest'ultimo
periodo si parla insistentemente e che richiede un nuovo pensiero intorno
al rapporto architettura/città.
Se si guarda alla nuova architettura
dissacratrice che lavora per svuotare l'architettura della sua missione
rivitalizzatrice e trasformarla in uno strumento di descrizione dei mille
volti della città. Cosa dire dell'architettura al limite di Libeskind
o dei paesaggi multimediali di Hadid
o Tschumi che costruiscono un racconto
senza trama di eventi che si dispiegano uno dietro l'altro in sequenze
sincopate se non che oggi l'architettura sta lavorando sul ribaltamento
del suo progetto storico? Il destino dell'architettura non è più
quello di esistere per durare nè tanto meno quello di testimoniare
i valori della storia oltre la vita del singolo individuo perchè
essa implica la sua distruzione così come tutte le cose dell'universo.
L'architettura nasce dalla strada e dall'attraversamento fisico della citta.
Quel che conta è l'azione che dà forma e sostanza a questi
eventi. Sono infatti le suggestioni raccolte durante il viaggio nella metropoli
che definiscono i materiali di un'architettura che si svuota dei significati
semantici e simbolici accumulati nel sorso di una carriera millenaria per
lasciare il posto ad uno spazio fluido in grado di accogliere le declinazioni
diverse di uno stesso grande racconto che è quello della grande
metropoli contemporanea.