LINEE GUIDA PER L'USO DEL TEST GENETICO PER FIBROSI CISTICA

 

Documento elaborato dalla Commissione Genetica del Gruppo di Studio

Fibrosi Cistica (GSFC) della Società Italiana di Pediatria (SIP) e approvato dalla Società Italiana di Genetica Umana (SIGU)

 

Graziella Borgo 1, Faustina Lalatta 2, Angelo Cantù-Rajnoldi 2, Carlo Castellani 1, Maurizio Ferrari3, Anna Maria Giunta 4, Luciana Iapichino 5, Marco Lucci 6, Maurizio Scarpa 7

 

1) Centro Fibrosi Cistica-Ospedale Civile Maggiore,Verona

2) Dipartimento di Medicina di Laboratorio-Istituti Clinici di Perfezionamento, Milano

3) Laboratorio Analisi Cliniche -Ospedale S. Raffaele, Milano

4) Centro Fibrosi Cistica- Istituti Clinici di Perfezionamento, Milano

5) Centro Fibrosi Cistica - Ospedale dei Bambini  G. De Cristina, Palermo

6) Servizio di Genetica Medica - Ospedale S. Anna, Ferrara

7) Dipartimento di Pediatria, Università di Padova

 

 

 

Introduzione

 

Sono oggi disponibili tecniche di genetica molecolare per la diagnosi sia di portatore sia di malato di fibrosi cistica (FC), ma non vi è ancora a livello internazionale e nazionale un orientamento certo e diffuso su chi, come, quando, debba o possa utilizzarle (1-3).

Scopo di queste linee-guida è fornire un inquadramento del problema e proporre una pratica corretta di informazione e utilizzo del test genetico per fibrosi cistica oggi in Italia.

Esse sono destinate ai medici e a tutti gli operatori sanitari che negli ospedali, nei laboratori, negli ambulatori o consultori, sono coinvolti sul tema della fibrosi cistica e sono chiamati ad eseguire il test e a comunicare sullo stesso con gli utenti.

Il documento è stato elaborato dalla Commissione Genetica del Gruppo di Studio Fibrosi Cistica della Società Italiana di Pediatria.

La metodologia seguita per elaborarlo è stata la seguente: il Gruppo di Studio Fibrosi Cistica ha riconosciuto la necessità di porre chiarezza nelle indicazioni all'uso del test genetico per fibrosi cistica. Ha dato incarico ad una commissione di operatori, con formazione pediatrica e genetica e competenze particolari nel campo della clinica, della consulenza genetica e della diagnosi genetica della fibrosi cistica, di redigere un documento dedicato a questo scopo. Il documento steso dalla commissione è stato discusso nel corso di una riunione plenaria del Gruppo di Studio Fibrosi Cistica,  è stato, ove necessario, modificato e infine approvato.

E' stato in seguito sottoposto a revisione critica da parte di esperti della materia esterni al Gruppo Fibrosi Cistica e da parte di due componenti di Comitati Etici regionali.

 

 

Fibrosi Cistica: storia naturale della malattia, prognosi, terapie.

 

La fibrosi cistica (FC) è malattia genetica trasmessa con meccanismo autosomico recessivo, correlata  alla anomalia della proteina CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane Conductance Regulator), presente nella membrana apicale delle cellule epiteliali dove svolge una funzione di regolazione degli scambi idroelettrolitici (4). Il gene codificante per tale proteina si trova sul braccio lungo del cromosoma 7 (5,6).

La proteina alterata determina un difetto nel trasporto del cloro e conseguentemente presenza di secrezioni poco idratate a livello delle cellule epiteliali presenti nei vari apparati dell'organismo. Si hanno così l'accumulo di muco nei bronchi, l'ispessimento del succo pancreatico e i caratteristici elevati livelli di cloro nel sudore. Altri organi tipicamente interessati sono il fegato, l'intestino, l'apparato riproduttivo (Tab 1). Le funzioni intellettive e cognitive sono del tutto normali. Caratteristica della malattia è che le modalità di comparsa, l'entità dei sintomi e il decorso sono estremamente variabili. Alcuni malati possono presentare precocemente gli aspetti polmonari della malattia (infezioni respiratorie ricorrenti) e le manifestazioni gastrointestinali quali l'ileo da meconio alla nascita e la  sindrome da malassorbimento secondaria all’insufficienza pancreatica; altri hanno sintomi respiratori modesti e contenuti fino all'adolescenza (tosse saltuaria, sinusite, poliposi nasale), con quadro digestivo normale; per altri ancora i sintomi predominanti sono quelli dell'epatopatia o del diabete. In età adulta vengono oggi diagnosticate forme di malattia che hanno come manifestazione quasi esclusivamente l'infertilità maschile dovuta all'assenza congenita dei dotti deferenti (7-9) oppure, in  entrambi i sessi, episodi di pancreatite ricorrente (10).

