PAIRING:
Severus Piton/Aura Kay
CENSURA: Per tutti.
I
L’ultimo raggio di sole si riflesse nello
specchio magico, e rischiarò per un attimo la stanza, prima che la notte
oscurasse ogni cosa. Severus Piton si rimboccò le maniche e continuò a
mescolare la pozione nel suo calderone, incurante di una goccia di sudore che
gli scendeva lungo la fronte. Sbuffò e soffiando cercò di respingere una ciocca
di ribelli capelli neri che gli ricadeva sugli occhi. Piton era un uomo
complicato sotto tutti i punti di vista, e nel suo ruolo di esperto di pozioni
non faceva da meno: avrebbe potuto incantare il grosso mestolo, ma il suo ego
gli suggeriva che qualunque pozione avesse preparato e girato con le sue stesse
mani, sarebbe stata migliore. In qualche modo lo si poteva definire un
perfezionista: perfezionista nel mescere intrugli magici, perfezionista nel
farsi detestare (e questa era senza ombra di dubbio la sua specialità),
perfezionista nel seguire ogni suo scopo a qualsiasi prezzo.
Severus
inarcò un sopracciglio, gli occhi scuri scintillanti per il riflesso del fuoco
che ardeva sotto al calderone, e fece un piccolo cenno con la testa: una decina
di candele si accesero di colpo, con un leggero tremolio delle fiammelle
bluastre. Il mago tornò a dedicarsi al suo portentoso intruglio; gettò dentro
una manciata di qualcosa di rivoltante, attese qualche istante, e ,non appena
il liquido color amaranto ribollì sbuffando vapori dall’indefinibile odore,
sollevò il paiolo e lo depositò davanti alla finestra perché si raffreddasse.
Il professore di Pozioni gettò il mestolo in una specie di acquaio e attese che
il suo arnese da lavoro si lavasse e tornasse nella dispensa con un saltello,
poi si fissò nello specchio magico e aprì la bocca per dire qualcosa. Ma, alle
sue spalle, il fuoco si accese da solo in un grande caminetto, e la testa di
Albus Silente si sollevò tra le fiamme.
“
Buonasera! ” canticchiò il Preside di
Hogwarts.
Piton
fece un cenno di saluto, e fissò l’anziano mago con aria interrogativa.
“
Ho qui in presidenza una cosa che ti appartiene, Severus. Penso che tu debba
venire a prenderla. ”
Il
professore stava per chiederne di più, ma Silente borbottò qualcosa sul dover
chiamare anche qualcun altro e scomparve così come era apparso.
Il
mago tornò a guardare lo specchio magico, gemello di quello che, diversi piani
più sopra, faceva bella mostra di sé nella camera di una certa signora e la
chiamò.
La
sagoma, molto confusa, di un volto femminile baluginò sulla lucida superficie
argentata, e Aura sorrise a suo marito.
“
Devo andare da Silente ” disse Piton.
“
Anche io! Dice che ha qualcosa per me. ”
Piton
fece spallucce, chiedendosi cosa Albus Silente dovesse dargli, e cosa dovesse
dare ad Aura. Percorse senza rendersene davvero conto i lunghi corridoi fino
alla presidenza, pronunciò la parola d’ordine, ed il pesante mascherone di
pietra che bloccava l’ingresso saltò di lato. Piton si lasciò trasportare dalla
scala a chiocciola e finalmente si trovò davanti ad uno dei più potenti e
famosi maghi che fossero mai vissuti: Albus Silente.
“
Severus!” il Preside sorrise
allegramente e gli fece cenno di sedersi.
“
Mi dica, Preside, che cosa desidera? ” si aggiustò nervosamente il mantello.
“
Siediti, siediti… ”
Piton
fece un sorriso obliquo e si sedette. Silente gli indicò un grosso pacco,
davvero enorme “ Non sono riusciti a
mandarlo neanche con un centinaio di gufi, naturalmente. E’arrivato oggi con un
corriere dal Ministero, Dipartimento Controllo e Regolazione delle Creature
Magiche. ”
Piton
osservò con curiosità lo scatolone tappezzato di timbri con la scritta
‘delicato’, e si alzò per aprirlo, ma la voce di Aura lo riscosse. La donna,
avvolta in una tunica verde e nera, con al collo i suoi talismani, entrò
allegramente e salutò Silente.
“
Aura, mia cara, ho un regalo per te! ”
Albus si chinò dietro la scrivania a prendere qualcosa, ed il professore
di Pozioni si risolse ad aspettare il suo turno.
“
Che cos’è? ” chiese la babbana, prendendo un fagotto arancione dalle mani del
mago. Ma il fagotto non era un fagotto, era un volatile…una Fenice. Il giovane
pennuto saltò tra le braccia della donna, canticchiando, e lei lanciò un
gridolino di contentezza, stringendolo. Dall’alto del suo trespolo la fenice di
Silente, Fanny, approvava la scena scotendo il lungo collo.
“
Ti piace? E’ stata un’idea di Fanny… ”
Piton
scosse la testa, incredulo sul fatto che un volatile potesse consigliare ad un
umano di regalare un suo simile ad un altro umano.
“
…Mi sembrava appropriato che tu avessi la tua Fenice: tutti coloro che hanno il
Marchio ne ricevono una. Sarà il tuo familiare, da oggi! ”
Piton
scoccò un’occhiataccia al pennuto: non gli piaceva affatto l’idea di dover
condividere la stanza e la donna che amava con lui.
“
Come si chiama? ” chiese la donna, in estasi.
“
Non lo so…devi darglielo tu un nome! ”
“
Uhm…Severilla? ”
Piton
rischiò di cadere dalla sedia, e fissò sua moglie in modo da sconsigliarle di
utilizzare quel nome, o qualunque altro che potesse anche solo lontanamente
ricordare il suo. Aura rise “…No,
naturalmente no. Vediamo…devo pensarci! ”
Silente
si rigirò verso Severus e gli porse una lettera, sotto lo sguardo curioso di
Aura.
“
Questa era con il pacco. Per te… ”
Piton
scartò la lettera e lesse a voce alta “
Il Ministero della Magia, Dipartimento Controllo e Regolazione delle Creature
Magiche, è desolato di dover ricorrere al suo aiuto, ma in assenza di altre
soluzioni siamo costretti ad affidarle un compito gravoso. Riteniamo che lei
sia la persona più giusta…tenendo conto dell’Ordine di Merlino che le è stato
conferito recentemente siamo certi che non vorrà negarci questo favore.
Firmato, Cornelius Caramell. Post scriptum: la abbiamo trovata in seguito ad
una perquisizione nel covo di Lei-sa-chi, dopo gli avvenimenti drammatici dello
scorso mese. Buona fortuna. ”
Aura
guardò il pacco e poi Severus. L’uomo stava rileggendo la lettera, cercando di
capire.
“
Beh, aprilo! ” sbottò la donna, ed il mago assentì.
Severus
Piton estrasse la bacchetta e toccò lo scatolone. Magicamente le corde
saldamente legate si slacciarono, e il coperchio si sollevò…una grossa cosa
saltò fuori e ricadde sul pavimento.
“
Nagini! ” strillò Piton, e fece un salto indietro. Anche Aura arretrò,
ricordandosi cose poco piacevoli. Il mago puntò la bacchetta sull’enorme
serpente, aspettando che partisse all’attacco.
Ma
il rettile restò fermo, e ,a ben guardarlo, a Severus sembrò che la sua solita
espressione crudele e predatrice fosse scomparsa. Nagini fece saettare
tristemente la lingua tra i denti ed abbassò gli occhi.
“
Oh, mio Dio! ” disse Aura, avanzando “
Guarda come è ridotta! ”
“
Non capisco…che dovrei farci, io?! ”
“
Poverina…Voldemort la ha abbandonata: quando si è smaterializzato era talmente
preoccupato di salvarsi la pelle che la ha lasciata sull’isola…deve essere
rimasta lì sola per chissà quanto, e poi rinchiusa al Ministero. ”
Se
sua moglie era tenera di cuore, Piton non lo era affatto. Il serpente,
fedelissimo amico di Voldemort, era una creatura che trovava disgustosa.
“
Albus, che dovrei farci? Puoi darla ad Hagrid, o rimandarla al Ministero. ”
Nagini
sibilò tristemente e strisciò un poco, ma era così debole che non riusciva a
muoversi quasi più.
“
Mi spiace, Severus. Questo è un problema tuo, Caramell la ha data a te. Non
vorrai mettere a rischio l’Ordine di Merlino che ti hanno dato? ”
Piton
scoccò un’occhiata furente al Preside, ma Aura ridacchiò: Albus aveva colpito
esattamente il punto debole di Severus.
“
Preside…lei sa che cosa è questo! ” ed indicò nervosamente il grosso rettile “
E’ il familiare di Voldemort! ”
“
Era il suo familiare. ”
“
Beh, comunque sia non posso tenerlo. ”
“
Ma devi, Severus. Il tono della lettera di Caramell è chiaro: l’Ordine di
Merlino comporta certi privilegi, ed anche certi…doveri. ”
“
Me ne occuperò io! …Se Nagini non cercherà di sbranarmi, e se non si tratta di
una trappola… ” Aura rabbrividì un poco, all’idea che Voldemort avesse deciso
di far credere di aver abbandonato il suo fedele serpente per poi utilizzarlo
in una strategia d’attacco.
