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Aidone sorge nel centro della Sicilia, sulle propaggini orientali dei monti Erei, a 850 metri circa sul livello del mare; il panorama che vi si gode è a 360 gradi sulla piana di Catania, l’Etna, i monti Erei e le boscose contrade da cui nascono i rami del Gornalunga. Si
può raggiungere dall’autostrada Palermo-Catania, uscendo allo svincolo
di Mulinello o di Enna,
in direzione di Piazza Armerina; si imbocca quindi il bivio per
Aidone sulla SS 288. Non
si hanno notizie certe sulla nascita di Aidone.. La tradizione vuole che
nell’862 sia stata conquistata dagli Arabi e all’arabo si fa risalire
l’etimologia dello stesso nome Aidone, che in quella lingua suonerebbe
“fonte d’acqua”. Agli Arabi si attribuisce l’introduzione, nella
contrada Baccarato,
dell’allevamento del baco da seta e la costruzione del Castello e di
alcune moschee, trasformate poi in chiese cristiane. La
storia più antica potrebbe essere conosciuta
solo con scavi archeologici sistematici, quella, invece, ben
documentata ha inizio con la conquista normanna della Sicilia nel 1061,
quando Ruggero d’Altavilla vi condusse una colonia formata in gran parte
da gente
proveniente dall’Italia Settentrionale, l’antica Lombardia,
come
testimonia la presenza del singolare dialetto, che gli studiosi
antichi chiamarono ‘lombardo-siculo’ e i moderni ‘gallo-italico’.
All’epoca
medievale risale il definitivo assetto urbanistico di Aidone con il
centro situato nell’odierna piazza Umberto, da cui si dipartono a
raggiera le principali strade cittadine. I
Normanni fortificarono il Castello, costruito in posizione strategica a
controllo delle maggiori vie di comunicazione della Sicilia centrale,
permisero agli Aidonesi di edificare un tempio in onore del loro
compaesano Papa Leone II (682),
nell’anno in cui fu proclamato santo (1090), e costruirono la
chiesa di Santa Maria Lo Plano (1134), poi La Cava, nel luogo occupato,
secondo la tradizione, dal cimitero saraceno. Da
questo momento le vicende
di Aidone si confondono in quelle della storia siciliana; singolari
aneddoti, monumenti e toponimi continuano a testimoniare la presenza nella
nostra cittadina di tutti i conquistatori succedutisi sul suolo siciliano:
Svevi (1194-1267), Angioini (1267-1282), Aragonesi (1282-1412),
Castigliani (1412-1516), Austriaci (1516-1700), Borboni (1700-1860). Durante
la dominazione aragonese Aidone venne data in qualità di feudo a Manfredi
Chiaramonte. Il potere passò nel 1296 al conte Enrico Rosso
e nel 1373 a Bartolomeo Gioieni, la cui famiglia mantenne la
feudalità fino al 1812. Il
Cinquecento e il Seicento, nell’ambito della ricristianizzazione
dell’isola, seguita alla Controriforma, videro l’arrivo di vari ordini
monastici. Carmelitani, Domenicani, Cappuccini, Minori Conventuali,
Paolotti, Domenicane che arricchirono il paese di conventi e chiese e
segnano la nascita di numerose confraternite, nonché di riti e di feste
religiose che si protraggono ancora ai nostri giorni. Se
il soggiorno in Aidone si prolunga di qualche giorno oltre a visitare la
zona archeologica di Morgantina e il suo Museo è senz’altro
consigliabile una visita al centro storico e alle sue chiese, Aidone
infatti conta un numero di chiese impressionante, se rapportato alla
popolazione che non ha mai superato i diecimila abitanti. Per una visita sistematica sono consigliabili i seguenti itinerari da percorrere a piedi, tutti prendono le mosse dalla piazza Umberto o del Municipio: 1° da via Roma, 2° dalla discesa di via d. Minolfi, 3° dal corso Vittorio Emanuele e la Villa Comunale. Itinerario
n° 1: via Roma e via Erbitea
Piazza
Umberto:
è il centro nevralgico del tessuto urbano medievale, da cui si
dipartivano tutte le strade principali, un piccolo gioiello su cui si
affacciano il Municipio,
una rigorosa costruzione risalente alla fine del
‘700, e la Chiesa
di S. Leone, eretta nel 1090 utilizzando per la costruzione
anche conci megalitici provenienti dalle rovine di Morgantina. La chiesa
fu dedicata a papa Leone II, nell’anno della sua proclamazione a santo.