La prognosi è determinata dall'entità della broncopneumopatia che è, nella maggior parte dei casi, evolutiva ed ingravescente; è però influenzata anche dallo stato di nutrizione, migliore nei soggetti diagnosticati precocemente (11), come pure dall'aderenza al programma di cure e alla presa in carico assistenziale da parte di centri specializzati (12). Il trattamento della pneumopatia consiste principalmente in fisioterapia respiratoria e antibioticoterapia intensiva. Per l’insufficienza pancreatica, enzimi pancreatici, supporto di vitamine liposolubili e alimentazione ipercalorica. Per le complicanze polmonari (pneumotorace, emottisi) e digestive (ipertensione portale, occlusioni intestinali) sono previsti protocolli di intervento chirurgico o medico intensivo. Sono in fase di studio farmaci mirati al miglioramento del trasporto ionico (13-15). Sta aumentando, con risultati soddisfacenti, l'esperienza del trapianto di polmone nelle situazioni di insufficienza respiratoria irreversibile (16) e più raramente, in casi selezionati di insufficienza epatica,  quella del trapianto di fegato. E' allo studio, in una fase molto preliminare, la realizzabilità della terapia genica del difetto di base (17).

Il  Registro Nazionale per Fibrosi Cistica (18), attivato in Italia nel 1988, indica che i malati in vita al 31/12/97 sono 3222, dei quali i1 45% ha più di 18 anni, il 10% circa più di 30 anni (da 31 a 65). Ogni anno  vengono fatte oltre 150 nuove diagnosi e l'età mediana alla diagnosi è di circa 9 mesi. L'aspettativa  di vita rimane poco prevedibile individualmente;  mediamente è ridotta rispetto a quella della popolazione generale, ma va progressivamente aumentando: sempre dai dati del Registro Nazionale emerge che nei primi anni 80 il 50% dei malati non superava i 14 anni, mentre nel '97 la stessa quota supera i 20 anni, con qualità di vita soddisfacente tranne che negli stadi di acutizzazione o terminali della  malattia.

 

 

Epidemiologia e genetica

 

La FC è la malattia ereditaria grave più comune nella popolazione caucasica, con una incidenza di 1 neonato malato ogni 2500-3500 nati vivi. La frequenza dell'eterozigote FC è perciò compresa tra 1:25 e 1:30. In altre popolazioni (Africani, Asiatici) l'incidenza risulta minore (3). Va  tenuto presente che i lavori pubblicati in campo epidemiologico si riferiscono a realtà disomogenee e difficilmente confrontabili (19); per l'Italia è disponibile qualche raro studio popolazionistico (20) che stima la frequenza del portatore essere simile a quelle sopraddette: per esempio, nel Veneto in base al numero dei soggetti diagnosticati malati attraverso screening neonatale (21), la frequenza del portatore è valutata essere 1:27. E' possibile che nella rilevazione epidemiologica vi sia una sottostima per diagnosi mancate di forme particolarmente lievi o atipiche.

A carico del gene CFTR, localizzato nel 1989 sul braccio lungo del cromosoma 7 e identificato come specifico gene-malattia, sono riportate finora oltre 900 mutazioni (22). Esse interessano principalmente una o poche basi nucleotidiche e sono distribuite per lo più nella parte esonica del gene e nelle sequenze di giunzione tra esoni e introni, più raramente negli introni. La frequenza delle mutazioni è diversa nelle varie nazioni e anche nelle regioni di una singola nazione, data la diversa origine delle popolazioni che vi si sono insediate. La mutazione DeltaF508 (delezione di 3 paia di basi codificanti per l'aminoacido fenilalanina al codone 508) è diffusa in tutto il mondo ed è quella presente nel maggior numero di cromosomi FC. La sua frequenza nel Sud Europa è più bassa rispetto al Nord Europa (23); in Italia una indagine multicentrica (24), che ha esaminato la frequenza di 12 mutazioni principali nel genotipo dei malati della maggior parte delle regioni, ha mostrato che DeltaF508 è di gran lunga la più frequente ma che la sua frequenza, così come quella delle altre mutazioni indagate, è assai variabile a seconda delle regioni. Nel loro insieme 12 mutazioni caratterizzano il 73% dei cromosomi FC italiani: ma rappresentano complessivamente solo il 63-64% di quelli diffusi nella popolazione della Calabria e del Lazio, invece l'84-85% di quelli della popolazione della Sardegna e del Trentino (Tab.2).

