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Sul contesto storico, politico e culturale dellčItalia degli anni Settanta

Uno spaccato sufficientemente chiaro della situazione storica e culturale riferita agli anni di nascita e sviluppo delle ricerche sul video in Italia (approssimativamente gli anni Sessanta e Settanta) ci è offerto da Enrico Crispolti (con lčaiuto delle pagine della Storia dčItalia dal dopoguerra a oggi di P. Ginsborg) nel capitolo "Introduzione agli anni Settanta (e oltre)" in La Pittura in Italia. Il Novecento/3. Le ultime ricerche.

In esso, riconosciuta "una autonomia critica dellčartista", non più soltanto implicito testimone, ma anche autorizzato teorico del proprio lavoro1, e riconosciuta una minore discontinuità fra gli anni č60 e i č70 rispetto a quella del decennio successivo, si sofferma sulla constatazione di una diffusa volontà (negli anni č70 e in particolar modo in Italia) di rompere i tradizionali, ed elitari, circuiti della fruizione dellčopera dčarte, e di conseguenza le modalità operative connesse a quei circuiti.

Se i segni di ciò si possono rintracciare nelle proposizioni del decennio precedente, è solo negli anni č70 che si manifestano i frutti maturi nella forma di una "precisa consapevolezza innovativa che tenta di infrangere distinzioni tradizionali, allargando gli ambiti, i livelli e le modalità operative, nel subentrare di nuove attenzioni e interessi antropologici e sociologici, e di praticabilità persino politica"2. Per cui gli anni Settanta possono essere definiti come "gli anni dello smarginamento e della partecipazione", formula che racchiude in sé la complessità di una situazione culturale, nonché le problematiche specificatamente artistiche connesse a questa situazione3.

Del resto le invitanti prospettive di nuovi spazi e condizioni operative erano offerte agli artisti proprio dalle molteplici tensioni e sollecitazioni connesse alla situazione politico-sociale italiana, che a partire dalla fine degli anni č60 così si delineava: "Di fronte al fallimentare velleitarismo riformista dei governi di centrosinistra fra il 1962 e il 1968, da questo anno in avanti è infatti subentrata unčintensa attività di iniziative di base. E ne seguì "un periodo di straordinario fermento sociale, la più grande stagione di azione collettiva nella storia della Repubblica", durante la quale "lčorganizzazione della società italiana fu messa in discussione a quasi tutti i livelli""4.

La rivolta studentesca, a Parigi, a Roma, a Berlino, rappresentò dčaltra parte una forte ventata di rinnovamento e di trasformazione della consapevolezza dellčazione culturale in senso antigerarchico, che percorse lčEuropa nellčintenzione di una critica radicale alla società nei suoi fenomeni dčegemonico espansionismo industriale. Esprimendosi in unčattenzione nuova portata a modelli di operatività estremisticamente orientati su valori emarginati e poveri, pertinenti una creatività spontanea ed attenta ai sedimentati patrimoni antropologici locali, particolarmente cospicui in Italia. In unčopposizione radicale alla mentalità Œconsumisticač degli anni Sessanta, e in Italia in particolare allčideologia ottimistica che aveva alimentato il mito del Œmiracolo economicoč, fu una ventata innovatrice che trasformò effettivamente la misura dei valori culturali, e specificamente dei valori stessi della cultura artistica. Non tanto perché vi furono implicati direttamente alcuni artisti postisi al servizio del movimento (come a Parigi, così a Torino, a Milano, a Roma). Ma in quanto aprì la prospettiva di una liberazione sociale sul fondamento antropologico esistenziale dei bisogni e del piacere, e dunque indicò una possibile nuova base di motivazioni operative. Riportando lčattenzione su una nuova dimensione del presente, proponendo una operatività sia intellettuale che manuale, e rifiutando gerarchie del sistema tradizionale dell'arte quanto delle sue tecniche e materiologie tradizionali o moderne.

Lo stesso mito nordamericano degli anni Cinquanta mutò alla luce degli scenari della tragica guerra in Vietnam. E "la Œverač America divenne quella dei Œcampusč universitari in rivolta contro la guerra, delle comuni californiane e della controcultura, del Black Power"5. A ciò si aggiungeva il fascino della Œrivoluzione culturaleč cinese degli anni 1966-1967, interpretata in senso antiautoritario, non meno che il fascino delle rivolte sudamericane (portate avanti da Che Guevara). Mentre una forte influenza esercitava il Marcuse di Lčuomo a una dimensione.

A questo punto si rendono necessarie due parole riguardo alla polemica sulla cultura di massa nel mondo industrializzato, polemica rappresentata dalle posizioni ruotanti attorno alle figure di Marshall McLuhan e Herbert Marcuse. Tale polemica approda in Italia negli anni Sessanta come un blando riflesso della più complessa situazione socio-culturale americana, la quale già dagli anni č50 stava vivendo un veloce e generalizzato processo di diffusione delle emittenti televisive, accompagnato dal consenso di un pubblico di fruitori domestici, sempre più bombardato dallčaccumulo di messaggi disparati6. Prende corpo, così, "lčideologia dellčottimismo consumista capace di unire in una ragnatela di onde o cordoni psichici, al di là delle differenze sociali, economiche, politiche, il pubblico sterminato e massificato dei fruitori"7.