“
No! Se proprio dobbiamo tenerla…la chiuderemo in un sotterraneo. ”
Nagini
sibilò piano, e cercando di strisciare fino alle gambe di Piton si rigirò,
priva di forze, a pancia in su.
“
Cielo, Severus! Io detesto Voldemort ed ogni cosa che abbia a che fare con lui,
ma questa creatura è in condizioni pietose! Nessuno merita di fare una simile
fine…e poi è stata abbandonata! ”
Piton
sbuffò sonoramente e voltò le spalle al rettile che cercava di
raddrizzarsi “ La hai vista?! Guarda…è
grande come un tronco d’albero e lunga…beh, dove vorresti metterla?! ”
Aura
era già inginocchiata accanto a Nagini, con il piccolo di Fenice che saltellava
curiosamente sul ventre squamoso del serpentone. Con un grande sforzo, riuscì a
rigirarla, e l’animale sibilò grato.
Severus
Piton scosse la testa, sospirò, cercò qualcosa da dire senza trovarlo e si
lasciò sprofondare in una poltrona. Non si era mai sentito tanto debole.
L’amore rende anche molto vulnerabili, pensò. Girò la testa verso il muro e
bofonchiò in maniera appena percettibile che se proprio doveva, e lo faceva
solo per il Ministero e per l’Ordine di Merlino, avrebbe acconsentito a tenere
il rettile, ma solo per un periodo molto breve.
Aura
ridacchiò, e si ripromise di rendere il favore al professore di Pozioni, quella
stessa notte.
“
Mobili…” cominciò a dire il mago, ma “ No! ” ingiunse la babbana “ Che razza di cose sono queste? Deve averne
abbastanza di essere spedita qui e lì: in camera dobbiamo portarcela noi. In
braccio. ”
Severus
ammutolì, e cominciò a calcolare quanto potesse pesare Nagini.
“
E’ impossibile! ” sibilò.
Lo
sguardo della donna non era meno omicida del suo, Silente era divertito, Nagini
sperava solo che le facessero mangiare qualcosa al più presto.
Piton
represse un urlo, e la voglia di spedire il serpente fuori dalla finestra dello
studio di Albus; ma si chinò di malavoglia e cercò di aiutare Aura a sollevare
il rettile.
“
Buona fortuna! ” canticchiò il Preside, mentre due figure curiosamente
barcollanti tentavano di portare un serpente gigantesco giù per la scala a
chiocciola, e poi nei corridoi, seguiti da una Fenice.
Harry
Potter ed i suoi amici, Hermione, Ron e Draco, aprirono la bocca quasi
all’unisono, sgranarono gli occhi ed arretrarono contro un muro.
“
Non una parola Potter! ” sibilò
velenosamente Severus Piton, sforzandosi di non cadere e di sbattere la faccia
per terra, sotto il grande peso di Nagini.
“
Ciao, ragazzi…è il nostro nuovo animale, ooops…anche la Fenice lì dietro… ”
Aura cercò di non piegare le ginocchia, e strinse la lucida e scivolosa pelle
di serpente ancora più forte.
“
…Una parola e giuro che tolgo cinquanta punti a Grifondoro, Potter… ”
Harry,
incontrò lo sguardo malevolo di Piton, e notò la faccia più contratta del
solito in un’espressione sgradevole, e si disse che era successo l’impensabile:
Piton lo odiava ancora più di prima, per qualche motivo il professore era
riuscito ad accrescere una cosa che sembrava arrivata là dove oltre non si
poteva andare…
Piton
sorrise come un folle, e sghignazzando mormorò che avrebbe sottratto
centocinquanta punti a chiunque avesse osato solo fiatare, mentre si
riavvolgeva l’enorme coda di Nagini attorno alle spalle…
I
quattro amici osservarono passare il bislacco gruppetto, e poi si guardarono
tra loro, incapaci di fare alcun commento. Ma Hermione Granger che era la più
pronta di spirito, recuperò abbastanza in fretta la favella per chiedere ai
suoi amici cosa ci potesse fare l’animaletto da compagnia di Voldemort nella
scuola di Albus Silente…e la risposta non le piacque.
Nagini
si ritrovò distesa su un letto a baldacchino, tra morbidi cuscini e lenzuola
profumate, e si disse che probabilmente era morta per il troppo digiunare e si
era ritrovata nel paradiso dei serpenti. Il grosso rettile era un animale
straordinario da tutti i punti di vista: chi la avesse vista, non avrebbe
potuto dubitare del fatto che non si potesse trovare un'altra creatura di tal
genere. Se Nagini era eccezionale per proporzioni, lo era anche per
intelligenza e virtù magiche: non a caso era stata lei a mantenere in vita
Voldemort con il suo latte incantato. E non solo, il rettile riteneva di essere
stato il perfetto amico, compagno e familiare per il Signore Oscuro; e tutto
questo rendeva ancora più dolorosa l’idea di essere stato scaricato nel momento
in cui non era più necessario allattarlo. Spesso e volentieri il serpente si
ritrovava a conversare con sé stesso, riconoscendosi da solo come furbo,
scaltro, ma anche molto fedele e dedito alla persona del padrone; tuttavia, che
fedeltà poteva conservare a Voldemort, adesso che era stata abbandonata?
Sull’isola dei Mangiamorte aveva vivacchiato nella speranza che tornassero a
cercarla, e si era indegnamente cibata di piccoli roditori, lei che era
abituata a nutrirsi di prede ben più degne, e ricordava di aver persino
piluccato qualche umano, di quando in quando…poi nella gabbia al Ministero si
era lasciata andare definitivamente, decisa a morire se non le avessero trovato
un padrone degno di questo nome. Quando sentì un debole rumore provenire dal
suo stomaco serpentino seppe di non essere deceduta ancora, e fissò i suoi
lucenti occhietti in quelli del mago e della donna che aveva davanti. Li
conosceva entrambi: lui era stato un servo del suo ex padrone, per non dire che
aveva un odore quasi uguale a quello di Voldemort, e che la vibrazione magica
tutto intorno a lui era eccezionale; lei la aveva conosciuta da poco tempo,
quando il Signore Oscuro la aveva rapita, e pensò con riconoscenza che se si
trovava lì comodamente distesa glielo doveva, per non dire che la sua
vibrazione magica, molto diversa da quella di Severus, era altrettanto forte.
Nagini fece scivolare la lingua biforcuta fuori dalla bocca, e la agitò in
segno di gratitudine.
“
Hai fame? ” chiese la donna, ed il rettile annuì curiosamente.
“
Vediamo…cosa vorresti mangiare? ”
Nagini
guardò speranzosa il piccolo di Fenice che saltellava per la stanza, ma Aura le
fece notare che no, non era il caso di mangiarsi il pennuto. Però gettò un po’
di polvere magica nel camino e chiamò qualcuno nelle cucine, e pochi istanti
dopo diversi vassoi colmi di cacciagione arrostita si materializzarono sulla
scrivania…Nagini ritrovò le forze, e con un balzo si tuffò sui piatti, ripulendoli
tutti sino all’ultima briciola.
“
Disgustoso! ” sbottò Piton “ Non avevo
mai visto Nagini a pranzo…e spero di non vederla più. ”
“
Severus, la porterò in camera mia…per adesso è qui solo per comodità, non
appena avrà ritrovato le forze potrà strisciare fino ai piani superiori, no? ”
Aura guardò il serpente come se attendesse risposta.
“
Ssssssssssss! ” fece Nagini, lasciando saettare la lingua tra i denti, e
scivolò elegantemente fino ai piedi della donna, poi si alzò sulla coda e si
lasciò dondolare pigramente.
“
Bene! Allora andiamo. Ci vediamo a cena, Severus. ”
Piton
guardò la donna e i due animali che uscivano e si richiudevano la porta dietro.
“
Che cosa ho fatto per meritarmi tutto questo? ” borbottò, e si disse che era
meglio prendere un libro e leggere qualcosa per distrarsi.
II
Cornelius Caramell si sedette davanti a
Silente.
“Abbiamo
dei problemi, Albus…”
“Non
ne dubito, Cornelius. Non ti ho mai visto entrare qui senza aver portato con te
un grosso fardello di guai.” Silente sorrise “E, tuttavia, sei sempre il
benvenuto. Cosa posso fare per te, questa volta?”
Caramell
si passò un fazzoletto zuppo di sudore sulla fronte. “E’Tu-Sai-Chi! Sempre la
solita storia… E questa volta tutto peggiora! E’ potente, di nuovo potente. Più
di prima, per qualche ragione. E poi…hai deciso chi…”
Silente
sollevò la mano, pensieroso, interrompendo il Ministro.
“Chi?”
Si passò una mano sulla folta e lunga barba “Chi…credo di saperlo.”