 

 

Correlazione genotipo-fenotipo

 

L'identificazione delle specifiche mutazioni non è predittiva della severità della malattia polmonare (25-27). In questo ambito si suppone l'intervento, accanto al gene CFTR, di geni modificatori e di fattori ambientali (28). Una correlazione genotipo-fenotipo è documentata solo per alcune mutazioni e lo stato di sufficienza o insufficienza pancreatica (29,30).

E' oggi conosciuta la frequente presenza di una o, più raramente, due mutazioni FC nel genotipo di soggetti adulti con infertilità secondaria ad assenza congenita dei dotti deferenti (7-9), come pure in maschi e femmine, in età anche avanzata, con storia di pancreatiti recidivanti (10) o broncopneumopatia bronchiectasica (31). In questi casi l'interpretazione del risultato fornito dall'analisi del genotipo è assai complessa ed è opportuno che sia demandata ad una consulenza genetica specialistica, dato che per distinguere la condizione di portatore da quella di malato si rendono necessarie una valutazione clinica mirata e la conoscenza approfondita di un'area diagnostica problematica.

 

 

Tecniche utilizzate per l'analisi genetica in fibrosi cistica

 

Attualmente i laboratori di biologia molecolare hanno a disposizione numerose tecniche per la ricerca delle mutazioni del gene CFTR. Esse si dividono essenzialmente in due gruppi: quelle utilizzate per la ricerca di mutazioni  frequenti e note e quelle utilizzate per la ricerca di mutazioni rare o non ancora conosciute (Tab.3). Le prime (Analisi Eteroduplex, Digestione con Enzimi di Restrizione, Amplification Refractory Mutation System, Reverse Dot Blot, ecc) (32) hanno costi relativamente elevati e non eccessiva complessità di esecuzione; si prestano ad indagare la presenza di una serie, di mutazioni, per ora abbastanza limitata, in un ampio numero di individui. Queste tecniche sono alla base di alcuni kit diagnostici (33) creati e commercializzati a questo scopo; che però hanno il limite di una sensibilità ancora non verificata nella popolazione italiana (si conoscono risultati relativi solo ad uno di essi, sperimentato su di una popolazione di neonati piemontesi, lombardi e pugliesi) (34) e comunque variabile da regione a regione, data la diversa frequenza delle mutazioni sul territorio nazionale.

Le tecniche che raggiungono sensibilità elevata (Singol Strand Conformational Polymorphism, Denaturant Gradient Gel Electrophoresis, Denaturing High-Performance Liquid Chromatography, Sequenziamento) (35) sono in grado di identificare un numero elevatissimo di mutazioni, tra cui quelle rare o addirittura non ancora conosciute: queste tecniche hanno costi elevati, sono sofisticate e richiedono tempi più lunghi.

Un censimento dell'utilizzo in Italia delle tecniche di genetica molecolare per fibrosi cistica e un elenco dei laboratori che le eseguono è disponibile sul sito Internet della Società Italiana di Genetica Umana: htpp:\\sigu.uniroma2.it.

 

 

Screening Genetico

 

Si definisce screening genetico l'analisi di un'ampia popolazione con l'intento di individuare soggetti malati o portatori di una malattia ereditaria. L'OMS ha stabilito (36) che perchè sia messo in atto uno screening di popolazione per un certo tratto genetico devono sussistere delle condizioni preliminari. Le principali di esse sono: gravità e rilevante prevalenza della malattia in oggetto; disponibilità di un test per il portatore altamente sensibile, specifico ed economico; strutture adeguate (consultori e centri per la diagnosi prenatale) per la campagna educativa ed operativa che è indispensabile supporto al test. La fibrosi cistica, malattia autosomica recessiva con alta frequenza di portatori, può rispondere alla prima condizione, ma la sua eterogeneità allelica rende difficile realizzare sul piano tecnico un test utilizzabile a livello di massa. Esso dovrebbe infatti essere in grado di diagnosticare almeno il 95% dei portatori: solo con questa soglia le coppie in cui uno dei due risulta portatore e l'altro negativo al test vengono ad avere un rischio di figlio affetto da FC simile a quello delle coppie che non hanno fatto il test (37) (Tab.4).