Interrogandosi sul destino di una tale società McLuhan arrivò alle conclusioni che era inutile focalizzare lčattenzione sui contenuti delle comunicazioni di massa, sul messaggio, quando questi venivano trasmessi attraverso i vari media, ma erano i media stessi a determinare attraverso la loro specifica natura risposte di comportamento che avrebbero favorito mutazioni complessive8; mentre, dallčaltra posizione, le formulazioni più politiche di Marcuse tendevano a evidenziare come attraverso i media si sia attuata, da parte della società repressiva, una grande e programmata aggressione con la creazione di un "uomo unidimensionale", mutilato di quella ambiguità che fa ricco il reale, problematica la vita, attiva la partecipazione9.

Tornando alla situazione politica italiana vediamo che lo scorcio degli anni Sessanta era segnato in Italia anche dallčacuirsi delle lotte operaie, e dallčorganizzarsi di gruppi rivoluzionari, oltre che il costituirsi dal 1968 stesso della Nuova Sinistra Italiana. La risposta reazionaria fu lo svilupparsi di una insidiosa e sanguinaria Œstrategia della tensioneč che, assieme al rischio terroristico incombente, frenò di fatto il rinnovamento sociale e politico: "Tra il 1976 e il 1979 questo straordinario e composito movimento di protesta fu distrutto. Il terrorismo porta con sé una gran parte della responsabilità per lčabbandono di traguardi collettivi e per il trionfo del Œriflussoč. Esso tolse qualsiasi spazio politico alla protesta sociale, rendendo inevitabile la sola scelta tra lčaccettazione dello status quo e le bande armate. Una gran parte di responsabilità, su di un piano diverso, risiede però anche nella mancanza di mediazione politica offerta dai partiti di sinistra e dai sindacati. Il nesso tra protesta e riforma, in questi anni, non fu assolutamente compreso dalla sinistra"10.

Intorno alla metà degli anni Settanta in Italia si assiste in effetti a una crescita di peso politico della sinistra, i cui esiti però non andarono oltre un cauteloso Œcompromesso storicoč. E si è consumato così il grande sogno di un mutamento sociale, politico ed esaurientemente riformistico della società italiana (passato nel 1979 il PCI nuovamente allčopposizione). Né gli anni del Œcompromesso storicoč riuscirono a impedire la crescente e progressivamente sempre più degenerante invasione partitocratica nella società civile e nel funzionamento dello Stato. Mentre una subentrata crisi economica, di portata internazionale, strozzava dčaltra parte il processo di modernizzazione11.

Tuttavia, anche se la reazione restaurativa (politica quanto culturale) sviluppatasi dall'inizio degli anni Ottanta sembrerà avere progressivamente rimosse le possibilità di un dialogo con una vitalità di base, in realtà tali semi opereranno nel tempo una trasformazione profonda nei modi anche pubblici della gestione culturale, sviluppando nuove attenzioni alla dimensione partecipativa, così come "una sensibile trasformazione d'orientamento nelle ulteriori istanze almeno della più vigile progettualità creativa: ne è sensibile persino un'istituzione come la Biennale veneziana nel suo rinnovamento, anche statutario, già all'inizio degli anni Settanta"12.

Da ciò si comprende bene come la realtà sociale e politica dellčItalia degli anni settanta ha presentato caratteristiche del tutto particolari, le quali inevitabilmente si sono ripercosse su quelle che sono state le proposte artistico-culturali del momento determinandone, per certi aspetti, gli orientamenti.

In una tale situazione matura in ambito artistico una particolare attenzione, come ho già detto, alla dimensione "partecipativa", ma anche alla ricerca di una "energetica primaria", trovando dunque nel "comportamento" un terreno fertile di sviluppo, e al tempo stesso instaurando un rapporto complesso e ambiguo con le "nuove" tecnologie.

