AUTRICE: Mariacarla

PAIRING: Severus Piton/Aura Kay

CENSURA: Per tutti.

 

 

 

                                       LA SPERANZA DEL TEMPO

 

 

 

                                                               I

 

    L’ultimo raggio di sole si riflesse nello specchio magico, e rischiarò per un attimo la stanza, prima che la notte oscurasse ogni cosa. Severus Piton si rimboccò le maniche e continuò a mescolare la pozione nel suo calderone, incurante di una goccia di sudore che gli scendeva lungo la fronte. Sbuffò e soffiando cercò di respingere una ciocca di ribelli capelli neri che gli ricadeva sugli occhi. Piton era un uomo complicato sotto tutti i punti di vista, e nel suo ruolo di esperto di pozioni non faceva da meno: avrebbe potuto incantare il grosso mestolo, ma il suo ego gli suggeriva che qualunque pozione avesse preparato e girato con le sue stesse mani, sarebbe stata migliore. In qualche modo lo si poteva definire un perfezionista: perfezionista nel mescere intrugli magici, perfezionista nel farsi detestare (e questa era senza ombra di dubbio la sua specialità), perfezionista nel seguire ogni suo scopo a qualsiasi prezzo.

Severus inarcò un sopracciglio, gli occhi scuri scintillanti per il riflesso del fuoco che ardeva sotto al calderone, e fece un piccolo cenno con la testa: una decina di candele si accesero di colpo, con un leggero tremolio delle fiammelle bluastre. Il mago tornò a dedicarsi al suo portentoso intruglio; gettò dentro una manciata di qualcosa di rivoltante, attese qualche istante, e ,non appena il liquido color amaranto ribollì sbuffando vapori dall’indefinibile odore, sollevò il paiolo e lo depositò davanti alla finestra perché si raffreddasse. Il professore di Pozioni gettò il mestolo in una specie di acquaio e attese che il suo arnese da lavoro si lavasse e tornasse nella dispensa con un saltello, poi si fissò nello specchio magico e aprì la bocca per dire qualcosa. Ma, alle sue spalle, il fuoco si accese da solo in un grande caminetto, e la testa di Albus Silente si sollevò tra le fiamme.

“ Buonasera! ”  canticchiò il Preside di Hogwarts.

Piton fece un cenno di saluto, e fissò l’anziano mago con aria interrogativa.

“ Ho qui in presidenza una cosa che ti appartiene, Severus. Penso che tu debba venire a prenderla. ”

Il professore stava per chiederne di più, ma Silente borbottò qualcosa sul dover chiamare anche qualcun altro e scomparve così come era apparso.

Il mago tornò a guardare lo specchio magico, gemello di quello che, diversi piani più sopra, faceva bella mostra di sé nella camera di una certa signora e la chiamò.

La sagoma, molto confusa, di un volto femminile baluginò sulla lucida superficie argentata, e Aura sorrise a suo marito.

“ Devo andare da Silente ”  disse Piton.

“ Anche io! Dice che ha qualcosa per me. ”

Piton fece spallucce, chiedendosi cosa Albus Silente dovesse dargli, e cosa dovesse dare ad Aura. Percorse senza rendersene davvero conto i lunghi corridoi fino alla presidenza, pronunciò la parola d’ordine, ed il pesante mascherone di pietra che bloccava l’ingresso saltò di lato. Piton si lasciò trasportare dalla scala a chiocciola e finalmente si trovò davanti ad uno dei più potenti e famosi maghi che fossero mai vissuti: Albus Silente.

“ Severus!”  il Preside sorrise allegramente e gli fece cenno di sedersi.

“ Mi dica, Preside, che cosa desidera? ” si aggiustò nervosamente il mantello.

“ Siediti, siediti… ”

Piton fece un sorriso obliquo e si sedette. Silente gli indicò un grosso pacco, davvero enorme  “ Non sono riusciti a mandarlo neanche con un centinaio di gufi, naturalmente. E’arrivato oggi con un corriere dal Ministero, Dipartimento Controllo e Regolazione delle Creature Magiche. ”

Piton osservò con curiosità lo scatolone tappezzato di timbri con la scritta ‘delicato’, e si alzò per aprirlo, ma la voce di Aura lo riscosse. La donna, avvolta in una tunica verde e nera, con al collo i suoi talismani, entrò allegramente e salutò Silente.

“ Aura, mia cara, ho un regalo per te! ”  Albus si chinò dietro la scrivania a prendere qualcosa, ed il professore di Pozioni si risolse ad aspettare il suo turno.

“ Che cos’è? ” chiese la babbana, prendendo un fagotto arancione dalle mani del mago. Ma il fagotto non era un fagotto, era un volatile…una Fenice. Il giovane pennuto saltò tra le braccia della donna, canticchiando, e lei lanciò un gridolino di contentezza, stringendolo. Dall’alto del suo trespolo la fenice di Silente, Fanny, approvava la scena scotendo il lungo collo.

“ Ti piace? E’ stata un’idea di Fanny… ”

Piton scosse la testa, incredulo sul fatto che un volatile potesse consigliare ad un umano di regalare un suo simile ad un altro umano.

“ …Mi sembrava appropriato che tu avessi la tua Fenice: tutti coloro che hanno il Marchio ne ricevono una. Sarà il tuo familiare, da oggi! ”

Piton scoccò un’occhiataccia al pennuto: non gli piaceva affatto l’idea di dover condividere la stanza e la donna che amava con lui.

“ Come si chiama? ” chiese la donna, in estasi.

“ Non lo so…devi darglielo tu un nome! ”

“ Uhm…Severilla? ”

Piton rischiò di cadere dalla sedia, e fissò sua moglie in modo da sconsigliarle di utilizzare quel nome, o qualunque altro che potesse anche solo lontanamente ricordare il suo. Aura rise  “…No, naturalmente no. Vediamo…devo pensarci! ”

Silente si rigirò verso Severus e gli porse una lettera, sotto lo sguardo curioso di Aura.

“ Questa era con il pacco. Per te… ”

Piton scartò la lettera e lesse a voce alta  “ Il Ministero della Magia, Dipartimento Controllo e Regolazione delle Creature Magiche, è desolato di dover ricorrere al suo aiuto, ma in assenza di altre soluzioni siamo costretti ad affidarle un compito gravoso. Riteniamo che lei sia la persona più giusta…tenendo conto dell’Ordine di Merlino che le è stato conferito recentemente siamo certi che non vorrà negarci questo favore. Firmato, Cornelius Caramell. Post scriptum: la abbiamo trovata in seguito ad una perquisizione nel covo di Lei-sa-chi, dopo gli avvenimenti drammatici dello scorso mese. Buona fortuna. ”

Aura guardò il pacco e poi Severus. L’uomo stava rileggendo la lettera, cercando di capire.

“ Beh, aprilo! ” sbottò la donna, ed il mago assentì.

Severus Piton estrasse la bacchetta e toccò lo scatolone. Magicamente le corde saldamente legate si slacciarono, e il coperchio si sollevò…una grossa cosa saltò fuori e ricadde sul pavimento.

“ Nagini! ” strillò Piton, e fece un salto indietro. Anche Aura arretrò, ricordandosi cose poco piacevoli. Il mago puntò la bacchetta sull’enorme serpente, aspettando che partisse all’attacco.

Ma il rettile restò fermo, e ,a ben guardarlo, a Severus sembrò che la sua solita espressione crudele e predatrice fosse scomparsa. Nagini fece saettare tristemente la lingua tra i denti ed abbassò gli occhi.

“ Oh, mio Dio! ”  disse Aura, avanzando “ Guarda come è ridotta! ”

“ Non capisco…che dovrei farci, io?! ”

“ Poverina…Voldemort la ha abbandonata: quando si è smaterializzato era talmente preoccupato di salvarsi la pelle che la ha lasciata sull’isola…deve essere rimasta lì sola per chissà quanto, e poi rinchiusa al Ministero. ”

Se sua moglie era tenera di cuore, Piton non lo era affatto. Il serpente, fedelissimo amico di Voldemort, era una creatura che trovava disgustosa.

“ Albus, che dovrei farci? Puoi darla ad Hagrid, o rimandarla al Ministero. ”

Nagini sibilò tristemente e strisciò un poco, ma era così debole che non riusciva a muoversi quasi più.

“ Mi spiace, Severus. Questo è un problema tuo, Caramell la ha data a te. Non vorrai mettere a rischio l’Ordine di Merlino che ti hanno dato? ”

Piton scoccò un’occhiata furente al Preside, ma Aura ridacchiò: Albus aveva colpito esattamente il punto debole di Severus.

