La fuga degli ebrei

 

 

Nell’interessante libro L’Orizzonte chiuso – L’internamento ebraico a Castelnuovo di Garfagnana 1941-1943 di Silvia Q.Angelini, Oscar Guidi, Paola Lemmi – Maria Pacini Fazzi editore 2002 , si narra la storia di alcune famiglie ebree internate, appunto, a Castelnuovo nel periodo che va dal 1941 al 1943. Verso la fine del 1943 tali famiglie avrebbero dovuto essere trasferite a Bagni di Lucca. Ma i tempi erano oscuri e le prospettive, per essi, preoccupanti, data la forte presenza dei militari tedeschi in Italia, per cui molte di queste famiglie tentarono, con la fuga, di sottrarsi al concentramento a Bagni di Lucca cui sarebbe seguita, si temeva, la deportazione in Germania.

 Alle pagine 125 – 128 dell’opera sopra citata è narrata la storia di una di queste famiglie, la famiglia di Oscar Kienwald, composta dallo stesso Oscar, dalla moglie Rachele Nadel e dai figli Erwin e Leonard.

 La storia, narrata dallo stesso Leonard, comincia il 5 dicembre 1943. Quella mattina tutti gli ebrei di Castelnuovo avrebbero dovuto trovarsi presso la caserma dei carabinieri per il previsto trasferimento a Bagni di Lucca. Ma la famiglia Kienwald aveva deciso di sottrarsi a quel destino e, a piedi, si era diretta verso la valle della Turrite Secca risalendola. Giunti al Pizzorno attraversarono il torrente e penetrarono nel bosco risalendo verso l’Alpe di Sant’Antonio. Durante la salita si fece buio e i quattro trovarono rifugio in una capanna. Al mattino successivo giunsero all’Alpe di Sant’Antonio dove, presentandosi come sfollati, in qualche modo riuscirono a sistemarsi. Dice Leonard che lui e suo fratello presero a lavorare per i contadini dietro compenso di generi alimentari sufficienti per sopravvivere. I rapporti con la popolazione erano sostanzialmente buoni (molti degli abitanti del luogo ancora li ricordano) e le condizioni di vita accettabili, per cui i  Kienwald forse pensavano di poter attendere qui, al sicuro, la fine della guerra. Ma le cose, purtroppo per loro, andarono diversamente. Nella primavera del 1944 i partigiani del Gruppo Valanga si erano insediati proprio in quella zona e verso la fine di agosto avevano ucciso un sottufficiale tedesco che, con una pattuglia, era risalito fin lassù. La reazione tedesca fu immediata e terribile: il 29 agosto attaccarono i partigiani che si erano attestati sul monte Rovaio, lo risalirono uccidendone una ventina e mettendo in fuga i sopravvissuti. Dopo di che incendiarono tutte le case dei luoghi che avevano ospitato i partigiani. Anche il casolare che ospitava i Kienwald fu incendiato.

 La situazione era, adesso, più difficile e i Kienwald, dopo essere sopravvissuti in qualche modo fino al novembre, presero in considerazione l’idea di mettersi in salvo passando il fronte. Pare prendessero contatto col maggiore Oldham, comandante della divisione partigiana Lunense e probabilmente furono informati dell’intenzione dei partigiani di attaccare alle spalle le truppe della RSI che tenevano il fronte. Fatto sta che un mattino, doveva essere il 23 o il 24 di novembre,  i quattro membri della famiglia Kienwald salirono alle Rocchette dove trovarono dei partigiani che li riconobbero come ebrei (uno dei partigiani era di Castelnuovo e li aveva conosciuti in passato) e li aiutarono a scendere fino a Vergemoli, oltre le linee.

 Era accaduto, infatti, che la notte del 23 il tenente Bertagni, comandante del 3° Battaglione della Brigata Garfagnana della Divisione Lunense, con 40 uomini del suo battaglione più 10 del 4°, tutti, pare, vestiti con le divise da bersaglieri, avevano colto di sorpresa il primo plotone del II Squadrone del Gruppo Cadelo (era il gruppo esplorante della divisione alpina “Monterosa” ma erano bersaglieri) che occupava quella posizione e lo avevano catturato. Nella notte del 24, poi, lo stesso Bertagni compì un’altra azione simile e catturò altri uomini del secondo plotone. Di conseguenza, una volta catturati e condotti prigionieri a Vergemoli i militari che le presidiavano, le Rocchette rimasero in mano partigiana fino al mattino del 25, quando il comandante del Cadelo salì con nuove forze e rioccupò la posizione. (1)

 Quel breve intervallo di tempo, però, fu provvidenziale per i Kienwald che poterono, con l’aiuto dei partigiani, attraversare le linee, in quel momento sguarnite, e scendere a Vergemoli, che si trova proprio lì sotto e che era occupato dagli americani

 

NOTE:

(1)   Vedi Appunti per una storia della guerra civile in Garfagnana di Mario Pellegrinetti – Ed. Pacini Fazzi Lucca 2003 , Cap. IX – Novembre 1944: la fine della “Lunense”,  pagg. 101,102. Il libro, con l’autorizzazione dell’editore,  è stato pubblicato anche nel presente sito.

 

 

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