“Albus,
è una questione delicata…” Cornelius si sistemò meglio sulla poltroncina,
nervosamente “Se questa cosa fallisce…io dovrò dare le mie dimissioni!”
“Oh,
non credo che sia necessario!”
“Ma
sei…sicuro?”
“Certo.”
“E
posso sapere…chi hai scelto?”
Silente
sorrise “A tempo debito.”
Quando
il Ministro della Magia fu uscito, Silente si alzò dalla sua poltrona, e
percorse la stanza a grandi passi. Si fermò accanto al camino, e prese una
manciata di polvere magica da un sacchettino di pelle dorata; lanciò la polvere
tra le fiamme, e fissò, soprappensiero, la sagoma dell’uomo che si era formata
tra le lingue di fuoco.
“Albus…”
disse costui, con voce profonda.
“Khaemwase…”
“Quale
motivo ti induce a disturbarmi?”
“Oh,
credo che tu lo sappia! E’ arrivata l’ora.”
“No,
Albus. No. Non adesso, non ora…troppi pericoli. Il mio compito è nascondere, tu
vuoi che io mostri?! Ti ho sempre tenuto in profonda considerazione…benché tu
sia infinitamente giovane, rispetto a me. Ma il tuo errore, questa volta…”
“Errore?”
“Ormai
io…noi…la Congrega…siamo fuori dalle cose del Mondo. Il nostro obiettivo non è
il raggiungimento di un fine materiale…ma di qualcosa di molto più grande.”
“Più
grande?! Non può essere più grande dello scopo per cui i vostri Maestri vi
hanno formati! Commetterai un grande errore a non ascoltarmi! Per troppo tempo
la Congrega è vissuta nascosta. Avete dimenticato la vostra utilità. Ma adesso
dovete fare qualcosa!”
“Non
usciremo allo scoperto.”
“Se
non lo farete voi, almeno date il vostro potere a qualcuno, e che quel qualcuno
lo usi…”
Silente
si portò una mano alla fronte, e barcollò.
“Io
vedo…Albus…vedo nella tua mente!”
Il
Mago si raddrizzò “E cosa vedi, allora?”
“Tu
credi di poter agire per conto del Bene. Ma io vedo più lontano…cose che tu non
sai, che non sospetti…che non hai visto.”
Silente
si accigliò “Cosa?”
“Oh,
no…non sarò io a dirtelo. Poiché ci hai scossi dal nostro sonno meditativo…io
acconsentirò a prendere un discepolo. Ma tutto il bene…o il male che ne
verranno, saranno un peso sulla tua coscienza. Manderai quella persona da me.
Domani.”
La
sagoma svanì con un piccolo lampo azzurro.
“Cosa
hai visto…mi domando. E quanto vale la vostra missione, se vi ostinate a
celarvi…” Silente scosse la testa, e sprofondò nella meditazione.
“Perché credete che mia madre e mio padre
abbiano preso quella…quella cosa?” chiese Draco, ai suoi amici.
“Quella
mostruosità, vuoi dire!” Ron ingoiò un pezzo di dolce e fece spallucce “Forse
perché Piton è pur sempre Piton, ed Aura…beh, lei non è tanto normale se sta
con lui!”
Hermione
assestò una gomitata nelle costole del ragazzo “Forse è per qualche motivo
speciale…una missione!”
“Ma
è pericoloso!” Draco era più turbato che mai “E’ la bestia di Voldemort!”
“Beh,
considera che sono tre giorni che sta in camera di Aura, e non la ha ancora
mangiata!” Hermione diede un’altra gomitata, più forte, a Ron.
“Già…e
tu, Harry? Che dici?”
Ma
Potter stava guardando fuori dalla finestra.
“Harry?”
“…Eh?”
“Lascia
stare…”
“Scusa,
è solo che sono…preoccupato.”
I
quattro si guardarono…
Le sinuose spire di Nagini si srotolarono
pigramente sul tappeto, e il serpente sbadigliò. Aura lo osservò, e poi riprese
a pettinarsi…amava quei momenti tutti per sé, quando poteva dedicarsi ai suoi
pensieri. Al pensiero di suo marito, e soprattutto al pensiero del bambino. Il
bambino che cresceva dentro di lei da poco più di un mese: non ne indovinava
ancora il volto, o il carattere, ma provava a pensarlo simile a lei, o a
Severus, e rideva…rideva alla prospettiva del futuro, che sarebbe stato tanto
bello.
Nagini
la osservava. Il serpente capiva più di quanto la donna potesse pensare.
Avvertiva i suoi desideri, le sue speranze, persino l’amore che la
circonfondeva. Scivolò ai piedi di Aura, desiderando che potesse capire le sue
intenzioni…la sua amicizia, la riconoscenza…e sperando che riuscisse a capirla
pur non parlando il serpentese.
Aura
accarezzò il serpente “E’ brutto essere abbandonati, non è vero? E’ una cosa
talmente orribile…che non riesco a comprendere davvero. L’assenza…” si
interruppe, turbata. Due colpi battuti sulla porta, la riscossero.
“Albus!”
disse “Che ci fai qui? Potevo venire da
te, se mi avessi chiamata. Cosa desideri?”
Silente
entrò, e percorse la stanza con lo sguardo “Ho sospeso le lezioni di Pozioni e
Babbanologia.”
“…Perché?”
“Ho
bisogno di mandare Severus, e te, in missione.”
“Ma
Albus…” Aura voleva dire che non poteva, non adesso, non con il bambino; non
poteva rischiare la vita della sua creatura. Ma gli occhi di Silente
riflettevano una preoccupazione profonda, e tacque.
“Te
lo chiedo, per favore. Conosco i dubbi che ora ti affliggono. Ed è normale. Ma
ho bisogno di voi.”
“…E
dove? Dove ci mandi?”
“Non
insieme…”
“Non
insieme!”
“No.
E non dirò all’uno della missione dell’altra.”
Aura
fece qualche passo verso il letto, e si sedette sulla sponda “Perché sento che
adesso c’è qualcosa di diverso? Perché sento che questa volta è diverso dalle
altre?” Si voltò a guardare Silente, forse sperando in una risposta.
Il
vecchio si sedette al suo fianco “Se avessi una risposta per tutto…tutto
sarebbe più facile. Ma non è così. Dicono che il Mondo cambi sempre in peggio…è
una sciocchezza. Il Male di oggi, è il Male di ieri, eppure…nessuno di noi sa
come piegarlo…riusciamo a gabbarlo, per poco, ma poi torna.”
“Io
non riesco a capire.”
“Lo
so. E non lo capisco neanche io. Ricordati due cose dove andrai. La prima: il
Male deve essere bilanciato, riassorbito…non credere di poterlo spezzare.”
Silente
si alzò, e si diresse alla porta, la aprì lentamente.
“Albus!
E…la seconda?”
“La
paura…la paura è l’alleata del Male. La paura è la sua anticamera: quando ti
prende è già tardi. Ma dovrai capire cosa sia la vera paura, rivedere ciò in
cui credi, per comprenderlo a fondo.”
Silente
scivolò oltre la soglia.
Il
piccolo di fenice di Aura, e Nagini, si avvicinarono alla donna.
“La
paura…”
La
Fenice e il serpente si guardarono, ambasciatori di luce e tenebra…
Severus Piton chiuse la porta del suo
studio, accarezzandone la maniglia. Rimase immobile un istante. La Conferenza
della Magia…la prima dopo centocinquanta anni. E lui sarebbe stato il rappresentante di Silente. Un branco di
Maghi impauriti e sull’orlo della crisi…
“Perché
questo turbamento?” La voce bassa e dolce di Aura lo riscosse.
“Perché
ti amo.”
Aura
sorrise piano.
“Non
voglio andare” disse semplicemente Severus.
“Eppure
andrai. Perché non abbandonerai il tuo dovere. Questa è la strada che ti sei
scelto, e la seguirai sino alla fine.”
“Dimmi
di non andare.”
“No.
Devi andare. Ed anche io…”
“Tu?!”
“Silente
ha un compito per me.”
“No!”
Piton si irrigidì “No. Non nella tua condizione…nostro figlio, mio figlio…”
Aura
si portò una mano alla bocca, per soffocare un gemito di dolore…
“Aura…”
il mago la sorresse “Cosa…”
“Il
bambino…si deve essere mosso…”
“Ma
è troppo piccolo…sei sicura? Stai bene?”
“Si…a
volte mi da l’impressione di essere talmente vitale… Ti prego, non
preoccuparti. Io sto bene. E saprò tornare sana e salva. Ma tu…”
“Io
non corro rischi. Non è un incarico pericoloso il mio, solo…stressante.”
L’uomo
passò una mano sui capelli di sua moglie, e la lasciò scivolare sul suo petto.
“Il
tuo cuore batte così forte…non aver paura.”
“Non
ne ho. Non ne ho fino a quando so che sei con me.”
“Ed
io sono sempre al tuo fianco, anche se siamo lontani. Aura…io vado solo perché
questo mondo ci appartiene, è il tuo, il mio…quello di nostro figlio, e devo
proteggerlo.”
