Luoghi sacri: il Bivacco-che-non-c'è (28 ottobre 2006)

la targa al Biv. Rossi

Mi appresto a raggiungere la cengia ai piedi del Torrione Val de Piero con curiosità. Una foto e le indicazioni trovate sull’unica guida (che io sappia, almeno) che parla di questo luogo (G. Sani – F. Bristot, Schiara/Tamer/Spiz di Mezzodì, Luca Visentini Editore) in tasca. Mi aveva colpito subito, sfogliando il libro. Tra i “punti di appoggio” un bivacco sconosciuto, nessuna indicazione sulle cartine. Ma una descrizione incantata da parte degli autori. E una zona, la Val de Piero e il Burel, che solo in quest’ultima stagione ho cominciato a percorrere e scoprire nella sua selvaggia bellezza. Raggiungo quindi dal rifugio VII Alpini la Forcella Oderz, e inizio a percorrere un breve tratto del Viaz dei Camorz e dei Camorzieri. Subito mi ritrovo immerso in un altro mondo.
Abbandono il Viaz e risalgo lo zoccolo ai piedi del Torrione.
Biv. Rossi Ecco finalmente il pezzo di mondo che Franco Miotto ha dedicato a Piero Rossi nel 1983: in una piccola cengia erbosa una tavola di legno a far da panca, una pentola che pende dalla parete, una forchetta, un coltello e un cavatappi, una griglia e una sega, una barra ti ferro per tendere un telo. E la piccola targa.
Nulla di più. Perché altro non serviva a rendere questo luogo accogliente, riposante.
Si percepisce il passaggio discreto dell’uomo, ma non si riesce a capire da quanto tempo qualcuno non si avventuri da queste parti. Il confine è già stato superato, qui siamo oltre. Anzi, è un balzo indietro ai tempi dei cacciatori e degli esploratori delle immensi pareti. Entrambi passavano per questo pezzo di prato, spesso erano sia cacciatori che scalatori – o prima l’uno e poi l’altro -, e Biv. Rossisicuramente qui si fermavano. Non posso sapere cosa provassero riposando su questo piccolo praticello sospeso, ma le sensazioni che ho provato io arrivando qui sono le stesse che poi leggo sulla targa, pochi metri più in là: pace, bellezza, semplicità, sacralità del luogo.
Faccio fatica a staccarmi, dover tornare a valle e rimettere i piedi per terra. Vorrei proseguire per il tratto di cengia fino alla sorgente della Pala Tissi (sempre “opera” di Miotto…), e poi fermarmi al bivacco per il tramonto, accendere quel fuoco…
Ma non è possibile, la realtà anche per oggi è laggiù, allo sbocco della Val de Piero.
Lascio tra le rocce del bivacco un telo di plastica per chi passerà la notte quassù (come c’era in origine), il mio quaderno e una penna, e mi accingo a lasciare questo luogo che mi ha colpito come pochi altri andando per monti.

Andrea.


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