Risulta sicuramente
difficile immaginare la città di Oristano concentrata e protetta
all'interno di una imponente cinta muraria ma questo era senza ombra di
dubbio ciò che doveva apparire agli occhi degli abitanti del giudicato
d'Arborea, nel periodo di regno di Mariano II. I pochi quanto dissestati
resti di questo baluardo difensivo, vengono fatti riaffiorare oggi, dove
possibile, affrancandoli dalle costruzioni che nel corso dei secoli vi
si erano appoggiate inglobandoli. Certo guardando queste vestigia risulta
comunque difficile capire in che modo le mura fossero originariamente
realizzate. Secondo lo studioso oristanese Raimondo Zucca: << Le
mura vengono erette utilizzando grandi massi di basalto forse tratti da
costruzioni nuragiche, per le fondazioni e le parti interrate della cortina.
L'elevato fu costituito con pietrame di medie e grandi dimensioni prevalentemente
in basalto, legato da malta di calce; i paramenti interno ed esterno furono
edificati a ricorsi relativamente regolari di pietre in basalto tagliate
irregolarmente e legate con calce. Gli angoli delle mura sono realizzati
in blocchi rigorosamente squadrati di trachite e di arenaria >>.
L'idea di dotare Oristano di opere difensive fu probabilmente di Pietro II (1221 1241) in conseguenza del fatto che la città fino a tutto il secolo precedente era stata oggetto di incursioni e saccheggi. L'analisi degli avvenimenti storici ci porta ad affermare che la città non fosse dotata di mura o quantomeno che esse non fossero più adatte a respingere in modo efficace gli attacchi nemici infatti il giudice arborense Comita III incalzato dal Giudice Gonnaro di Torres (1133) scelse come baluardo difensivo la fortezza di Cabras; cosa che fece anche Barione I (1163) per non capitolare a favore dei giudici di Cagliari e del Logudoro; inoltre successivamente la città fu violata con estrema semplicità anche da Guglielmo di Massa. Le fonti documentarie ci permettono, con buona precisione, di risalire al tracciato originario delle mura della fine del 1200, con le sue torri e porte. All'inizio della seconda metà del XVI sec., durante la dominazione spagnola, l'ingegnere Rocco Capellino fu incaricato di studiare le modifiche delle fortificazioni delle città sarde in virtù delle nuove esigenze belliche. Lo studio messo appunto su Oristano ci è noto da una planimetria redatta dell'ingegnere stesso e datata 1557. In essa si possono individuare oltre alle tre torri poste a protezione degli accessi alla città (Torre di San Cristoforo col relativo ingresso di Porta Ponti, torre di Portixedda col suo attiguo accesso e la torre di San Filippo in prossimità della Porta Mari.), anche altre 24 torrette di guardia, delle quali, a oggi, ne esiste solo una, presso la via Mazzini. L'andamento murario dovette sicuramente tenere conto della situazione orografica e idrografica dei territori circostanti la città infatti, se il centro abitato sorgeva in una zona leggermente sopraelevata, al riparo dalle periodiche esondazioni del Tirso, il cui alveo non era regimentato, le zone circostanti erano soggette ad allagamenti che generavano degli enormi acquitrini e paduli. Il deflusso delle acque non stagnanti creava inoltre dei canali che in alcuni casi andavano a lambire la periferia del centro abitato. Di questa situazione si dovette tenere conto nel mettere in opera le fortificazioni come dimostra la pianta del Capellino. A partire dalla torre di San Cristoforo, nei lati della quale sono ancora visibili i punti in cui le mura si ammorsavano, la cinta fortificata la cui altezza può essere stimata dai 5 ai 6 metri per uno spessore che va da 1,50 a 1,60 metri, si dirigeva in direzione nord per un breve tratto rettilineo per poi svoltare all'altezza dell'attuale via Mazzini. Da qui in direzione rettilinea parallelamente alla via giungevano fino al torrione di Portixedda. Questo tratto era regolarmente intervallato dalla presenza di 4 torrette di guardia di cui è rimasta ai nostri giorni solo l'ultima. Il tracciato modificava repentinamente la sua direzione rafforzando la svolta con la torre di Portixedda e dirigendosi con un lungo tratto, grossomodo rettilineo, verso sud, parallelamente all'odierna via Solferino. Curvava poi, dolcemente, subito dopo aver oltrepassato la chiesa di San Saturnino in direzione Piazza Mannu dove si trovava la Porta Mari. Questo tratto veniva intervallato da dieci torrette poste in questo caso a distanze variabili. E' ancora esistente nella proprietà degli eredi Loy proprio la porzione di mura che svoltava in direzione nord-est. Superata la Porta Mari, senza cambiare inclinazione, il percorso compiva una brusca sterzata a 45° fra la terza e quarta torretta per riprendere la medesima direzione in posizione leggermente sfalsata per una lunghezza di circa 90 metri. A questo punto il disegno delle fortificazioni assumeva un andamento curvilineo per circa 650 metri con un doppio cambiamento di concavità per assecondare il corso del canale la cui presenza è riportata anche nella pianta del Cappellino. Quest'ultimo tratto chiudeva la cinta muraria con il raggiungimento della torre di San Cristoforo dalla quale erano partite. |
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