“ Preside…lei sa che cosa è questo! ” ed indicò nervosamente il grosso rettile “ E’ il familiare di Voldemort! ”

“ Era il suo familiare. ”

“ Beh, comunque sia non posso tenerlo. ”

“ Ma devi, Severus. Il tono della lettera di Caramell è chiaro: l’Ordine di Merlino comporta certi privilegi, ed anche certi…doveri. ”

“ Me ne occuperò io! …Se Nagini non cercherà di sbranarmi, e se non si tratta di una trappola… ” Aura rabbrividì un poco, all’idea che Voldemort avesse deciso di far credere di aver abbandonato il suo fedele serpente per poi utilizzarlo in una strategia d’attacco.

“ No! Se proprio dobbiamo tenerla…la chiuderemo in un sotterraneo. ”

Nagini sibilò piano, e cercando di strisciare fino alle gambe di Piton si rigirò, priva di forze, a pancia in su.

“ Cielo, Severus! Io detesto Voldemort ed ogni cosa che abbia a che fare con lui, ma questa creatura è in condizioni pietose! Nessuno merita di fare una simile fine…e poi è stata abbandonata! ”

Piton sbuffò sonoramente e voltò le spalle al rettile che cercava di raddrizzarsi  “ La hai vista?! Guarda…è grande come un tronco d’albero e lunga…beh, dove vorresti metterla?! ”

Aura era già inginocchiata accanto a Nagini, con il piccolo di Fenice che saltellava curiosamente sul ventre squamoso del serpentone. Con un grande sforzo, riuscì a rigirarla, e l’animale sibilò grato.

Severus Piton scosse la testa, sospirò, cercò qualcosa da dire senza trovarlo e si lasciò sprofondare in una poltrona. Non si era mai sentito tanto debole. L’amore rende anche molto vulnerabili, pensò. Girò la testa verso il muro e bofonchiò in maniera appena percettibile che se proprio doveva, e lo faceva solo per il Ministero e per l’Ordine di Merlino, avrebbe acconsentito a tenere il rettile, ma solo per un periodo molto breve.

Aura ridacchiò, e si ripromise di rendere il favore al professore di Pozioni, quella stessa notte.

“ Mobili…” cominciò a dire il mago, ma “ No! ” ingiunse la babbana  “ Che razza di cose sono queste? Deve averne abbastanza di essere spedita qui e lì: in camera dobbiamo portarcela noi. In braccio. ”

Severus ammutolì, e cominciò a calcolare quanto potesse pesare Nagini.

“ E’ impossibile! ”  sibilò.

Lo sguardo della donna non era meno omicida del suo, Silente era divertito, Nagini sperava solo che le facessero mangiare qualcosa al più presto.

Piton represse un urlo, e la voglia di spedire il serpente fuori dalla finestra dello studio di Albus; ma si chinò di malavoglia e cercò di aiutare Aura a sollevare il rettile.

“ Buona fortuna! ” canticchiò il Preside, mentre due figure curiosamente barcollanti tentavano di portare un serpente gigantesco giù per la scala a chiocciola, e poi nei corridoi, seguiti da una Fenice.

Harry Potter ed i suoi amici, Hermione, Ron e Draco, aprirono la bocca quasi all’unisono, sgranarono gli occhi ed arretrarono contro un muro.

“ Non una parola Potter! ”  sibilò velenosamente Severus Piton, sforzandosi di non cadere e di sbattere la faccia per terra, sotto il grande peso di Nagini.

“ Ciao, ragazzi…è il nostro nuovo animale, ooops…anche la Fenice lì dietro… ” Aura cercò di non piegare le ginocchia, e strinse la lucida e scivolosa pelle di serpente ancora più forte.

“ …Una parola e giuro che tolgo cinquanta punti a Grifondoro, Potter… ”

Harry, incontrò lo sguardo malevolo di Piton, e notò la faccia più contratta del solito in un’espressione sgradevole, e si disse che era successo l’impensabile: Piton lo odiava ancora più di prima, per qualche motivo il professore era riuscito ad accrescere una cosa che sembrava arrivata là dove oltre non si poteva andare…

Piton sorrise come un folle, e sghignazzando mormorò che avrebbe sottratto centocinquanta punti a chiunque avesse osato solo fiatare, mentre si riavvolgeva l’enorme coda di Nagini attorno alle spalle…

I quattro amici osservarono passare il bislacco gruppetto, e poi si guardarono tra loro, incapaci di fare alcun commento. Ma Hermione Granger che era la più pronta di spirito, recuperò abbastanza in fretta la favella per chiedere ai suoi amici cosa ci potesse fare l’animaletto da compagnia di Voldemort nella scuola di Albus Silente…e la risposta non le piacque.

Nagini si ritrovò distesa su un letto a baldacchino, tra morbidi cuscini e lenzuola profumate, e si disse che probabilmente era morta per il troppo digiunare e si era ritrovata nel paradiso dei serpenti. Il grosso rettile era un animale straordinario da tutti i punti di vista: chi la avesse vista, non avrebbe potuto dubitare del fatto che non si potesse trovare un'altra creatura di tal genere. Se Nagini era eccezionale per proporzioni, lo era anche per intelligenza e virtù magiche: non a caso era stata lei a mantenere in vita Voldemort con il suo latte incantato. E non solo, il rettile riteneva di essere stato il perfetto amico, compagno e familiare per il Signore Oscuro; e tutto questo rendeva ancora più dolorosa l’idea di essere stato scaricato nel momento in cui non era più necessario allattarlo. Spesso e volentieri il serpente si ritrovava a conversare con sé stesso, riconoscendosi da solo come furbo, scaltro, ma anche molto fedele e dedito alla persona del padrone; tuttavia, che fedeltà poteva conservare a Voldemort, adesso che era stata abbandonata? Sull’isola dei Mangiamorte aveva vivacchiato nella speranza che tornassero a cercarla, e si era indegnamente cibata di piccoli roditori, lei che era abituata a nutrirsi di prede ben più degne, e ricordava di aver persino piluccato qualche umano, di quando in quando…poi nella gabbia al Ministero si era lasciata andare definitivamente, decisa a morire se non le avessero trovato un padrone degno di questo nome. Quando sentì un debole rumore provenire dal suo stomaco serpentino seppe di non essere deceduta ancora, e fissò i suoi lucenti occhietti in quelli del mago e della donna che aveva davanti. Li conosceva entrambi: lui era stato un servo del suo ex padrone, per non dire che aveva un odore quasi uguale a quello di Voldemort, e che la vibrazione magica tutto intorno a lui era eccezionale; lei la aveva conosciuta da poco tempo, quando il Signore Oscuro la aveva rapita, e pensò con riconoscenza che se si trovava lì comodamente distesa glielo doveva, per non dire che la sua vibrazione magica, molto diversa da quella di Severus, era altrettanto forte. Nagini fece scivolare la lingua biforcuta fuori dalla bocca, e la agitò in segno di gratitudine.

“ Hai fame? ” chiese la donna, ed il rettile annuì curiosamente.

“ Vediamo…cosa vorresti mangiare? ”

Nagini guardò speranzosa il piccolo di Fenice che saltellava per la stanza, ma Aura le fece notare che no, non era il caso di mangiarsi il pennuto. Però gettò un po’ di polvere magica nel camino e chiamò qualcuno nelle cucine, e pochi istanti dopo diversi vassoi colmi di cacciagione arrostita si materializzarono sulla scrivania…Nagini ritrovò le forze, e con un balzo si tuffò sui piatti, ripulendoli tutti sino all’ultima briciola.

“ Disgustoso! ” sbottò Piton  “ Non avevo mai visto Nagini a pranzo…e spero di non vederla più. ”

“ Severus, la porterò in camera mia…per adesso è qui solo per comodità, non appena avrà ritrovato le forze potrà strisciare fino ai piani superiori, no? ” Aura guardò il serpente come se attendesse risposta.

“ Ssssssssssss! ” fece Nagini, lasciando saettare la lingua tra i denti, e scivolò elegantemente fino ai piedi della donna, poi si alzò sulla coda e si lasciò dondolare pigramente.

“ Bene! Allora andiamo. Ci vediamo a cena, Severus. ”

Piton guardò la donna e i due animali che uscivano e si richiudevano la porta dietro.

“ Che cosa ho fatto per meritarmi tutto questo? ” borbottò, e si disse che era meglio prendere un libro e leggere qualcosa per distrarsi.

 

                                                               II

 

    Cornelius Caramell si sedette davanti a Silente.

“Abbiamo dei problemi, Albus…”

“Non ne dubito, Cornelius. Non ti ho mai visto entrare qui senza aver portato con te un grosso fardello di guai.” Silente sorrise “E, tuttavia, sei sempre il benvenuto. Cosa posso fare per te, questa volta?”

Caramell si passò un fazzoletto zuppo di sudore sulla fronte. “E’Tu-Sai-Chi! Sempre la solita storia… E questa volta tutto peggiora! E’ potente, di nuovo potente. Più di prima, per qualche ragione. E poi…hai deciso chi…”

Silente sollevò la mano, pensieroso, interrompendo il Ministro.