Inoltre l'ampiezza della popolazione a cui il test sarebbe destinato fa apparire insufficienti, anche nelle nazioni fornite di apparati sanitari efficienti, le strutture consultoriali al momento disponibili. Per queste ragioni autorevoli organizzazioni scientifiche  nord-americane hanno ritenuto in passato improponibile lo screening FC della popolazione generale (1,2) e suggerito invece programmi di testing genetico.

Si intende con tale termine l'analisi genetica rivolta, invece che alla generalità della popolazione, a  gruppi o categorie di essa. I familiari dei malati FC, soggetti caratterizzati rispetto alla popolazione generale da una maggiore probabilità di essere portatori del gene, sono stati ritenuti avere priorità in  tali programmi (38,39).

Nella popolazione generale sono state condotti studi-pilota allo scopo di saggiare, in presenza dei limiti tecnici ed organizzativi sopra detti, quale sia l'accettabilità del testing FC e quale la fascia-target più sensibile (40,42). La fascia di popolazione rappresentata dalle donne in gravidanza è apparsa quella più recettiva all'offerta del test (43); modeste invece la conoscenza della malattia e l'interesse al test da parte di altre categorie di popolazione (44). Sulla base di queste evidenze il più recente documento di National Institutes of Health (3) ha ribadito che negli U.S.A lo screening per FC della popolazione generale non è per ora praticabile; ha piuttosto suggerito che il test genetico sia offerto a quelle coppie della popolazione generale che pianificano o hanno avviato una gravidanza e venga eseguito se, dopo una "accurata e bilanciata" informazione (vedi oltre), esse scelgano di farlo. Questo orientamento rappresenta una sorta di compromesso rispetto ad un programma di screening generale ed è modellato sulla complessa realtà americana (multietnica, multiculturale, dotata parzialmente di un sistema sanitario pubblico e provvista invece di un vasto mercato assicurativo per la copertura individuale della spesa per la salute) (45).

La realtà italiana è caratterizzata dal fatto che un test utilizzabile su scala nazionale avrebbe una modesta sensibilità (mediamente più bassa di quella possibile nella popolazione bianca degli U.S.A) e lontana dalla soglia critica del 95% ritenuta necessaria per un programma di screening. Ogni regione italiana dovrebbe quindi definire la frequenza relativa delle più comuni mutazioni nella propria popolazione e con questo dato verificare l'attuabilità di un test che si avvicini il più possibile a tale soglia. Sulla scorta di quanto emerso fino ad oggi le regioni in cui questo potrebbe realizzarsi sono pochissime (46), e in ogni caso ogni regione, nell'ambito delle strutture pubbliche, dovrebbe operare una propria scelta di strategia sanitaria, alla luce di un ragionevole bilancio costi-benefici (47-51). Anche per quanto riguarda le strutture consultoriali di supporto all'erogazione del test va registrata una estrema variabilità delle risorse disponibili sul territorio nazionale e comunque mediamente un livello del tutto insufficiente rispetto alle esigenze preventivabili; infine appare estremamente bassa, in assenza di adeguate campagne educative, la conoscenza della malattia.

L'alternativa praticabile è la diffusione di un programma di testing genetico nei soggetti che hanno probabilità aumentata, rispetto alla popolazione generale, di essere portatori del gene FC o rischio aumentato di avere la malattia FC.

In accordo con questo criterio sono proposte le seguenti linee-guida: esse delineano le indicazioni all'uso del test per la diagnosi di portatore (in soggetti adulti) e la diagnosi di malattia (a livello prenatale, neonatale, età pediatrica, adulti). Per ogni indicazione vengono descritti gli aspetti fondamentali inerenti la fattibilità del test e le informazioni che devono accompagnarne l'offerta.

Indipendentemente dall'indicazione, valgono per il test genetico FC i principi, validi per tutti i test  diagnostici basati su tecniche di genetica molecolare, espressi anche dall'Istituto Superiore di Sanità in un apposito documento (52 ): il laboratorio che esegue il test deve essere inserito in programmi di certificazione di qualità (53); l'esecuzione del test va preceduta dall'informazione e dalla decisione autonoma e consapevole dell'individuo di sottoporsi al test (consenso informato, vedi allegato); nei minori il test dovrebbe essere evitato, ad eccezione di particolari situazioni per le quali si dimostri la sua utilità in termini medici, psicosociali o riproduttivi; il risultato del test è strettamente personale e va mantenuto riservato (per fornirlo ad altre persone occorre il consenso dell'interessato); il risultato deve essere fornito sotto forma di referto dettagliato e comprensibile e con il supporto del colloquio di consulenza genetica, raccomandabile sempre, indispensabile nel caso di soggetti o coppie con risultato positivo.