Secondo la tradizione egli aveva origini
aidonesi ed era stato cresciuto ed educato nel convento dei
Benedettini che sorgeva sul colle di Cittadella. L’antico tempio fu
distrutto dal terremoto del
1693, la ricostruzione risente del gusto
barocco, che caratterizzò in Sicilia le ricostruzioni del dopo terremoto.
La
Via Roma
era caratterizzata, nel suo primo tratto, dalle case dei signorotti
locali; a raccontarcene i fasti rimangono oggi solo i bei portali. Essa,
allargandosi nella
bella piazza Dante, culmina scenograficamente nella magnifica ed imponente
facciata di San
Domenico, dalla singolare decorazione in bugnato a punta di
diamante. La chiesa fu costruita a partire dal 1419 dal beato Vincenzo da
Pistoia. l motivo a punta di diamante fa pensare alla seconda metà del
Quattrocento, quando lo stile ‘plateresco’ si diffuse dalla Catalogna
anche in Sicilia e nell’Italia meridionale. Questo motivo decorativo
rappresenta un unicum in un edificio religioso, gli altri esempi
conosciuti, infatti, appartengono tutti all’architettura civile. La
chiesa subì molti danni per il terremoto
del 1693, la data del 1741 impressa sul portale si riferisce certamente ai
lavori di consolidamento; a questi restauri appartengono
anche i cantonali del
prospetto, in blocchi regolari di arenaria locale incisi con un motivo
decorativo a chiocciola, nonché l’elegante portale barocco. La
Chiesa Madre o di S. Lorenzo
sorge in fondo alla via Roma. La chiesa, nei pressi del Castello, è
probabilmente la più antica di Aidone, ma la forma attuale risale
alla ricostruzione settecentesca, dopo il terremoto del 1693. La facciata
fu ricostruita utilizzando il materiale antico. Fu recuperato il bel
portale gotico ma non l’antica iscrizione i cui frammenti
sono sparsi per tutta la facciata. Il
Castellaccio -
Proseguendo, da dove la via
Roma si restringe nella via Castello, si giunge davanti ai ruderi del
Castello medievale, costruito in cima ad un colle inespugnabile dal quale
si controllano, quasi a 360° , le pendici meridionali dell’Etna, la
piana di Catania, il versante orientale dei Monti Erei, la valle del
Gornalunga, il sistema collinare di Morgantina, il Castello dei
Pietratagliata. Le rovine sono poco leggibili ma la vista gode di un
panorama impareggiabile. Secondo la tradizione il castello era una
fortificazione araba, secondo gli studiosi risale invece all’epoca
normanna. La via
Erbitea come un
lungo serpentone, dalla piazza Umberto
si snoda ripidamente attraverso
tutto il quartiere di S. Giacomo e più giù fino alle due chiesette
appaiate, la Madonna delle Grazie e Sant’Antonio, e poi
prosegue quasi direttamente fino alle rovine di Herbita,
ovvero di quella che per
secoli fu ritenuta Herbita e che solo negli anni cinquanta è stata
identificata come Morgantina. Il quartiere di San Giacomo, abbarbicato al
monte e ai piedi del Castello, oggi è in parte abbandonato, è certamente
il più antico ed era caratterizzato dalle case basse dei contadini e da
un dedalo di viuzze, nonché dalla presenza di numerose chiese inserite
nel fitto tessuto urbano. Chiesa di Maria SS. Delle
Grazie
- La chiesa deve la sua nascita al leggendario ritrovamento nel
1618 della sacra immagine della Madonna, che allatta il Bambino,
dipinta su lastra di pietra. In
seguito al ritrovamento fu costruita probabilmente una cappella, la chiesa
attuale risale al Settecento. Sull’altare laterale è un pregevole
dipinto secentesco che raffigura il corteo
delle Sante Vergini siciliane (datato 1642). La chiesa di Sant’Antonio
Abate
è posta all’ingresso orientale del paese e costituisce uno dei
suoi monumenti più suggestivi e ricchi di storia. La tradizione
l’ ha sempre ritenuta una piccola moschea trasformata in chiesa
cristiana dai Normanni, lo testimonierebbe il bel portale a sesto acuto nella parete di mezzogiorno, oggi
murato, e le piccole feritoie
ai suoi lati. Gli ultimi
restauri hanno portato alla luce un affresco,