“Chi?” Si passò una mano sulla folta e lunga barba “Chi…credo di saperlo.”

“Albus, è una questione delicata…” Cornelius si sistemò meglio sulla poltroncina, nervosamente “Se questa cosa fallisce…io dovrò dare le mie dimissioni!”

“Oh, non credo che sia necessario!”

“Ma sei…sicuro?”

“Certo.”

“E posso sapere…chi hai scelto?”

Silente sorrise “A tempo debito.”

Quando il Ministro della Magia fu uscito, Silente si alzò dalla sua poltrona, e percorse la stanza a grandi passi. Si fermò accanto al camino, e prese una manciata di polvere magica da un sacchettino di pelle dorata; lanciò la polvere tra le fiamme, e fissò, soprappensiero, la sagoma dell’uomo che si era formata tra le lingue di fuoco.

“Albus…” disse costui, con voce profonda.

“Khaemwase…” 

“Quale motivo ti induce a disturbarmi?”

“Oh, credo che tu lo sappia! E’ arrivata l’ora.”

“No, Albus. No. Non adesso, non ora…troppi pericoli. Il mio compito è nascondere, tu vuoi che io mostri?! Ti ho sempre tenuto in profonda considerazione…benché tu sia infinitamente giovane, rispetto a me. Ma il tuo errore, questa volta…”

“Errore?”

“Ormai io…noi…la Congrega…siamo fuori dalle cose del Mondo. Il nostro obiettivo non è il raggiungimento di un fine materiale…ma di qualcosa di molto più grande.”

“Più grande?! Non può essere più grande dello scopo per cui i vostri Maestri vi hanno formati! Commetterai un grande errore a non ascoltarmi! Per troppo tempo la Congrega è vissuta nascosta. Avete dimenticato la vostra utilità. Ma adesso dovete fare qualcosa!”

“Non usciremo allo scoperto.”

“Se non lo farete voi, almeno date il vostro potere a qualcuno, e che quel qualcuno lo usi…”

Silente si portò una mano alla fronte, e barcollò.

“Io vedo…Albus…vedo nella tua mente!”

Il Mago si raddrizzò “E cosa vedi, allora?”

“Tu credi di poter agire per conto del Bene. Ma io vedo più lontano…cose che tu non sai, che non sospetti…che non hai visto.”

Silente si accigliò “Cosa?”

“Oh, no…non sarò io a dirtelo. Poiché ci hai scossi dal nostro sonno meditativo…io acconsentirò a prendere un discepolo. Ma tutto il bene…o il male che ne verranno, saranno un peso sulla tua coscienza. Manderai quella persona da me. Domani.”

La sagoma svanì con un piccolo lampo azzurro.

“Cosa hai visto…mi domando. E quanto vale la vostra missione, se vi ostinate a celarvi…” Silente scosse la testa, e sprofondò nella meditazione.

    “Perché credete che mia madre e mio padre abbiano preso quella…quella cosa?” chiese Draco, ai suoi amici.

“Quella mostruosità, vuoi dire!” Ron ingoiò un pezzo di dolce e fece spallucce “Forse perché Piton è pur sempre Piton, ed Aura…beh, lei non è tanto normale se sta con lui!”

Hermione assestò una gomitata nelle costole del ragazzo “Forse è per qualche motivo speciale…una missione!”

“Ma è pericoloso!” Draco era più turbato che mai “E’ la bestia di Voldemort!”

“Beh, considera che sono tre giorni che sta in camera di Aura, e non la ha ancora mangiata!” Hermione diede un’altra gomitata, più forte, a Ron.

“Già…e tu, Harry? Che dici?”

Ma Potter stava guardando fuori dalla finestra.

“Harry?”

“…Eh?”

“Lascia stare…”

“Scusa, è solo che sono…preoccupato.”

I quattro si guardarono…

    Le sinuose spire di Nagini si srotolarono pigramente sul tappeto, e il serpente sbadigliò. Aura lo osservò, e poi riprese a pettinarsi…amava quei momenti tutti per sé, quando poteva dedicarsi ai suoi pensieri. Al pensiero di suo marito, e soprattutto al pensiero del bambino. Il bambino che cresceva dentro di lei da poco più di un mese: non ne indovinava ancora il volto, o il carattere, ma provava a pensarlo simile a lei, o a Severus, e rideva…rideva alla prospettiva del futuro, che sarebbe stato tanto bello.

Nagini la osservava. Il serpente capiva più di quanto la donna potesse pensare. Avvertiva i suoi desideri, le sue speranze, persino l’amore che la circonfondeva. Scivolò ai piedi di Aura, desiderando che potesse capire le sue intenzioni…la sua amicizia, la riconoscenza…e sperando che riuscisse a capirla pur non parlando il serpentese.

Aura accarezzò il serpente “E’ brutto essere abbandonati, non è vero? E’ una cosa talmente orribile…che non riesco a comprendere davvero. L’assenza…” si interruppe, turbata. Due colpi battuti sulla porta, la riscossero.

“Albus!” disse  “Che ci fai qui? Potevo venire da te, se mi avessi chiamata. Cosa desideri?”

Silente entrò, e percorse la stanza con lo sguardo “Ho sospeso le lezioni di Pozioni e Babbanologia.”

“…Perché?”

“Ho bisogno di mandare Severus, e te, in missione.”

“Ma Albus…” Aura voleva dire che non poteva, non adesso, non con il bambino; non poteva rischiare la vita della sua creatura. Ma gli occhi di Silente riflettevano una preoccupazione profonda, e tacque.

“Te lo chiedo, per favore. Conosco i dubbi che ora ti affliggono. Ed è normale. Ma ho bisogno di voi.”

“…E dove? Dove ci mandi?”

“Non insieme…”

“Non insieme!”

“No. E non dirò all’uno della missione dell’altra.”

Aura fece qualche passo verso il letto, e si sedette sulla sponda “Perché sento che adesso c’è qualcosa di diverso? Perché sento che questa volta è diverso dalle altre?” Si voltò a guardare Silente, forse sperando in una risposta.

Il vecchio si sedette al suo fianco “Se avessi una risposta per tutto…tutto sarebbe più facile. Ma non è così. Dicono che il Mondo cambi sempre in peggio…è una sciocchezza. Il Male di oggi, è il Male di ieri, eppure…nessuno di noi sa come piegarlo…riusciamo a gabbarlo, per poco, ma poi torna.”

“Io non riesco a capire.”

“Lo so. E non lo capisco neanche io. Ricordati due cose dove andrai. La prima: il Male deve essere bilanciato, riassorbito…non credere di poterlo spezzare.”

Silente si alzò, e si diresse alla porta, la aprì lentamente.

“Albus! E…la seconda?”

“La paura…la paura è l’alleata del Male. La paura è la sua anticamera: quando ti prende è già tardi. Ma dovrai capire cosa sia la vera paura, rivedere ciò in cui credi, per comprenderlo a fondo.”

Silente scivolò oltre la soglia.

Il piccolo di fenice di Aura, e Nagini, si avvicinarono alla donna.

“La paura…”

La Fenice e il serpente si guardarono, ambasciatori di luce e tenebra…

    Severus Piton chiuse la porta del suo studio, accarezzandone la maniglia. Rimase immobile un istante. La Conferenza della Magia…la prima dopo centocinquanta anni.  E lui sarebbe stato il rappresentante di Silente. Un branco di Maghi impauriti e sull’orlo della crisi…

“Perché questo turbamento?” La voce bassa e dolce di Aura lo riscosse.

“Perché ti amo.”

Aura sorrise piano.

“Non voglio andare” disse semplicemente Severus.

“Eppure andrai. Perché non abbandonerai il tuo dovere. Questa è la strada che ti sei scelto, e la seguirai sino alla fine.”

“Dimmi di non andare.”

“No. Devi andare. Ed anche io…”

“Tu?!”

“Silente ha un compito per me.”

“No!” Piton si irrigidì “No. Non nella tua condizione…nostro figlio, mio figlio…”

Aura si portò una mano alla bocca, per soffocare un gemito di dolore…

“Aura…” il mago la sorresse “Cosa…”

“Il bambino…si deve essere mosso…”

“Ma è troppo piccolo…sei sicura? Stai bene?”

“Si…a volte mi da l’impressione di essere talmente vitale… Ti prego, non preoccuparti. Io sto bene. E saprò tornare sana e salva. Ma tu…”

“Io non corro rischi. Non è un incarico pericoloso il mio, solo…stressante.”

L’uomo passò una mano sui capelli di sua moglie, e la lasciò scivolare sul suo petto.

“Il tuo cuore batte così forte…non aver paura.”

“Non ne ho. Non ne ho fino a quando so che sei con me.”

“Ed io sono sempre al tuo fianco, anche se siamo lontani. Aura…io vado solo perché questo mondo ci appartiene, è il tuo, il mio…quello di nostro figlio, e devo proteggerlo.”

