Ande: Perù, Cile, Bolivia e Buenos Aires               

 

Periodo :  Maggio-Giugno 2002   ( 21 giorni) 

Partecipanti : 9  (Paolo, Antonio, Viviana, Sole, Andrea, Lorena, Nicola, Ligeia,e il capogruppo Alfiero)

Organizzazione : Tour semiorganizzato

Mezzi di Trasporto :   Volo Argentinas Airlines, Pulmino, Bus locale, treni, volo interno Tans.

Itinerario :   Argentina (Buenos Aires) , Peru (Lima, Pisco , Isole Ballestas, Paracas, Nazca, Arequipa, Tacna) , Cile( Arica, Parco Naz. Lauca, Putre), Bolivia (La Paz, Valle della Luna , Tiwanaco ) , Peru (Puno, Lago Titicaca, Sillustani, Cuzco, Pisac, Ollatayambo, Valle dell'Urubamba, Macchu Piccu, Aguas Calientes, Miraflores)

    

           

 

        Note di viaggio

 Buenos Aires città nostalgica e decadente ma con un certo fascino

A Lima visitate il Museo dell'Oro è davvero notevole

I deserti Peruviani sul Pacifico sono posti fuori dal mondo

Volare sulle linee di Nazca emozione unica!

Avvistare un Condor nel Canyon del Colca .. che soddisfazione

Cile metto il mio record di altitudine a 4500 metri del lago Chungara

I cieli azzurri della Bolivia indimenticabili

 Sul Titicaca ospiti delle popolazioni indigene

     Il treno del Peru mitico arrivo a Cuzco

La valle dell'Urubamba meraviglia tra storia e natura

 

 

     Racconto del Viaggio                            

Dopo varie partenze fallite, mi decido a realizzare uno dei viaggi che più desideravo, così mi aggrego anche se in ritardo con un gruppo in partenza per le Ande , in particolare il  Peru e la Bolivia.  Preparo tutto in fretta, compero le scarpe da trekking e  alla fine ce la faccio.

Si parte come al solito da Fiumicino, dove conosco Alfiero il nostro capogruppo e gli altri componenti, siamo un gruppo misto 4 donne e  4 uomini, tutto perfetto.

Voliamo tutta la notte con la compagnia Argentinas Airlines, distendendoci in un vettore quasi vuoto dove facciamo le prime conoscenze tra   noi che fino a ieri eravamo sconosciuti,  mentre taglio l'equatore per la prima volta nella mia vita il che è già una grande emozione ;  al mattino dopo uno scalo a San Paolo in Brasile dove  posso solo  rendermi conto dal finestrino dell'aereo  di quanto sia grande questa città ( peccato che non abbiamo avuto la possibilità di girare qualche ora ) ,  arriviamo a Buenos Aires; dopo qualche informazione e il cambio di un pò di dollari in pesos è via libera, siamo già in SudAmerica, e cogliamo l'occasione per visitare la capitale Argentina.

Vista la situazione economica e politica che il paese aveva  vissuto in questi ultimi mesi, eravamo un pò scettici sull'allegria che potevamo trovare nella capitale argentina, ma credevo che l'atmosfera fosse più triste, infatti nonostante c'è molta malinconia e si vive sicuramente  un periodo di grande decadenza, il popolo argentino sembra condurre una vita normale e tranquilla, parlando con qualcuno però si capisce qual'è la vera realtà del paese, inoltre i segni delle rivolte sono ancora visibili sulle vetrate e sulle entrate  di molte banche, come la scritta memorabile  "Banca de Ladrones", molti cittadini infatti non hanno neppure potuto ritirare i loro risparmi depositati.

Noi comunque abbiamo solo il tempo di fare un giro turistico della città, prendiamo due taxi, e imbocchiamo dei larghissimi stradoni, chiamati Avenide, il tempo di fare due chiacchiere con gli autisti chiedendogli se è meglio che al mondiale giochi Batistuta o Crespo ed eccoci che arriviamo al centro, in Plaza 5 de Mayo, nota per le recenti manifestazioni di piazza.