La
donna sorrise e poggiò la testa sulla spalla dell’uomo che amava “Vieni nella
mia camera, dopo. Partirò all’alba…e non voglio andare senza aver preso
un…ricordo di te.”
Piton
osservò la sagoma di sua moglie scomparire nel buio corridoio, inghiottita
dall’oscurità. Un brivido di freddo lo scosse.
Voleva
un momento di solitudine per pensare…quale sarebbe stato il suo ruolo alla
Conferenza? Che notizie poteva portare…lui, proprio lui, un ex Mangiamorte. Ma
forse era proprio per questo che Silente lo aveva scelto.
Cosa
avrebbe detto? Poteva forse dire che il Mondo non si stava sgretolando davvero?
Poteva rassicurare quella gente sul fatto che Voldemort non fosse potente?
Poteva solo dire di combattere.
Percorse
qualche metro, senza sapere dove andare. Cos’era che lo turbava? Sapere che era
suo padre il motivo per cui il Mondo rischiava di sparire sommerso dalla paura?
Sapere di poter essere come il padre che odiava? O forse…sapere che Voldemort
non poteva essere vinto.
Uscì
nel giardino. La sera era umida. Voldemort…era tutti loro. Questo pensiero lo
costrinse a fermarsi. Ma era così. Voldemort era un uomo, né più, né meno. La
sua corruzione era tutta umana, era in potenza in tutti. In Aura, in lui, in
Silente, in tutti. Forse era questo il motivo per cui non sarebbero riusciti a
vincere…o era il motivo per cui avrebbero vinto? Se loro sapevano resistere a
questo Male…allora era possibile farlo. Non era una condanna ineluttabile…
Sollevò
lo sguardo al castello. La tremolante luce di una candela, dietro una finestra,
gli ricordò che Aura attendeva, e non era bene farla attendere.
“Professore…padre…”
la voce di Draco era incerta.
“Draco,
dovresti essere nei sotterranei. Come responsabile di Serpeverde potrei punirti
per questo.”
Il
ragazzo si strinse nelle spalle, era difficile adattarsi alla sua nuova
condizione di figlio di Severus Piton ed Aura Kay; a volte era dura.
“Mia
madre ha detto che partirete. E non insieme. E’ vero?”
Piton
annuì, pensoso.
“E
poi…Nagini…non riesco a capire…perché permetti a mia madre, tua moglie, di
restare in compagnia del più grande alleato di Voldemort?!”
“Perché
tua madre è testarda. Più di me, più di te.” Piton sorrise.
Draco
scosse la testa “Non è bene. Mi preoccupa.”
“Sa
cavarsela. E Nagini sa di essere viva grazie a lei…questo gioca tutto a suo
favore. Ma è inutile sforzarsi di capire. Sarebbe inutile. Per quanto illogica
devi accettare questa situazione. Saprai farti onore in nostra assenza?”
Il
ragazzo gonfiò il petto, orgoglioso.
Il letto era accogliente, caldo. Piton
lasciò scivolare il vestito sul pavimento, e si distese al fianco di sua
moglie. Le passò una mano sul viso, lasciò scivolare l’indice tra le sue
labbra, si lasciò provocare… e poi si chinò su di lei, a baciarla. Severus
conosceva ogni centimetro della pelle di quella donna, ogni centimetro… la sua
bocca la percorreva affamata.
Conosceva
il sapore dolce e caldo della bocca di
lei, la sua morbidezza, gustava le sue labbra morbide e carnali, sempre
affamate, come le sue. E conosceva il suo collo, le sue spalle, il suo
seno…ogni cosa.
Sapeva
giocare. E il gioco reso più dolce e più disperato dalla separazione, lo
avvinceva.
III
Severus Piton lasciò cadere il pesante
borsone di pelle nera, e suonò il campanello sul bancone dell’albergo. Pochi
istanti dopo, un mago piccolo e tarchiato comparve lì davanti.
“Scusi,
ma stavo dando qualche consiglio a mia moglie per cuocere l’arrosto…desidera?”
Piton
non fece neanche in tempo ad aprire la bocca che il mago riprese a parlare “Ma
si, è qui per la Conferenza, vero? Ha una prenotazione? Senza prenotazione è
difficile trovare un posto…”
Severus
si frugò in tasca, e tirò fuori una chiave d’oro, con una pergamena arrotolata.
“Si,
ho prenotato. Ecco la chiave.”
“Ah,
molto bene! Terzo piano, stanza 509! Devo solo registrarla…signor…Piton? Ah,
ecco…Severus Piton, da Hogwarts?” il mago alzò la faccia dal registro.
“Da
Hogwarts?!”
Piton
fece segno di si.
“Oh,
è l’inviato da Hogwarts! Non la invidio, non ci vorrei essere nei suoi panni!”
“Mi
scusi, ho molta fretta.” Piton riprese la chiave, e si avviò verso le scale.
“Le
auguriamo buona permanenza!” strillò l’ometto, prima di scomparire, blaterando
a proposito di sua moglie e dell’arrosto.
Il
professore di Pozioni era più scuro del solito. La missione si rivelava
sgradevole sin dall’inizio…se persino il più sciocco degli albergatori sapeva
quanto fosse delicata la posizione dell’inviato di Hogwarts. Eh, già…tutti aspettavano
che dalla più prestigiosa scuola di Magia, si levasse una voce saggia; ma Piton
non era certo di avere le necessarie risposte…
Stava
pensando a tutto questo, quando una porta si spalancò tanto repentinamente da
sorprenderlo, costringendolo ad un piccolo salto indietro.
“Oh,
mi scusi!”
Piton
fissò la persona che gli stava davanti. Una bella donna. Avvolta in lunghi veli
celesti, i capelli biondi acconciati sulla testa con arte.
“Severus!”
disse lei, non appena lo riconobbe.
“Kaliptra!”
era sorpreso…
“Ma
non riesco a crederci!Saranno anni che non ti vedo! Cosa ci fai qui?”
“La
Conferenza…e…tu?”
“Lavoro
per la Gazzetta del Profeta! Sono stata inviata per riportare al grande
pubblico gli esiti della Conferenza. Sei un relatore?”
Piton
annuì “Tu…lavori?!”
“Certo!”
Kaliptra sorrise…il suo sorriso più seducente “Ci sono tante cose che non sai!
Tante che devi assolutamente raccontarmi! Non so nulla della tua vita…quasi
nulla. Mia sorella non mi parla di te da…oh, da un bel po’!”
“Nagini e Fiamma vengono con me.” Aura lo
aveva affermato, non chiesto.
“Sarà
difficile pensare a loro, dove vai. Qui possiamo pensarci noi.” Silente sorrise.
“No.
Le chiedo solo questo, Albus, non voglio andare sola. Piton non è con me, mi
lasci almeno Fiamma e Nagini.”
“Non
posso obbligarti a fare altrimenti, ma fai attenzione, non avrai molto tempo
per loro.”
“Adesso
posso sapere dove devo andare? O neanche questo mi è concesso?” chiese la
donna.
“No.
Lo scoprirai al tuo arrivo. Prendi questo anello…” le passò un anello di rame,
con una piccola pietra arancione scintillante “ti condurrà dove ti attendono.”
“E
quando dovrò tornare?”
“Allora
farai in maniera diversa.”
“Albus,
io spero che lei sappia cosa fa, ne abbiamo già parlato, ma non ne sono sicura.
Sta spingendo troppo per questa missione…ed io aspetto un figlio, e non sono
neanche certa di sapermela cavare da sola, senza Severus.”
“E’
ora di andare…”
Aura
deglutì. Era insolito vedere Silente così. Era tutto insolito. Si strinse il
bagaglio in una mano, Fiamma le stava sulla spalla, e Nagini attorcigliata ai
piedi. Guardò l’anello.
“Si
parte…”
Pochi
istanti dopo, il mondo tutto intorno a lei roteò, vorticò…
Albus
Silente sospirò stancamente, chiedendosi ancora se fosse un incauto o se quella
fosse l’unica soluzione.
Kaliptra e Piton si sedettero su una
panchina rovinata dal tempo, e rimasero un po’ in silenzio a guardare la natura
lussureggiante.
“E’
un bene che i babbani non sappiano di questo.”
Kaliptra fissò Severus “Non sei d’accordo?”
“In
realtà hanno tante possibilità di distruggere tutto ciò…quante ne abbiamo noi.”
“Oh,
Severus…non direi! Noi siamo molto più consapevoli!”
“Forse
lo sei tu, ma non ci giurerei per il resto di noi. Per esempio per il marito di
tua sorella.”
La
donna si rabbuiò “Oh, lui!” scosse la testa “Lui non lo considero neppure.”
“E’
molto che non vi incontrate?”
“Una
vita! Da quando ho deciso di lavorare e stare per conto mio, molto per conto
mio. Ho fatto delle nuove scelte Severus,
ma questa volta posso affermare che sono tutte mie.”
L’uomo
la fissò interrogativamente, ma Kaliptra sorrise.
“E
hai sempre lavorato per la Gazzetta?”