La donna sorrise e poggiò la testa sulla spalla dell’uomo che amava “Vieni nella mia camera, dopo. Partirò all’alba…e non voglio andare senza aver preso un…ricordo di te.”

Piton osservò la sagoma di sua moglie scomparire nel buio corridoio, inghiottita dall’oscurità. Un brivido di freddo lo scosse.

Voleva un momento di solitudine per pensare…quale sarebbe stato il suo ruolo alla Conferenza? Che notizie poteva portare…lui, proprio lui, un ex Mangiamorte. Ma forse era proprio per questo che Silente lo aveva scelto.

Cosa avrebbe detto? Poteva forse dire che il Mondo non si stava sgretolando davvero? Poteva rassicurare quella gente sul fatto che Voldemort non fosse potente? Poteva solo dire di combattere.

Percorse qualche metro, senza sapere dove andare. Cos’era che lo turbava? Sapere che era suo padre il motivo per cui il Mondo rischiava di sparire sommerso dalla paura? Sapere di poter essere come il padre che odiava? O forse…sapere che Voldemort non poteva essere vinto.

Uscì nel giardino. La sera era umida. Voldemort…era tutti loro. Questo pensiero lo costrinse a fermarsi. Ma era così. Voldemort era un uomo, né più, né meno. La sua corruzione era tutta umana, era in potenza in tutti. In Aura, in lui, in Silente, in tutti. Forse era questo il motivo per cui non sarebbero riusciti a vincere…o era il motivo per cui avrebbero vinto? Se loro sapevano resistere a questo Male…allora era possibile farlo. Non era una condanna ineluttabile…

Sollevò lo sguardo al castello. La tremolante luce di una candela, dietro una finestra, gli ricordò che Aura attendeva, e non era bene farla attendere.

“Professore…padre…” la voce di Draco era incerta.

“Draco, dovresti essere nei sotterranei. Come responsabile di Serpeverde potrei punirti per questo.”

Il ragazzo si strinse nelle spalle, era difficile adattarsi alla sua nuova condizione di figlio di Severus Piton ed Aura Kay; a volte era dura.

“Mia madre ha detto che partirete. E non insieme. E’ vero?”

Piton annuì, pensoso.

“E poi…Nagini…non riesco a capire…perché permetti a mia madre, tua moglie, di restare in compagnia del più grande alleato di Voldemort?!”

“Perché tua madre è testarda. Più di me, più di te.” Piton sorrise.

Draco scosse la testa “Non è bene. Mi preoccupa.”

“Sa cavarsela. E Nagini sa di essere viva grazie a lei…questo gioca tutto a suo favore. Ma è inutile sforzarsi di capire. Sarebbe inutile. Per quanto illogica devi accettare questa situazione. Saprai farti onore in nostra assenza?”

Il ragazzo gonfiò il petto, orgoglioso.

    Il letto era accogliente, caldo. Piton lasciò scivolare il vestito sul pavimento, e si distese al fianco di sua moglie. Le passò una mano sul viso, lasciò scivolare l’indice tra le sue labbra, si lasciò provocare… e poi si chinò su di lei, a baciarla. Severus conosceva ogni centimetro della pelle di quella donna, ogni centimetro… la sua bocca la percorreva affamata. 

Conosceva il sapore dolce e caldo della  bocca di lei, la sua morbidezza, gustava le sue labbra morbide e carnali, sempre affamate, come le sue. E conosceva il suo collo, le sue spalle, il suo seno…ogni cosa.

Sapeva giocare. E il gioco reso più dolce e più disperato dalla separazione, lo avvinceva.

 

 

 

 

                                                               III

 

 

    Severus Piton lasciò cadere il pesante borsone di pelle nera, e suonò il campanello sul bancone dell’albergo. Pochi istanti dopo, un mago piccolo e tarchiato comparve lì davanti.

“Scusi, ma stavo dando qualche consiglio a mia moglie per cuocere l’arrosto…desidera?”

Piton non fece neanche in tempo ad aprire la bocca che il mago riprese a parlare “Ma si, è qui per la Conferenza, vero? Ha una prenotazione? Senza prenotazione è difficile trovare un posto…”

Severus si frugò in tasca, e tirò fuori una chiave d’oro, con una pergamena arrotolata.

“Si, ho prenotato. Ecco la chiave.”

“Ah, molto bene! Terzo piano, stanza 509! Devo solo registrarla…signor…Piton? Ah, ecco…Severus Piton, da Hogwarts?” il mago alzò la faccia dal registro.

“Da Hogwarts?!”

Piton fece segno di si.

“Oh, è l’inviato da Hogwarts! Non la invidio, non ci vorrei essere nei suoi panni!”

“Mi scusi, ho molta fretta.” Piton riprese la chiave, e si avviò verso le scale.

“Le auguriamo buona permanenza!” strillò l’ometto, prima di scomparire, blaterando a proposito di sua moglie e dell’arrosto.

Il professore di Pozioni era più scuro del solito. La missione si rivelava sgradevole sin dall’inizio…se persino il più sciocco degli albergatori sapeva quanto fosse delicata la posizione dell’inviato di Hogwarts. Eh, già…tutti aspettavano che dalla più prestigiosa scuola di Magia, si levasse una voce saggia; ma Piton non era certo di avere le necessarie risposte…

Stava pensando a tutto questo, quando una porta si spalancò tanto repentinamente da sorprenderlo, costringendolo ad un piccolo salto indietro.

“Oh, mi scusi!”

Piton fissò la persona che gli stava davanti. Una bella donna. Avvolta in lunghi veli celesti, i capelli biondi acconciati sulla testa con arte.

“Severus!” disse lei, non appena lo riconobbe.

“Kaliptra!” era sorpreso…

“Ma non riesco a crederci!Saranno anni che non ti vedo! Cosa ci fai qui?”

“La Conferenza…e…tu?”

“Lavoro per la Gazzetta del Profeta! Sono stata inviata per riportare al grande pubblico gli esiti della Conferenza. Sei un relatore?”

Piton annuì “Tu…lavori?!”

“Certo!” Kaliptra sorrise…il suo sorriso più seducente “Ci sono tante cose che non sai! Tante che devi assolutamente raccontarmi! Non so nulla della tua vita…quasi nulla. Mia sorella non mi parla di te da…oh, da un bel po’!”

 

    “Nagini e Fiamma vengono con me.” Aura lo aveva affermato, non chiesto.

“Sarà difficile pensare a loro, dove vai. Qui possiamo pensarci noi.” Silente  sorrise.

“No. Le chiedo solo questo, Albus, non voglio andare sola. Piton non è con me, mi lasci almeno Fiamma e Nagini.”

“Non posso obbligarti a fare altrimenti, ma fai attenzione, non avrai molto tempo per loro.”

“Adesso posso sapere dove devo andare? O neanche questo mi è concesso?” chiese la donna.

“No. Lo scoprirai al tuo arrivo. Prendi questo anello…” le passò un anello di rame, con una piccola pietra arancione scintillante “ti condurrà dove ti attendono.”

“E quando dovrò tornare?”

“Allora farai in maniera diversa.”

“Albus, io spero che lei sappia cosa fa, ne abbiamo già parlato, ma non ne sono sicura. Sta spingendo troppo per questa missione…ed io aspetto un figlio, e non sono neanche certa di sapermela cavare da sola, senza Severus.”

“E’ ora di andare…”

Aura deglutì. Era insolito vedere Silente così. Era tutto insolito. Si strinse il bagaglio in una mano, Fiamma le stava sulla spalla, e Nagini attorcigliata ai piedi. Guardò l’anello.

“Si parte…”

Pochi istanti dopo, il mondo tutto intorno a lei roteò, vorticò…

Albus Silente sospirò stancamente, chiedendosi ancora se fosse un incauto o se quella fosse l’unica soluzione.

    Kaliptra e Piton si sedettero su una panchina rovinata dal tempo, e rimasero un po’ in silenzio a guardare la natura lussureggiante.

“E’ un bene che i babbani non sappiano di questo.”  Kaliptra fissò Severus “Non sei d’accordo?”

“In realtà hanno tante possibilità di distruggere tutto ciò…quante ne abbiamo noi.”

“Oh, Severus…non direi! Noi siamo molto più consapevoli!”

“Forse lo sei tu, ma non ci giurerei per il resto di noi. Per esempio per il marito di tua sorella.”

La donna si rabbuiò “Oh, lui!” scosse la testa “Lui non lo considero neppure.”

“E’ molto che non vi incontrate?”

“Una vita! Da quando ho deciso di lavorare e stare per conto mio, molto per conto mio. Ho fatto delle nuove scelte Severus,  ma questa volta posso affermare che sono tutte mie.”

L’uomo la fissò interrogativamente, ma Kaliptra sorrise.

