Gaetano Montefusco
Un Miracolo Italiano

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La via crucis dei creditori

 

Anno V del dissesto finanziario del Comune di Napoli.

Quanto è lunga l’agonia dei creditori. Quattro anni e mezzo fa l’inizio del calvario: una via crucis senza fine.
PRIMA STAZIONE: art.21 Legge 68/93. Il comune annega nei debiti ed il 3 maggio 93 approva il piano di risanamento finanziario per coprire le passività esistenti ed assicurare in via permanente condizioni di equilibrio della gestione. La delibera crea uno scudo alle azioni esecutive dei creditori che restano bloccate, i debiti insoluti non producono più interessi e rivalutazione monetaria. L’accertamento del passivo e la liquidazione dell’attivo è demandato alla commissione liquidatrice nominata da Scalfaro e l’ente, liberato dai debiti, si proietta nel futuro a garantire gli indispensabili servizi ai cittadini. Per la pregressa situazione deve solo fornire alla commissione i documenti necessari per il proprio lavoro. Durata del sacrificio per il creditore: tre o al massimo sei mesi perchè la commissione approvi il piano di estinzione dei debiti
SECONDA STAZIONE: art. 2 Decreto Legge n. 253/94. Sei mesi non bastano. Alla commissione è concessa una prima proroga di sei mesi. I creditori cominciano ad avere seri problemi, molti cedono il credito alle banche per avere i soldi per proseguire la propria attività.
TERZA STAZIONE: art.2 Decreto Legge n. 515/94. Neanche altri sei mesi bastano. Il termine per estinguere i debiti viene addirittura eliminato. I creditori legittimi vagano confusi tra politici, commissari, avvocati e banche che cominciano a chiedere il rientro. Gli usurai si avvicinano.
QUARTA STAZIONE: art. 81 Decreto Legislativo. n.77 del 25 febbraio 95. Approvata l’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato il comune torna in bonis. I creditori - secondo la Corte Costituzionale - possono cominciare ad incassare gli interessi. Il comune non ne vuol sapere. I creditori vanno dagli avvocati.
QUINTA STAZIONE: I giudici sono incerti, quasi nessuno se la sente di liquidare gli interessi e le motivazioni non sempre sono ineccepibili. I creditori sono esausti e non si trova un cireneo.
SESTA STAZIONE: E’ Marcello Iacobellis, Pretore di Napoli che coi suoi provvedimenti fa da Veronica recando un minimo di sollievo ai creditori avviliti. Alcuni creditori cominciano ad incassare i soldi per gli interessi dovuti. In totale 3 - 4 miliardi.
SETTIMA STAZIONE: art. 21 comma 4 Decreto Legislativo n.336 dell’11 giugno 96. Il pagamento degli interessi è bloccato dal Governo Prodi che fornisce il suo biglietto da visita. Gli usurai, come neri avvoltoi, numerosi volteggiano sui creditori più esposti. Gli istituti previdenziali ed il fisco aggrediscono i creditori stremati, impossibilitati a pagare i propri debiti. Gli ufficiali giudiziari cominciano a spogliare i malcapitati creditori dei loro beni.
OTTAVA STAZIONE: art. 26 Decreto Legislativo n.336 dell’11 giugno 96. Vengono rifissati severi termini: 30 giorni al comune per consegnare i documenti alla commissione che entro il 10 dicembre 96 preparerà il piano di rilevazione dei debiti. I creditori avranno un acconto.
NONA STAZIONE: art. 16 Decreto Legge n.492/96. Il termine per il comune è spostato a 90 giorni. Ancora un rinvio, ancora tre mesi e finalmente i creditori avranno il primo acconto.
DECIMA STAZIONE: art. 12 Decreto Legislativo n.342 del 15 settembre 1997. Il termine per il primo acconto è differito di ulteriori sei mesi, se la commissione riuscirà a completare il piano di rilevazione dei debiti. In quattro anni e mezzo i commissari hanno esaminato meno del 50% delle pratiche, quanto tempo ancora occorrerà per completare il lavoro?
Le leggi paralizzano solo i diritti dei creditori. Per il comune e le commissioni le leggi sono "grida" inascoltate. Si aspettano i soldi ed arrivano leggi, esclusivamente norme che, mediante integrazioni, sostituzioni, abrogazioni e riviviscenza di precedenti norme, più del "latinorum" dell’Azzeccagarbugli manzoniano, dopo più di 4 anni e mezzo hanno reso alfine impossibile sapere al creditore se, quando, in che quantità e come riavrà il proprio danaro. Quante stazioni mancano alla fine di questa via crucis? E chi lo sa. Crucifige! Crucifige! I creditori paghino il prezzo del dissesto! Nessun cireneo per loro ed intorno una folla plaudente che si gode lo spettacolo. Per Napoli feste, canti e vanterie, gridate ai quattro venti, per la città risanata finanziariamente. Il miracolo economico: dal dissesto ai B.O.C. Ma quale miracolo?
