LE SABBIE
Forcella Savalons, sabato 20 novembre 2004. Sabbie, traduco salendo con la dovuta fatica l’ultimo tratto che porta alla croce di legno che stavo aspettando. Le sabbie, Rub al Khali, il deserto più inospitale del mondo. Fatica, sete e freddo. Il vento, continuo a pensare, sposterà sempre la neve da questa forcella e sempre scoprirà la sabbia chiara che le dà il nome. Il passo di Giovanni, più avanti di alcuni metri, è troppo veloce per me. La neve calpestata e gelida rende il passo incerto. La croce è bellissima, piegata e corrosa dal vento, con un chiodo di ferro al centro dei due bracci. C’è dall’altra parte l’altopiano bianco, circondato da cime che non conosciamo ed il puntino lontano della Bregolina Piccola. Passo oltre e non vedo la casera. Giovanni mi chiede una spiegazione, io gli giuro che l’altra volta c’era.
Ci tuffiamo nelle sabbie coperte di neve ed in pochi minuti dietro un colle ecco la casera. Ci aspettano altri Giovanni e altri Andrea, poi XX, Petra, Oscar, Y, e naturalmente Maurizio Maria C e Andrea. Maurizio sbuccia le patate con la solita precisione. Lucide e gialline le dispone sulla teglia. Andrea le cosparge di paprika, rosmarino e altri aromi. Gente entra ed esce con rami da bruciare. Il clanalpian si dà da fare con le birre, si parla di polli, di funghi, polenta, tortellini in brodo, formaggio pincion, formaggio fresco, soppresse, salami, luganeghe, vino rosso, vino bianco e prosecco, crostatine alla marmellata di sambuco, alla nutella, biscotti, cioccolata, datteri, grappe al lampone, alla liquirizia, all’anice stellato, al mirtillo, al cirmolo, pane, biscotti, funghi chiodini, funghi porcini, peperoni.
Pensando fosse cima Bregolina saliamo un colle che sta di fronte alla Casera. Nell’ultimo pezzo della salita camminiamo su un materasso di mughi coperti di neve. In cima siamo delle teste che spuntano nell’intrico del cespugli. Non si vede quasi niente dell’eroico panorama che avevamo previsto: la val Cimoliana, la val Settimana forse, la valle del Cellina e chissà che altro. Alziamo la testa e c’è la cima dei Preti, meno male, e anche l’Antelao, addirittura. Cala il sole, le montagne diventano rosse. Termina la prima ascensione autunnale del Colle delle Ortiche.
Un rotolo si srotola sul tavolo sporco. Le mani di Andrea tremano per l’emozione e lasciano macchie di pollo . Dal Gorgazzo alla Mauria con una riga più o meno dritta che più o meno è un meridiano. Si comincerà subito l’esplorazione, la gloria dell’impresa già scende sulle spalle forti del nostro presidente. Ci sono casere, bivacchi, sentieri abbandonati, pochi rifugi e tanta voglia che sia già estate.
A guardarlo da sotto e a dar retta alla mappa pareva una sciocchezza. Poi ci incastriamo nei mughi e ci rimetto la mia piccozza semi-nuova, comprata usata nel ’65 al mercatino dell’antiquariato. Magari non serve a niente, ma sapere che sta sulle spalle aiuta. E’ in questo modo che raggiungiamo quasi la cima, passando per pendii ghiacciati e ripidi.