Marmolada, Punta Rocca - 26 marzo 2005

Ultima uscita del corso di scialpinismo. E ultima neve dell’anno. Anzi, l’ultima neve sciabile si trova ormai solo in Marmolada, tanto che alla fine si decide di andare propri li. E così una serie di combinazioni mi portano verso una meta che fino ad ora avevo sempre scartato, per i miei “sani principi”. Fino ad ora, infatti, mi ero sempre rifiutato di andare in Marmolada, così come in cima a tutte quelle montagne raggiungibili in funivia. Sarà snobbismo, ma faticare per ritrovarsi in un luogo super affollato stile self-service, sedie a sdraio, tacchetti, cocacola, creme solari ecc., non ne vale la pena. Centinaia di cime secondarie veramente incontaminate offrono panorami altrettanto belli e la montagna vera.

Ma ormai sono li, in compagnia di amici che per oggi hanno l’obiettivo di sciare, di apprendere una tecnica. La meta per loro diventa quindi secondaria. Parcheggiamo la macchina al lago Fedaia con l’intento di fare il primo tratto con l’impianto che sale a Pian dei Fiacconi ed arrivare tutti in cima. Sorpresa, la bidonvia è chiusa. Non resta che risalire la pista, sci ai piedi. Il tempo non è dei migliori, ma qualche raggio di sole fa la sua comparsa. Superiamo anche la Capanna del Ghiacciao e procediamo sul ghiacciaio. La neve è dura, una leggera spolverata ricopre la crosta che in alcuni punti cede. Mano a mano che si sale, le nuvole si fanno più fitte. Maurizio, la guida, decide che per il corso è il caso di fermarsi.

Andare oltre significherebbe solo faticare senza potersi godere un discesa decente. Senza poter imparare nulla. In effetti la visibilità si riduce sempre di più. Sono combattuto. Mancano 400/500 metri a punta Rocca, il più è fatto, ma la visibilità è pessima, non conosco il posto, il ghiacciaio, anche se coperto, fa comunque soggezione. La spinta me la da Maurizio, spiegandomi che ormai non si può più sbagliare, e altre tre persone che davanti a noi continuano a salire. Non sono proprio solo, decido di proseguire, accodandomi per un po’ a queste persone. Gli altri amici si fermano e cominciano a prepararsi per la discesa.

Ben presto resto solo avvolto nella nebbia. Seguo le tracce di chi mi ha preceduto, mentre anche chi stava salendo con me si è fermato. Mano a mano che mi avvicino alla cima i rumori aumentano. È il controsenso di questo posto. Più sali, più ti avvicini alla “civiltà”. Gli ultimi cento metri mi ritrovo a farli sul bordo della pista da sci. Della funivia sopra la testa si sente solo il rumore, le nuvole sono sempre più fitte, ma gli sciatori che scendono li vedo bene e mi guardano un po’ stupiti, un po’ prendendomi per matto. Far fatica sotto una funivia…. assurdo. E quasi quasi concordo con loro. Finalmente raggiungo i 3250 metri dell’arrivo della funivia e faccio qualche metro oltre la pista per mangiarmi un’arancia in compagnia di altri scialpinisti. La nebbia è ancora fitta, panorama nullo, fare gli ultimi 50 metri per arrivare a Punta Rocca non ne vale la pena.

Sensazioni contrastanti qui in cima. Da un lato la ovvia emozione di essere quasi in cima alla Marmolada, e di esserci salito esclusivamente con i miei mezzi, dall’altro la rabbia di un posto così irrimediabilmente rovinato. Dove chi ci arriva lo fa solo per consumarla questa montagna, ha pagato il biglietto per salirci. E non è una metafora. Le fitte nubi da una parte non mi permettono di godermi il panorama, che immagino quasi unico, dall’altra mi nascondono la realtà vera di questo posto, di questo pezzo di città a oltre 3000 metri. E forse è meglio così.

Al primo squarcio nelle nuvole, quello che, oltre a mostrati l’orrenda costruzione dell’arrivo dell’impianto, ti permette di dare un’occhiata alla discesa da affrontare, si decide di muoversi. Con gli altri tre scialpinisti decidiamo di fare un gruppo unico e scendere insieme. Sbagliare percorso in questa nebbia sarebbe tutt’altro che piacevole. Così ricomincio questa strana gita al contrario. Lascio la cosiddetta civiltà per scendere nella solitudine della montagna. E misurami con la montagna vera fatta di neve un po’ infida, percorsi da trovare, ghiaccio vivo da evitare. A Pian dei Fiacconi saluto i miei compagni occasionali di discesa e proseguo lungo pista chiusa per il Lago Fedaia.

Ci si ritrova con gli altri davanti ad una birra. E non solo i due Maurizi, Cristina, Roberta e Lucia, ma al bar troviamo anche gli amici del Clanalpian. Anche loro a caccia dell’ultima neve. Probabilmente ci siamo incrociati senza riconoscerci in mezzo alla nebbia. E così la giornata finisce nel modo migliore, progettando future gite, pranzi e bivaccate in compagnia.


Andrea

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