I CHIODI PER LA CROCE: art.16 Decreto Legislativo n.342/97: Se i creditori non vorranno più attendere potranno fare una transazione e se rinunceranno agli interessi riceveranno, entro tre-quattro mesi, il 40-60% del solo capitale. La storia infinita continua: un ipotetico creditore di 100 milioni, munito di sentenza passata in giudicato, dopo 4 anni e mezzo dovrebbe ricevere, nel minimo il 40% di interessi sul capitale (10% all’anno fino a dicembre 96 e 5% all’anno dal gennaio 97 in poi). Se ha operato con banche, al tasso minimo del 13,50% si è indebitato in quattro anni e mezzo per £ 77.152.000. Accettando transattivamente 40 o 60 milioni non recupererà neanche gli interessi! Avrà perso tutto il suo credito per capitale e dovrà anche pagare debiti per interessi passivi.
E perchè mai un creditore dovrebbe accettare tale somma a transazione? O accetta perchè è disperato, bisognoso di avere anche quella elemosina che gli viene offerta, magari perché pressato dagli usurai, oppure accetta perchè ha seri dubbi sulla legittimità del proprio credito, perché è un malfattore ed i prezzi delle sue prestazioni o delle sue forniture sono gonfiati e la qualità di ciò che ha fornito è scadente.
Si può accettare pure perché si è esausti, incapaci di reagire ulteriormente ad un debitore che fa le leggi a proprio uso e consumo, o perché non si nutre più alcuna fiducia nelle istituzioni e nella rinnovata classe politica italiana.
Ma non tutti i creditori accetteranno queste condizioni; c’è chi - cogliendo l’incitazione di Padre Massimo Rastrelli, della fondazione antiusura Moscati, che ha definito la norma in esame "una vera e propria estorsione di Stato" - preferirà fallire piuttosto che accettare una offerta che nasconde una imposizione.
O accetti la transazione o il termine per definire la procedura del dissesto diventerà eterno. Rifletti e pensa da quanti anni i comuni in dissesto non pagano. Rifletti e pensa ai continui rinvii che vengono disposti.
Monte di Procida (NA), 13.348 abitanti, primo comune italiano in dissesto finanziario. Inizio della procedura di dissesto nel 1989, otto anni e mezzo fa.
Il sig. Riccio Antonio, imprenditore edile, ha costruito una scuola ed è creditore, dal 1984, di 74 milioni circa, già ammessi al passivo della liquidazione ma non ha ancora ricevuto niente. Nel 1989 il comune ha dichiarato il dissesto.
Nel 1990 il sig. Riccio ha dovuto cedere parte del credito, che vantava verso il comune di Monte di Procida, al Credito Italiano di Napoli che gli aveva concesso un fido per eseguire i lavori di costruzione della scuola. Dopo qualche anno, non intervenendo il pagamento e non godendo più di fido bancario, ha dovuto cessare l’attività senza riuscire a pagare tutti i debiti. Gli hanno pignorato la casa, ha dovuto vendere i camion e cessare l’attività. E’ attualmente disoccupato. L’importo dovuto attualmente alla banca dopo 14 anni è di oltre 300 milioni. L’ufficiale esattoriale, periodicamente piomba in casa all’improvviso. Ha già pignorato tutto il pignorabile, perfino i lampadari ed il televisore. "E’ angosciante" dice il giovane figlio Bruno, ragioniere che ha interrotto gli studi universitari a causa dei problemi finanziari, "ogni mattina dobbiamo preoccuparci di nascondere un televisore che ci hanno regalato, per evitare che l’ufficiale esattoriale lo porti via".
Riccio Antonio è debitore per soprattasse IRPEF e ILOR, per non aver potuto pagare le imposte a tempo debito, per oltre 30 milioni; sarà sottoposto inevitabilmente ad un procedimento penale per evasione fiscale. Quando la banca cessionaria del credito riceverà i 74 milioni dal comune di Monte di Procida il sig. Riccio avrà ancora nei suoi confronti un debito di 230 milioni circa. Figuriamoci se accettasse il 40 o il 60% della somma. Il comune è finanziariamente risanato ed il sig. Riccio è rovinato.
Quanti Riccio Antonio occorrono per risanare 400 comuni in dissesto?

 
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