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"Famiglie Insieme":

Incontro del 22 giugno 2013

ai Dehoniani di Marechiaro

a chiusura dell'anno pastorale

(clicca sulle foto per ingrandirle)

 

 

 

 


L’incontro è stato introdotto da una relazione di don Franco che ha tracciato un quadro della pastorale familiare in parrocchia alla luce delle linee guida della diocesi emerse dal convegno diocesano a Materdomini.
Sono seguiti poi interventi liberi a commento e sostegno delle parole di don Franco.

don Franco:
Ritorno questa settimana dal convegno diocesano a Materdomini con il cardinale. Introdotti da una meditazione del cardinale sono seguiti 3 giorni di incontri e riflessioni di tutto il clero diocesano. Da questo lavoro il cardinale farà scaturire il suo piano pastorale che sarà presentato il giorno 26 dal vescovo ausiliario. Lo scopo è la crescita della sinergia nella diocesi in modo che nessun decanato, nessuna parrocchia cammini da sola, ma tutti, in comunione con gli altri, intorno al vescovo.
Questo piano pastorale dovrà poi essere incarnato nelle singole realtà delle parrocchie che vivono le diversità dei territori loro affidati.
E' per questo che voglio oggi illustrare qui quanto ci ha detto il cardinale, perché è da questi spunti che dobbiamo vedere come realizzare la pastorale familiare nella nostra parrocchia.
Occorre un percorso serio di approfondimento sia conoscitivo che operativo.
Suggerisco di rileggere la mia meditazione sulla contemplazione, che è uscita nel numero di giugno di Qui Piedigrotta : mai dire siamo arrivati, ma essere sempre pronti al cambiamento.
Non dobbiamo avere paura di approfondire; dobbiamo continuare con più sinergia imparando ad uscire dal nostro gruppo. Abbiamo fatto passi interessanti, ma dobbiamo fare di più. Non so nell’immediato dire come, ma dobbiamo farlo e dobbiamo puntare sempre a risultati migliori.
Papa Francesco, in molti suoi interventi, ci ha detto di andare nelle periferie esistenziali, non come luogo ma come realtà. Ed allora, dove la pastorale familiare trova questa periferia? Quale è la periferia della parrocchia di Piedigrotta? Occorre quindi non rimanere, ma andare. Se non c’è questa apertura, la pastorale familiare implode.
Nel nostro cammino finora abbiamo individuato questa periferia? Siamo andati o siamo rimasti alla finestra? Forse come chiesa ci sentiamo in affanno rispetto al mondo dell’uomo, un mondo che agisce come ad un fast food, dove prevale lo sbranare il cibo piuttosto che assaporarlo.
Quindi non dobbiamo rimanere tra noi avvolgendoci nei nostri problemi e creandone di nuovi; dobbiamo cercare motivazioni nuove per costruire la pastorale familiare. E’ il cardinale stesso che ce lo suggerisce: “E’ indispensabile trovare metodologie nuove”.
Stiamo parlando un linguaggio che non viene capito. E’ inutile continuare a parlare se quanto diciamo non viene capito e recepito. Chiediamoci piuttosto come mai i nostri messaggi non sono più attuali e compresi. Forse i mezzi che stiamo utilizzando non sono più quelli giusti. Il primo passo è già prenderne coscienza per cercare un percorso nuovo, una modalità nuova.
Ci dice ancora il nostro vescovo: E’ necessario prendere atto che è finito il tempo di attuare attività pastorali con modalità prestabilite. Una chiesa realmente consapevole di essere in stato di missione deve cercare vie nuove.
Quali vie nuove allora per una pastorale familiare? “Non si tratta di un aggiustamento delle posizioni, ma proprio di una vera conversione pastorale. Chiedo un atto di coraggio per intraprendere vie nuove.”
Nella mia personale visione sogno che smettessimo di chiederci cosa la gente può dare alla parrocchia, ma piuttosto chiederci cosa la gente si attende da noi. Sono convinto, dai tanti incontri avuti specialmente durante la visita alle famiglie nel periodo pasquale, che la nostra gente guarda con simpatia alla parrocchia e quindi attende dalla parrocchia qualcosa; io penso che la gente vuole essere accolta, stimata ed amata.