 

1. INDICAZIONI ALL'USO DEL TEST GENETICO FC PER DIAGNOSI DI PORTATORE

 

 

-Individui con storia familiare positiva per fibrosi cistica

 

Il test è indicato per i consanguinei di un soggetto diagnosticato affetto da FC o portatore FC, informando che la probabilità di essere portatori è tanto più alta quanto più stretta la parentela (Tab.5). Nei soggetti consanguinei di un malato o di un portatore la sensibilità del test diventa notevolmente più elevata rispetto ai soggetti della popolazione generale se sono note le mutazioni presenti nel malato o la mutazione del soggetto portatore.

Qualora il soggetto che si è sottoposto al test risulti portatore è raccomandabile eseguire il test nel-nella partner per valutare il rischio che la coppia abbia figli affetti da FC.

E' indicato eseguire il test anche nel-nella partner di un soggetto malato che intenda avere figli, dato il rischio aumentato della coppia di avere figli affetti da FC.

 

 

-Coppie di soggetti consanguinei

 

Dato il carattere autosomico recessivo della FC, nelle coppie di soggetti con consanguineità stretta (per esempio coppie di primi cugini) vi è un aumento del rischio di avere figli affetti da FC.

E' indicato il test genetico in entrambi i membri della coppia. Al momento dell'offerta del test essi vanno informati del fatto che la FC non è la sola malattia autosomica recessiva per cui la consanguineità comporti aumento del rischio riproduttivo, e che questo ed altri eventuali accertamenti non diminuiscono particolarmente il rischio complessivo. Nel caso di coppie con coefficiente di consanguineità inferiore (ad esempio coppie di secondi cugini) il rischio di avere un figlio affetto da FC è simile a quello della popolazione generale.

 

 

-Coppie con gravidanza con Intestino Iperecogeno Fetale

 

Nel feto con iperecogenicità intestinale il rischio di FC (circa 3%) (54,55) è superiore a quello della popolazione generale (0.04%).

La diagnosi di intestino iperecogeno presenta peraltro alcuni aspetti problematici: la mancanza di parametri omogenei per la definizione di iperecogenicità (56), la possibile transitorietà dell'immagine, l'epoca avanzata di gravidanza in cui essa viene riscontrata (non prima della 15-16a settimana di gestazione, spesso attorno alla 20a ).In particolare riguardo a quest'ultimo aspetto la coppia va preliminarmente informata che qualora il risultato finale delle indagini indichi la presenza di malattia FC nel feto e venga richiesta l’interruzione della gravidanza, essa può essere praticata nei limiti e con le modalità previste dalla legge 22.05.78 n.194 art.6-7. Compatibilmente con i tempi di massima urgenza che devono essere adottati, è indicato eseguire prima il test per il portatore in entrambi i membri della coppia e poi, in caso di positività, la diagnosi prenatale per FC. Se per ragioni di tempo si decide di eseguire l'analisi genetica per FC direttamente sul feto, è importante indagare contemporaneamente i genitori: è l'insieme di questi risultati che permette di definire il rischio di FC nel feto. Al momento dell'offerta del test FC la coppia deve essere informata anche del rischio di altre patologie possibilmente associate ad intestino iperecogeno fetale (anomalie cromosomiche, infezioni congenite) (57) e dell' indicazione quindi ad eseguire altri accertamenti volti a diagnosticarle.

Nel neonato che ha presentato in epoca fetale intestino iperecogeno, con accertamenti prenatali che non hanno potuto escludere il sospetto di fibrosi cistica, è opportuno follow-up clinico ed esecuzione del test del sudore per conferma o esclusione di malattia FC.

 

-Donatori di seme

 

Al momento della stesura di queste note sono in discussione alcuni provvedimenti legislativi in merito alla fecondazione con seme omologo ed eterologo.

Nel caso di utilizzo di seme omologo per una tecnica di fecondazione assistita, si veda il paragrafo "Coppie che richiedono tecniche di fecondazione assistita" e il comportamento che viene suggerito.

In relazione alla tecnica della inseminazione con seme eterologo, è indicato che il donatore venga sottoposto al test per il portatore FC analizzando il maggior numero possibile di mutazioni (58-60).

 

 

-Soggetti con Infertilità  secondaria ad Assenza Congenita dei Dotti Deferenti

 

Nei soggetti con azoospermia secondaria ad Assenza Congenita dei Dotti Deferenti è stata ampiamente documentata una frequenza aumentata di mutazioni FC. E' indicato il test genetico sia nel soggetto infertile che nella partner, informando che il risultato può avere ricadute importanti nei confronti delle scelte o delle possibilità riproduttive. La presenza nel genotipo del soggetto infertile anche di una sola mutazione FC rende necessaria una valutazione clinica mirata e un approfondimento diagnostico per fibrosi cistica (61).