“No,
no. Lo ammetto, ho girato un po’ come una vagabonda. La Gazzetta mi ha aperto
le porte non più di dieci giorni fa.”
Severus
Piton la fissò a bocca aperta “Ed affidano a te un compito così importante?!
Come minimo mi aspettavo di trovare qui quella Rita Skeeter…una vera seccatura.
Come hai fatto ad avere questo posto?”
“Piccola
raccomandazione. No…è che ho portato in così poco tempo degli articoli tanto
importanti che non hanno saputo negarmi questo favore. Rita si starà mangiando
le mani…suppongo che stia seguendo una migrazione di ippopotami , guidata da
alcuni famosi maghi africani. Sarà furiosa.”
“Così
tu sei il nuovo corso della Gazzetta? Non lo avrei detto.”
“Già,
l’era Skeeter è finita. Ma io sono meglio, non credi?”
Aura si rialzò, Nagini stava strisciando
nervosamente lì intorno, e Fiamma saltellava. Era caduta…non era riuscita ad
atterrare in piedi…ringraziò che non ci fosse nessun altro a seguirla, nessuno
che vedesse quanto fosse ancora poco pratica dei mezzi di trasporto magici. La
seconda cosa che Aura fece, fu sputare la sabbia che aveva in bocca. Poi si
guardò intorno. Era in posto davvero strano…sembrava un edificio in arenaria…ma
crollato. O semi-crollato, perlomeno. Un posto abbastanza spettrale. Il rumore
dei suoi passi, quando non era attutito dalla sabbia che a tratti rivestiva le
lastre di pavimentazione, risuonava. “Forse abbiamo sbagliato strada…” si
disse, ma continuò a camminare, passando tra le macerie. Notò che Nagini
sembrava avere un’idea della strada da intraprendere, e la seguì per parecchi
minuti. Stava per fermarsi, ma notò come le decorazioni sui muri fossero più
scintillanti, non erose dal tempo, e come non ci fosse più sabbia sui
pavimenti. La piccola Fiamma saltellò verso un pannello delle parete.
“Cosa
c’è Fiamma? E’ solo un muro…” ma Aura si rassegnò alla possibilità che i due
animali capissero più di lei, e bussò sul lastrone. “E’ cavo!” La donna lo
sospinse…e si spostò di lato.
“E’
un passaggio…ma come faceva a saperlo…” fissò la piccola Fenice, senza capire.
La donna ed i due animali si infilarono in un cunicolo illuminato da parecchie
fiaccole, era una discesa oscura. L’aria sembrava poter mancare da un momento
all’altro, e la strada era tanto lunga, e scendeva talmente in profondità da
poter quasi dubitare di non arrivare altrove che al centro della Terra.
Quando
Aura intravide una luce, alla fine del corridoio, accelerò il passo, non
desiderando restare oltre in quel luogo.
Lentamente
l’uscita si avvicinava… “Ma…non è possibile!” la donna spalancò la bocca,
esterrefatta.
C’era
un giardino…un grande e rigoglioso giardino…e si vedeva il cielo luminoso…ma
erano sottoterra!
“Oh,
si che è possibile!”
Aura
si girò verso la voce, e mosse un passo indietro. Un’altra sé stessa, con al
fianco Nagini e Fiamma si stava avvicinando. Ma Nagini e Fiamma erano al suo
fianco…
“No…non
è…”
“Possibile?
Lo hai già detto, ma lo è!” la voce era maschile, ma l’immagine era quella di
Aura. Poi, ad una certa distanza, la figura si increspò…come se fosse solo un riflesso sull’acqua…e proprio come
se stesse uscendo dall’acqua, perdendo l’aspetto di Aura, un uomo scivolò fuori
dalla parete di lucente sostanza riflettente.
“Benvenuta,
Aura Kay.”
“Era…uno
specchio?” chiese la donna.
“Una
specie. E’ la nostra porta…dobbiamo andare dall’altra parte. Se vuoi seguirmi…”
Finalmente
la donna si concesse di osservare l’uomo che le stava davanti. Indossava una
tunica bianca, lunga e semplice, e due occhi di nera ossidiana scintillavano in
un volto serio e tranquillo.
“Io
sono Khamose, il guardiano del passaggio.” Si presentò.
“Io…”
“Tu
sei Aura, lo so. Devi seguirmi.”
“Ma
dove…dove siamo?”
Khamose
sorrise “Nei giardini del Tempio del Sole. Oltre cinquecento metri sotto
terra.”
“Non
credo di capire. Ma forse sei tu che puoi dirmi perché sono qui!” chiese Aura.
“Perché?
No, non sono io a dovertelo dire, probabilmente lo scoprirai da sola, o sarà il
Venerato Khaemuase a dirti ogni cosa…”
“Ma
dove, ma come…”
“Ogni
domanda avrà una risposta, non ora. Dobbiamo entrare. E chiudere il passaggio.”
Khamose
attraversò nuovamente lo specchio, e Fiamma lo seguì. Nagini si infilò per
terza. Aura protese le mani verso la superficie argentea, che si
increspò…mentre piccole onde circolari la percorrevano. Aura attraversò lo
specchio…e si trovò in una sala scura, illuminata solo da piccoli bracieri.
“Benvenuta,
Aura…a te e alla tua pregevole Fenice, messaggera del Sole. In quanto al
Serpente, non mi è nuovo il suo aspetto, ma non riesco a ricordare dove possa
averne visto uno così. Sono oltre cinquemila anni che servo il Passaggio, ma
non riesco a…”
“Cinquemila
anni…?” Aura era sempre più incredula, ed incapace di comprendere.
Khamose
sorrise “Si.”
“Ma
nessun uomo…”
“Io
non sono un uomo. Non sono un essere umano.”
“Co…cosa?”
Aura scosse la testa, e sgranò gli occhi…era un uomo, senza dubbio, colui che
le stava innanzi.
“Non
appartengo alla tua stirpe umana. Non ho neppure un corpo!”
“Ma
no…io lo vedo…”
“Oh,
toccami, Aura!” Khamose sorrise ancora, mitemente.
La
donna allungò una mano, ma non riuscì a toccare nulla “Sei un fantasma? O un
ologramma?”
“Né
l’uno, né l’altro. Ma tra i due…forse un ologramma è ciò che più si avvicina a
quel che sono. Ma sarebbe inutile che io ti spiegassi oltre. Ciò che sono, tu
non puoi capirlo. Ma adesso andiamo…devi proseguire.” Khamose mosse pochi passi
“Ora vai, prosegui oltre…segui la freccia…a me non è dato lasciare il
Passaggio.”
“Non
vieni? Ma…quale freccia?”
L’uomo
indicò un punto davanti agli occhi della donna. Una scintilla dorata accese per
un istante l’ambiente semi oscuro, e poi si proiettò in avanti, lasciando una
scia.
“Ma
Khamose, io non…” ad Aura le parole morirono in gola. La creatura non era più
lì.
Fiamma
e Nagini stavano già seguendo la scia, ed Aura si decise a smettere di
sorprendersi. Hogwarts era una cosa (ed era stato uno shock per lei la prima
volta), ma tutto questo andava ben oltre la magia! Era pura…pura…follia! Ecco,
follia era l’unica parola che le venisse in mente. Non c’era molto altro da
dire.
Percorsero
corridoi ascendenti e discendenti, movendosi in un labirinto immenso ed immane,
dove tutto sembrava animato dalla scintilla della vita. In fine raggiunsero una
Sala.
Fiamma
saltellò verso un punto del pavimento, un’altra Fenice, molto più grande e
splendente, era lì immobile.
“Fiamma,
fermati!” disse Aura.
“Lascia
che si avvicini…” la voce parlava alla sua mente?
“Chi…chi
è?”
“Sono
la Fenice di Khaemuase…parlo alla tua mente…lascia che questa piccola mi si
avvicini: da quando il suo uovo si è schiuso, non ha avuto contatti con la sua
famiglia…devo insegnarle ciò che è necessario…”
Le
due Fenici si allontanarono in volo.
Nagini
si strinse di più alla donna, ed Aura si chinò a rassicurarla “Stai buona…c’è
qualcosa che non capisco. Anche io sono agitata, ma…non capisco. Chi sarà
Khaemuase?”
“E’
inconcepibile!” una voce severa indusse Aura a rialzarsi “Inconcepibile! Sono
pochi quelli che hanno avuto il coraggio di entrare in questo Tempio con un
animale tanto impuro!”
La
biforcuta lingua di Nagini saettò…e il serpente si erse in posizione di
combattimento.
“Questo
animale non è impuro!”
“Si
che lo è! Un Serpente nel Tempio del Sole! E’ una follia…” un uomo alto e
dall’età non definibile si piantò davanti ad Aura “Questa bestia è già stata
qui! Ed è stata già scacciata!”
“Ce
ne andiamo…” Aura si voltò di scatto, e mosse alcuni passi verso il corridoio,
ma andò a sbattere su quella che sembrava una barriera invisibile.
“Non
puoi uscire, ora che sei dentro.”
“Voglio
andarmene! Non sono prigioniera, vero?”