Il titolo del piano pastorale del prossimo anno, anticipato dal vescovo sarà: “Canta e cammina.” Dobbiamo quindi smettere i panni del fatalismo e prendere in mano il nostro destino. In questo la pastorale familiare non solo è fondamentale, ma anche fondante perché senza la famiglia non si può essere una comunità cristiana.
Compito della profezia è stare un passo avanti alla realtà, anticipare i problemi; non si può andare al rimorchio e seguire con affanno.
Il Dio delle promesse abita il futuro più che il passato o lo statico presente.
Se disertiamo di stare con l’uomo, l’umanità andrà avanti lo stesso, ma senza l’annuncio del vangelo.
Dio è nella famiglia, non lontano in un altro luogo, Dio è nei tabernacoli fatti di carne delle famiglie del nostro territorio.

Linda
E’ molto bello che la gente ha simpatia per la parrocchia; merito certamente della comunità canonicale e frutto di tanti anni di lavoro comune. C’è quindi bisogno di un ringraziamento a Dio per quello che ci è stato donato.
Chiediamoci come possiamo fare maggiore sinergia. Per non avere gruppi scollati occorre ci sia un venirsi incontro tra i gruppi in modo da creare una vera e propria comunità.

Per realizzare questo a mio parere ci sarebbe bisogno di un cuore pulsante formato dal parroco e da un rappresentante di ogni gruppo presente in parrocchia. Non un organo tecnico, come il consiglio pastorale, ma una vera comunità di fratelli che si amino, si stimino, si rispettino nelle reciproche diversità e che rappresenti tutti quelli che partecipano alla vita della parrocchia, a cui arriva la vita e da cui parte l’input per nuova vita..

Per quanto riguarda poi la missionarietà della nostra azione, dobbiamo fare un scatto per rivolgerci verso nuovi campi d’azione come ad esempio l’accoglienza dei genitori dei comunicandi e dei battezzandi che non va lasciata solo al sacerdote e ai catechisti dell’iniziazione cristiana ma che veda coinvolte le coppie di “ Famiglie Insieme “ in modo più attivo e fattivo: in questo modo si creerebbe una bella sinergia anche con tutto il gruppo dei catechisti ed i genitori potrebbero iniziare a respirare l’aria di famiglia che circola nella comunità parrocchiale.


don Franco
Per l’anno nuovo già sono in avvio due proposte: i genitori dei bambini che parteciperanno all’anno del’accoglienza prenderanno l’impegno di partecipare a 3 incontri durante l’anno per condividere il cammino che fanno i loro figli.
Per la pre-battesimale tutto il gruppo famiglia si dovrebbe sentire impegnato a partecipare ad un incontro con i genitori dei battezzandi.


Fulvio

L’incontro per il battesimo non serve se è fine a se stesso. Questo incontro è valido se è segnato da una vicinanza, da una continuità. La provocazione di oggi del parroco è interessante per la volontà di fare catechesi, fare accoglienza nella vita e nella chiesa. Dobbiamo creare questo rapporto di continuità invitandoli alla vita comunitaria e agli incontri. Finché il rapporto è superficiale si cade nella banalità, quando si cerca di andare nel profondo si cade nella difficoltà, ma si scoprono i problemi.
E’ questo un primo aspetto della missionarietà. I nostri incontri mensili di formazione devono scaturire nell’impegno missionario. Noi non dobbiamo insegnare qualcosa ma testimoniare qualcosa.
Nel territorio abbiamo una ricchezza fondamentale come il centro Shalom, che per me è qualcosa che va al di là perché comprende l’educazione dei ragazzi e il coinvolgimento delle famiglie. Partecipare a questa realtà significa solo avere la faccia tosta, perché non sono io che parlo, ma c’è chi parla per me.
Occorre anche una cura maggiore negli inviti a partecipare perché sembra che siamo noi a non essere capaci di trasmettere quello che sentiamo. Noi riusciamo a fornire una preparazione sulla famiglia. Famiglie Insieme ne è capace, forse il metodo è da rivedere. E’ vero che siamo stanchi di vedere sempre le stesse facce. Il coinvolgimento nasce dal rapporto personale.