Visitiamo la Casa Rosada, residenza del presidente, la cattedrale, e poi con una lunga passeggiata arriviamo al Caminito nel quartiere del Boca, fondato da italiani e costituito da tipiche case colorate, piene di locali e artisti, qui abbiamo modo di consumare un buon pasto.

Poi torniamo indietro e percorriamo le lunghe Avenide che tagliano il centro fino a raggiungere il Palazzo del Congresso Nazionale dove si riuniscono camera e senato, dominato da una grossa cupola. Li vicino mentre passeggio con Andrea notiamo un bel lavoro in muratura appena fatto sul marciapiede, ma c'era un tombino aperto piuttosto pericoloso e nessuno li intorno che finisse l'opera: anche questo è il sudamerica!

Il tempo che abbiamo stringe così sul tramonto siamo costretti a tornare in  aeroporto, peccato! Per me questa città ha un fascino particolare, e poi mi sarebbe piaciuto assistente ad un balletto di tango, magari in un bel locale!

Torniamo in aeroporto e prendiamo il volo per Lima,  l'aereo stavolta è pieno, io capito lontano dai miei compagni di viaggio, ma faccio una buona conoscenza con  Sofia una simpatica ragazza peruviana  che tornava nel suo paese, con la quale rispolvero anche un pò di spagnolo! Questo Peru già mi sorprende prima di arrivare.

L'arrivo a Lima è in tarda sera ed il controllo dei passaporti è lentissimo, alla fine però ce la facciamo, all'uscita un pulmino viene a prenderci  e ci porta in un albergo del centro.  Abbiamo il primo impatto con questa metropoli di 5 milioni di abitanti, il clima è piuttosto afoso come ci avevano detto.

Al mattino usciamo a piedi per fare il giro del centro, vista la vicinanza dal nostro modesto Hotel che ci ha dato il benvenuto in questo paese,   a primo impatto  devo dire che la capitale come città non è il massimo, la parte più bella è quella che si concentra attorno alla Plaza de Arma o Plaza Mayor come preferite, con la cattedrale spagnola simbolo monumentale, inaugurata nel 1540 dal Conquistadores di turno, in questo  caso Pizzarro , del quale si osserva anche la sua statua, poi il palazzo del governo dove assistiamo anche ad un caratteristico cambio della guardia,  e alcune viuzze  con balconi con inferiate in tipico stile coloniale.

Il tempo di mangiare all'interno di una piccola botteguccia,   una tipica empanadas di carne speziata al forno anche buona ma che a me rimane un pò pesante da digerire,  accompagnata stranamente da un succo di pigna che ci fà venire i primi timori sulla dissenteria e via con il pulmino che ci accompagnerà per la prima parte del viaggio fino ad Arequipa.

 

  Macchu

Prima di uscire dalla città, passiamo vicino ad una grossa favelas arroccata su un monte, anche qui come in tutte le metropoli sudamericane molta gente vive sulla soia della povertà, ci ricordano che è bene fare attenzione ai ladri quando ci si sposta soprattutto in zone troppo affollate o troppo isolate, ma noi non abbiamo avuto nessun problema.

Raggiungiamo il Museo dell'Oro, situato in una parte residenziale della  città,  dove compaiono ville molto belle ma anche ben protette da fili spinati e altre barriere,  è una visita quasi obbligatoria poichè è un'ottima introduzione al paese per capire la sua storia Precolombiana  e le sue ricchezze del passato; infatti all'interno ci sono dei reperti davvero notevoli, come ad esempio statuette d'oro decorate con pietre preziose appartenute ai famosi Incas, ma anche armi, mummie, vestiti e altri oggetti,  a me è piaciuto molto.