“E hai sempre lavorato per la Gazzetta?”

“No, no. Lo ammetto, ho girato un po’ come una vagabonda. La Gazzetta mi ha aperto le porte non più di dieci giorni fa.”

Severus Piton la fissò a bocca aperta “Ed affidano a te un compito così importante?! Come minimo mi aspettavo di trovare qui quella Rita Skeeter…una vera seccatura. Come hai fatto ad avere questo posto?”

“Piccola raccomandazione. No…è che ho portato in così poco tempo degli articoli tanto importanti che non hanno saputo negarmi questo favore. Rita si starà mangiando le mani…suppongo che stia seguendo una migrazione di ippopotami , guidata da alcuni famosi maghi africani. Sarà furiosa.”

“Così tu sei il nuovo corso della Gazzetta? Non lo avrei detto.”

“Già, l’era Skeeter è finita. Ma io sono meglio, non credi?”

   

    Aura si rialzò, Nagini stava strisciando nervosamente lì intorno, e Fiamma saltellava. Era caduta…non era riuscita ad atterrare in piedi…ringraziò che non ci fosse nessun altro a seguirla, nessuno che vedesse quanto fosse ancora poco pratica dei mezzi di trasporto magici. La seconda cosa che Aura fece, fu sputare la sabbia che aveva in bocca. Poi si guardò intorno. Era in posto davvero strano…sembrava un edificio in arenaria…ma crollato. O semi-crollato, perlomeno. Un posto abbastanza spettrale. Il rumore dei suoi passi, quando non era attutito dalla sabbia che a tratti rivestiva le lastre di pavimentazione, risuonava. “Forse abbiamo sbagliato strada…” si disse, ma continuò a camminare, passando tra le macerie. Notò che Nagini sembrava avere un’idea della strada da intraprendere, e la seguì per parecchi minuti. Stava per fermarsi, ma notò come le decorazioni sui muri fossero più scintillanti, non erose dal tempo, e come non ci fosse più sabbia sui pavimenti. La piccola Fiamma saltellò verso un pannello delle parete.

“Cosa c’è Fiamma? E’ solo un muro…” ma Aura si rassegnò alla possibilità che i due animali capissero più di lei, e bussò sul lastrone. “E’ cavo!” La donna lo sospinse…e si spostò di lato.

“E’ un passaggio…ma come faceva a saperlo…” fissò la piccola Fenice, senza capire. La donna ed i due animali si infilarono in un cunicolo illuminato da parecchie fiaccole, era una discesa oscura. L’aria sembrava poter mancare da un momento all’altro, e la strada era tanto lunga, e scendeva talmente in profondità da poter quasi dubitare di non arrivare altrove che al centro della Terra.

Quando Aura intravide una luce, alla fine del corridoio, accelerò il passo, non desiderando restare oltre in quel luogo.

Lentamente l’uscita si avvicinava… “Ma…non è possibile!” la donna spalancò la bocca, esterrefatta.

C’era un giardino…un grande e rigoglioso giardino…e si vedeva il cielo luminoso…ma erano sottoterra!

“Oh, si che è possibile!”

Aura si girò verso la voce, e mosse un passo indietro. Un’altra sé stessa, con al fianco Nagini e Fiamma si stava avvicinando. Ma Nagini e Fiamma erano al suo fianco…

“No…non è…”

“Possibile? Lo hai già detto, ma lo è!” la voce era maschile, ma l’immagine era quella di Aura. Poi, ad una certa distanza, la figura si increspò…come se fosse  solo un riflesso sull’acqua…e proprio come se stesse uscendo dall’acqua, perdendo l’aspetto di Aura, un uomo scivolò fuori dalla parete di lucente sostanza riflettente.

“Benvenuta, Aura Kay.”

“Era…uno specchio?” chiese la donna.

“Una specie. E’ la nostra porta…dobbiamo andare dall’altra parte. Se vuoi seguirmi…”

Finalmente la donna si concesse di osservare l’uomo che le stava davanti. Indossava una tunica bianca, lunga e semplice, e due occhi di nera ossidiana scintillavano in un volto serio e tranquillo.

“Io sono Khamose, il guardiano del passaggio.” Si presentò.

“Io…”

“Tu sei Aura, lo so. Devi seguirmi.”

“Ma dove…dove siamo?”

Khamose sorrise “Nei giardini del Tempio del Sole. Oltre cinquecento metri sotto terra.”

“Non credo di capire. Ma forse sei tu che puoi dirmi perché sono qui!” chiese Aura.

“Perché? No, non sono io a dovertelo dire, probabilmente lo scoprirai da sola, o sarà il Venerato Khaemuase a dirti ogni cosa…”

“Ma dove, ma come…”

“Ogni domanda avrà una risposta, non ora. Dobbiamo entrare. E chiudere il passaggio.”

Khamose attraversò nuovamente lo specchio, e Fiamma lo seguì. Nagini si infilò per terza. Aura protese le mani verso la superficie argentea, che si increspò…mentre piccole onde circolari la percorrevano. Aura attraversò lo specchio…e si trovò in una sala scura, illuminata solo da piccoli bracieri.

“Benvenuta, Aura…a te e alla tua pregevole Fenice, messaggera del Sole. In quanto al Serpente, non mi è nuovo il suo aspetto, ma non riesco a ricordare dove possa averne visto uno così. Sono oltre cinquemila anni che servo il Passaggio, ma non riesco a…”

“Cinquemila anni…?” Aura era sempre più incredula, ed incapace di comprendere.

Khamose sorrise “Si.”

“Ma nessun uomo…”

“Io non sono un uomo. Non sono un essere umano.”

“Co…cosa?” Aura scosse la testa, e sgranò gli occhi…era un uomo, senza dubbio, colui che le stava innanzi.

“Non appartengo alla tua stirpe umana. Non ho neppure un corpo!”

“Ma no…io lo vedo…”

“Oh, toccami, Aura!” Khamose sorrise ancora, mitemente.

La donna allungò una mano, ma non riuscì a toccare nulla “Sei un fantasma? O un ologramma?”

“Né l’uno, né l’altro. Ma tra i due…forse un ologramma è ciò che più si avvicina a quel che sono. Ma sarebbe inutile che io ti spiegassi oltre. Ciò che sono, tu non puoi capirlo. Ma adesso andiamo…devi proseguire.” Khamose mosse pochi passi “Ora vai, prosegui oltre…segui la freccia…a me non è dato lasciare il Passaggio.”

“Non vieni? Ma…quale freccia?”

L’uomo indicò un punto davanti agli occhi della donna. Una scintilla dorata accese per un istante l’ambiente semi oscuro, e poi si proiettò in avanti, lasciando una scia.

“Ma Khamose, io non…” ad Aura le parole morirono in gola. La creatura non era più lì.

Fiamma e Nagini stavano già seguendo la scia, ed Aura si decise a smettere di sorprendersi. Hogwarts era una cosa (ed era stato uno shock per lei la prima volta), ma tutto questo andava ben oltre la magia! Era pura…pura…follia! Ecco, follia era l’unica parola che le venisse in mente. Non c’era molto altro da dire.

Percorsero corridoi ascendenti e discendenti, movendosi in un labirinto immenso ed immane, dove tutto sembrava animato dalla scintilla della vita. In fine raggiunsero una Sala.

Fiamma saltellò verso un punto del pavimento, un’altra Fenice, molto più grande e splendente, era lì immobile.

“Fiamma, fermati!” disse Aura.

“Lascia che si avvicini…” la voce parlava alla sua mente?

“Chi…chi è?”

“Sono la Fenice di Khaemuase…parlo alla tua mente…lascia che questa piccola mi si avvicini: da quando il suo uovo si è schiuso, non ha avuto contatti con la sua famiglia…devo insegnarle ciò che è necessario…”

Le due Fenici si allontanarono in volo.

Nagini si strinse di più alla donna, ed Aura si chinò a rassicurarla “Stai buona…c’è qualcosa che non capisco. Anche io sono agitata, ma…non capisco. Chi sarà Khaemuase?”

“E’ inconcepibile!” una voce severa indusse Aura a rialzarsi “Inconcepibile! Sono pochi quelli che hanno avuto il coraggio di entrare in questo Tempio con un animale tanto impuro!”

La biforcuta lingua di Nagini saettò…e il serpente si erse in posizione di combattimento.

“Questo animale non è impuro!”

“Si che lo è! Un Serpente nel Tempio del Sole! E’ una follia…” un uomo alto e dall’età non definibile si piantò davanti ad Aura “Questa bestia è già stata qui! Ed è stata già scacciata!”

“Ce ne andiamo…” Aura si voltò di scatto, e mosse alcuni passi verso il corridoio, ma andò a sbattere su quella che sembrava una barriera invisibile.

“Non puoi uscire, ora che sei dentro.”

“Voglio andarmene! Non sono prigioniera, vero?”

