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Le radici
storico-artistiche della "videoarte"
Il termine "videoarte"
viene convenzionalmente utilizzato per indicare tutti gli
aspetti della produzione artistica aventi a che fare con
il mezzo video. Tale produzione può, però,
essere suddivisa, per motivi di comodità e chiarezza,
in diverse categorie ognuna con delle sue caratteristiche
peculiari(17). Dunque
a seconda dellčuso che si fa di questo medium è possibile
rintracciarne la propria radice storico-artistica e le connessioni
esistenti tra le diverse linee di sviluppo della produzione
videoartistica.
Accettando la suddivisione
proposta da Fagone(18)
avremo:
- Produzione videografica: la produzione
originale di opere appositamente concepite per il medium
video, in cui lčimmagine elettronica viene "lavorata"
e sollecitata in varie direzioni a seconda della specifica
personalità dellčartista.
- Registrazioni: la registrazione di performance,
azioni ed eventi, spesso in tempo reale, la cui funzione
non è semplicemente documentaria, ma di partecipazione
al momento creativo e di possibilità di estensione
visiva e temporale del fenomeno indagato.
- Videosculture e videoenvironments: la
dislocazione in uno stesso spazio ambientale di diverse
strutture video, in cui nel primo caso lčimmagine elettronica
viene fatta slittare attraverso più monitor alla
ricerca di una più espansa strutturazione visiva;
mentre nellčaltro caso lčattenzione è posta sullčambiente
in cui lo spettatore è invitato ad agire, anche
in modo interattivo, come dentro a un percorso da esplorare.
- Intermedia e videoinstallazioni: la combinazione
intermediale di dispositivi eterogenei, quali diapositive,
videotape, bande sonore, film, immagini plastiche e oggetti,
che creano una complessa e polimorfa struttura plastica
in grado di ridefinire i percorsi della visione e del
coinvolgimento dello spettatore.
- Multimedia e videoperformance: la coniugazione
multimediale di produzioni o riprese televisive con altre
tecniche e linguaggi quali la danza, il teatro o la performance,
in una prospettiva di specularità che agisce sul
rapporto fra la scena e il suo doppio dello schermo video.
Per ognuna di queste casistiche
è possibile rintracciare delle radici storico-artistiche,
sinteticamente divisibili nel seguente modo:
Per la produzione videografica
le origini sono rintracciabili nel lavoro di alterazione
del segnale televisivo (e quindi dellčimmagine) operata
da Nam June Paik già dal 1963 nella mostra di Wuppertal
e successivamente, nel 1970, con la creazione del videosintetizzatore
in collaborazione con lčingegnere Shuya Abe; ma anche nelle
prime sperimentazioni nel corso degli anni Settanta di Steina
e Woody Vasulka(19) sulla
costituzione e manipolazione delle immagini di sintesi (immagini
derivanti da elaborazioni matematiche, senza la necessità
di un referente reale). In questo caso molto è dipeso
anche dallčaccessibilità da parte degli artisti alle
strutture e apparecchiature necessarie alla realizzazione
di queste opere. Come vedremo, la situazione negli Stati
Uniti offrirà maggiori possibilità rispetto
a quella europea e diverso sarà anche lčapproccio
ai nuovi media(20).
Per la seconda casistica,
quella relativa alla registrazione, lčattenzione va posta
sul clima di smaterializzazione dellčarte avvenuto nella
seconda metà degli anni Sessanta. Le radici, dunque,
sono rintracciabili sia nel lavoro di prolungamento del
carattere comunicativo e percettivo delle azioni di Joseph
Beuys, ma anche nel progetto della videogalleria di Gerry
Schum, attraverso la presentazione delle prime due mostre
televisive "Land Art" e "Identification",
e cioè nellčesigenza di documentazione ed espansione
del raggio dčazione delle performance, delle azioni e degli
eventi di quegli artisti operanti sullčambiente naturale
o sociale.
La terza casistica fa riferimento
a quella linea di ricerca che si muove in direzione di unčespansione
della spazialità interna allčopera dčarte visiva
(già investigata e sollecitata dal Futurismo e dal
Costruttivismo) sviluppatasi nella seconda metà degli
anni Sessanta, nel desiderio di abbandonare il campo convenzionale
e istituzionalizzato dellčarte. Le sue radici sono rintracciabili
nella nuova concezione di opera dčarte proposta dal Minimalismo
(nel senso del rapporto con lo spazio di percezione dellčopera)
e successivamente sviluppata negli ambienti di Ira Schneider,
Bruce Naumann, Dan Graham e Nam June Paik.
La quarta e la quinta ipotesi
sono in parte riconducibili alla terza casistica, e per
lčaltra parte ricollegabili alla interdisciplinarietà,
alla commistione e interazione di più media, e allo
"smarginamento" operato da Fluxus (nel senso di
una espansione della pratica artistica). Punto di riferimento
inevitabile è Wolf Vostell e i suoi décollage.
Come vedremo tali categorie,
da noi fissate per motivi di comodità storiografica,
sono comunque relazionabili e spesso coagenti tra loro,
così come le loro radici ed origini, necessariamente
interconnesse dato che appartengono al medesimo clima artistico
e socio-culturale.
Nel rintracciare le linee
di ricerca in cui affondano le radici di una estetica video
ci soffermeremo, come prima tappa, su Fluxus e su alcuni
dei suoi protagonisti, quali Nam June Paik, Wolf Vostell
e Joseph Beuys, che, con modalità differenti, hanno
per primi esplorato le diverse possibilità di utilizzo
del video in "arte".
Note
- 17.In realtà già dai
primi anni Settanta si pone la questione di una precoce
e "necessaria" sistematizzazione della produzione video
entro categorie rigorose, quanto funzionali ad una definizione
conoscitiva e affermativa di tale pratica: cfr. la rubricazione
delle esperienze video proposta da R. Barilli in Video-recording
a Bologna, in "Marcatre", n. 58-60, Roma, 1970; oppure
la Classificazione dei metodi di impiego del videotape
in arte elaborata da L. Giaccari nel 1972 (pubblicata
in "BolaffiArte", n. 49, apr.- mag. 1975); fino alla classificazione
messa a punto dal Centro Video Arte di Ferrara, nel catalogo
della mostra Videoarte a Palazzo dei Diamanti (1973-1979),
a cura di Janus, Torino, 1980. Sull'argomento cfr. anche
Videotapes: arte, tecnica e storia, di S. Luginbuhl e
P. Cardazzo, Mastrogiacomo, Padova, 1980; e Memoria del
video. 1. La distanza della storia, a cura di M. Meneguzzo
e L. Giaccari, Nuova Prearo, Milano, 1987.
- 18. Cfr. V. Fagone, L'immagine video,
op. cit., 1990, pp. 36-39.
- 19.Cfr. M. M. Gazzano (a cura di), Steina
e Woody Vasulka. Video, media e nuove immagini nell'arte
contemporanea, Farenheit 451, Roma, 1995.
- 20.Cfr. AA.VV., Video '79: dieci anni
di videotape, Kane, Roma, 1979, p. 12.
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