Finita la visita, si parte verso il sud del Peru, la prima parte del viaggio si svolgerà seguendo la Panamericana  lunga l'arida costa del Pacifico.  Il paesaggio si fà subito secco e desertico, monocolorato sulla tonalità della  sabbia, a tratti è monotono ma a tratti è anche molto suggestivo e particolare, a me è piaciuto, ma qualcuno si è anche annoiato.

Dopo ore di deserto arriviamo a Pisco, una località costiera carina ma senza troppe attrattive, è però un'ottima base per le escursioni a Paracas e alle Isole Ballestas, come noi faremo.  La sera, ci allarghiamo un pò, cena a base di pesce, visto che qui è buono, ma Alfiero non rimane troppo soddisfatto così assistiamo ad una trattativa sul prezzo  di 40 minuti con la proprietaria.  La nostra Sole comincia a passare ore dentro i centri Internet a scrivere lunghissime e-mail, però è molto disponibile e si interessa della gestione della nostra cassa; cominciamo a conoscerci un pò meglio, molti vanno a dormire, io vado a prendere una cervesa con Andrea ed Alfiero.

Al mattino sveglia presto e trasferimento al porticciolo per l'imbarco alle Isole Ballestas, per raggiungere quest'area protetta ci vuole qualche ora di barca ma ne vale la pena, c'è chi le ha ribattezzate le "Galapagos del Peru" con il dovuto rispetto , ma  il genere c'è tutto poiche sono piene di foche, leoni marini, pinguini, in particolare il pinguino di Magellano e vari grossi uccelli, è un vero paradiso naturale! 

Nonostante il colore rosso scuro della roccia, le Ballestas diventano bianche per il guano, cioè gli escrementi degli uccelli marini che sono davvero tanti e bombardano continuamente da terra e dal cielo....  memorabile è stato il nostro barcaiolo che ci ha accompagnato, un tipo un pò rude che ad un certo punto ha iniziato ad urlare " Viva el guano.. la mierda del Peru !! " ... ma oggi è anche l'oro di questa zona , infatti viene  puntualmente  raccolto e venduto come uno dei migliori concimi per l'agricoltura, questa zona è probabilmente la più ricca di guano di tutto il mondo ed infatti  nella meta dell' 800  gli inglesi derubarono  l'America Latina anche della propria merda per favorire le coltivazioni in Europa, come se non fosse bastato tutto il resto rubato dagli spagnoli!

Tornati in continente ci trasferiamo a Paracas, dove si apre una laguna desertica, tipico paesaggio dai grandi spazi in cui ti sembra di essere solo nel mondo, sensazioni difficilmente spiegabili ...   nella quale regnano incontrastati gruppi di fenicotteri,  camminiamo tra la sabbia ma  è difficileavvicinarli, ci si deve accontentare di guardarli da una torre di avvistamento.

Nel pomeriggio ripartiamo con il nostro pulmino per raggiungere in serata la famosa località di Nazca, ed anche in questo caso il deserto ci accompagna per tutto il percorso, zone aride ma con un loro fascino particolare,  facciamo  uno stop in un verde villaggio dove abbiamo assaggiato il Pisco, tipico liquore peruviano distillato di mosto di vino, conteso da sempre con il vicino Cile , e poi una sosta in un posto unico dove le dune del deserto, ti consentono di sciare sopra a delle tavole , un vero surf sulle dune molto divertente, alla fine consumiamo un pasto sotto la tettoia di un chiosco gestito da un ragazzo e una ragazza,  piccole storie indimenticabili.  

La sera arriviamo nella mitica Nazca, dopo qualche discussione sulla scelta dell'albergo, ci sistemiamo proprio vicino all'aeroporto, da dove partono gli aeroplanini (che noi ovviamente prenderemo) dell'Aerocondor (un nome, un programma) che sorvolano le famose linee incise sul terreno. Ceniamo un pò leggeri e dopo una passeggiata nel buio attorno alle piste accompagnati solo da qualche cane, ce ne andiamo a letto.