“In un certo senso…Chi è dentro può andare fuori solo se ne ha le capacità.” L’uomo si mosse, lasciandosi illuminare meglio dalla fiamma di un braciere. Doveva essere vecchio…c’era qualcosa in lui che lo suggeriva, ma non era né cadente né consumato. Era forte, la pelle brunita era liscia. Eppure emanava un’aura di antichità.

“Voglio andarmene, sono stufa di questo posto! Voglio uscire subito…e se non mi lasci andare via tu, troverò il mezzo di farlo, con le cattive o con le buone!” Aura si fermò…quanta rabbia nel suo tono…non si era quasi riconosciuta, si portò, una mano alla bocca, stupita.

“Non puoi andar via.” Disse tranquillamente l’uomo “Dovrai apprendere il modo di uscire da sola… In quanto al Serpente, può restare, ma questo profetizza già l’esito della tua permanenza. Non che io non lo avessi già visto, non che non lo sapessi…”

“Cosa?”

“Lo scoprirai anche tu. E non ti piacerà.”

“Ma cosa volete da me, tutti voi…cosa volete?” Aura aveva paura.

“Cosa vuole Silente. Hai il Marchio della Fenice, un simbolo del Dio del Sole, ma sei anche cresciuta in un mondo che ti ha nascosta ai nostri occhi, ed ora credo che sia tardi…dovrai apprendere a essere degna del tuo Marchio. Ma questo sarà molto difficile…quando in te c’è una infamia di proporzioni inimmaginabili!”

“Ma cosa… Infamia?! E’ una bugia! Non capisco…”

“Capirai, capirai.”

 

    Kaliptra e Severus Piton passeggiavano nel parco. “Quanto manca?” chiese la donna.

“Solo un paio d’ore. E poi questa dannata Conferenza…qual è la linea della Gazzetta?” chiese Severus.

“Linea dura! Vogliamo mostrare la debolezza del Ministero, la sua totale inadeguatezza. Molti hanno chiesto un segno forte, che chiarisca che non siamo al livello dei babbani. Ma ormai Caramell non ha carte da giocare.”

“Questo va contro di me.”

“Mi dispiace, Severus. Però io scriverò la verità…e questo implica che non potrò che elogiarti. Non c’è nessun altro al mondo su cui scommetterei: ma tu hai una chance…fagliela vedere!”

Piton rifletteva…la situazione non faceva che peggiorare…e chissà dov’era Aura…

“Aura…” si lasciò sfuggire, in un sospiro.

“Aura? Chi è?”

“Aura è mia.”

“Cosa?”

“Oh, è mia moglie. Scusa, ero soprappensiero.”

“Figurati…Aura, hai detto? Non è che sia un nome comune. Ma non mi è nuovo…è possibile che io ne abbia sentito parlare.”

“Non credo.”

“Sai…è che l’associo a mia sorella….” Kaliptra sembrava pensierosa.

“A Narcissa?! Per favore… Non potrebbero esistere persone tanto diverse.”

“Si, ma…Oh…mio Dio…”

“Cosa?”

Piton guardò Kaliptra, ed i suoi occhi sgranati…il volto improvvisamente pallido.

 

    Aura si lasciò cadere su una branda. Era esausta e allo stremo delle forze e della sopportazione. Khaemuase l’aveva invitata ad andare a riposare…aveva perso Fiamma da ore, ormai, e Nagini era in preda ad una specie di crisi di isterismo e paura: la donna fissava il serpente mentre scivolava avanti e indietro nella stanzetta, sibilando.

Per un momento Aura tentò di concentrarsi sul mondo esterno…su Severus…ma una fitta dolorosa la distolse. Forse c’era qualcosa che non andava…da un po’ di tempo il bambino sembrava causarle degli improvvisi dolori. E questo la impauriva ancora di più. Si addormentò faticosamente.

Dopo un po’ di tempo Aura si riscosse: qualcuno aveva bussato alla porta…si tirò a sedere, mentre la porta si apriva da sola, lentamente.

Una persona si affacciò nella stanza, osservando Aura con curiosità. Era un bambino.

“Chi sei tu?” chiese Aura, stupita.

“Mahka”

“Ci sono anche bambini qui? Cosa vuoi?”

Il ragazzino rise “Sono venuto a vedere se stavi bene: sono due giorni che dormi…”

“No…avrò riposato pochi secondi soltanto…”

Mahka rise “No, non è così. Cioè…si e no. Qui hai dormito per due giorni, che fanno un istante nel mondo di fuori…”

“Non lo credo possibile…che vuoi tu da me?”

“Volevo vedere come stavi, lo ho detto.”

“Sei il figlio di…quel tipo che ho incontrato prima e che è nemico del…del mio serpente?”

“Oh, no! Io sono il tuo insegnante, Aura. E forse è venuta l’ora di andare…”

 

Piton continuava a fissare Kaliptra. 

“Cosa diavolo ti prende? Kaliptra!”

“Nulla…scusa Severus.” La donna sorrise “Stavo pensando solo ad una cosa che avevo sentito. Mi dispiace se ti ho impressionato…davvero, è stato…un errore!”

“Sei certa?” Severus scosse la testa, senza potersi liberare da una sensazione di pericolo e di…nausea.

 

Silente, nel suo studio, rifletteva. Il suo pensatoio era colmo di pensieri…pensieri legati tra loro, senza che apparentemente dovessero esserlo. Sospirò ancora…cosa voleva dire Khaemuase? E Severus cosa stava facendo? Aura sarebbe riuscita a portare a termine la sua missione? E Voldemort…

 

 

 

                                                               IV

 

 

    Aura era stremata. Nei primi giorni del suo allenamento il bambino nel suo ventre sembrava doversi agitare senza sosta, e poi s’era calmato. Adesso erano le insistenti esercitazioni imposte da Mahka a privarla d’ogni forza, ma aveva appreso come controllare parte dei poteri che finora, a causa del marchio che portava, s’erano manifestati del tutto spontaneamente.

Quella mattina Mahka era venuto a dire che non aveva altro da insegnare e che sarebbe stato Khaemuase a darle le ultime istruzioni, poi era sparito, senza altro che un sorriso ed un frettoloso cenno di saluto.

Aura avanzò nella grande sala dove il vecchio l’attendeva. Fiamma era appollaiata su un trespolo. Nagini seguiva la donna, esitante.

“Supera l’ultima prova e vattene…” la voce di Khaemuase risuonò fredda e sbrigativa.

“Potessi andarmene sarei fuggita da tempo!” sibilò Aura.

Gli occhi del saggio si strinsero in due fessure “Qui si è prigionieri solo di sé stessi…”

Nagini sibilò pietosamente, avvicinandosi di più alla donna, come se fosse spaventata.

“E l’ultima prova?” tagliò corto la donna, ormai in preda al risentimento.

“Prima lascia che ti dica alcune cose…piccoli dettagli, ma dettagli che ti serviranno. Non ti ho voluta io qui; da tempo, per molti motivi, questo Ordine s’è ritirato dal mondo. Silente ci ha richiamati dal sonno. Ma Silente non ha visto…lui non sa. Né sa che ogni volta che qualcuno ci chiama noi, ridesta l’attenzione di un altro.  Né tuo marito ha capito. Nessuno sa. Solo chi è qui sa…e chi fa il tempo, e chi il tempo lascia scorrere e chi il tempo ferma. Ora io credo che darti la consapevolezza del tuo potere sia stata una scelleratezza…ma, dopotutto, a me del mondo non interessa più. Se il mondo reclama la propria rovina…faccia pure. Ringrazierete Silente. Fortunosamente la consapevolezza del potere non è completa in te, come non conosci l’interezza della tua infamia. Nulla succede a caso. Qualcosa che ti parve solo disgustosa ed orribile, ha prodotto ben altro. Se sopravvivrai alla prova finale, allora andrai con due dei nostri alla Conferenza della Magia, e dirai che l’Ordine veglia. Questo salverà tuo marito dagli altri, non dal corso del Tempo. Non dal frutto del Tempo. Non da te. Non dico che non ci sia una possibilità…ma questo è affar tuo, non mio. La prova finale è la prova del Tempo, nel suo santuario. La Fenice ti aspetterà fuori…se sarai ancora viva…” e, detto questo, Khaemuase fece un cenno e Fiamma scomparve “Il serpente è ancora meno opportuno che venga con te, per molti motivi…d’altra parte mi è stato esplicitamente chiesto di togliertelo di torno. Per ora. Ed anche se questa volta avrei preferito che…ma non posso dire di no. Sono sottoposto alla sua legge, come tutto ciò che vive.” Ed anche Nagini sparì.

“Dove hai mandato…”

“Dove li potrai trovare. Fiamma fuori dal Tempio, il serpente ad Hogwarts.”

“Ed ora?”