“In
un certo senso…Chi è dentro può andare fuori solo se ne ha le capacità.” L’uomo
si mosse, lasciandosi illuminare meglio dalla fiamma di un braciere. Doveva
essere vecchio…c’era qualcosa in lui che lo suggeriva, ma non era né cadente né
consumato. Era forte, la pelle brunita era liscia. Eppure emanava un’aura di
antichità.
“Voglio
andarmene, sono stufa di questo posto! Voglio uscire subito…e se non mi lasci
andare via tu, troverò il mezzo di farlo, con le cattive o con le buone!” Aura
si fermò…quanta rabbia nel suo tono…non si era quasi riconosciuta, si portò,
una mano alla bocca, stupita.
“Non
puoi andar via.” Disse tranquillamente l’uomo “Dovrai apprendere il modo di
uscire da sola… In quanto al Serpente, può restare, ma questo profetizza già
l’esito della tua permanenza. Non che io non lo avessi già visto, non che non
lo sapessi…”
“Cosa?”
“Lo
scoprirai anche tu. E non ti piacerà.”
“Ma
cosa volete da me, tutti voi…cosa volete?” Aura aveva paura.
“Cosa
vuole Silente. Hai il Marchio della Fenice, un simbolo del Dio del Sole, ma sei
anche cresciuta in un mondo che ti ha nascosta ai nostri occhi, ed ora credo
che sia tardi…dovrai apprendere a essere degna del tuo Marchio. Ma questo sarà
molto difficile…quando in te c’è una infamia di proporzioni inimmaginabili!”
“Ma
cosa… Infamia?! E’ una bugia! Non capisco…”
“Capirai,
capirai.”
Kaliptra e Severus Piton passeggiavano nel
parco. “Quanto manca?” chiese la donna.
“Solo
un paio d’ore. E poi questa dannata Conferenza…qual è la linea della Gazzetta?”
chiese Severus.
“Linea
dura! Vogliamo mostrare la debolezza del Ministero, la sua totale
inadeguatezza. Molti hanno chiesto un segno forte, che chiarisca che non siamo
al livello dei babbani. Ma ormai Caramell non ha carte da giocare.”
“Questo
va contro di me.”
“Mi
dispiace, Severus. Però io scriverò la verità…e questo implica che non potrò
che elogiarti. Non c’è nessun altro al mondo su cui scommetterei: ma tu hai una
chance…fagliela vedere!”
Piton
rifletteva…la situazione non faceva che peggiorare…e chissà dov’era Aura…
“Aura…”
si lasciò sfuggire, in un sospiro.
“Aura?
Chi è?”
“Aura
è mia.”
“Cosa?”
“Oh,
è mia moglie. Scusa, ero soprappensiero.”
“Figurati…Aura,
hai detto? Non è che sia un nome comune. Ma non mi è nuovo…è possibile che io
ne abbia sentito parlare.”
“Non
credo.”
“Sai…è
che l’associo a mia sorella….” Kaliptra sembrava pensierosa.
“A
Narcissa?! Per favore… Non potrebbero esistere persone tanto diverse.”
“Si,
ma…Oh…mio Dio…”
“Cosa?”
Piton
guardò Kaliptra, ed i suoi occhi sgranati…il volto improvvisamente pallido.
Aura si lasciò cadere su una branda. Era
esausta e allo stremo delle forze e della sopportazione. Khaemuase l’aveva
invitata ad andare a riposare…aveva perso Fiamma da ore, ormai, e Nagini era in
preda ad una specie di crisi di isterismo e paura: la donna fissava il serpente
mentre scivolava avanti e indietro nella stanzetta, sibilando.
Per
un momento Aura tentò di concentrarsi sul mondo esterno…su Severus…ma una fitta
dolorosa la distolse. Forse c’era qualcosa che non andava…da un po’ di tempo il
bambino sembrava causarle degli improvvisi dolori. E questo la impauriva ancora
di più. Si addormentò faticosamente.
Dopo
un po’ di tempo Aura si riscosse: qualcuno aveva bussato alla porta…si tirò a
sedere, mentre la porta si apriva da sola, lentamente.
Una
persona si affacciò nella stanza, osservando Aura con curiosità. Era un
bambino.
“Chi
sei tu?” chiese Aura, stupita.
“Mahka”
“Ci
sono anche bambini qui? Cosa vuoi?”
Il
ragazzino rise “Sono venuto a vedere se stavi bene: sono due giorni che dormi…”
“No…avrò
riposato pochi secondi soltanto…”
Mahka
rise “No, non è così. Cioè…si e no. Qui hai dormito per due giorni, che fanno
un istante nel mondo di fuori…”
“Non
lo credo possibile…che vuoi tu da me?”
“Volevo
vedere come stavi, lo ho detto.”
“Sei
il figlio di…quel tipo che ho incontrato prima e che è nemico del…del mio
serpente?”
“Oh,
no! Io sono il tuo insegnante, Aura. E forse è venuta l’ora di andare…”
Piton
continuava a fissare Kaliptra.
“Cosa
diavolo ti prende? Kaliptra!”
“Nulla…scusa
Severus.” La donna sorrise “Stavo pensando solo ad una cosa che avevo sentito.
Mi dispiace se ti ho impressionato…davvero, è stato…un errore!”
“Sei
certa?” Severus scosse la testa, senza potersi liberare da una sensazione di
pericolo e di…nausea.
Silente,
nel suo studio, rifletteva. Il suo pensatoio era colmo di pensieri…pensieri
legati tra loro, senza che apparentemente dovessero esserlo. Sospirò
ancora…cosa voleva dire Khaemuase? E Severus cosa stava facendo? Aura sarebbe
riuscita a portare a termine la sua missione? E Voldemort…
IV
Aura era stremata. Nei primi giorni del
suo allenamento il bambino nel suo ventre sembrava doversi agitare senza sosta,
e poi s’era calmato. Adesso erano le insistenti esercitazioni imposte da Mahka
a privarla d’ogni forza, ma aveva appreso come controllare parte dei poteri che
finora, a causa del marchio che portava, s’erano manifestati del tutto
spontaneamente.
Quella
mattina Mahka era venuto a dire che non aveva altro da insegnare e che sarebbe
stato Khaemuase a darle le ultime istruzioni, poi era sparito, senza altro che
un sorriso ed un frettoloso cenno di saluto.
Aura
avanzò nella grande sala dove il vecchio l’attendeva. Fiamma era appollaiata su
un trespolo. Nagini seguiva la donna, esitante.
“Supera
l’ultima prova e vattene…” la voce di Khaemuase risuonò fredda e sbrigativa.
“Potessi
andarmene sarei fuggita da tempo!” sibilò Aura.
Gli
occhi del saggio si strinsero in due fessure “Qui si è prigionieri solo di sé
stessi…”
Nagini
sibilò pietosamente, avvicinandosi di più alla donna, come se fosse spaventata.
“E
l’ultima prova?” tagliò corto la donna, ormai in preda al risentimento.
“Prima
lascia che ti dica alcune cose…piccoli dettagli, ma dettagli che ti serviranno.
Non ti ho voluta io qui; da tempo, per molti motivi, questo Ordine s’è ritirato
dal mondo. Silente ci ha richiamati dal sonno. Ma Silente non ha visto…lui non
sa. Né sa che ogni volta che qualcuno ci chiama noi, ridesta l’attenzione di un
altro. Né tuo marito ha capito. Nessuno
sa. Solo chi è qui sa…e chi fa il tempo, e chi il tempo lascia scorrere e chi
il tempo ferma. Ora io credo che darti la consapevolezza del tuo potere sia
stata una scelleratezza…ma, dopotutto, a me del mondo non interessa più. Se il
mondo reclama la propria rovina…faccia pure. Ringrazierete Silente.
Fortunosamente la consapevolezza del potere non è completa in te, come non
conosci l’interezza della tua infamia. Nulla succede a caso. Qualcosa che ti
parve solo disgustosa ed orribile, ha prodotto ben altro. Se sopravvivrai alla
prova finale, allora andrai con due dei nostri alla Conferenza della Magia, e
dirai che l’Ordine veglia. Questo salverà tuo marito dagli altri, non dal corso
del Tempo. Non dal frutto del Tempo. Non da te. Non dico che non ci sia una
possibilità…ma questo è affar tuo, non mio. La prova finale è la prova del
Tempo, nel suo santuario. La Fenice ti aspetterà fuori…se sarai ancora viva…”
e, detto questo, Khaemuase fece un cenno e Fiamma scomparve “Il serpente è
ancora meno opportuno che venga con te, per molti motivi…d’altra parte mi è
stato esplicitamente chiesto di togliertelo di torno. Per ora. Ed anche se
questa volta avrei preferito che…ma non posso dire di no. Sono sottoposto alla
sua legge, come tutto ciò che vive.” Ed anche Nagini sparì.
“Dove
hai mandato…”
“Dove
li potrai trovare. Fiamma fuori dal Tempio, il serpente ad Hogwarts.”
“Ed
ora?”