Al mattino volevo evitare di fare colazione per non avere problemi di stomaco, ma vedendo gli altri che mangiavano da buon italiano non riesco a rinunciare al cibo, ci rechiamo sulla piccola pista di decollo ci prepariamo al volo in gruppetti di 3 persone, perche gli aeroplanini sono piccoli , Ligeia non vuole volare, non se la sente  e non c'è verso di farle cambiare idea, in effetti  se ti ci metti a pensare rischi di non salire più!

Io però non avrei mai rinunciato al volo su Nazca e così capito con Sole e Nicola,  prima del decollo mi faccio il segno della croce, speriamo bene!  Il comandante ci mette a nostro agio e poi via si vola! Il posto è veramente misterioso, non si riesce a capire a cosa potevano servire questi grossi disegni incisi sul deserto, quando nessuno da terra era in grado di vederli.  La cultura Nazca è preincaica e le linee risalgono più o meno tra il 300 e il 600 d.c.,   ci sono molti disegni che sorgono attorno alla Panamericana, tra i più belli ricordo il ragno, il colibrì, il condor, il pappagallo, ma forse quello più misterioso è l'astronauta (a quei tempi??).

Finalmente  torniamo con i piedi a terra e un pò di mal di stomaco non manca, ma passa rapidamente, salutiamo il capitano dicendogli giustamente che è stata una esperienza unica e che la ricorderemo per sempre.

Il programma del viaggio non ci consente troppo relax, così siamo costretti a ripartire, di nuovo sul pulmino per un lungo tratto di strada, circa 8 ore per raggiungere la città coloniale di Arequipa.  Il  paesaggio continua con deserti e terre aride, dove saltuariamente compare qualche macchia verde che segna la presenza di acqua, altrimenti qui le piogge sono quasi inesistenti ed è anche per questo motivo che le linee di Nazca si sono conservate bene e cosi a lungo.

Dopo qualche ora ci fermiamo a fare uno spuntino in un paesino sulla panamericana costiera, un posto fuori dal mondo. Io e Antonio mangiamo delle sardine in scatola che ci vengono vendute per tonno, gli altri toast e frutta.

Viaggiamo per altre 5 ore, e con il calare delle luci, Viviana e Ligeia, per combattere la monotonia del viaggio cominciano  ad intonare canzoni di tutti i tipi e sono anche brave, poi si aggiunge Lorena con la sua vena artistica e anche io con la mia voce stonata.

Lasciamo la costa sul tardo pomeriggio e  per la prima volta cominciamo a salire in cordigliera, ma il paesaggio non è ancora molto tortuoso, cala il buio e arriviamo ad Arequipa (m 2350), che ci appare come un presepe illuminato da tante lucette, è la seconda citta' del Peru', e' situata in una fertile valle verde che contrasta con il deserto montagnoso dei vulcani Misti (m.5.822), Chanchani (m. 6.075) due tra le vette andine più alte , attualmente dormienti. negli ultimi  secoli, e' stata colpita da spaventosi terremoti che l'hanno parzialmente distrutta ed e' tuttora a rischio.Fondata dagli spagnoli nel 1540,  viene soprannominata la "Ciuidad Blanca" per il colore delle sue costruzioni edificate in pietra vulcanica bianca e gode di un clima temperato tutto l'anno.  Da Arequipa, Alfiero organizza l'escursione al Canyon del Colca  dove volano i condor, uno dei posti più spettacolari del Perù.

Arriviamo in hotel, ci sistemiamo ed andiamo a mangiare in un simpatico locale dove suona un bel complesso andino, coinvolgiamo il nostro Andrea (che è un gran musicista!)  a suonare con loro, prende la chitarra e non si tira indietro!  Noi invece si esibiamo nelle danze. 

