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PORTA DI PIAZZA FERRARESE

Il centro storico è sicuramente il nucleo di tutti gli itinerari turistici: Qui, racchiusa tra le mura, si è svolta la vita cittadina fino all’800, tra vicoli stretti, piazze e labirinti di viuzze, assetto urbanistico tipico di un borgo medioevale. Il punto di partenza più adatto per visitare il borgo è quello in cui sorgeva la porta australe o "di mare", o "di Lecce", o "nuova", in piazza del Ferrarese, nello spazio compreso fra il mercato del pesce e l’imbocco della strada della Vallisa. Fu aperta nel 1612 per agevolare l’ingresso delle merci nella vicina piazza Mercantile dove si svolgeva il mercato. L’opera fu compiuta sotto il regno di Filippo III di Spagna e recava scolpiti un distico e una iscrizione ineggianti al Re. In cima alla porta erano incise le effigi di Japige e di Barione, i due mitici fondatori della città. Le mura, partendo dalla porta australe seguivano il percorso dell’odierno Lungomare Imperatore Augusto (costruito negli anni 30), in direzione dei fortini di sant’Antonio abate e di santa Scolastica. Fra la distrutta porta australe e il fortino di sant’Antonio, nell’aiola che corre sotto l’alto muro, sono allineate 23 colonne, rinvenute nei dintorni del luogo dove ora si trovano, e quasi certamente appartenenti ad edifici pubblici. Le colonne erano 25 poi dei moderni barbari le hanno rimosse e portate via lasciando vuoti i piedistalli. Dopo il primo basamento vuoto situato sulla sinistra, seguono una colonna di marmo, 12 di granito, altre 2 di marmo, 6 di granito e un’altra in pietra, più massiccia, situata più avanti rispetto alle prime 22. Essa è una pietra miliare della via Traiana che costituiva uno dei due rami in cui si divideva la via Appia presso Benevento, e che attraverso il Sannio, la Daunia e la Peucezia, giungeva a Brindisi. Si giunge, quindi, al fortino di sant’Antonio abate, uno dei quattro baluardi di difesa della città. Si presume, da alcune notizie, che il fortino già esisteva nel XIV secolo, poiché nel 1359 Roberto d’Angiò né ordinò il restauro. Ciò contrasta, però, con altre notizie che attribuiscono l’edificazione del fortino al principe di Taranto Giovanni Antonio de Balzo. Questi, nel 1440, l’avrebbe fatto costruire per fortificare la città contro gli assalti dei corsari. E’ comunque probabile che, nel 1440, l’Orsino non abbia costruito il fortino, ma abbia ampliato e trasformato la torre, precedentemente restaurata da Roberto d’Angiò. Nel 1463, con la morte dell’Orsino, i baresi che non avevano mai sopportato tale torre, annientarono il presidio e distrussero la costruzione. Nel XVI secolo, la duchessa Isabella Sforza d’Aragona fece ricostruire parzialmente e rinforzare il fortino insieme ad altri tre baluardi, munendoli di scale sotterranee, allo scopo di consentire l’uscita dalle mura, in caso di assedio. Tracce di questi varchi si possono intravedere in più punti: uno nella muraglia dietro le ultime 2 colonne delle quali si è parlato; altri due si trovano nel punto di unione delle mura con il fortino di sant’Antonio; un quarto è incavato nel fortino; un quinto è alla punta della fortezza; un sesto alla base dell’edificio, superato lo spigolo di punta; altri due sono incavati nel fortino nel punto di unione con la muraglia, nel secondo tratto del Lungomare. Sull’ingresso del fortino, un grande stemma in pietra, corroso dalla salsedine e dalle intemperie, riporta incisa l’arma di Giovanni Antonio del Balzo. Di qui si accede all’antico porto aragonese di Bari, corrispondente all’odirno porticciolo peschereccio, che si apre fra il molo di sant’Antonio e il Teatro Margherita. Oltrepassato l’ingresso del fortino, sulla sinistra vi è una cappelletta del santo. Una scaletta ripida, a fianco della cappelletta, permette di salire sulla muraglia, ritrovandosi davanti al cancello d’ingresso del fortino. Ai due lati del cancello vi sono due lapidi. Quella di sinistra riporta la data del 1756, anno in cui furono effettuati i restauri delle mura; quella di destra riporta invece la data del 1762, quando cioè furono effettuate le riparazioni al porto. Entrambi i lavori sono da attribuire al volere del re Carlo III di Borbone. Mentre la lapide di sinistra è semidistrutta, quella di destra è leggibile ma è una copia, in quanto quella originaria andò distrutta.

ROSA IACOBELLIS

BARI 01/01/2000
PORTA DI PIAZZA FERRARESE

Le colonne del lungomare Imperatore Augusto

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