“Ed ora mando te dal Tempo…”

Ma Aura non aveva capito nulla…nulla aveva compreso di quelle parole. Se non che Khaemuase la considerava come un oggetto da sballottare…come se la vita sua e del suo bambino non contassero nulla. E questo la rendeva furiosa e spaventata.

“Non so cosa fare! Chi troverò?”

“Nessuno forse. Il Tempo ha una forma comprensibile agli umani…fin troppo, ma non è mai al Tempio. Segue altre strade…affronterai direttamente la tua prova. E’ molto rischioso. Del resto…il Tempo non ha riguardi. Moltissimi sono morti…addio…Aura…”

La donna provò a parlare, ma…Khaemuase era già sparito. Tutto era già sparito…

    Severus Piton era seduto nervosamente ad un tavolo, davanti ad una platea di centinaia di maghi e streghe. Tutti gli altri rappresentanti erano nervosi quanto lui. No, lui era molto più nervoso. Pensava ad Aura, ed a Kaliptra. Aveva una terribile…terribile impressione…

    Buio. Tutto era buio…o forse…no? Aura si accorse di aver chiuso gli occhi…che vigliacca, si disse. Li riaprì lentamente. Ma anche così era buio. Solo una luminescenza argentea, come d’acqua, si intravedeva lontano…

La donna era in una sala colonnata…enorme sala, non se ne vedeva il fondo, non se ne vedeva il soffitto…

Iniziò a percorrerla, e le sembrò che per fare pochi metri ci volesse un’eternità. Dopo un tempo non calcolabile, raggiunse quella che aveva tutta l’aria d’essere una clessidra. Una grossa clessidra. Era da lì che proveniva la luminescenza. La donna la fissò…dentro c’erano granelli argentei che sembravano agitarsi così confusamente…era come se la clessidra, ben lungi dal funzionare come tutte le altre che aveva visto, fosse internamente percorsa da correnti opposte, contrarie, turbinose ed instabili. Così parte dei granelli argentei salivano, e parte discendeva, altri restavano immobili, o ruotavano su sé stessi. Aura ne era affascinata…non percepiva più la sensazione di pericolo, non si sentiva fuori posto. Posò le mani sulla clessidra…

Per un attimo le sembrò che, oltre il cristallo, dall’altra parte, qualcosa si fosse mosso. Un istante dopo, una figura ammantata, in cui non si distingueva nulla che non fosse pesante stoffa scura, le fu accanto. Due mani sottili scivolarono via dalla copertura, e si posarono sulla clessidra, accanto a quelle di Aura.

“E’ il tempo…”

All’interno del cristallo, i granelli argentei si disposero a formare la scritta “E’il tempo”.

Aura sobbalzò. Chi era il nuovo arrivato? Erano i suoi pensieri quelli nella clessidra?

Come se l’altro avesse letto i suoi pensieri i granelli formarono altre parole “Sono il Tempo…i miei pensieri turbinano nel tempo. Il tempo che domino in questa clessidra per i mortali. Se ti parlassi al di fuori del cristallo…non capiresti. Moriresti, forse…”

“Il Tempo?” ebbe la forza di domandare Aura…e dunque, rifletté, quello all’interno della clessidra era il tempo di tutti gli esseri umani?! Il suo, quello di Severus, quello di suo figlio…come piccola cosa doveva apparire agli occhi della Storia!

“Si…ma non sei piccola cosa. Gli esseri viventi non sono piccola cosa…”

“Ma il Tempo è tanto più grande, infinito…”

“Anche gli dei sono sottoposti al Tempo. A me. Io do il tempo…per tutte le cose. Non c’è nessuno che mi sfugga…tranne me stesso. Ma voi avete più di quanto non possiate capire…”

Aura si disse che non comprendeva. Era tutto fuori dalla sua portata, dalla sua logica…

“Non temere. Non mi temere.”

“Non ti temo…”

“Non è vero.”

“Solo non capisco…”

“Nessuno capisce tutto. Solo io, posso.”

“Mi stai dicendo che tu sei il dio supremo? Se persino gli dei sono sottoposti a te?”

“Io non sono un dio. Né supremo né infimo. Io sono tutto, e non sono niente. Io creo e distruggo ciò che sono, ma sempre sono, anche mentre distruggo. Anticipo ciò che sarà, sono il punto in cui convergono la nascita e la morte, tutto e niente. Non ho parole per la tua mente. Non capiresti. E’ un bene che tu non capisca…”

“Allora sono davvero poca cosa…rispetto a te…”

“Non dirlo. L’essere umano non è poco…”

“Adesso…mi metterai alla prova?”

Nessuna scritta comparve all’interno del cristallo.

“Mi metterai alla prova?”

“Era questa la prova. Torna a casa…”

Aura scomparve…lasciando la figura ammantata davanti alla clessidra.

Le mani sottili si staccarono dal cristallo. I granelli nella clessidra tornarono a vorticare. Tutti i granelli argentei, più uno. Uno iridescente, uno ma quasi diviso a metà, che restava fermo nel centro. Alla metà del corpo della clessidra, là dove si mescolavano il passato ed il futuro. Un eterno presente. Eterno, ma pur sospeso nel tempo.

I panni scuri scivolarono via dal corpo del Tempo. Dal corpo della sua manifestazione umana. Della sua manifestazione umana assetata d’ogni umanità. La figura, l’uomo, scivolò rapido attraverso la sala. Mentre il buio si dissolveva, rivelando alle pareti di pietra incisioni di serpenti che si mordevano la coda.

 

 

 

                                                               V

 

 

    “L’inviato di Hogwarts!” fece il presentatore della Conferenza “Severus Piton!”

Piton si avviò al centro della pedana, percependo il terribile peso della responsabilità, l’attesa e la speranza di tutti.

Gli tornò in mente il discorso che un vecchio agente degli Auror aveva fatto poc’anzi.

“Voi Sapete Chi è tornato…” aveva detto il vecchio Auror “Più potente! Il Ministero da solo non può farcela! Non ci riuscimmo neanche quando non s’era ancora perfezionato nel potere…e allora fu solo un caso, solo un caso a salvarci tutti. Eravamo disuniti. Ora siamo ancora più disuniti…e nessun caso ci salverà! Gli omicidi ed i delitti stanno crescendo! Ma il punto è: non è solo Voi Sapete Chi! Gli omicidi ed i delitti…non è lui che va a commetterli! Ma gente tra noi! Non vinceremo mai se…” ma le grida indignate lo avevano costretto a ritirarsi, e la sala era ancora in preda al malumore ed alla rabbia. La gente voleva che la responsabilità fosse tutta di Voldemort. Ma il vecchio aveva ragione. C’era anche chi sfruttava il nome dell’Oscuro, chi godeva di quel momento. Quel momento che risvegliava tutta la umana bassezza.

E Severus doveva…fare cosa? Dire cosa?

Raggiunse il centro della pedana, e trafisse con gli occhi il pubblico che gli stava davanti. Potevano servire le tecniche che usava a scuola? Le tecniche con cui impressionava e dominava una classe indisciplinata?

Gli veniva da ridere…

Per un folle istante si immaginò mentre si presentava “Salve, sono Piton, figlio segreto di Voldemort, ex spietato Mangiamorte e non ho soluzioni!”.

Lo avrebbero lapidato…linciato…fatto a brandelli. O rinchiuso.

Oppure poteva dire “Voldemort è anche colpa vostra! E’ il frutto dei vostri desideri perversi, delle vostre pulsioni…è come è l’animo umano senza trucco…l’animo della maggior parte degli esseri umani!” ma chi l’avrebbe ascoltato.

Osservò ancora la folla.

E cominciò il suo discorso, il suo…insipido primo discorso alla Conferenza. Un discorso per sondare il terreno “Sono Severus Piton, inviato di Hogwarts a nome di Albus Silente…”

“Perché Silente non è qui?!” gridò qualcuno.

Ecco…pensò Piton…cominciano.

“Albus Silente sta vegliando sui nostri figli e…”

“Potter! Perché non c’è Harry Potter?”

“Perché è un ragazzino!” ruggì Severus “Sono venuto a portarvi un messaggio di speranza e a dirvi che tutti insieme possiamo sconfiggere Voldemort e…”

Un coro di “Oooh!” ed “Eeeh!” si era levato, e Severus si chiese perché non avesse detto “Voi Sapete Chi”…ma non ce la faceva più! Avrebbe dato oro per essere altrove, altrove da qualunque parte, persino nel salotto dell’Oscuro.

Stava per riprendere a parlare quando con un’esplosione, nel cielo sopra lo spiazzo del Convegno si levò…

“Il Marchio Nero!” gridarono mille voci.

Ovvio, pensò Severus…ovvio.

Diverse bacchette si levarono in aria a cancellare quel Marchio…e molti Auror corsero a cercare i Mangiamorte responsabili. 

Ma ormai era fatta…la gente era nel panico, fuggiva.