Il giorno seguente giriamo per Arequipa, e' una localita' molto piacevole ed e' divertente perdersi nel suo centro storico ricco di chiese e abitazioni caratteristiche. Plaza de Armas è circondata, per un lato dalla Cattedrale (ricostruita nel 1844 in stile neorinascimentale) e per gli altri tre dai tipici portici;  Un'altra chiesa che visitiamo e' la Compania, che si trova in un 'angolo: ci colpisce la sua bianca facciata, massima espressione del barocco meticcio , realizzata tra il 1600 ed il 1660 fortunatamente rimasta intatta nonostante i catastrofici terremoti. 

Non possiamo lasciare la citta' senza aver visitato il monastero di Santa Catilina, che deve il nome alla devozione, nei riguardi della santa, della benefattrice che lo fondo'. Costruito nel XVI secolo come convento di clausura, assunse negli anni dimensioni di una cittadella di 20.000 mq racchiusa tra alte mura. Durante i suoi 250 anni di storia accolse molte novizie, figlie di famiglie ricche.

A metà giornata è' ora di partire per Chivay, che sarà una delle esperienze più belle e avventurose di questo viaggio,  ma in hotel ci accorgiamo che manca Andrea, così ci dividiamo e lo andiamo a cercare, dopo un pò fortunatamente lo ritroviamo nella Plaza de Arma, partiamo subito visto che siamo già in ritardo.

La strada è peggiore di quanto pensavo, il primo tratto è asfaltato, ma comincia a salire notevolmente di quota, passando dai 2300 m di Arequipa ai 3500, per poi superare i 4000 presso un passo andino dai paesaggi stupendi, presso il quale ci fermiamo per bere un matè di coca,.  Sullo sfondo di fronte a noi  compare il cono  innevato del Misti e poi del Chancani , meraviglie della natura e lungo la strada tante vigogne e lama, il freddo però si sente, nonostante Antonio gira sempre in camicia, e quando rientro nel pulmino per continuare il viaggio comincio a sentirmi male, non per il mal di montagna ma probabilmente per una congestione. La situazione mi si aggrava nell'ultimo tratto di strada, dove per raggiungere il paese bisogna scendere una infinità di tornanti, con una strada buia piena di buche e dislivelli.

Quando finalmente giungiamo a Chivay, paesino indio fuori da ogni tempo,  sono praticamente morto e rinuncio ai bagni termali presenti nelle vicinanze. Vado in hotel e rinuncio anche alla cena, Viviana e Ligeia da buone sanitarie mi danno un aulin, e la buonanotte. Sono il primo caduto del viaggio (che onore!).  

Mi sveglio al mattino ancora un pò sconvolto e malandato,  ma non c'è tempo per riflettere o vado o non vado. Da buon viaggiatore decido di andare, non posso perdermi il Canyon del Colca, il mio fisico non mi tradisce e si riprende alla grande, come supponevo!

 

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B.Aires (Argentina

B.Aires (Argentina

Lima (Peru)

Chivay (Peru)

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Arequipa (Peru)

Paracas (Peru)

Nazca (Peru)

Trekking (Peru)

 

Partiamo di nuovo con il pulmino,alla guida c'è Walter un simpatico peruviano e Ana una ragazza che ci spiega molte cose sul Perù;  le strade ovviamente continuano ad essere sterrate e piene di buche, l'asfalto non esiste, ma i panorami si fanno subito interessanti, cominciamo a vedere lunghi terrazzamenti che si estendono ai fianchi delle montagne, dove i campesinos coltivano mais e patate, una tecnica che discende dai lontani Viracocha (antiche divinità).

Lungo la strada per il Colca arriviamo in un tipico paesino indio, non ricordo neppure il nome ma mi è rimasta in mente la sua caratteristica chiesa bianca che spicca tra le montagne, circondata da indios in costumi tipici e alpaca tenuti al guinzaglio.  Dopo la sosta proseguiamo tra paesaggi che si fanno ancor più selvaggi e montuosi, precipizi e gallerie, queste ultime non le dimenticherò mai ... senza ne reti ne  archi di cemento di protezione, buie e semplicemente scavate nella roccia, a differenza di quelle di cui siamo abituati a vedere gli standard di sicurezza praticamente nulli, eppure sembra che resistono.