 

Nelle condizioni fino a qui descritte, vi è indicazione al test genetico FC. Si ricorda che in base alla normativa vigente (Decreto  Ministero Sanità 10.9.98. Protocolli di accesso agli esami di laboratorio e di diagnostica strumentale per le donne in stato di gravidanza e a tutela della maternità, articolo 2) "in funzione preconcezionale, sono escluse da partecipazione al costo le prestazioni di laboratorio necessarie per accertare eventuali difetti genetici, prescritte dallo specialista alla coppia, se l'anamnesi riproduttiva o familiare della coppia evidenzia condizioni di rischio per il feto".  Tale normativa può creare difficoltà di interpretazione e difformità di comportamenti. La  Società Italiana di Genetica Umana ha espresso la necessità di chiarimenti (62).

 

 

Nelle condizioni descritte di seguito non vi è indicazione al test genetico per diagnosi di portatore: si fornisce per esse una valutazione e si delinea il comportamento attualmente praticabile.

 

ALTRE FORME DI INFERTILITA' MASCHILE: in letteratura è stato occasionalmente riportato un aumento di frequenza di mutazioni FC in forme di infertilità maschile non caratterizzate da azoospermia, ma da alterata qualità del liquido seminale (63) o da alterazioni morfologiche dell'apparato genitale (es. presenza di vescicole seminali rudimentali o singole) (64). Si tratta di segnalazioni limitate e sporadiche, non sufficienti allo stato attuale a porre l'indicazione all'utilizzo dell' analisi genetica in questi soggetti. Sono necessari ulteriori studi per chiarire la correlazione fra queste  patologie e il gene FC.

 

COPPIE DELLA POPOLAZIONE GENERALE  

Si tratta di coppie nelle quali nessuno dei componenti ha  rapporti di parentela con malati FC o portatori FC,  o è oggetto di procedimenti diagnostico per sospetta FC, o è compreso in altri gruppi citati in questo documento. Non esiste per queste coppie un aumento del rischio di generare figli affetti da FC rispetto alla popolazione generale, e non vi è pertanto indicazione specifica al test per il portatore FC.

Qualora, nonostante ciò, il test sia prospettato o venga spontaneamente richiesto, è indispensabile informare preliminarmente che  esso riguarda una fra le diverse  malattie genetiche per cui il soggetto o la coppia ha un rischio riproduttivo generico e che questo o altri eventuali accertamenti sono in grado di ridurre solo parzialmente tale rischio. Va poi fornita l'informazione specifica i cui aspetti salienti (Tab.6) vanno dettagliati in un documento da illustrare prima dell'esecuzione del test ("informazioni e consenso", vedi allegato). Avendo compreso le informazioni fornite, il soggetto o la coppia potrà recedere dalla  richiesta del test o confermarla. Se la confermerà il test verrà eseguito.

 

COPPIE CHE RICHIEDONO TECNICHE DI FECONDAZIONE ASSISTITA: se la ragione per cui la coppia chiede l'intervento di un Centro per  Fecondazione Assistita è diversa dall'infertilità secondaria ad Atresia dei Dotti Deferenti, essa non ha un aumento del rischio di generare figli affetti da fibrosi cistica e non vi è quindi indicazione specifica al test per il portatore FC. Di fatto va registrato che la richiesta di eseguire il test per il portatore FC, indipendentemente dall'eziologia dell'infertilità della coppia, è diventata prassi comune nei Centri per Fecondazione Assistita. In questi casi l'analisi genetica può essere eseguita seguendo le modalità applicate alla popolazione generale (vedi sopra).

 

 

2. INDICAZIONI ALL'USO DEL TEST GENETICO FC  PER DIAGNOSI PRENATALE

 

-Coppie in cui entrambi i soggetti sono portatori del gene FC.