E Piton si sentiva a pezzi, frustrato, distrutto, offeso.

“ORA BASTA!” provò a gridare il Professore di Pozioni. Ma neanche un cane lo degnò d’attenzione. Silente aveva sbagliato a mandarlo…

Poi tornò, lentamente il silenzio. Qualcuno stava attraversando lo spiazzo…

Severus sentiva le esclamazioni, le grida sorprese. Lo stupore…

Poi vide tre persone che si avviavano verso di lui, verso la pedana. Tre vesti color del fuoco.

Caramell, che era rimasto seduto e immobile a bocca aperta da diverso tempo, si tirò in piedi e strillò eccitato “Sono gli adepti della Confraternita della Fenice del Tempio del Sole!”

Applausi si levarono all’indirizzo delle tre figure, giusto nel momento in cui Severus riconosceva la donna che avanzava davanti agli altri due.

“Aura!” disse.

Ma l’altra non lo aveva visto neppure.

La donna si girò a guardare la platea, che divenne improvvisamente silenziosa.

“Vegliamo su di voi! Vi portiamo una nuova speranza!” la sua voce si diffuse, magicamente amplificata e limpida.

La folla, estasiata, applaudiva, gridava, nessuno ricordava più il Marchio Nero.

Severus, del tutto stupito, sentì Caramell che parlava con un altro alto membro del Ministero “Vedere queste persone investite del potere della Fenice è come una benedizione! Per secoli si sono levati in difesa della nostra popolazione, nelle ore più buie, nelle ore della disgrazia! E sempre ci hanno salvato!”

Preso dall’emozione, dal frastuono, dalle grida, Piton si accorse appena, e con grande stupore, che Aura e gli altri due in abito rosso si erano smaterializzati…

Aura che si smaterializzava!

Si voltò, e si allontanò verso l’albergo, troppo confuso…troppo confuso…troppo.

    Confuso tra la gente, ai margini dello spiazzo, un uomo sorrideva. Sorrideva e sorrideva.

    Kaliptra, nella postazione dei giornalisti, finì tranquillamente di scrivere il suo articolo per la Gazzetta. Un gufo era pronto a portarlo in redazione. Aveva appena alzato lo sguardo per osservare Aura Kay.

    Silente, nel suo studio, scriveva freneticamente sul suo diario. Il Pensatoio, ormai, non lo aiutava più, ma lui aveva bisogno di nessi logici, di nessi, di paragoni. E se avesse sbagliato tutto? Se non avesse capito nulla?

    Draco, Harry, Ron ed Hermione ascoltavano alla radio la Conferenza. Antenna Magia stava trasmettendo da ore.

Avevano sentito come Severus era stato interrotto, e poi la voce di Aura.

“Io dico che siamo in guai seri!” fece Hermione “Non si ricorda una Conferenza così disastrosa da…oh, da…almeno mille e trecento anni!”

“Grazie dell’informazione, ci sarà molto utile…” commentò Ron, scettico.

“No, Hermione ha ragione. Questa volta siamo tutti nei guai…” disse Harry lentamente “Voldemort non è mai stato tanto potente…”

“Forse dovremmo parlare con qualcuno che sa…” sussurrò Draco.

“Chi?”

“Qualcuno che sia un Mangiamorte, che sia  vicino a Voldemort…”

“Si, ma il punto è…chi?!” domandò Ron, ma Hermione stava fissando Draco allarmata.

“Tu non penserai mica…non è vero? Non loro?”

“E chi sennò!” sbottò il ragazzo biondo.

“Ma loro…non puoi! Se ti vedono ti…”

“Ma di chi parlate?” domandò ancora Ron.

“Io credo di aver capito…” disse cupamente Harry “Ma, Draco, sono d’accordo con Hermione…No! Non devi andare da loro!”

“Da CHI?” sbottò Ronald.

“Dai suoi genitori!” strillò Hermione con voce acuta “Da Lucius e Narcissa Malfoy!”

“Ma solo loro possono dirmi se…e cosa…se io fingo di…”

“No! E’ una pessima idea! Finirai in trappola!”

“Non lo so…io…”

“Ripensaci, Draco!”

 

    Severus Piton aveva pensato, per qualche motivo, che Aura potesse aver trovato l’albergo dove lui era ospite…sperava di trovarla lì in sua attesa. Non erano passate che poche ore da quando s’erano separati…e lei…lei cosa? Era davvero stata al Tempio del Sole? Aveva superato le prove? Ma no…come poteva? Severus aveva letto e studiato sull’argomento…ma si era sempre risolto a credere che i vaghi testi che parlavano del Tempio fossero solo sciocchezze. O leggende. O comunque storie antiche. E invece…

Ma Aura? No, non Aura…non sua moglie…perché doveva portare quel fardello? Perché dovevano portarlo tutti e due? Perché adesso che attendevano un figlio? Silente era matto! Voldemort era matto! Erano tutti matti. Se solo fosse stato possibile far fagotto ed andarsene in qualche posto sperduto…

Piton raggiunse la sua camera e la spalancò “Aura!” nessuna risposta. La donna non era lì, ovviamente. Severus sospirò e decise di dormire…dormire per non pensare a tutto il resto.

Andò a sedersi sul letto, e allora vide…la sagoma di sua moglie contro le vetrate della grande finestra.

“Aura…”

“Severus…”

L’uomo si slanciò a prendere la donna tra le braccia.

“Cosa è successo?”

“Non lo so. Non me lo ricordo…so solo che avevo queste vesti addosso…e due tipi hanno detto che dovevano accompagnarmi qui, e sapevo che dovevo rassicurare quella gente e…oh, sono terribilmente confusa!”

“Hai…acquisito dei poteri?”

“No! Non so fare il resto di nulla…”

“Ma ti sei smaterializzata…”

“Non io! Sono stati quei due che mi hanno fatto smaterializzare. Sono così stanca, affaticata…persino il mio morale è a terra…”

Severus deglutì “Allora quello che hai detto…non è vero?”

“Cosa?”

“Il Tempio…non c’è nessuno che ci protegga…”

“No. Si…non lo so! Come faccio a saperlo? Io dovevo solo…dirlo. Non ci ho pensato…non lo so se loro ci proteggono…”

“Aura! Ma ti rendi conto che…tutta quella gente…crede che voi li proteggerete? Perché, perché hai detto una menzogna se poi…non è da te!”

“Io non lo so!” e la donna stava quasi per piangere “Per quanto posso immaginare…potrebbe anche essere tutto vero. Sono solo io che sono decisamente inutile. Io non capisco perché Silente mi ha mandata laggiù…”

Per la prima volta Severus fissò per bene sua moglie. Sembrava stanca. Di una stanchezza quasi secolare. E gli fece paura…che le avevano fatto?

“Dormi, Aura…sei stanca. Ora sei con me. Ed io ti proteggerò.”

La donna assentì, e scivolò verso il letto.

Severus le restò accanto, fino a quando non si fu addormentata, fino a quando il respiro di Aura non divenne lento e regolare. Poi si tirò a sedere, e si decise ad alzarsi e iniziò a scrivere una lettera per Albus Silente.

La lettera diceva: “Preparati ad accettare la mia lettera di dimissioni. Dopo la Conferenza tornerò con Aura, prenderemo Draco se se la sente di venire con noi. E poi andremo via. Inizia ad abituartici, dopo che saremo andati via io non voglio assolutamente più essere contattato da te. Né ti permettere di cercare Aura, né permettiti di farla cercare da quei pazzi imbroglioni della Congrega.

Severus Piton.”

Il mago si allontanò per affidare la lettera ad un gufo. Sperò vivamente di recuperare subito il gestore dell’albergo per farsi prestare il miglior gufo disponibile, il più veloce. E discendendo le scale rifletteva su quanto Silente fosse stato capace di rovinare la sua vita. Oltre suo padre… c’era Silente. Silente che sembrava non farsi troppi scrupoli ad usare gli altri. Ed anche se lo faceva per quella cosa che in genere la gente chiamava “Bene”…anche se lo faceva per quello…

Preso dai pensieri, Severus, notò appena il fattorino che percorreva la sua strada in senso inverso. Il fattorino della Gazzetta del Profeta che infilava copie dell’edizione straordinaria del giornale sotto le porte degli ospiti dell’albergo.

Una copia del quotidiano passò oltre la porta della stanza dove Aura riposava.

Aura Kay stava sognando. Era immersa in un liquido stranamente denso ed appiccicoso, un liquido violaceo. Avrebbe voluto tentare di nuotare, andarsene da quel posto…ma il liquido non le permetteva di muoversi. Era come se la trattenesse, se la legasse…provò a guardarsi intorno…e sembrava che il cielo, tutto sopra di lei, fosse di cristallo…e che ci fossero due mani sottili e bianche posate sulla volta celeste…

Si destò di soprassalto.

 

[CONTINUA]