Finalmente dopo qualche ora arriviamo all'ingresso del canyon, dove per entrare dobbiamo pagare una tassa di 2 dollari a persona, ma ne vale la pena, puntiamo subito sul Cruz del Condor, il più noto panorama sul profondo canyon ricoperto dal verde della vegetazione, ci fermiamo seduti per qualche ora aspettando il volo di qualche condor, alla fine proprio quando stavamo perdendo le speranze, veniamo ricompensati da alcuni esemplari che sorvolano la spettacolare valle dando anche a noi un senso di grande libertà.

Così torniamo indietro fermandoci in diversi posti, tutti spettacolari, fino a raggiungere di nuovo Chivay e a seguire dopo diverse ore la già conosciuta Arequipa. Vado a cena solo con Viviana, Ligeia, Antonio e Alfiero, gli altri declinano e vanno diretti  a dormire; all'indomani ci aspetta un'altra lunga tratta che ci porterà in Cile.

Al mattino ci rechiamo alla stazione dei busetas di Arequipa, da dove partono gli autobus di linea pubblica verso le varie città del paese: il nostro bus per Tacna, nell'estremo sud della nazione  precedentemente prenotato da Alfiero, non è niente male, ci danno anche da mangiare e la hostess di bordo (niente male) organizza anche una giocata ai numeri del Bingo, è stato divertentissimo,  la nostra Ligeia per poco  non vinceva, ma alla fine è stato meglio così,  visto che il premio era un viaggio gratis di ritorno che a noi di certo non serviva!     

Dopo diverse ore in direzione sud  arriviamo a Tacna,  ultima città del Perù ci appare dietro una curva  sperduta nel deserto, priva di vegetazione e vicina all'oceano , a vederla è poco significativa , ma storicamente ricorda una tragica guerra che risale al periodo  1870 - 1880 , quando i giovani stati andini Peru, Bolivia e Cile entrarono in guerra tra loro per ragioni economiche (già a quei tempi come succede oggi nel mondo) , legate allo sfruttamento dei ricchi giacimenti andini , la Bolivia ne aveva molti ed aveva anche un piccolo accesso al mare , il Peru era più esteso verso sud e il Cile che era militarmente più forte riuscì a dominare la situazione invadendo e conquistando alcune terre delle vicine sorelle. 

Arrivati nella stazione centrale di Tacna ,  riempiamo una infinità di fogli per poter passare la frontiera con il Cile , riprendiamo i bagagli e saliamo su due taxi in stile america anni 60, e con mezzora di cammino raggiungiamo il confine tra gli stati , i controlli qui sono piuttosto accurati e si nota già un maggiore benessere e modernità (sempre negli standard sudamericani).

Arriviamo ad Arica, una gradevole cittadina balneare, estesa tra un promontorio e il lungomare, e ci sistemiamo da una signora che affitta camere, mentre il nostro capogruppo và alla ricerca di un tour per il giorno successivo che ci  permetterà di visitare il Parco di Lauca sulle Ande Cilene.

In serata facciamo un giro in centro, ed osserviamo che ci sono molte vetrine, negozi di marca e pubblicità, i nostri presentimenti erano giusti, il Cile in questo periodo sembra essere uno dei paesi  sudamericani che godono di una migliore situazione economica, e si vede, inoltre slogan nazionalisti compaiono in cartelloni pubblicitari , come ad esempio "Arica, siempre Arica!!" .   La sera la fame si fà sentire, così cogliamo l'occasione per mangiare del buon pescado (pesce). A seguire ci sediamo in un locale a assaggiamo il pisco cileno, Ligeia si sente male, stavolta è il suo turno.

