Le critica - D. Scarpa    ( 1 )

" Le città invisibili sono un libro in forma di domanda, un viaggio alla ricerca di una o più identità: il narratore si allontana alla ricerca da se stesso - così come Marco Polo si è allontanato da Venezia....è certo che già nella prima serie Le città e la memoria l'itinerario del ricordo tende a sottolineare come l'esperienza (e quindi l'identità) sia una nozione plurima e incerta, ed e' questo a colorare di malinconia gli arrivi e le partenze di Marco Polo...la stessa geometria dell'opera la sua forma cristallina sembra alludere a uno strumento grazie al quale l'esperienza diventa pensabile; ma la sua scomponibilità ci suggerisce che essa è fragile e provvisoria. La vita è una continuità, ma noi possiamo percepirla solo come successione di frammenti privi di nessi, epperò ci resta la facoltà di disporli in una figura che sia...esatta come un solido platonico e labile come una nuvola." (*)


"Città invisibili, ovvero impossibili da vedere, o che è possibile vedere solo con occhi altri da quelli anatomici. Tutte quante portano un nome di donna e, al pari di Fedora, sono tutte egualmente "presunte". Sono un catalogo di luoghi o di vite virtuali - desiderate, temute, rifiutate, irrangiungibili - che ruotano intorno allo spazio vuoto dell'unica vita che ci tocca davvero, e da cui ci sentiamo separati e lontani, che non conosciamo e che spiamo dall'alto d'una palafitta come fanno gli abitanti di Bauci (le città e gli occhi, 3):

"l'altrove è uno specchio in negativo, il viaggiatore riconosce il poco che è suo, scoprendo il molto che non ha avuto e non avrà"

Ogni donna-città rappresenta dunque un'esperienza reale o virtuale, una figura del destino, ma il baricentro grava più sulla memoria che sul desiderio" (*)


(*): D.Scarpa, Italo Calvino, Bruno Mondadori, 1999