Francesca
La partecipazione agli incontri ed alla messa domenicale deve essere una priorità perché a volte è un sacrificare parte della giornata o farne condizionare l’organizzazione. Anche nella scuola per alcune famiglie la scuola non è una priorità. Se io ci credo veramente, forse riesco a ritagliare un po’ di spazio, altrimenti mollo tutto.

don Giovanni
La parrocchia è come l’aiuola di Dio in cui i fiori sono le diverse realtà che ci circondano: dal marito fedele al separato che ha trovato Dio propri
o nella separazione

 

Proposte e suggerimenti per il 2013-14

C’è stata quindi un’ampia discussione con interventi liberi, in cui si è sottolineata la necessità che gli argomenti degli incontri siano legati al vivere concreto della famiglia e che l’incontro mensile sia ben preparato, proponendo anche che gli incontri di preparazione al Natale ed alla Pasqua diventino più un momento di preghiera. Sono seguiti interventi singoli dei presenti a cui si è chiesto principalmente di esprimere un parere circa la modalità e l’organizzazione dell’incontro. Di seguito una breve sintesi degli interventi.

Cristina:
ritengo che come fatto già per alcuni anni occorre avere un intervento introduttivo di don Giovanni e sempre una coppia che, già preparata sul tema, avvia la discussione

Gigi O.: sono anche io d’accordo che una coppia funga da “apripista” per avviare la discussione. Anche l’intervento di don Giovanni è meglio all’inizio per indirizzare la discussione.

Pino: è don Giovanni che deve indirizzare l’incontro, insieme ad una coppia già preparata sul tema della serata.

Anna: per me occorre anche che don Giovanni chiuda l’incontro con un suo commento finale.

Franco Br.: per me l’incontro deve essere un momento di riflessione dove la parola del sacerdote non è una dipendenza, ma un suggerimento di chi è più avanti nel cammino di fede, come un fratello maggiore.
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Antonella: occorre una coppia, già preparata precedentemente, che avvia l’incontro. Lo spunto di riflessione di don Giovanni dà l’avvio alla discussione.

Antonio: se si vuole coinvolgere tutti, occorre sollecitare la partecipazione di tutti; quindi una coppia già preparata può disorientare gli altri presenti. Tutti devono prepararsi all’incontro e dare il loro contributo.

Fulvio: non sono favorevole all’introduzione di don Giovanni, perché un gruppo deve avere la sua autonomia. La coppia che avvia il discorso è utile per una comunicazione anche per dare un esempio a chi si avvicina come nuovo al gruppo. E’ dall’esperienza della vita vissuta che si può arrivare a dare a tutti la possibilità di un confronto. Occorre quindi una coppia che si sia preparata, ma ovviamnete non le solite coppie: tutti dobbiamo sentirci coinvolti in questa preparazione, dando la nostra disponibilità.
Don Giovanni invece deve intervenire quando ritiene opportuno per agganciarsi con la discussione in corso. Inoltre occorre rivolgere l’invito a partecipare e a introdurre gli incontri a coppie e persone esterne che possano portare la loro esperienza per arricchire il nostro gruppo. Occorre anche chiedersi il perché alcune coppie non partecipano più al nostro gruppo; dai loro commenti potremmo anche migliorare il nostro modo di comunicare. Dobbiamo sforzarci di usare un linguaggio più semplice, come ci sta suggerendo papa Francesco. Dobbiamo anche sentirci più coinvolti arrivando all’incontro con una preparazione, avendone parlato in famiglia e portando quindi la nostra riflessione comune.

Gigi B.: mi piace molto l’idea di coinvolgere persone esterne perché per esempio si possono riavvicinare persone che si sono allontanate proprio affidandogli il compito di aprire l’incontro. Occorre anche darsi dei tempi per la nostra crescita: spesso ci esaltiamo per quello che abbiamo fatto o ci abbattiamo troppo per le nostre mancanze. L’intervento di don Giovanni non lo si deve programmare. Deve intervenire quando è il momento, seguendo il discorso che si sviluppa

Mena: noi non abbiamo mai parlato perché quando ci si trova davanti a molte persone ci sentiamo in difficoltà. Ma lo stesso noi ci sentiamo coinvolti e ci fa piacere partecipare dando la nostra presenza. L’intervento di don Giovanni è importante come momento di riflessione.

