Luigi
De Bellis

 


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Opere riportate:

     
 

Se questo è un uomo

 
 

La tregua

 
 

La chiave a stella

 
     
     

 





Primo Levi



LA TREGUA: Narrazione autobiografica


Rievocando le vicende che avevano portato alla nascita di questo libro - la cui stesura fu avviata quattordici anni dopo Se questo è un uomo -, Levi scrisse: «È stato preceduto da innumerevoli versioni verbali: intendo dire, ogni avventura era stata da me raccontata molte volte, a persone di cultura diversa (spesso a ragazzi delle scuole medie), ed aggiustata a poco a poco in modo da provocare le reazioni più favorevoli». L'opera fu pubblicata nella collana «I Coralli», con la quarta di copertina di Italo Calvino.
Nel libro sono ripercorse le vicende comprese tra l'arrivo dell'Armata Rossa ad Auschwitz (gennaio 1945) e il ritorno dell'autore a Torino (ottobre 1945), lungo un viaggio tortuoso che lo porta dalla Polonia in Unione Sovietica, quindi in Romania, Ungheria, Cecoslovacchia, Austria, Germania e infine Italia. Un periodo di «tregua»» fra l'orrore della prigionia nel lager e il reinserimento nella vita civile. Rispetto a Se questo è un uomo (di cui è la continuazione), l'opera ha un impianto più decisamente letterario ed è divisa in diciassette capitoli, ciascuno con titolo.
Agli occhi dei soldati russi si presenta un quadro di sconvolgente desolazione: nel lager, frettolosamente abbandonato dai tedeschi in fuga, ci sono ovunque cadaveri, agonizzanti in stato di totale abbandono e malati immersi nella sporcizia e nel gelo. Nello stupore doloroso dei liberatori torna ad affacciarsi quel sentimento di vergogna e di impotenza già provato dagli stessi prigionieri. Il disgelo rende le condizioni del campo ancor più precarie sotto il profilo igienico-sanitario. Trasferiti gli ex prigionieri al «Campo grande» di Auschwitz, Levi conosce un greco e si accompagna a lui nel viaggio verso Cracovia. Nei rapporti con questo greco - abilissimo negli affari e sprezzante nei confronti del giovane, apertamente rimproverato per la sua ingenuità e inesperienza nelle faccende pratiche - si ripropone la distinzione tra chi con furbizia riesce a far fronte alle difficoltà e chi non sa mettere a punto un'adeguata reazione. L'abilità del greco si manifesta appieno nella caserma dove si rifugia per una notte con il nuovo amico.
Giunto nel campo di sosta a Katowice, Levi viene temporaneamente impiegato come «doktor» e conosce Cesare, un vivacissimo romano anch'egli dotato di uno spiccato senso degli affari; con lui e con altri profughi, si mette in viaggio per tornare a casa. Insieme organizzano scambi vantaggiosi: in Russia, per ottenere una gallinella (una «curizetta»), si impelagano in un'estenuante e comica trattativa con una famiglia di contadini. Ma Cesare è anche autore di commerci truffaldini: vende infatti un anello d'ottone spacciandolo per oro, pesce siringato con acqua e camicie bucate per nuove. Tra le masse sbandate di profughi, si riproduce in sostanza la separazione tra i molti che subiscono passivamente gli eventi e i pochi che sanno trarre vantaggio dall'ingenuità o dalla debolezza altrui. Cessato il pericolo immediato della guerra, insorge prepotente la necessità di raccontare, e tra gruppi linguisticamente tanto distanti si ricorre a una comunicazione mediata e mescidata, per cui il romanzo è punteggiato di parole o frasi dialettali o straniere. Quando, per esempio, un marinaio russo racconta un movimentato episodio di guerra, per essere compreso dal suo variegato e attento uditorio, egli ricorre a tutte le forme espressive che riesce a ricordare e che vanno dal russo al tedesco, allo yiddisch e infine al linguaggio gestuale. Il viaggio prosegue tra innumerevoli difficoltà. A Curtici, tra la Romania e l'Ungheria, il convoglio sosta una settimana e per il paese è la devastazione, visto che i profughi fanno incetta di tutto quanto capiti loro a portata di mano: «è da credersi anzi che questo sia entrato a far parte delle tradizioni locali, e che se ne parlerà per generazioni, accanto al fuoco, come altrove ancora si parla di Attila e di Tamerlano». La vista di città poco prima nemiche, come Monaco e Vienna, distrutte dai bombardamenti, riaccende la memoria delle sofferenze provate durante la guerra. Lentamente, tuttavia, si ricostruiscono i vincoli sociali e le abitudini civili; i gruppi si consolidano e, dopo aver superato tutte le difficoltà provocate dallo stato disastroso delle linee di comunicazione, Levi può fare ritorno nella sua casa il 19 ottobre del '45.
Nell'ultimo capitolo l'autore tocca con pudore e levità il tema del ricordo della prigionia e degli incubi che hanno continuato a visitarlo dopo il rientro, tanto potenti da fargli sospettare che quella del lager fosse ormai l'unica realtà e che la vita quotidiana vissuta in tempo di pace altro non fosse che un breve sogno,
«Nella Tregua Levi ha raggiunto il terreno felicissimo della narrazione ugualmente viva e toccante sia che passi attraverso le situazioni più impreviste ed emergenti, sia dei momenti più torpidi e vuoti» (Giuliano Manacorda). In questo libro, secondo Marco Belpoliti, «la vocazione epica di Levi si fonde con la sua capacità di essere narratore di fatti minuti e di avvenimenti strani, con la sua eccezionale capacità di osservazione».
La tregua ebbe una buona accoglienza di critica e vinse il premio Campiello. È del 1997 una riduzione cinematografica con la regia di Francesco Rosi; sceneggiatura di Rosi, Stefano Rulli, Sandro Petraglia; interpreti John Turturro, Massimo Ghini, Rade Serbedzija, Claudio Bisio.

 

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