 

Le coppie costituite da due portatori hanno rischio elevato di avere un figlio FC (1:4). Vi è per esse indicazione alla diagnosi prenatale FC; per poterla eseguire è necessaria l'identificazione della   mutazione FC di cui i due soggetti sono portatori. Se un genitore ha un figlio malato ma è portatore di una mutazione non identificabile, la diagnosi prenatale può essere realizzabile attraverso altre tecniche (analisi di siti polimorfici, ovvero di sequenze diverse, ma pur sempre normali, di DNA  ereditabili in associazione al gene FC), purchè sia disponibile il DNA del figlio affetto e dell'altro genitore. L'iter diagnostico ottimale è rappresentato dallo studio dell'informatività familiare (identificazione delle mutazioni o dei polimorfismi informativi) seguito dal prelievo di villi coriali eseguito a partire dalla decima settimana di gravidanza. L'analisi genetica può essere però eseguita in casi selezionati anche su sangue fetale e su amniociti. Se la coppia è informativa, il livello di accuratezza della diagnosi è estremamente elevato. E' indispensabile che la coppia riceva il (i) colloquio(i) di consulenza genetica e sia raccolto il consenso alla procedura (vedi allegato).

 

COPPIE DI PORTATORI E DIAGNOSI PREIMPIANTO: la diagnosi genetica preimpianto viene realizzata analizzando gli oociti non ancora fecondati (diagnosi preconcezionale su corpuscoli polari) oppure i blastomeri degli oociti già fecondati (con selezione di quelli che risultano affetti). Dopo la diagnosi si procede all'impianto in utero degli embrioni non affetti.

In Italia la sua fattibilità sotto il profilo legislativo non è stata ancora definita.

E' procedura di cui non sono ancora certi i dati inerenti l'accuratezza diagnostica, la sicurezza e la probabilità di avvio di gravidanza per ogni ciclo diagnostico (65,66). Pertanto è da considerarsi  procedura ancora sperimentale e la coppia che la richiedesse va preliminarmente informata di questa aspetto. Appare  poco probabile che questo approccio diagnostico, data la sua attuale elevata complessità tecnica, gli altissimi  costi e i molti problemi etici correlati, possa avere a breve ampia diffusione.

 

 

Nelle condizioni descritte di seguito non vi è indicazione al test genetico FC per diagnosi prenatale: si fornisce per esse una valutazione e si suggerisce il comportamento attualmente praticabile.

 

COPPIE A RISCHIO INTERMEDIO DI FIGLIO FC

Vengono così definite le coppie costituite da un soggetto  portatore e l'altro negativo all'analisi genetica.

In relazione alla limitata sensibilità del test attualmente disponibile nella popolazione italiana, il rischio di avere un figlio FC è per tale coppia superiore a quello della popolazione generale, comunque usualmente attorno a un ordine di grandezza di circa 1:400 (vedi Tab.4).

In queste situazioni il partner negativo all'analisi genetica standard potrebbe teoricamente trarre vantaggio da altre tecniche di ricerca di mutazioni (DGGE, SSCP, vedi Tab.3), in grado, se negative, di ricondurre il rischio della coppia al rischio riproduttivo generale. Tali tecniche, oltre ad avere  tempi lunghi di esecuzione e costi assai elevati, non arrivano ad escludere totalmente la presenza di mutazioni FC o possono evidenziare mutazioni il cui effetto fenotipico è sconosciuto o di difficile interpretazione.

In caso di gravidanza  potrebbe essere presa in considerazione la cosiddetta diagnosi prenatale di esclusione: l'assenza nel DNA fetale della mutazione del genitore portatore consentirà di escludere l'ipotesi di feto affetto nel 50% dei casi. Tuttavia nel rimanente 50% dei casi, il feto avrà ereditato la mutazione del genitore e il rischio di malattia raddoppierà. Un accertamento ulteriore in epoca avanzata di gravidanza (dosaggio di enzimi microvillari su liquido amniotico prelevato in 18a settimana di gravidanza) ha sensibilità e specificità non ottimali e non permette di arrivare a conclusioni diagnostiche di assoluta certezza (67).

Per queste ragioni si ritiene che la diagnosi prenatale nella coppie portatore-non portatore sia attualmente estremamente  problematica: la coppia deve avere  informazioni accurate e ampio sostegno di consulenza genetica per valutarne consapevolmente vantaggi e svantaggi.

 

TESTING  FETALE IN ACCOMPAGNAMENTO A DIAGNOSI PRENATALE PER ALTRE INDICAZIONI

Si intende con questa definizione l'applicazione del test genetico per FC direttamente su materiale fetale prelevato per altre indicazioni diagnostiche. Questa prassi appare non condivisibile in quanto si ritiene condizione preliminare la valutazione del rischio riproduttivo della coppia e l'indicazione alla diagnosi sul feto solo in caso di rischio elevato; inoltre va tenuto presente che l'identificazione di una sola mutazione sul materiale fetale non può, con il tipo di indagine correntemente applicata, distinguere tra feto affetto e feto semplicemente portatore. Per far ciò sarebbe necessario ricorrere a tecniche diagnostiche più sofisticate, lunghe, costose (vedi sopra) e spesso comunque non risolutive.