Sveglia presto al mattino e partenza con pulmino per il Parco di Lauca, così lasciamo la costa del Pacifico per rivederla solo alla fine del viaggio. Ci arrampichiamo sulle Ande Cilene lungo la carretera che costeggia i binari della mitica "Ferrocarril del Diablo", una ferrovia che serve al trasporto di minerali dalla Bolivia alla costa, ma sembra che oggi abbia grossi problemi di manutenzione.  

Le montagne  Cilene si fanno subito caratteristiche, con gole, vallate e aridi deserti dai colori indescrivibili,  in strada si incontrano pochissimi veicoli;  facciamo tappa prima a Lluta per mirare i geroglifici, poi la chiesa di Poconchile, seguono i cactus candelabri nella fascia dei 3000 m , poi la chiesa coloniale di Parinacota a 4392 il cui colore bianco spicca sul cielo azzurro e sempre più in alto raggiungiamo finalmente il lago Chungara a 4517 uno dei più alti del mondo, qui è bellissimo i colori sono unici e ci sono tantissimi animali, oltre ai soliti scorgiamo tra le rocce i conigli delle ande; il freschetto però si sente eccome, inoltre l'altitudine ci fà provare nuove emozioni, è il cosidetto Soroche  ossia il mal di montagna , che ti prende con mal di testa , ma anche con sensazioni di stordimento ed estraneamento che è quello che provo io ... passeggiando lungo il lago non sentivo grossi problemi fisici ma appena ho fatto dieci passi di corsa mi sono sentito schiacciare sul terreno, madre natura mi ha ricordato che non sono un'andino!

Comunque qui in Cile metto qui il mio record personale di altitudine raggiunta  4517 metri non è male!!  Sullo sfondo spicca invece lo splendido cono innevato del vulcano Sajama (che è posizionato già nel distretto di Oruro in Bolivia) , che con i suoi 6542 metri  si piazza all'ottavo posto tra i  vulcani piu alti del mondo! 

Il parco è bellissimo, protetto e ben tenuto, il governo Cileno sembra essere molto sensibile verso l'ambiente e la natura, e questi parchi visitati tutto l'anno sono divenuti una vera fonte di guadagno per il paese.  L'ambiente comunque è duro e inospitale per le nostre abitudini così riscendiamo di quota e arriviamo nel paesino di Putre a 3500 m, dove mangiamo e ci sistemiamo in delle stanze. Nel pomeriggio un giro a piedi nei dintorni del paese,  qualche foto finche arriva il buio profondo, continuiamo a camminare entusiasti in zone isolate che però non suscitano sensazioni di gran sicurezza ,  poi la stanchezza arriva  e stremati anche dal freddo torniamo a casa .

Al mattino il sole splende, dopo una colazione dove il matè di coca ormai ha preso il sopravvento su tutto, bighelloniamo un pò a zonzo e scopriamo che vicino c'è un campo di addestramento militare, mi ci trovo di fronte con la macchina fotografica al collo, per fortuna non hanno pensato che potevo essere una spia!

E' ora di ripartire, il nostro Alfiero ha prenotati dei posti sulla corriera che và a La Paz in Bolivia, sulla splendida Ruta 11, così bagagli alla mano ci portiamo alla fermata che è fuori del paese , il sole andino picchia, noi ci sistemiamo piu o meno all'ombra della banchina di aspetto. Il pullman si fà desiderare ed arriva con un ritardo di 45 minuti, alcuni di noi hanno anche shiacciato un riposino stendendosi sui bagagli per la terra, poi ci dicono che da queste parti il ritardo è normale.  finalmente arriva, il bus non è niente male ,abbastanza comoo e confortevole, ci danno anche il pasto a base di lenticchie.

 

                               Continua il Viaggio......                      

 

  Musica: riproduzione strumentale di Alturas degli Inti Illimani