I dodici volti

Abbiamo accennato, in un precedente scritto, a come in alcuni casi l’immagine della divinità venga rappresentata con diversi volti; in particolare, è stata citata ad esempio l’elaborazione cristiana dell’antica iconografia del dio romano Giano.

Naturalmente la varietà delle espressioni iconografiche che utilizzano il simbolo del volto è grande.

Sappiamo infatti che Giano stesso poteva essere raffigurato con due o quattro volti (Macrobio – Saturnalia I, 9, 8 , ma anche Servio, ecc):

nel primo caso si intendeva rappresentare il simbolismo tipico del passaggio tra ciò che è stato e ciò che sarà;

nel secondo caso, il significato era più legato al simbolismo cosmico del ciclo annuale, intendendosi rappresentare, con i quattro volti, i momenti di passaggio da una stagione all’altra.

Per quanto riguarda il soggetto dell’immagine qui sopra,– Abbazia di Farneta (AR), capitello proveniente dai resti dell’antico chiostro- si tratta di un’immagine cristiana della divinità rappresentata con dodici volti.

Considerando quindi il succitato simbolismo dei volti, possiamo dire che l’insieme delle facce scopite sul capitello compone null’altro che una cosmologia, sempre riferita al ciclo annuale, dove i dodici volti raffigurano complessivamente i dodici mesi (o più verosimilmente i dodici segni zodiacali); inoltre, tra essi, di dimensioni maggiori, notiamo quattro facce dove si ripropone il tema della barba che diventa sempre più lunga; essi rappresentano appunto i momenti di passaggio delle stagioni.

Il capitello, certamente in origine posto ad un angolo del chiostro, era anche, con ogni probabilità, l’unico ad essere scolpito con immagini iconiche.

A ragione di questo sta il fatto che sono sufficienti le sue sculture a proporre l’intero tema ciclico del "tempo" inteso come "anno cosmico".

Per altro, l’immagine cosmica legata allo spazio era già suggerita dalla forma quadrata del chiostro, allusione alle quattro parti della terra.

Tutto ciò era naturalmente connesso con l’esigenza di ogni luogo sacro di riassumere in sé, con simboli di vario genere, l’immagine dell’Universo.

Il simbolismo cosmico del tempio

oppure

Alcuni accenni sulle ragioni della presenza di un significato cosmologico degli antichi simboli.

Come già accennato altrove, si voleva in questi casi realizzare, sempre in termini simbolici, il concetto di luogo abitato dalla divinità che di per sé è non è condizionata dalle dimensioni di tempo e di spazio.

E’ forse superfluo sottolineare che naturalmente il chiostro era un luogo consacrato.

Per quanto riguarda la prospettiva cristiana di questo genere di raffigurazioni, possiamo citare come, nelle sacre scritture, il Salvatore viene indicato come colui che porterà appunto "l’anno di grazia" Isaia LXI, 2 (II, 22, 1).

Vengono poi in mente autori come Ippolito di Roma: "E poiché Giorno, Sole e Anno erano il Cristo, bisogna chiamare Ore e Mesi gli Apostoli" (Be., Mosè ; P.O., XXCII, 171) nonchè Zenone di Verona che paragona i dodici apostoli ai dodici raggi del sole, cioè ai dodici mesi (Tract. II,9,2).

Tornando all’Abbazia di Farneta, possiamo notare come la stessa iconografia sia stata espressa anche in un archivolto (ora mutilo) che probabilmente in origine si trovava su una porta che conduceva al chiostro.

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