datato 1581, che illustra, con un tecnica oserei dire fumettistica, le
tentazioni di Sant’Antonio. L’icona centrale, che raffigura il Santo,
nei modi tradizionali del vecchio con una lunga barba e il porcellino ai
piedi, è contornata, in
ciascuno dei due lati, da quattro riquadri; a sinistra sono rappresentati episodi della vita
del santo, a destra le
tentazioni del diavolo; ogni riquadro è illustrato da didascalie in
siciliano. Itinerario
n°2: Piazza Cordova, Chiesa di Sant’Anna
Via
Domenico Minolfi
Ritornati in Piazza Umberto si prenda questa volta per la breve e
ripida discesa a destra del
Municipio, la via D. Minolfi . Sulla piazza si affaccia maestosa la Torre Adelasia. La torre, oggi campanile dell’annessa chiesa di S. Maria La Cava, era in origine una delle torri di difesa. Dell’impianto originario, di epoca normanna, conserva il piano inferiore dall’alto portale ogivale e, all’interno, la magnifica volta a crociera. Nei secoli ha subito molti rimaneggiamenti e sovrapposizioni ben testimoniati dai diversi stili. La chiesa di S. Maria La Cava
ha origini antichissime. Con il nome di S. Maria Lo Plano, fu
fondata nel XII sec. da Adelasia, nipote del conte Ruggero d’Altavilla
Dell’impianto medievale conserva solo l’abside e la torre di cui
abbiamo parlato. Allo stesso modo anche la chiesa ha subito numerosi
restauri e rimaneggiamenti, L’attuale facciata, incompleta, frutto di un
ambizioso progetto tardo secentesco per una chiesa a tre navate, presenta
il meglio dell’arte barocca, nel rispetto di quella compostezza e
classicità di linee che sono una costante dell’architettura aidonese. Il portone in bronzo della facciata, rappresenta episodi della vita di S. Filippo Apostolo, il Nero, cosiddetto per le singolari sembianze nere, date dall’ebano in cui è scolpita la statua che risulta di epoca e stile incerti. Il simulacro del santo miracoloso, custodito in una cappella riccamente decorata di stucchi, è oggetto di grande venerazione e il 1° maggio convengono in Aidone, per celebrarlo, decine di migliaia di pellegrini provenienti da tutti i comuni della provincia e oltre. Chiesa
e convento del Carmelo, Biblioteca Comunale
- Dalla piazza si risalga per la via Abbate
Scovazzo e, subito
dopo gli edifici nuovi del Municipio, sulla destra si incontra il convento
dei Carmelitani, sede della Biblioteca Comunale. Vale la pena fare
una visita e chiedere alla Bibliotecaria di poter visionare il fondo
antico, ricco incunaboli, cinquecentine, manoscritti e molte pubblicazione
del ‘600 e del 700; vi si conserva anche una preziosa divisa militare
appartenuta al Conte di Cavour e da lui donata al suo amico e prezioso
collaboratore, Filippo Cordova, ed altri cimeli civili e militari. Chiesa di Sant’Anna e chiostro del convento - Svoltando a destra si raggiunge la via Fratelli Palermo, meta preferita dello struscio dei più giovani. La si percorra tutta fino alla piazza Vittorio Veneto e da lì si imbocchi la stretta via Sant’Anna, che si apre sul largo omonimo.La chiesa di Sant’Anna ha origini molto antiche, la tradizione vuole addirittura che fosse una moschea. Le sue fattezze attuali risalgono al XVII sec.. La chiesa, ad una sola navata, presenta uno stile architettonico semplice e disadorno che contrasta con la ricchezza barocca dell’altare centrale, finemente decorato con tarsie marmoree in bicromia, bianche e nere . Vi si conservano preziose tele , un’ acquasantiera del ‘500 di scuola gaginiana, e, nella Sacrestia, un prezioso armadio intarsiato, opera, si dice, di frà Innocenzo da Petralia.Ma
il più prezioso monumento conservato in questa chiesa è il Crocefisso
in legno di Frà Umile Pintorno da Petralia
del 1635. Sul volto lo scultore riuscì mirabilmente ad imprimere i segni
non solo dell’agonia e dello spasimo ma anche della serenità e quasi
della gioia. Molti l’ hanno
riconosciuto come il capolavoro
tra i Crocefissi del Frate
che adornano altre chiese in Sicilia.
