NAPOLI 15° EDIZIONE

UN FESTIVAL BALORDO

 

 

 

Tra i ventotto melensi motivetti presentati a questo Festival, che avrebbe dovuto rinnovare i fasti della canzone napoletana, ha vinto "O' matusa", una "macchietta" cantata da Nino Taranto e dal complesso dei Balordi. Nell'assurdo clima della rassegna, Ciccio Formaggio ha trionfato sui cantanti professionisti.

 

 

 

 

 

Napoli, luglio

Dopo gli insulti, stavano per volare i primi schiaffi. Poi qualcuno s'è accorto dei fotografi. "Facite nu' bello sorriso, commendato'!"». E il commen­dator Taranto ha sorriso, mentre i flashes scattavano e la forza pubbli­ca intervenuta a sedare il tumulto si faceva da parte. Un sorriso professionale, da foto ricordo, una maschera per l'amarezza di una vittoria troppo criticata. Molti hanno applaudito, altri - non pochi - hanno fischiato. Due o tre hanno gridato "Nino, tu si' o' meglio erede d'o' povero Totò", subito zittiti dai compari di Fierro e Abbate.

Uno strano Festival, questo. Ha vinto un cantante che non è un cantante, con una canzone che di napoletano ha solo il testo e l’atmosfera tarantellistica. Un Festival finito in uno strano modo, senza la tradizionale cena d'addio, con il vincitore seduto a capotavola e i brindisi e le congratulazioni. Un Festival che i napoletani non hanno sentito come negli anni passati. I cantanti non hanno cantato, grazie al plavback imposto per esigenze televisive, e questo al pubblico non è piaciuto.

"L'anno prossimo - commentava Corrado - sarà tutto molto più sem­plice. Daranno ad ognuno una foto del cantante e un disco e ognuno si farà il Festival a casa".

Le prime grane sono scoppiate non appena si è saputo che Taranto aveva vinto. Ci sono state parole gros­se, accuse violente. Taranto era stupì­to, perplesso, quasi spaventato da una reazione che non si aspettava per una vittoria che ugualmente, forse non si aspettava. "Nessuno aveva intenzione di offendere o' commendatore, che San Gennaro lo protegga. Ma Napoli avrebbe preferito che vincesse 'na bel­la melodia. E invece ha vinto una macchietta” è stato il primo commen­to ai "disordini" che hanno immediatamente seguito l'annuncio della vittoria di "O' matusa'”. Ma non solo "O matusa", un cocktail dei più triti luoghi comuni messo in musica, è una macchietta. Che dire di "'A prutesta", seconda canzone classificata un motivetto più che reazionario presentato dallo stesso Taranto in coppia con Gloria Christian, protagonista quest'ultima di una delle più stomachevoli sceneggiate apparse negli ultimi anni sulla scena napoletana? Con piglio da "sciantosa", la Christian si è conquistata il secondo posto soprattutto tagliando con un paio di forbici la parrucca presa a nolo indossata per l'occasione da un capellone "di scena", tra gli applausi di­vertiti di un pubblico che ha dimostrato di gradire le sue stucchevoli esibIzioni e che ha gettato nello scon­forto i partenopei "veraci",

 

sostenitori ad oltranza di Sergio Bruni, Mario Abbate e Nunzio Gallo.

“Nunzio, fai chiagnere o' core di tutta Napoli", ha gridato qualcuno quando Gallo è apparso sulla scena di Villa Floridiana, la sera della fi­nale. Ma Nunzio non è riuscito a commuovere abbastanza i suoi con­cittadini. Questo Festival, si era det­to, vuole rinnovare la canzone napo­letana. E' per questo che è stato or­ganizzato in maniera diversa dalle precedenti edizioni. Un giorno a Sor­rento, un giorno a Ischia, la sola fi­nale a Napoli. Le riprese televisive hanno alternato le immagini dei can­tanti a quelle cartolinesche delle bel­lezze naturali dei luoghi dove si è svolta la rassegna. Un Festival tut­to nuovo, si era ancora detto, che ri­porterà la canzone napoletana ai suoi antichi fasti. Affermazioni perlomeno incaute. Mai come quest'anno, infatti, il livello generale delle canzoni presentate è stato così basso. In fondo, tra i ventotto melensi motivetti plagiati qua e là, due "macchiette" come "O' matusa" e "'A prutesta", anche se prive di un qualsiasi valore musicale, meritavano la vittoria più delle anonime composizioni che dovevano far piangere i cuori partenopei e che invece hanno fatto piangere

soltanto i loro autori. Le poche canzoni migliori, se di migliori si può parlare, sono naturalmente rimaste escluse o comunque lontane dal pri­mo posto, secondo la tradizione che vuole le giurie dei Festival ingiuste e incompetenti. Ma, dopotutto, è quanto il Festival di quest'anno si meritava. Riportare la canzone napo­letana ai suoi antichi fasti con canzoni come quelle che abbiamo ascol­tato nei tre giorni del Festival sarebbe stato impossibile, oltre che estremamente presuntuoso. Ed è giusto che un attore-macchiettista abbia avuto la meglio sui cantanti professionisti. Nell'assurdo clima di questo Festival, Ciccio Formaggio ha trionfato.

Nonostante nessuno "volesse offendere o' commendatore", c'è stato chi ha avuto il coraggio di reclamare: un editore, di cui nessuno ha voluto fare il nome (Napoli è sempre Napoli), ha aggredito Taranto insultandolo e minacciando rappresaglie per la mancata vittoria del "suo" cantante. Chi invece non se l'è presa è stato Modugno, che nonostante avesse una del­le poche canzoni degne di tale nome, si è dovuto accontentare del secondo posto, in coppia con Sergio Bruni, a pari merito con la saltellante Gloria Christian.

Anche il cuore napoletano, il grande cuore di Napoli che aveva voluto...

(Qui finisce la pagina)

dal nostro inviato

Fabrizio Zampa

 

BIG 

 

Nino Taranto e il complesso dei Balordi hanno avuto le preferenze delle giurie con "O' matusa", una 'macchietta' che, anche senza avere pretese musicali, è riuscita a divertire il pubblico. La vittoria di Taranto, che ha conquistato anche il secondo posto in coppia cori la Christian, è stata accolta però con polemiche da parte dei "napoletani veraci", che avrebbero visto più volentieri il trionfo dl Bruni, Abbate o Fierro.

 

 

 

 

 

 

 

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