sicurezza

Società del rischio, l'ha chiamata il sociologo Ulrich Beck intendendo che il rischio non è casuale: è il risultato di una irresponsabilità organizzata, che lo produce, ne nasconde gli effetti per un terzo del pianeta e li fa pagare agli altri due terzi. Mutamenti climatici, virus impazziti, black-out energetici, azzardi biotecnologici: nulla di tutto questo è naturale, tutto è effetto di scelte politiche e tecnologiche che corrono sulla linea del massimo rischio. E non c'è strategia della sicurezza che tenga, perché ogni grammo di sicurezza in più in un angolo del pianeta comporta un chilo di rischio in più in un altro angolo. Più energia qua, meno risorse là: non c'è scampo. E prima o poi, meno risorse là, più insicurezza qua. Chi vende sicurezza nel mondo globale pretendendo che dalle nostre parti tutto resti com'è, mente sapendo di mentire.

Corriamo tutti sulla linea del massimo rischio, per il solo fatto di fare la vita «normale» che facciamo nelle società ipermoderne: con i consumi, i viaggi, i computer, le automobili a cui siamo abituati. E certo, dobbiamo imporre una strategia di riduzione del danno: proprietà e gestione pubblica delle risorse, energie alternative, risparmio dei consumi, investimenti ragionati e quant'altro. Ma è un modello di civiltà che sta andando precipitosamente incontro al suo destino. E quando la tecnica è tutto e per giunta la politica è stupida, in fondo al destino c'è solo un bel niente.

IDA DOMINIJANNI, Insicuri per destino - Il manifesto 30/9/03