santmod7a.jpg (49561 byte)

Il Santuario
di S. Antonio Abate

Home Page   Aiutateci    Il Santuario   Il Santo   Religiosità   Spiritualità   Itinerari   Gallery   Archivio   Link

 

Il Santuario di Sant'Antonio abate o "Sant'Antuono" di Grottole

A cura di Giacinto Ruzzi

 

Bisogna essere in tanti, ma può anche bastare uno solo che non abbia perduto la curiosità di scavare nell’ossario di un luogo attraversato dai secoli per disseppellire lacerti di vita in spirito di modernità. Punto sulle pietre che riflettono il Santuario di Sant’Antonio abate, un complesso architettonico, in degrado, la cui costruzione primordiale, che fa corpo unico con la più recente chiesetta, risale a qualche anno dopo il 1371.

Oggi le automobili salgono e scendono per una stradetta interpoderale, asfaltata per un tratto, con non poche buche e ciuffi di cardi ai lati e il "pittoresco" lassù, tra fascinosi misteri e il fiato del vento che alza le piume di fiorellini dai colori intensi, ricchi di contrasto, dei quali avrei voluto sapere il nome.

Grande è l’emozione, ancora oggi, nel recarsi lassù e toccare con gli occhi le testimonianze lasciate da un fabbricato, insieme reli gioso e secolare, immerso in un paesaggio immenso tra i colori della quiete e il silenzio smisurato della campagna con tutte le sue voci, tra il cielo senza nuvole e l’odore di menta.
Anch’io,che sono di qui, a ogni mio ritorno guardo con occhi lucidi di sentimento la collina con la sua chiesetta e la sua storia, il suo passato e anche il suo presente e mi ci abbandono.
Il Santuario, alle comunità fervide di una vita popolare, appare come una ruvida scorza di muro che continua a scontrarsi col tempo e a innalzarsi vivace verso il cielo.
Dai segni di forza, che il fabbricato palesa nella bigia pietra dei suoi vecchi ambienti, nascono margini di storia e di cultura; per chi sa scoprirlo, negli scorci più segreti, vede l’intera opera che esce da una mente e da una mano spiritualmente armoniche, caratterizzate da grande razionalismo mistico.
Qui, tra l’elemento vegetale e le rovine, un bicchiere di vino in più porta ancora a lontani bisticci dialettici, fra devoti di Grottole e quelli di altri paesi, inframezzati di piccole tenerez ze romantiche.

Il Santuario fu voluto dalla Regina Giovanna I ,figlia di Carlo, Duca di Calabria, ed eretto sul crinale bucolico di "Fosso Magno", a circa quindici chilometri da Grottole, un piccolo centro cittadino della provincia di Matera.
Per raggiungerlo, non si deve fare altro che scendere da Grottole verso il torrente Bilioso e, all’incrocio con la Matera-Grassano, voltare a sinistra. A cinquecento metri circa, a destra, s’imbocca la strada che conduce al Santuario.

E’ meta di pellegrinaggio e, sopra la collina, tra le pietre che parlano, non manca il buongiorno del Santo e il volto paterno di Dio, che un bel giorno di chissà quanti millenni fa,creò, certamente per amore, e cielo e terra con quel che segue.
Una statuetta del Santo sistemata sul portale accoglie i fedeli che,come abbiamo già detto, raggiungono la vetta per lo più in automobile. In passato, invece, ci si inerpicava per sentieri impervi,tra rialzi di argilla e fossati paurosi. Dei devoti, alcuni raggiungevano il Santuario a piedi scalzi e con capelli sciolti, altri preferivano il dorso del mulo o dell’asino ed altri ancora amavano sistemarsi a "angin’ (a croce uncinata) cioè seduti su due sedie impagliate, assicurate con grosse funi ai lati del basto dell’animale.
Secondo una consuetudine, ancora oggi praticata, i fedeli compiono tre giri intorno alla chiesa prima di guadagnare l’ingresso. I tre giri vogliono ricordare le Persone della Santissima Trinità. Una sosta all’interno della chiesetta ci rivela due navate: una centrale, alta, con "volta a botte", l’altra, a destra,più bassa, con "volta a crociera".

In fondo alla navata centrale si osserva l’Altare Maggiore, in lastre di marmo e, in alto, la nicchia con la statua di S. Antonio abate avvolto in un panneggio di scotto. A destra dell’altare centrale, sulla porta della sagrestia, è sistemata la statua raffigurante S. Vito, e invece, in alto, nella nicchia sinistra, c’è quella che raffigura S. Biagio.
Nell’area del piano dell’Altare Maggiore, pure a sinistra, si osserva il Battistero: una stele con due statue in cemento e ferro ravvisanti una sorgente d’acqua viva con S.Giovanni nell’atto di battezzare Gesù, opera dello scultore Nisio Lopergolo di Grottole (1982).
Posta fuori dal presbiterio troviamo un’altra statua, in gesso, di S. Antonio abate, che viene utilizzata per le processioni. Mentre entrando nel tempio, a sinistra, un grande armadio custodisce alcuni stendardi, più avanti vi è un altare sormontato da una ampia tela su cui è dipinta la Madonna di Pompei e più avanti una scultura in gesso: la Madonna con Gesù sulle ginocchia.

Nella navata laterale sono sistemati due altari: uno frontale con piccola nicchia e statuetta di S. Rocco, l’altro laterale e, in alto, un grande Crocifisso in legno; in un angolo troviamo un elaborato di candele con piani degradanti e concentrici, dette "Cinto-i" e "Cirio-ii" nel linguaggio popolare. Sopra i due altari si osservano ciocche di capelli custodite in appositi astucci con coperchio di vetro, ex voto. In un angolo della sagrestia, numerosissimi i doni depositati: abiti simili a quelli del Santo, mani, gambe, cuori in argento, tutti a segnare il tempo dell’alleluja "per grazia ricevuta". Tre lampadari,artisticamente lavorati e con cristalli a goccia, riflettono la traccia profonda di un ceppo umano tra immense fatiche, ma mai lontano da Dio.

L’edificio,esternamente, è composto da due corpi di fabbrica: l’antico con il tetto della rotonda, il tamburo della cupola e il campanile che pare sollevarsi in volo per abbracciare il sole o la luna quando non viene avvolto da nebbia bassa e densa, e il fabbricato recente che è rappresentato dall’attuale chiesetta. Va detto che al corpo vetusto di fabbrica fanno parte anche l’alloggio per il "fratocchio" (così era chiemato il custode del Santuario), due altri ambienti su piano rialzato con rispettive gradinate, un focolare, un forno, una vecchia stalla adibita a salone di appoggio per i fedeli, un pozzo per l’acqua piovana che era incanalata dai tetti.
Non ci ha mai abitato nessuno all’infuori del fratocchio-custode che, fino a qualche tempo fa, viveva di offerte e di quel tanto che riusciva a ricavare dalla vendita di candele e lumicini votivi. Della manutenzione del Santuario se ne occupavano, principalmente, i devoti di Ferrandina.

Ho accennato al degrado dell'intero fabbricato. Ma, a parte il degrado dovuto alle cause naturali, imputabile particolarmente al "tempo" e all'acqua piovana che continua a trovare facili percorsi nelle strutture mai tenute sotto controllo, esiste l'abbandono in cui è tenuto il Santuario da parte di chi sovrintende alla conservazione dei nostri monumenti architettonici. Il complesso, si dice, doveva essere oggetto di ristrutturazione e invece i restauri tardano inspiegabilmente a venire.

 

 

Webmaster
amicipoesia@hotmail.com