“Ed
ora mando te dal Tempo…”
Ma
Aura non aveva capito nulla…nulla aveva compreso di quelle parole. Se non che
Khaemuase la considerava come un oggetto da sballottare…come se la vita sua e
del suo bambino non contassero nulla. E questo la rendeva furiosa e spaventata.
“Non
so cosa fare! Chi troverò?”
“Nessuno
forse. Il Tempo ha una forma comprensibile agli umani…fin troppo, ma non è mai
al Tempio. Segue altre strade…affronterai direttamente la tua prova. E’ molto
rischioso. Del resto…il Tempo non ha riguardi. Moltissimi sono
morti…addio…Aura…”
La
donna provò a parlare, ma…Khaemuase era già sparito. Tutto era già sparito…
Severus Piton era seduto nervosamente ad
un tavolo, davanti ad una platea di centinaia di maghi e streghe. Tutti gli
altri rappresentanti erano nervosi quanto lui. No, lui era molto più nervoso.
Pensava ad Aura, ed a Kaliptra. Aveva una terribile…terribile impressione…
Buio. Tutto era buio…o forse…no? Aura si
accorse di aver chiuso gli occhi…che vigliacca, si disse. Li riaprì lentamente.
Ma anche così era buio. Solo una luminescenza argentea, come d’acqua, si
intravedeva lontano…
La
donna era in una sala colonnata…enorme sala, non se ne vedeva il fondo, non se
ne vedeva il soffitto…
Iniziò
a percorrerla, e le sembrò che per fare pochi metri ci volesse un’eternità.
Dopo un tempo non calcolabile, raggiunse quella che aveva tutta l’aria d’essere
una clessidra. Una grossa clessidra. Era da lì che proveniva la luminescenza.
La donna la fissò…dentro c’erano granelli argentei che sembravano agitarsi così
confusamente…era come se la clessidra, ben lungi dal funzionare come tutte le
altre che aveva visto, fosse internamente percorsa da correnti opposte,
contrarie, turbinose ed instabili. Così parte dei granelli argentei salivano, e
parte discendeva, altri restavano immobili, o ruotavano su sé stessi. Aura ne
era affascinata…non percepiva più la sensazione di pericolo, non si sentiva
fuori posto. Posò le mani sulla clessidra…
Per
un attimo le sembrò che, oltre il cristallo, dall’altra parte, qualcosa si
fosse mosso. Un istante dopo, una figura ammantata, in cui non si distingueva nulla
che non fosse pesante stoffa scura, le fu accanto. Due mani sottili scivolarono
via dalla copertura, e si posarono sulla clessidra, accanto a quelle di Aura.
“E’
il tempo…”
All’interno
del cristallo, i granelli argentei si disposero a formare la scritta “E’il
tempo”.
Aura
sobbalzò. Chi era il nuovo arrivato? Erano i suoi pensieri quelli nella
clessidra?
Come
se l’altro avesse letto i suoi pensieri i granelli formarono altre parole “Sono
il Tempo…i miei pensieri turbinano nel tempo. Il tempo che domino in questa
clessidra per i mortali. Se ti parlassi al di fuori del cristallo…non
capiresti. Moriresti, forse…”
“Il
Tempo?” ebbe la forza di domandare Aura…e dunque, rifletté, quello all’interno
della clessidra era il tempo di tutti gli esseri umani?! Il suo, quello di
Severus, quello di suo figlio…come piccola cosa doveva apparire agli occhi
della Storia!
“Si…ma
non sei piccola cosa. Gli esseri viventi non sono piccola cosa…”
“Ma
il Tempo è tanto più grande, infinito…”
“Anche
gli dei sono sottoposti al Tempo. A me. Io do il tempo…per tutte le cose. Non
c’è nessuno che mi sfugga…tranne me stesso. Ma voi avete più di quanto non
possiate capire…”
Aura
si disse che non comprendeva. Era tutto fuori dalla sua portata, dalla sua
logica…
“Non
temere. Non mi temere.”
“Non
ti temo…”
“Non
è vero.”
“Solo
non capisco…”
“Nessuno
capisce tutto. Solo io, posso.”
“Mi
stai dicendo che tu sei il dio supremo? Se persino gli dei sono sottoposti a
te?”
“Io
non sono un dio. Né supremo né infimo. Io sono tutto, e non sono niente. Io
creo e distruggo ciò che sono, ma sempre sono, anche mentre distruggo. Anticipo
ciò che sarà, sono il punto in cui convergono la nascita e la morte, tutto e
niente. Non ho parole per la tua mente. Non capiresti. E’ un bene che tu non
capisca…”
“Allora
sono davvero poca cosa…rispetto a te…”
“Non
dirlo. L’essere umano non è poco…”
“Adesso…mi
metterai alla prova?”
Nessuna
scritta comparve all’interno del cristallo.
“Mi
metterai alla prova?”
“Era
questa la prova. Torna a casa…”
Aura
scomparve…lasciando la figura ammantata davanti alla clessidra.
Le
mani sottili si staccarono dal cristallo. I granelli nella clessidra tornarono
a vorticare. Tutti i granelli argentei, più uno. Uno iridescente, uno ma quasi
diviso a metà, che restava fermo nel centro. Alla metà del corpo della
clessidra, là dove si mescolavano il passato ed il futuro. Un eterno presente.
Eterno, ma pur sospeso nel tempo.
I
panni scuri scivolarono via dal corpo del Tempo. Dal corpo della sua
manifestazione umana. Della sua manifestazione umana assetata d’ogni umanità.
La figura, l’uomo, scivolò rapido attraverso la sala. Mentre il buio si
dissolveva, rivelando alle pareti di pietra incisioni di serpenti che si
mordevano la coda.
V
“L’inviato di Hogwarts!” fece il
presentatore della Conferenza “Severus Piton!”
Piton
si avviò al centro della pedana, percependo il terribile peso della
responsabilità, l’attesa e la speranza di tutti.
Gli
tornò in mente il discorso che un vecchio agente degli Auror aveva fatto
poc’anzi.
“Voi
Sapete Chi è tornato…” aveva detto il vecchio Auror “Più potente! Il Ministero
da solo non può farcela! Non ci riuscimmo neanche quando non s’era ancora
perfezionato nel potere…e allora fu solo un caso, solo un caso a salvarci
tutti. Eravamo disuniti. Ora siamo ancora più disuniti…e nessun caso ci
salverà! Gli omicidi ed i delitti stanno crescendo! Ma il punto è: non è solo
Voi Sapete Chi! Gli omicidi ed i delitti…non è lui che va a commetterli! Ma
gente tra noi! Non vinceremo mai se…” ma le grida indignate lo avevano
costretto a ritirarsi, e la sala era ancora in preda al malumore ed alla
rabbia. La gente voleva che la responsabilità fosse tutta di Voldemort. Ma il
vecchio aveva ragione. C’era anche chi sfruttava il nome dell’Oscuro, chi
godeva di quel momento. Quel momento che risvegliava tutta la umana bassezza.
E
Severus doveva…fare cosa? Dire cosa?
Raggiunse
il centro della pedana, e trafisse con gli occhi il pubblico che gli stava
davanti. Potevano servire le tecniche che usava a scuola? Le tecniche con cui
impressionava e dominava una classe indisciplinata?
Gli
veniva da ridere…
Per
un folle istante si immaginò mentre si presentava “Salve, sono Piton, figlio
segreto di Voldemort, ex spietato Mangiamorte e non ho soluzioni!”.
Lo
avrebbero lapidato…linciato…fatto a brandelli. O rinchiuso.
Oppure
poteva dire “Voldemort è anche colpa vostra! E’ il frutto dei vostri desideri
perversi, delle vostre pulsioni…è come è l’animo umano senza trucco…l’animo
della maggior parte degli esseri umani!” ma chi l’avrebbe ascoltato.
Osservò
ancora la folla.
E
cominciò il suo discorso, il suo…insipido primo discorso alla Conferenza. Un
discorso per sondare il terreno “Sono Severus Piton, inviato di Hogwarts a nome
di Albus Silente…”
“Perché
Silente non è qui?!” gridò qualcuno.
Ecco…pensò
Piton…cominciano.
“Albus
Silente sta vegliando sui nostri figli e…”
“Potter!
Perché non c’è Harry Potter?”
“Perché
è un ragazzino!” ruggì Severus “Sono venuto a portarvi un messaggio di speranza
e a dirvi che tutti insieme possiamo sconfiggere Voldemort e…”
Un
coro di “Oooh!” ed “Eeeh!” si era levato, e Severus si chiese perché non avesse
detto “Voi Sapete Chi”…ma non ce la faceva più! Avrebbe dato oro per essere
altrove, altrove da qualunque parte, persino nel salotto dell’Oscuro.
Stava
per riprendere a parlare quando con un’esplosione, nel cielo sopra lo spiazzo
del Convegno si levò…
“Il
Marchio Nero!” gridarono mille voci.
Ovvio,
pensò Severus…ovvio.
Diverse
bacchette si levarono in aria a cancellare quel Marchio…e molti Auror corsero a
cercare i Mangiamorte responsabili.
Ma
ormai era fatta…la gente era nel panico, fuggiva.
E
Piton si sentiva a pezzi, frustrato, distrutto, offeso.