 

 

3. INDICAZIONI AL TEST GENETICO FC PER DIAGNOSI DI MALATTIA:

 

-in presenza di sospetto clinico

 

In presenza di sintomi o dati clinici sospetti per fibrosi cistica (vedi Tab.1) è indicata l'esecuzione del test genetico. Il test va eseguito dopo adeguata informazione dell'interessato o dei genitori, se il soggetto è minorenne; non va mai eseguito come indagine singola e preliminare, ma solo nel contesto dell'iter diagnostico per fibrosi cistica.

Va  tenuto presente che una ricerca delle mutazioni più comuni, vale a dire l'esecuzione di un test che abbia una sensibilità intorno al 70%, può diagnosticare un genotipo FC in non più del 50% degli affetti (questa è la quota di affetti che risulta avere genotipo con due mutazioni identificabili) (37); inoltre non è in grado di distinguere il soggetto portatore (presenza di una mutazione) dal soggetto malato che ha due mutazioni, una sola delle quali identificabile.

Per questo, per la diagnosi della malattia resta di fondamentale importanza il test del sudore (68), positivo nella quasi totalità dei casi. Nei casi con valore dubbio o addirittura negativo (eccezionali ma non impossibili) (69), vanno eseguite una valutazione clinica mirata e indagini supplementari specifiche (70) in ambiente specializzato. Qualora venga concluso per la diagnosi di fibrosi cistica, è fondamentale fornire, oltre all'indirizzo terapeutico, adeguata consulenza genetica.

 

 

-nell'ambito dello screening neonatale per la malattia 

 

Lo screening neonatale per fibrosi cistica (eseguito in funzione della legge 23/12/93 n.548: Disposizioni per la prevenzione e la cura della fibrosi cistica) viene abitualmente realizzato attraverso un primo accertamento biochimico: il dosaggio del tripsinogeno immunoreattivo (IRT).

I casi IRT positivi sono una esigua minoranza (0.5-1%) della popolazione totale screenata attraverso il test biochimico  e rappresentano una fascia di popolazione a più alto rischio di fibrosi cistica. L'IRT risulta elevato, nei primi mesi di vita, negli affetti da fibrosi cistica, ma anche in alcuni neonati sani (71); al fine di migliorare la specificità dello screening alcuni programmi prevedono che i neonati con IRT elevato siano sottoposti ad analisi delle più frequenti mutazioni. Per fare ciò viene utilizzato lo stesso campione di sangue, raccolto alla nascita, su cui è stata dosato l'IRT. La presenza di due mutazioni consente di porre diagnosi di malattia, mentre qualora se ne individui una sola il test del sudore discriminerà tra semplici portatori e malati con una sola mutazione  identificabile. Nei casi in cui non si riscontrino mutazioni le famiglie dei neonati non  vengono allertate, migliorando in tal modo la specificità del sistema e riducendo il numero dei falsi allarmi.

Va detto che l'analisi genetica nell'ambito dello screening neonatale porta inevitabilmente all'identificazione di alcuni portatori, riproponendo quindi la problematica relativa all'individuazione di portatori nella popolazione generale e inoltre introducendo quella dell'applicazione del test in soggetti non consapevoli. Esiste consenso sul fatto che analisi genetiche nei minori sono  da sconsigliarsi, tranne alcune specifiche eccezioni: tra queste l'utilizzo del test genetico per individuare una patologia per la quale si possa con vantaggio offrire un intervento medico adeguato e tempestivo (11,72). E' importante una adeguata informazione rivolta ai genitori dei nuovi nati, in modo che questi siano consapevoli della possibilità dell'esecuzione di un test genetico in una esigua minoranza di neonati. Il protocollo di screening neonatale deve inoltre prevedere la possibilità di rifiuto dell'eventuale approfondimento con studio di mutazioni, e l'offerta di consulenza genetica alle famiglie di portatori individuati .  

 

 

Allegati:

 

Informazioni e consenso al test genetico FC

Informzioni e consenso alla diagnosi prenatale FC   

 

 

 

Gli autori ringraziano per l'opera di revisione critica:

 

Paolo  Benciolini ,Istituto di Medicina Legale, Università di Padova

Antonio Cao, Clinica Pediatrica, Università di Cagliari 

Giuseppe  Novelli, Istituto di Genetica Medica, Università di Tor Vergata-Roma

Gianni Tognoni, Istituto Mario Negri-Milano

 

 


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