Del
convento dei Padri Riformati non restano che i
ruderi dello splendido chiostro:
il porticato con arcate sagomate da mattoni in cotto e poggianti su
esili colonne in stile dorico.
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n° 3: San Michele,
Villa Comunale e Museo
Archeologico
Per
questo terzo itinerario si può partire dalla piazza Vittorio Veneto,
prospiciente la stretta via Sant'Anna, ma anche dalla solita piazza
Umberto attraverso l’arco che porta alla villa Comunale o dalla
angusta via sen: Camerata. Percorrendo
la via Sen. Camerata, sempre sulla sinistra, si incontra il
rudere di San Michele.
La chiesa , cui appartiene la torre, in parte diruta, sembra risalisse
all’epoca medievale. La costruzione del
convento risale al XVI secolo; è rimasto famoso per
essere stato nel XVI secolo sede di un Tribunale segreto del tipo
dell’Inquisizione. Fu probabilmente distrutto dal terremoto del 1693 e
non più riedificato. A pochi passi, continuando su per la salita, si entra nella parte alta della la Villa comunale. Questo giardino pubblico, costituito da una serie di viali riccamente e variamente alberati, è molto apprezzato per la magnifica vista che vi si gode e per la bellezza dei viali. Superati i viali alti, caratterizzati dall’originario boschetto di olmi e querce, si giunge alla porta superiore che dà sul largo “Torres Truppia”, dove si affaccia l’edificio della scuola Elementare e il Convento e la Chiesa dei Cappuccini, sede del Museo Archeologico. Il complesso risale ai primi decenni de 1600, la sua architettura è caratterizzata da linee sobrie e chiuse, quasi severe. La chiesa, adibita ad auditorium, era dedicata a San Francesco d’Assisi; è a navata unica, con due cappelle sul lato sud, e conserva pregevoli arredi e dipinti secenteschi. Dalla seconda cappella si accede ad una cripta e ad un antico sottopassaggio che la tradizione vuole sia collegato, attraverso un complesso sistema di cunicoli, agli altri conventi aidonesi. Interessante anche il chiostro, porticato su un solo lato, dal quale si accede al Museo, che ha trovato ospitalità nei locali del convento. Si giunge infine sul corso Vittorio Emanuele II, un lungo balcone che si affaccia su un magnifico panorama, sede privilegiata delle passeggiate dei paesani di tutte le età. IL DIALETTO GALLO-ITALICO DI AIDONE Il dialetto parlato in Aidone, unitamente a quelli di Nicosia, Piazza Armerina, San Fratello e Sperlinga, viene denominato dai linguisti galloitalico. Questi dialetti, soprattutto nella fase più antica, si differenziavano dal siciliano per caratteristiche fonetiche, morfologiche e lessicali. La loro origine va ricercata ai tempi della dominazione normanna e sveva della Sicilia, quando fu favorita l’immigrazione dei coloni provenienti dall’Italia settentrionale per ricostruire e ripopolare paesi e contrade sconvolte dalle guerre. Le aree di provenienza erano soprattutto Lombardia, Piemonte e Ligura, l’antica Gallia Cisalpina; da qui la definizione di galloitalico e la relativa somiglianza con il francese che salta anche all’orecchio del profano. La posizione un po' isolata, nonchè la vicinanza con Piazza Armerina, hanno favorito la conservazione del dialetto per molti secoli, poi l’esigenza di comunicare ed effettuare scambi lo ha avvicinato sempre di più al siciliano. La
forma vernacolare, conservata nei documenti scritti (soprattutto
composizioni poetiche dell’inizio del nostro secolo) e nell’uso
attuale di pochi parlanti, aveva già subìto l’impoverimento
morfologico e lessicale a favore del siciliano e mantenuto più a lungo
gli esiti fonetici. Tale
condizione oggi appartiene a pochi parlanti, il resto della popolazione
parla solo la forma sicilianizzata che dell’antico galloitalico mantiene
il più vistoso esito fonetico: la caduta delle vocali finali e lo
scempiamento di <e> ed <i> in posizione atona.
realizzato da Francesca Ciantia I.T.I.,Piazza Armerina |
dove
si trova? come ci si arriva?
il museo archeologico regionale il castello dei gresti il museo archeologico regionale Particolare del Cristo di Frate Umile da Petralia, conservato nella Chiesa di Sant'Anna
Affresco-storia delle tentazioni di Sant'Antonio Abate nella Chiesa omonima dove si trova? come ci si arriva? il museo archeologico regionale
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