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Il Santuario di Sant'Antonio abate o "Sant'Antuono" di Grottole A cura di Giacinto Ruzzi
Bisogna essere in tanti, ma può anche bastare uno solo che non abbia perduto la curiosità di scavare nellossario di un luogo attraversato dai secoli per disseppellire lacerti di vita in spirito di modernità. Punto sulle pietre che riflettono il Santuario di SantAntonio abate, un complesso architettonico, in degrado, la cui costruzione primordiale, che fa corpo unico con la più recente chiesetta, risale a qualche anno dopo il 1371. Oggi le automobili salgono e scendono per una stradetta interpoderale, asfaltata per un tratto, con non poche buche e ciuffi di cardi ai lati e il "pittoresco" lassù, tra fascinosi misteri e il fiato del vento che alza le piume di fiorellini dai colori intensi, ricchi di contrasto, dei quali avrei voluto sapere il nome. Grande è lemozione, ancora oggi, nel recarsi lassù e toccare con gli occhi le
testimonianze lasciate da un fabbricato, insieme reli gioso e secolare, immerso in un
paesaggio immenso tra i colori della quiete e il silenzio smisurato della campagna con
tutte le sue voci, tra il cielo senza nuvole e lodore di menta. Il Santuario fu voluto dalla Regina Giovanna I ,figlia di Carlo, Duca
di Calabria, ed eretto sul crinale bucolico di "Fosso Magno", a circa quindici
chilometri da Grottole, un piccolo centro cittadino della provincia di Matera. E meta di pellegrinaggio e, sopra la collina, tra le pietre che parlano, non
manca il buongiorno del Santo e il volto paterno di Dio, che un bel giorno di chissà
quanti millenni fa,creò, certamente per amore, e cielo e terra con quel che segue. In fondo alla navata centrale si osserva lAltare Maggiore, in lastre di marmo e,
in alto, la nicchia con la statua di S. Antonio abate avvolto in un
panneggio di scotto. A destra dellaltare centrale, sulla porta della sagrestia, è
sistemata la statua raffigurante S. Vito, e invece, in alto, nella
nicchia sinistra, cè quella che raffigura S. Biagio. Nella navata laterale sono sistemati due altari: uno frontale con piccola nicchia e statuetta di S. Rocco, laltro laterale e, in alto, un grande Crocifisso in legno; in un angolo troviamo un elaborato di candele con piani degradanti e concentrici, dette "Cinto-i" e "Cirio-ii" nel linguaggio popolare. Sopra i due altari si osservano ciocche di capelli custodite in appositi astucci con coperchio di vetro, ex voto. In un angolo della sagrestia, numerosissimi i doni depositati: abiti simili a quelli del Santo, mani, gambe, cuori in argento, tutti a segnare il tempo dellalleluja "per grazia ricevuta". Tre lampadari,artisticamente lavorati e con cristalli a goccia, riflettono la traccia profonda di un ceppo umano tra immense fatiche, ma mai lontano da Dio. Ledificio,esternamente, è composto da due corpi di fabbrica: lantico con
il tetto della rotonda, il tamburo della cupola e il campanile che pare sollevarsi in volo
per abbracciare il sole o la luna quando non viene avvolto da nebbia bassa e densa, e il
fabbricato recente che è rappresentato dallattuale chiesetta. Va detto che al corpo
vetusto di fabbrica fanno parte anche lalloggio per il "fratocchio" (così
era chiemato il custode del Santuario), due altri ambienti su piano rialzato con
rispettive gradinate, un focolare, un forno, una vecchia stalla adibita a salone di
appoggio per i fedeli, un pozzo per lacqua piovana che era incanalata dai tetti. Ho accennato al degrado dell'intero fabbricato. Ma, a parte il degrado dovuto alle cause naturali, imputabile particolarmente al "tempo" e all'acqua piovana che continua a trovare facili percorsi nelle strutture mai tenute sotto controllo, esiste l'abbandono in cui è tenuto il Santuario da parte di chi sovrintende alla conservazione dei nostri monumenti architettonici. Il complesso, si dice, doveva essere oggetto di ristrutturazione e invece i restauri tardano inspiegabilmente a venire. |
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