“ORA
BASTA!” provò a gridare il Professore di Pozioni. Ma neanche un cane lo degnò
d’attenzione. Silente aveva sbagliato a mandarlo…
Poi
tornò, lentamente il silenzio. Qualcuno stava attraversando lo spiazzo…
Severus
sentiva le esclamazioni, le grida sorprese. Lo stupore…
Poi
vide tre persone che si avviavano verso di lui, verso la pedana. Tre vesti
color del fuoco.
Caramell,
che era rimasto seduto e immobile a bocca aperta da diverso tempo, si tirò in
piedi e strillò eccitato “Sono gli adepti della Confraternita della Fenice del
Tempio del Sole!”
Applausi
si levarono all’indirizzo delle tre figure, giusto nel momento in cui Severus
riconosceva la donna che avanzava davanti agli altri due.
“Aura!”
disse.
Ma
l’altra non lo aveva visto neppure.
La
donna si girò a guardare la platea, che divenne improvvisamente silenziosa.
“Vegliamo
su di voi! Vi portiamo una nuova speranza!” la sua voce si diffuse, magicamente
amplificata e limpida.
La
folla, estasiata, applaudiva, gridava, nessuno ricordava più il Marchio Nero.
Severus,
del tutto stupito, sentì Caramell che parlava con un altro alto membro del
Ministero “Vedere queste persone investite del potere della Fenice è come una
benedizione! Per secoli si sono levati in difesa della nostra popolazione,
nelle ore più buie, nelle ore della disgrazia! E sempre ci hanno salvato!”
Preso
dall’emozione, dal frastuono, dalle grida, Piton si accorse appena, e con
grande stupore, che Aura e gli altri due in abito rosso si erano
smaterializzati…
Aura
che si smaterializzava!
Si
voltò, e si allontanò verso l’albergo, troppo confuso…troppo confuso…troppo.
Confuso tra la gente, ai margini dello
spiazzo, un uomo sorrideva. Sorrideva e sorrideva.
Kaliptra, nella postazione dei
giornalisti, finì tranquillamente di scrivere il suo articolo per la Gazzetta.
Un gufo era pronto a portarlo in redazione. Aveva appena alzato lo sguardo per
osservare Aura Kay.
Silente, nel suo studio, scriveva
freneticamente sul suo diario. Il Pensatoio, ormai, non lo aiutava più, ma lui
aveva bisogno di nessi logici, di nessi, di paragoni. E se avesse sbagliato tutto?
Se non avesse capito nulla?
Draco, Harry, Ron ed Hermione ascoltavano
alla radio la Conferenza. Antenna Magia stava trasmettendo da ore.
Avevano
sentito come Severus era stato interrotto, e poi la voce di Aura.
“Io
dico che siamo in guai seri!” fece Hermione “Non si ricorda una Conferenza così
disastrosa da…oh, da…almeno mille e trecento anni!”
“Grazie
dell’informazione, ci sarà molto utile…” commentò Ron, scettico.
“No,
Hermione ha ragione. Questa volta siamo tutti nei guai…” disse Harry lentamente
“Voldemort non è mai stato tanto potente…”
“Forse
dovremmo parlare con qualcuno che sa…” sussurrò Draco.
“Chi?”
“Qualcuno
che sia un Mangiamorte, che sia vicino
a Voldemort…”
“Si,
ma il punto è…chi?!” domandò Ron, ma Hermione stava fissando Draco allarmata.
“Tu
non penserai mica…non è vero? Non loro?”
“E
chi sennò!” sbottò il ragazzo biondo.
“Ma
loro…non puoi! Se ti vedono ti…”
“Ma
di chi parlate?” domandò ancora Ron.
“Io
credo di aver capito…” disse cupamente Harry “Ma, Draco, sono d’accordo con
Hermione…No! Non devi andare da loro!”
“Da
CHI?” sbottò Ronald.
“Dai
suoi genitori!” strillò Hermione con voce acuta “Da Lucius e Narcissa Malfoy!”
“Ma
solo loro possono dirmi se…e cosa…se io fingo di…”
“No!
E’ una pessima idea! Finirai in trappola!”
“Non
lo so…io…”
“Ripensaci,
Draco!”
Severus Piton aveva pensato, per qualche
motivo, che Aura potesse aver trovato l’albergo dove lui era ospite…sperava di
trovarla lì in sua attesa. Non erano passate che poche ore da quando s’erano
separati…e lei…lei cosa? Era davvero stata al Tempio del Sole? Aveva superato
le prove? Ma no…come poteva? Severus aveva letto e studiato sull’argomento…ma
si era sempre risolto a credere che i vaghi testi che parlavano del Tempio
fossero solo sciocchezze. O leggende. O comunque storie antiche. E invece…
Ma
Aura? No, non Aura…non sua moglie…perché doveva portare quel fardello? Perché
dovevano portarlo tutti e due? Perché adesso che attendevano un figlio? Silente
era matto! Voldemort era matto! Erano tutti matti. Se solo fosse stato possibile
far fagotto ed andarsene in qualche posto sperduto…
Piton
raggiunse la sua camera e la spalancò “Aura!” nessuna risposta. La donna non
era lì, ovviamente. Severus sospirò e decise di dormire…dormire per non pensare
a tutto il resto.
Andò
a sedersi sul letto, e allora vide…la sagoma di sua moglie contro le vetrate
della grande finestra.
“Aura…”
“Severus…”
L’uomo
si slanciò a prendere la donna tra le braccia.
“Cosa
è successo?”
“Non
lo so. Non me lo ricordo…so solo che avevo queste vesti addosso…e due tipi
hanno detto che dovevano accompagnarmi qui, e sapevo che dovevo rassicurare
quella gente e…oh, sono terribilmente confusa!”
“Hai…acquisito
dei poteri?”
“No!
Non so fare il resto di nulla…”
“Ma
ti sei smaterializzata…”
“Non
io! Sono stati quei due che mi hanno fatto smaterializzare. Sono così stanca,
affaticata…persino il mio morale è a terra…”
Severus
deglutì “Allora quello che hai detto…non è vero?”
“Cosa?”
“Il
Tempio…non c’è nessuno che ci protegga…”
“No.
Si…non lo so! Come faccio a saperlo? Io dovevo solo…dirlo. Non ci ho
pensato…non lo so se loro ci proteggono…”
“Aura!
Ma ti rendi conto che…tutta quella gente…crede che voi li proteggerete? Perché,
perché hai detto una menzogna se poi…non è da te!”
“Io
non lo so!” e la donna stava quasi per piangere “Per quanto posso
immaginare…potrebbe anche essere tutto vero. Sono solo io che sono decisamente
inutile. Io non capisco perché Silente mi ha mandata laggiù…”
Per
la prima volta Severus fissò per bene sua moglie. Sembrava stanca. Di una
stanchezza quasi secolare. E gli fece paura…che le avevano fatto?
“Dormi,
Aura…sei stanca. Ora sei con me. Ed io ti proteggerò.”
La
donna assentì, e scivolò verso il letto.
Severus
le restò accanto, fino a quando non si fu addormentata, fino a quando il
respiro di Aura non divenne lento e regolare. Poi si tirò a sedere, e si decise
ad alzarsi e iniziò a scrivere una lettera per Albus Silente.
La
lettera diceva: “Preparati ad accettare la mia lettera di dimissioni. Dopo la
Conferenza tornerò con Aura, prenderemo Draco se se la sente di venire con noi.
E poi andremo via. Inizia ad abituartici, dopo che saremo andati via io non
voglio assolutamente più essere contattato da te. Né ti permettere di cercare
Aura, né permettiti di farla cercare da quei pazzi imbroglioni della Congrega.
Severus
Piton.”
Il
mago si allontanò per affidare la lettera ad un gufo. Sperò vivamente di
recuperare subito il gestore dell’albergo per farsi prestare il miglior gufo
disponibile, il più veloce. E discendendo le scale rifletteva su quanto Silente
fosse stato capace di rovinare la sua vita. Oltre suo padre… c’era Silente.
Silente che sembrava non farsi troppi scrupoli ad usare gli altri. Ed anche se
lo faceva per quella cosa che in genere la gente chiamava “Bene”…anche se lo
faceva per quello…
Preso
dai pensieri, Severus, notò appena il fattorino che percorreva la sua strada in
senso inverso. Il fattorino della Gazzetta del Profeta che infilava copie
dell’edizione straordinaria del giornale sotto le porte degli ospiti
dell’albergo.
Una
copia del quotidiano passò oltre la porta della stanza dove Aura riposava.
Aura
Kay stava sognando. Era immersa in un liquido stranamente denso ed appiccicoso,
un liquido violaceo. Avrebbe voluto tentare di nuotare, andarsene da quel
posto…ma il liquido non le permetteva di muoversi. Era come se la trattenesse,
se la legasse…provò a guardarsi intorno…e sembrava che il cielo, tutto sopra di
lei, fosse di cristallo…e che ci fossero due mani sottili e bianche posate
sulla volta celeste…
Si
destò di soprassalto.
[CONTINUA]