|
Luigini e contadini. I volti di un
popolo
Fotografie di Mario Carbone tratte da "In Lucania con
Carlo Levi", ed. Lerici, Cosenza, 1980.
"Sono passati molti anni, pieni di guerra, e di quello che
si usa chiamare la Storia. Spinto qua e là alla ventura, non ho potuto finora mantenere
la promessa fatta, lasciandoli, ai miei contadini, di tornare fra loro, e non so davvero
se e quando potrò mai mantenerla. Ma, chiuso in una stanza, e in un mondo chiuso, mi è
grato riandare con la memoria a quellaltro mondo, serrato nel dolore e negli usi,
negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente; a quella mia terra senza conforto e
dolcezza, dove il contadino vive, nella miseria e nella lontananza, la sua immobile
civiltà, su un suolo arido, nella presenza della morte. Noi non siamo cristiani, - essi
dicono, Cristo si è fermato a Eboli -.
Cristiano vuoi dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase
proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più
che lespressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo
cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma,
e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro libera vita
diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono
di là dallorizzonte, e sopportarne il peso e il confronto. Ma la frase ha un senso
molto più profondo, che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale.
Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il
treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di
Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né lanima
individuale, nè la speranza, nè il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la
Storia. Cristo non è arrivato, come non erano arrivati i romani, che presidiavano le
grandi strade e non entravano fra i monti e nelle foreste, né i greci, che florivano sul
mare di Metaponto e di Sibari: nessuno degli arditi uomini di occidente ha portato
quaggiù il suo senso del tempo che si muove, né la sua teocrazia statale, né la sua
perenne attività che cresce su se stessa. Nessuno ha toccato questa terra se non come un
conquistatore o un nemico o un visitatore incomprensivo.
Le stagioni scorrono sulla fatica contadina, oggi come
tremila anni prima di Cristo: nessun messaggio umano o divino si è rivolto a questa
povertà refrattaria. Parliamo un diverso linguaggio: la nostra lingua è qui
incomprensibile. I grandi viaggiatori non sono andati di là dai confini del proprio
mondo; e hanno percorso i sentieri della propria anima e quelli del bene e del male, della
moralità e della redenzione. Cristo è sceso nellinferno sotterraneo del moralismo
ebraico per romperne le porte nel tempo e sigillarle nelleternità.
Ma in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione,
dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose,
Cristo non è disceso. Cristo si è fermato a Eboli", brano tatto dal
"Cristo si è fermato ad Eboli" di Carlo Levi, ed. Enaudi,
Torino, 1990, p.3-4. |
|
|