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Note

  • 1. Situazione del resto provocata dall'atteggiamento della critica che, quando non ha ceduto alla tentazione del 'dirigismo critico', ha eccessivamente teorizzato in astratto e poco compreso in concreto, come ben spiega Crispolti in "Gli anni dello smarginamento e della partecipazione", in La Pittura in Italia. Il Novecento/3, a cura di C. Pirovano, Electa, Milano 1994, pp. 17-22.
  • 2. La Pittura in Italia. Il Novecento/3, a cura di C. Pirovano, op. cit.,1994, p. 19.
  • 3. Cfr. E. Crispolti, Gli anni dello smarginamento e della partecipazione, in La Pittura in Italia. Il novecento/3, a cura di C. Pirovano, op. cit.,1994, pp. 17-157.
  • 4. Tali osservazioni, come anche molte di quelle che seguiranno, sono tratte da P. Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, Società e politica 1943-1988, vol. II, Dal "miracolo economico" agli anni '80, Einaudi, Torino, 1989, p. 404, in La Pittura in Italia. Il Novecento/3, a cura di C. Pirovano, op. cit.,1994, p. 19.
  • 5. P. Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, Società e politica 1943-1988, op. cit., 1989, p. 409.
  • 6. A questo proposito, tanto per rendere l'idea, offro alcune cifre estratte da AA.VV. L'altro video. Incontro sul videotape, Quaderno informativo n. 44 della IX Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro, 1973, p. 5: "Lo sviluppo della televisione è stato fenomenale. Nel 1948 circa 200.000 famiglie americane avevano un televisore e 15 stazioni televisive facevano trasmissioni regolari. Nel 1958 c'erano 520 stazioni che trasmettevano in 42 milioni di case. Oggi oltre 800 stazioni via aria e 2500 via cavo raggiungono i televisori di circa 60 milioni di famiglie. Solo nel nostro paese esistono 25 milioni di apparecchi a colori. Anzi, ci sono più televisori nelle case americane che telefoni, vasche da bagno o frigoriferi. Le antenne televisive spuntano perfino dai tetti dei ghetti, dove le case non hanno neppure gli impianti igienico-sanitari".
  • 7. S. Luginbuhl, P. Cardazzo, Videotapes: arte, tecnica e storia, Mastrogiacomo, Padova, 1980, p. 6.
  • 8. Cfr. M. McLuhan, Il medium è il massaggio, Feltrinelli, Milano, 1968; M. McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Garzanti, Milano, 1986.
  • 9. Cfr. H. Marcuse, L'uomo a una dimensione, Einaudi, Torino, 1971.
  • 10. Storia d'Italia dal dopoguerra a oggi, vol. II, op. cit., 1989, p. 539.
  • 11. "Nel 1969 la strage di piazza Fontana a Milano avviava la 'strategia della tensione', di gestione reazionaria, come in tutte le successive, implicati i 'servizi segreti' già allora deviati. L'anno seguente il tentato 'golpe' Borghese a Roma; e nel 1974 saranno la strage di piazza della Loggia a Brescia e l'attentato al treno fra Bologna e Firenze. Nel 1970 tuttavia l'istituzione delle Regioni (che apre la via a un decentramento che avrà conseguenze anche culturali), l'istituto del referendum (ambedue venticinque anni dopo la previsione costituzionale), e il riconoscimento del divorzio (confermato nel referendum di quattro anni dopo). L'accrescimento di consensi per le sinistre nelle elezioni regionali del 1975 e in quelle politiche del1976, nel quadro di un montante eurocomunismo europeo, che naturalmente tuttavia allarma il governo degli USA, ha tuttavia un esito che non va oltre, per il PCI berlingueriano, il 'compromesso storico' (che durerà fino al1979), nel timore che una gestione del potere da parte delle sinistre attivasse, nella perdurante sovranità nazionale limitata nel quadro 'atlantico', un processo di colpo di stato reazionario, sul modello cileno. Cadute d'altra parte le speranze di un interno rinnovamento democristiano (egemone la DC dal 1948), interrotto dall'uccisione di Moro nel 1978, nella quale le Brigate Rosse si fecero strumento di convergenti opposti interessi politici locali e internazionali. Responsabili le medesime (costituitesi nel 1970) di un'impaziente attivazione della apparentemente risolutiva lotta armata nella pratica del terrorismo di sinistra. E il terrorismo a sua volta soffoca la maturazione di base, al tempo stesso spingendo il PCI a prendere da questa legalitariamente le distanze (il che risulta reciproco), abbandonando dunque ogni possibilità di utilizzare politicamente la spinta innovativa di tali forze. Divaricazione che si registra nell'azione del movimento studentesco, nel 1977, a Roma e a Bologna. D'altra parte, conclusasi ormai la favorevole congiuntura economica, in un negativo quadro internazionale (con la forte svalutazione del dollaro statunitense) l'economia italiana era stata particolarmente colpita dalla crisi del 1973 (la più ampia a livello mondiale dopo quella del 1929), conseguente alla guerra arabo-israeliana e alla rivalutazione fortissima del prezzo internazionale del petrolio. Con l'esito nefasto della crescita progressiva del 'deficit' pubblico, e di un'inflazione lungo gli anni Settanta la più alta nel mondo occidentale (anche se il mercato dell'arte, quale bene rifugio, risulta ancora piuttosto florido nei primissimi anni Settanta). Nonché con il conseguente soffocamento del processo di modernizzazione e consolidamento industriale in corso nel Paese; mentre vi si andava sviluppando per compensazione il fenomeno dell'economia sommersa." (in La pittura in Italia. Il Novecento/3, op. cit., 1994, p. 147).
  • 12. La pittura in Italia. Il Novecento/3, op. cit., 1994, p. 20.

 

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