Luigi
De Bellis

 


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Hermaphrodito

 
 

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Infanzia di Nivasio Dolcemare

 
     
     

 





Alberto Savinio (Pseudonimo di Andrea De Chirico)



HERMAPHRODITO: Pastiche


Molti dei capitoli del libro, dedicati dall'autore al fratello Giorgio de Chirico, e recante il sottotitolo «Microscopio-Telescopio», furono pubblicati su vari periodici italiani e francesi e, in particolare, sulla stessa «Voce», tra il febbraio e il dicembre del 1916.
L'opera si presenta come un autentico miscuglio di generi: «ogni delimitazione di genere è impossibile, ogni spalliera di retorica e di estetica sono dinanzi a questo libro impensabili» (Giovanni Papini). Tra le sezioni (tutte titolate) che costituiscono il testo, è possibile ritrovare brevi componimenti di tipo teatrale («Prelude. Tète-antichambre de ministre», «Drame de la ville méridiane», «Drame de l'après-midi entre deux saisons»), prose su argomenti di attualità, còlti e commentati secondo l'ottica straniante dell'autore («Il Papa in guerra», «L'ora ebrea»), vari spunti autobiografici («Il rocchetto di Venere», «Un bagno russo», «Ferrara-Partenza», «Isabella Hasson»), una sorta di micro-canzoniere («La festa moratoria» ), e infine brani con una più accentuata pretesa storico-filosofica, per quanto anch'essi sostenuti da una linea di pensiero eccentrico e contraddistinti da una miscellanea di suggestioni («Epoca Risorgimento», «Dio-ruotalibera», «L'orazione sul tetto della casa»). Inoltre, la seconda parte è occupata quasi interamente dalla «Partenza dell'argonauta», lunga narrazione romanzesca divisa a sua volta in vari capitoli.

Il libro nasce nel vitale ambiente fiorentino e ferrarese degli anni della guerra: a questo periodo risale l'amicizia intensa di Savinio con alcuni grandi intellettuali del tempo, come Giovanni Papini o Ardengo Soffici, che l'autore aveva avuto modo di conoscere e frequentare, insieme al fratello, il pittore Giorgio de Chirico. L'esperienza delle avanguardie (con le sue provocazioni e le sue irriverenze) è in parte riscontrabile nell'assemblaggio disorganico e granguignolesco dei pezzi che compongono il libro, e che ne fanno un esempio di letteratura atematica, se non addirittura anti-tematica. Anche le tecniche adoperate dallo scrittore, per mettere in atto un teatro di beffe, lazzi e oscenità di vario tipo, sono per molti versi avvicinabili a quelle futuriste, dadaiste e, soprattutto, precorrono molti aspetti del successivo surrealismo. Lo stesso sottotitolo dell'opera, «Microscopio-Telescopio», allude a una volontà deformante: questi strumenti - che sono poi esemplari dell'atteggiamento dell'autore - permettono di ingrandire ciò che è piccolo, insignificante, o di avvicinare e portare in primo piano ciò che è lontano, apparentemente irraggiungibile, in un continuo cambio di prospettiva. L'inserimento di clementi propri della realtà e della natura "bassa", derivanti molto spesso dall'universo corporeo, anzi corporale in senso stretto, rientrano proprio in questa logica: la lontananza, che microscopio e telescopio contribuiscono ad annientare, non è soltanto fisica, ma anche sociale, civile, morale. Peculiare è la riabilitazione di ciò che la "decenza borghese" ha bandito. L'universo hermaphroditico è infatti costellato di svariati tipi di escrementi («elisir d'orina», «piscio di gatto», «dolci neri a forma di schisti, di coproliti, di feci fossilizzate»), di elementi tratti dalla sfera sessuale o che a questa si richiamano più o meno esplicitamente («odore di verginità», «abbracciamenti frenetici e profumate morbidezze di sapienti linguate», «il mio treno fiero del suo altissimo fumaiolo»), di tutto un materiale repellente o animalesco, per caratterizzare il quale l'autore spesso mette in atto continui processi di reificazione delle componenti umane e di umanizzazione degli oggetti inanimati (per esempio, le donne vecchie sono descritte «accosciate come orrendi gallinacei», mentre il treno è paragonato a una «tenia»).
Costante è anche il riferimento alla mitologia, abbassata e rivisitata in chiave ironica, umoristica (l'autore dichiara di voler raggiungere una «divina frivolezza»). Hermaphrodito, secondo il mito, è il figlio di Hermes e Afrodite, dotato dl duplice sessualità, e dal pulito di vista filosofico testimonia di una realtà che sfugge al principio di una sola verità. Egli è pertanto l'esempio di una felice compresenza degli opposti, che trova il suo contraltare retorico nella figura prediletta da Savinio, l'ossimoro.

La «Partenza dell'argonauta» rappresenta una dimostrazione evidente dell'abbassamento del tema mitologico: l'argonauta non è altri che l'autore stesso che viene trasferito, insieme con il suo reparto dell'esercito, da Ferrara a Salonicco. Le avventure fantastiche e le peripezie, l'enfasi e il tono eroico della narrazione di Apollonio Rodio si convertono qui in un lungo tragitto in treno e in nave, nel corso dei quale viene presentata una congerie di tipi umani bizzarri o insignificanti, di paesaggi squallidi, conditi da note di disgusto legate a odori spiacevoli di gabinetti o di bordello, oppure animati da qualche particolare curioso, o anche sciocco e superfluo. Rilevante il ritratto di Mazzini («Epoca Risorgimento»), accostato a Nietzsche e definito «lirico» perché passionale, gratuito (egli possiede «lo stato scemo dell'uomo di genio»; «Mazzini? Uomo-epoca. Vuoto di sostanza, come ogni felice principiamento»). La Ferrara della pittura metafisica, presente in più capitoli, ritorna come motivo frequente e come sfondo delle rievocazioni autobiografiche («"Frara" città del Worbas», «La festa moratoria»).

Il linguaggio di Hermaphrodito si presenta assolutamente onnivoro e lo stesso Savinio definisce l'opera «moltilingue»: il plurilinguismo qui svaria tra i registri e le lingue più diverse (l'ultima parte del «Rocchetto di Venere» accoglie vocaboli russi, francesi, greci, spagnoli e perfino latini), e inoltre si concretizza spesso, all'interno dell'italiano, nella combinazione di neologismi, arcaismi, giochi etimologici e calembours. L'inevitabile sensazione di sovraccarico, il peculiare espressionismo saviniano è riconducibile all'idea del linguaggio come pulsione, gioco disinteressato, desiderio e distruzione: tuttavia questo onirismo linguistico-retorico non è casuale, ma, diversamente dalla scrittura automatica del successivo surrealismo, è sapientemente organizzato e controllato dall'autore.

 

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