Il segreto di Taibon - 2 settembre 2006

Ci sono luoghi e montagne che presumiamo di conoscere a fondo, convinti come siamo di aver percorso in lungo e in largo i suoi sentieri e magari di aver raggiunto qualche cima, anche secondaria. Poi succede che sfogliando per l’ennesima volta una guida ti soffermi su una foto che anche altre volte avevi notato ma che questa volta ti colpisce particolarmente. Ed è in quel luogo che vuoi arrivare.
Perché non l’avevi notata prima?
Apri le cartine, consulti altre guide, ci provi pure con una ricerca in internet. Nulla. Solo quella foto che riesci genericamente a collocare lungo una cresta. Anzi, la ricerca non fa che alimentare la tua confusione: due cartine edite da due differenti case editrici indicano lo stesso toponimo per due luoghi differenti, sia pur non distanti tra loro.
E allora la curiosità aumenta e ci si mette in cammino.
Si abbandonano i sentieri segnati e ci si inerpica sulle prime cime. Ti rendi conto subito che ti trovi in un posto strano. Di questa cresta costellata di cime, pare che solo la più bassa abbia un suo nome, le altre, più alte, sono solo anticime, anzi: post-cime.
Possibile che sia questa la strada per raggiungere un posto così bello? Non può esistere in Dolomiti uno spettacolo della natura che non sia segnalato, bollato, numerato e magari ferrato: tutto pur di renderlo raggiungibile, direi quasi commercializzabile.
Ci siamo ormai arresi e ci prepariamo al ritorno quando notiamo quattro persone poco sotto di noi: solo allora, guardando con attenzione, ci accorgiamo di aver raggiunto la meta. Scendiamo e li raggiungiamo. Il posto è veramente uno spettacolo.
Loro però ci guardano stupiti. "Queste montagne sono nostre" ci dice uno in dialetto e con orgoglio e gelosia ce lo traduce gentilmente in italiano. Ma non c’è cattiveria nel tono della voce, c’è forse stupore nel veder comparire estranei in quel posto noto solo a chi quei luoghi li vive quotidianamente. E da quella frase capiamo perché di questo luogo abbiamo trovato pochissime tracce sulle nostre guide. Ci sentiamo allora un po’ intrusi e un po’ depositari di questo segreto.
Torniamo a valle in punta di piedi, quasi a non voler lasciare traccia della nostra salita.
E augurandoci che il segreto di Taibon resista nel tempo, accessibile a chiunque abbia voglia di andarselo a cercare.


Andrea.

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