Carmine: Questo gruppo dovrebbe entrare nella mentalità di servizio e quindi considerare già la semplice partecipazione come un servizio fatto ai fratelli. Il Signore ci ha scelto per allenarci insieme e ciascuno deve dare il suo contributo. In una comunità come la nostra ognuno deve mettere in comune quello che ha; quindi forzare la mano a chi non se la sente non è positivo. L’intervento iniziale di don Giovanni a volte rende difficile riprendere la parola perché ci si sente inadeguati a quello che bisogna dire.

Maria: il nostro incontro deve essere fatto sotto la luce della parola di Dio. Sarebbe importante cominciare dalla Parola. Don Giovanni potrebbe iniziare l’incontro con il suggerimento di un testo anche senza commento. Quando noi parliamo deve essere lo spirito che parla in noi. E’ anche importante coinvolgere qualche persona esterna senza mai trascurare la parola di Dio che per me è alla base del nostro incontro. Oggi vedo che non c’è nessuno timido che non partecipa, il che significa una crescita verso una maggiore partecipazione.

Linda: per l’argomento da scegliere per il nostro anno possiamo aspettare il convegno del 26 giugno che ci indicherà le linee pastorali della diocesi.
Occorre per me fare comunicazione tra noi il che può significare anche fare gruppi più piccoli per una maggiore condivisione. I gruppi grandi non favoriscono la comunicazione. Per quanto riguarda la coppia apripista, un gruppo maturo non ne avrebbe bisogno. Noi facciamo altri incontri con coppie dove non c’è nemmeno la figura del sacerdote. Gli incontri sono coinvolgenti ugualmente. Don Giovanni nei nostri incontri è un fratello più grande che ci aiuta a capire.
Il linguaggio dei nostri incontri deve essere più semplice, senza parlare troppo ma soprattutto con parole semplici. Abbiamo bisogno di comprendere non di intellettualizzare.
Molto spesso inoltre facciamo considerazioni invece di metterci in gioco personalmente. Il tutto va fatto alla luce della parola di Dio. Non dobbiamo parlare del più e del meno, ma di come vivere la nostra vita di famiglia.

don Giovanni: l’incontro vale per la comunione e non per l’annuncio. L’argomento della coppia ha più valore dell’annuncio. La comunione cresce con la comunicazione dell’esperienza. E’ passato il tempo dei profeti e degli angeli annunciatori perché è venuto Dio che si è fatto carne.. Mettersi in comunicazione con gli altri; il sacerdote invece è l’esperto della parola e non un banditore. La coppia apripista deve garantire l’introduzione, agganciare l’argomento e sostenere lo sviluppo dell’amore scambievole durante l’incontro.

Brunella: per la preparazione all’incontro, il gruppo organizzatore deve scegliere un paio di letture ispirate all’incontro, che possano servire di preparazione. C’è bisogno di grande senso di responsabilità. In questo senso la coppia apripista può creare una mancanza del senso di responsabilità. Occorre allargare il numero delle persone che si interessano dell’avvio dell’incontro.
Per l’inizio ci può essere la lettura di un brano o di un salmo su cui abbiamo riflettuto durante il mese.

Rosalba: la coppia apripista non piace perché di solito ha riflettuto già sull’argomento e spesso finisce che rappresenta una situazione da “Mulino Bianco” dove tutto va bene. Per questo la presentazione può mettere in difficoltà. Suggerisco che ciascuno si prepari per non arrivare sprovvisti all’incontro. Nella libertà di ciascuno, ognuno può e deve partecipare per portare il suo contributo. A volte invece ho visto la coppia apripista come chi può creare un blocco allo sviluppo della conversazione.

Francesca: Sono d’accordo con Maria per un momento di preghiera e raccoglimento, cominciare “nel nome”, come significato del nostro incontro. Così don Giovanni può intervenire a sostegno di quello che si viene dicendo. La coppia apripista va vista invece come un servizio ed è anche un privilegio perché si ha la possibilità di prepararsi insieme a don Giovanni. D’altra parte è bello che tutti partecipiamo per evitare momenti di silenzio. Può essere utile un esterno che ci possa suggerire un qualcosa che ha contraddistinto la sua vita.


L’incontro si è chiuso tracciando alcune linee guida per il prossimo anno ma affidando al gruppo coordinatore che si è formato di definire insieme a don Franco e don Giovanni il programma dell’anno ed il dettaglio di tutte le attività del gruppo.

 

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