Produttività formativa










E tuttavia come in economia, in educazione quantità e qualità delle abilità esperte prodotte e consumate da individui formati dipendono sia dalla struttura organizzativa della formazione e dalle sue complesse tradizioni sia da numerosi fattori e variabili di contesto sia da qualcosa di più immateriale e al tempo stesso di oltremodo concreto, dalla capacità di autorganizzare abilità, competenze e padronanze da parte del soggetto. La quantità dei prodotti scolastici è poi condizionata da una legge: più velocemente il sistema formativo produce nuovi obiettivi, più in fretta si disfa dei vecchi, non importa se per il loro consumo, la loro richiesta, la loro sostituzione perfino per la loro distruzione. Non si deve infatti dimenticare né sottovalutare che dispersione, sottoutilizzo, distruzione sono spesso strategie intenzionali oggettivamente messe in campo dal sistema organizzativo formativo per la propria sopravvivenza. Se guardassimo infine ai tassi di scolarizzazione del nostro Paese, certo la quantità di prodotti scolastici a disposizione nel 1890 apparirebbe diversa da quella del 1990. Ma se analizzassimo la rete distributiva( le scuole) e se rapportassimo le spese per l'istruzione al PIL del Paese, rispettivamente nel 1890 e nel 1992, noi scopriremmo che il tasso di produzione scolastica nazionale del 1992 è solo di qualche punto percentuale superiore a quello di cento anni or sono.
Ciò è peraltro comprensibile in periodi di rapido sviluppo: il patrimonio accumulato perde d'importanza. Lo stesso è accaduto con l'istruzione e la formazione nei Paesi europei, negli anni 60-80. Descolarizzazione, contestazione, depauperazione culturale dei libri di testi, nuove prospettive curricolari e culturali, predilezione di itinerari extrascolastici dell' apprendimento , nuova dimensione fruitiva dei messaggi e dei media. Insomma illusoria identificazione di nuove facoltà o nuovi domini di esperienza da sfruttare, e nuove tecnologie di loro trasformazione da impiegare. Innovazione educativa e diffusione massiccia di sperimentazioni per venire incontro a tali cambiamenti e rapidi sviluppi. L'accumulazione si è configurata come mera aggiunta di nuovi prodotti ai vecchi. Non si deve infatti pensare che i prodotti di un'economia di sussistenza siano necessariamente inferiori a quelli destinati al mercato più libero. E' vero piuttosto che i prodotti scolastici ottenuti con ottica locale nell'ambito di un mercato ristretto possono convivere a lungo con i prodotti formativi appositamente creati per l'innovazione e per la competizione internazionale. Per anni - a fronte delle difficoltà di generalizzare l'innovazione - ci siamo detti che occorreva portare pazienza, perché l'innovazione ha tempi lunghi per realizzarsi e istituzionalizzarsi. Oggi che non abbiamo più tempo e l'economia reale impone di ridimensionare drasticamente il tasso di incremento annuo delle sperimentazioni, oggi dobbiamo riconoscere come erronea la convinzione che l'accumulazione dei prodotti formativi dipenda da un incremento della efficienza scolastica. I primi possono benissimo continuare ad accumularsi senza che la seconda cresca. La formazione, la forma formazione che oggi conosciamo, può benissimo defungere senza che i prodotti formativi rallentino i loro ritmi di trasformazione, di accumulazione e di diffusione. Sicché possiamo e dobbiamo incrementare la produttività scolastica, ma non per se stessa. Servirebbe a poco, ove la formazione non torni ad intercettare i processi reali di accumulazione dei prodotti formativi che oggi si sviluppano prevalentemente fuori di essa. ( U.M.)







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