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Opera o comportamento?

Le problematiche riguardanti lčuso del video in arte nei primi anni č70 (ed anche un poč prima) si sviluppano allora secondo due movimenti.

Il primo è legato alla predisposizione del mezzo televisivo alla registrazione e trasmissione di processi, atteggiamenti e quindi al "comportamento". Una delle caratteristiche intrinseche di questa posizione è lo scarso ricorso alle possibilità formali offerte dalle, allora nuove, tecnologie televisive. La maggior parte dei lavori si risolvevano in inquadrature fisse, senza particolari effetti di camera o di manipolazione dellčimmagine. Prendendo come esempio la mostra televisiva "Land Art", trasmessa dalla Rete Nazionale Tedesca nellčaprile del 1969, Gerry Schum, realizzatore e organizzatore dello spettacolo, così scrive: "Si può dire che nei vari oggetti presentati nella Land Art venivano eliminati tutti i problemi di linguaggio e di forma filmica. In quella che è da considerarsi come una precoce anticipazione dellč "arte concettuale" o come un estremo risultato della Minimal Art, i problemi formali risultavano ridotti al minimo. Questa era una delle fondamentali differenze tra il ricorso da parte degli artisti ai mezzi TV o filmici, e le esperienze da parte dei filmmakers sul film come mezzo artistico"131.

Lčaltro movimento si sviluppa su coordinate in qualche modo ancora radicate nella cultura artistica tradizionale e nel modo di concepire lčopera dčarte come oggetto, feticcio. Lo strumento video diventa un nuovo mezzo da aggiungere a quelli tradizionali, quali la pittura, la scultura, la fotografia. Non a caso Gerry Schum nella presentazione della sezione Video-nastri nel padiglione Centrale della Biennale di Venezia del 1972, usa, appunto, la parola "video-oggetti" per definire la realizzazione di opere appositamente concepite per il medium televisivo, e scrive: "Diversamente dal passato, in cui i film o i programmi televisivi sullčarte erano di solito la documentazione o lčinformazione dovuta a un cameraman sulle attività artistiche, gli artisti possono ora considerare i video-oggetti come le loro proprie opere, in tutto e per tutto equivalenti alle pitture o alle sculture"132.

Queste due posizioni trovano un parallelo nella scelta della Biennale di Venezia del 1972 di istituire un confronto tra "opera" e "comportamento", tema della mostra stessa, e che in qualche modo dà la misura dellčattualità di tale problematica non solo nella ricerca video ma più in generale nelle proposizioni del mondo dellčarte ufficiale.

Gli artisti che usano il video nel corso degli anni Settanta si muovono quindi lungo queste due posizioni che possono essere sintetizzate in:

1) Video-oggetto con un suo linguaggio, le sue forme, e una sua fenomenologia (come la pittura, la scultura ecc.): videotape dčarte.

2) Massima apertura e libertà dellčoperare artistico in cui si inserisce tra le varie pratiche mediali anche lčuso del video (nei suoi molteplici aspetti dal videotape allčoggetto televisione)

- Posizione di Fluxus

- Clima artistico-culturale a cavallo tra i č60 e i č70

- Medium televisivo nella sua valenza politica e sociale

- Metodologia e pratica "extra media"

La pratica video in definitiva si è nutrita di questa seconda posizione per approdare alla prima una volta che il clima culturale (che tra lčaltro determinava la seconda posizione) è cambiato. La prima posizione quindi finisce per coincidere con le esigenze e gli interessi delle gallerie e delle altre istituzioni artistiche.

I prodotti della seconda posizione (o meglio residui, in quanto lčattenzione era rivolta al "processo"), come era prevedibile, vengono recuperati dallčestablishment artistico, come scorie radioattive disattivate, non più pericolose. Decontestualizzate, museificate e revisionate queste scorie hanno conservato di sé solo la storia: da processi comunicanti vivibili nel contingente sono diventati archivi di giustificazioni estetiche.

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Note

  • 131. Catalogo della Biennale di Venezia 1972, La Biennale di Venezia, 1972, p. 32.
  • 132. Catalogo della Biennale di Venezia 1972, op. cit., 1972, p. 31.

 

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